TUTTO E’ GRAZIA – Dossier – Teresa di Gesù Bambino – Enrico Ghezzi

teresa di lisieuDOSSIER Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo

Per continuare la nostra esperienza spirituale sulla figura di Santa Teresa di Lisieux – di cui la nostra parrocchia ha avuto la grazia di ospitare le reliquie nell’ottobre missionario – proponiamo alcuni testi che possano aiutare ulteriormente a meditare alla luce della sua vita di santità.

“Tutto è grazia”

Omelia di Don Enrico Ghezzi, Parroco della Diocesi di Roma

Riportiamo la trascrizione dell’omelia di Don Enrico Ghezzi, da 15 anni parroco di San Vigilio a Roma, tenuta durante la Messa domenicale dello scorso 1 ottobre, giorno in cui cade la memoria di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo.

Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo inaugura la vita spirituale intesa come “infanzia spirituale”, cioè il ritorno all’ “innocenza”. Lei ha vissuto e incarnato sulla Via di Gesù l’invito evangelico: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli” (Mt 18,3).

Cosa significa questo? Nel corso della sua vita e predicazione, Gesù insiste spesso sulla necessità di diventare piccoli, cioè di abbandonarsi nel cuore del Padre, come fanno i bambini con i genitori. Ma come “diventare bambini”?

2 ottobre 2006 – Accoglienza delle reliquie di Santa Teresa a Santa Melania

FOTO: Santa Melania/M.Romano

Dice il Vangelo di Giovanni: “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). Gesù è costantemente rivolto verso il seno di Dio, il Padre. Padre Ignace de la Potterie ci ricorda l’intimità di Gesù, il Figlio Unico, sempre rivolto verso il cuore del Padre”, ricordandoci l’immagine di Gv 13,25, dove Giovanni, il discepolo amato, durante la cena pasquale, si reclina sul petto di Gesù.

Perciò, innocenza spirituale significa “abbandonarsi, come Gesù, nel seno, nel cuore di Dio. Gesù è colui che ci porta nel cuore di Dio, il Padre.

Dice ancora l’evangelista Giovanni: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,4). L’infanzia spirituale – che potremo anche considerare un po’ come la povertà di spirito di cui ci parla il Vangelo – partorisce e genera in sé lo splendore della bellezza, dell’ingenuità propria dell’innocenza. L’innocenza è luce, come emerge nelle vite di santi e testimoni della fede come Teresina, Francesco e Chiara, Edith Stein, Charles de Foucault, Papa Giovanni, Madre Teresa…

I santi vivono – da adulti – l’innocenza della luce; in loro la vita è splendore e grazia. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo ha detto: “Tutto è grazia”, che significa: tutto è luce di Dio in me.

L’opacità – che potremmo definire come l’egoismo e l’indifferenza – spegne in noi i doni della vita, la luce che ci viene donata dalla “Vita” stessa che è la vita di Dio che vive nel Verbo incarnato che è Gesù, e che Gesù ci comunica. L’innocenza è la comunione stessa della vita di Dio in noi, trasmessaci da Gesù.

Nel bambino vediamo l’esplosione della vita: la scoperta, la meraviglia, lo stupore, la gioia. L’innocenza è gioia, gratuità. L’innocenza è vivere l’impossibilità di pensare e fare il male, come abbiamo visto in Gesù, e in tanti santi come Teresa di Lisieux.


2-4 ottobre 2006 – Reliquie di Santa Teresa di Lisieux a Santa Melania

FOTO: Santa Melania/M.Romano

Dice Gesù a Nicodemo: “Se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (Gv 3,3). Ecco il “genio” di Gesù, che afferma la necessità di diventare bambini per entrare nel Regno di Dio. Per i cristiani, acqua e spirito sono lo “strumento” per “rinascere dall’alto”; essi costituiscono il dono del Battesimo: il Battesimo ci fa “rinascere” a vita nuova, rigenerata, santificata. È una nuova vita perché è la stessa Vita di Dio (cioè luce) che è la vita in Gesù, il suo Spirito donato a noi. Il Battesimo fa rinascere non più nella carne, ma nello Spirito Santo che è la Vita e l’Amore di Dio. Il Battesimo è il Sacramento della nuova vita, della vera gioia e quindi della nuova innocenza. È la vera giovinezza perché ci fa nascere nello Spirito.

La storia di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo – come di tutti Santi – è la storia del Battesimo vissuto con la novità che Gesù opera nella vita e nella storia attraverso lo Spirito. È essere rigenerati in Gesù e nel suo eterno Spirito di grazia, di luce, di amore, di purificazione, di dono.

DOSSIER – Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo
Per continuare la nostra esperienza spirituale sulla figura di Santa Teresa di Lisieux – di cui la nostra parrocchia ha avuto la grazia di ospitare le reliquie nell’ottobre missionario – proponiamo alcuni testi che possano aiutare ulteriormente a meditare alla luce della sua vita di santità.

La “scienza dell’amore”

Riflessioni di John Wu Ching Hsiung, giurista e scrittore cattolico cinese

Riportiamo alcuni stralci da “La Scienza dell’Amore”, un’opera che raccoglie pensieri e riflessioni sulla vita e la dottrina di Santa Teresina compilata da John Wu Ching Hsiung, giurista, poeta, scrittore e diplomatico cinese convertito al cattolicesimo dopo aver conosciuto la santa di Lisieux. Nel suo scritto – pubblicato per la prima volta in inglese nel 1940 a Hong Kong e successivamente in cinese nel 1974 a Taipei – l’autore, uno dei giuristi più brillanti della Cina moderna e primo cattolico nominato ambasciatore della Repubblica di Cina (Taiwan) presso la Santa Sede, definisce Teresa “tanto complessa quanto semplice”, “delicatamente audace e audacemente delicata”, “fluida come l’acqua ma ardente come il fuoco”. E nella prefazione alla prima edizione in lingua inglese scrisse, rivolgendosi innanzitutto a Maria: “O Madre, aiutami a dipingere un bel ritratto della tua amata figlia Teresa, che è anche la mia cara sorella spirituale!”. Poi aggiunge: “Perciò, gentile lettore, se questo scritto vi piace, tutto il merito va dato a Lei; se non vi piace invece la colpa è mia; ma se vi piace, eppure non vi induce ad amare Santa Teresa e il suo Divino Amante come faccio io, la colpa sarà vostra”.

I testi che seguono sono tratti da: John Wu Ching Hsiung, La Scienza dell’Amore, Pontificio Istituto Missioni Estere, Milano, II edizione, 1947. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza on-line di questo testo sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.

[Teresa] era così completamente satura di Spirito Santo che qualsiasi cosa diveniva per essa una parabola della Verità e un simbolo dell’Amore […] Solo quando uno è completamente unito a Dio, può raggiungere il distacco completo dal mondo e da se stesso. La piccola Teresa, la cui grande passione era l’amor di Dio, poteva ben disprezzare tutte le altre cose. Tutte le sue virtù sono come ruscelli che sgorgano da una Sorgente sempre viva. Anima felice che poteva esclamare: “Il mio cuore è pieno della volontà di Gesù in maniera che, versandovi sopra qualche cosa, ciò non penetra fino al fondo, è un nulla che scorre via facilmente come olio sulla superficie dell’acqua limpida”.


Abito di suor Teresa

FOTO: Santa Melania/M.Romano

[…] Quanto più io studio il carattere di Teresa, tanto più essa mi affascina e tanto più io adoro l’Artista Supremo delle anime: Gesù. Che fanciulla straordinaria doveva essere quando a soli 15 anni poteva scrivere parole come queste: “L’amore può tutto; le imprese più impossibili gli sembrano facili e dolci. Nostro Signore non considera tanto la grandezza delle nostre azioni e nemmeno la loro difficoltà, ma piuttosto l’amore con cui le facciamo. Di che cosa dunque dobbiamo temere?”. Ciò mi ricorda un proverbio cinese: “Purchè marito e moglie si amino l’un l’altro, che importa loro anche se debbano mendicare assieme?”. Per il suo Sposo Divino essa era pronta a sopportare qualsiasi genere di martirio e a considerarlo un nulla. Per essa la vita è un martirio continuo, un grande cumulo di piccoli sacrifici: vuol essere martire senza apparire tale. Il suo eroismo raggiunge altezze tali che quasi non sembra più eroico ma ordinario. Con la sua dottrina e col suo esempio essa ha approfondito, sottilizzato e allargato l’idea di martirio, e ha fatto ciò per se stessa e per altre anime subordinando tutto all’amore.

Lontana dall’essere simile a quelle grandi anime che sin dalla loro fanciullezza praticarono ogni genere di macerazioni, io ho fatto consistere le mie mortificazioni solamente nello spezzare la mia volontà, trattenere una parola amara di risposta, rendere piccoli servigi senza farli apparire, e mille altre piccole cose di questo genere”. Per essa martirio non significa solamente l’essere decapitati o fucilati o immersi in una caldaia d’olio bollente. Tali occasioni sono dopotutto molto rare e vengono accordate solo a poche anime privilegiate. Ma c’è il martirio della vita quotidiana, e siccome l’amore si nutre di sacrifici, resterebbe affamata sino a morirne se dovesse aspettare solamente le occasioni dei grandi sacrifici. Per Teresa la vita ordinaria di ogni giorno assume una nuova dignità e un nuovo significato. […] E ciò perché Dio realmente non ha bisogno dei nostri sacrifici: essi sono utili in quanto sono prove del nostro amore per Lui. Se noi lo amiamo con un cuore infiammato e una devozione appassionata, qualsiasi cosa facciamo o ci freniamo dal fare, qualsiasi parola che diciamo o ci freniamo dal dire, diventa un piccolo sacrificio che può rassomigliarsi a un fiore profumato, perché lo offriamo con un volto sereno e un dolce sorriso che affascina il cuore di Dio.

C’è un proverbio cinese che dice: “Se uno dipinge male una tigre, il risultato può sembrare un cane, ma se uno scolpisce un cigno, il risultato può almeno rassomigliare a un’anitra”. È più sicuro per le piccole anime imitare la piccola Teresa, piuttosto che imitare i Santi giganteschi dei tempi passati; perché dopo tutto il cigno e l’anitra sono volatili della stessa specie, ma la tigre e il cane, almeno secondo il nostro modo di pensare cinese, appartengono a specie interamente diverse.

E dopo tutto è forse il nostro sangue così prezioso che può aggiungere qualche cosa al sangue di Gesù Cristo? Che cosa vale una piccolissima goccia di fronte a un oceano infinito? Eppure, quando necessario, anche il nostro sangue può essere utile come un’umile prova del nostro amore per Dio; ma solo come una prova e non come un fine a se stesso. In altre parole il martirio d’amore assorbe tutte le altre forme di sacrificio e mortificazione, e aggiunge qualche cosa di nuovo, di più e di superiore.


Letto di Teresa nella casa dei Buissonets, dove abitava col padre e le sorelle prima di entrare nel Carmelo

FOTO: Santa Melania/M.Romano

[…] Madama Chiangkaishekin un notevole articolo intitolato: “Che cosa la religione è per me”, ha sintetizzato così la natura della semplicità cristiana[1]: “La vita è realmente semplice, eppure noi la rendiamo così confusa. Nelle pitture della vecchia arte cinese, vi è generalmente un oggetto solo nel quadro che è messo in rilievo, per esempio un fiore. Tutto il resto nella pittura è subordinato alla bellezza di quell’unico oggetto. Una vita perfettamente vissuta è così. Ma che cos’è quel fiore? Come mi sembra adesso, per me quel fiore è la volontà di Dio[2]”. Cito queste parole perché mi sembra che esprimano perfettamente quello che fu la vita di Teresa.

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[…] “I miei Santi favoriti in Cielo sono quelli che, per modo di dire, hanno rubato il Paradiso, come per esempio i Santi Innocenti e il Buon Ladrone. Vi sono certo grandi Santi che sembrano quasi di averlo meritato con le loro opere, ma io voglio essere un ladro e rubarlo con uno stratagemma, uno stratagemma di amore che ne aprirà le porte a me e a tanti altri poveri peccatori. Lo Spirito Santo mi incoraggia dicendo nel libro dei Profeti: ‘Venite a me piccoli anime per imparare la sagacità!’ ”. Ciò che vi è di incantevole in questo è che si tratta di un furto all’aperto. Dio le permette di rubare il Paradiso perché essa permette a Dio di rubare se stessa. […] Lao Tzu[3] disse: “La virtù solida rassomiglia ad un ladro”[4]. Mi sembra quasi che ci sia qualche cosa di ladresco, menzognero e paradossale nell’opera dello Spirito di Verità, e forse è per questo che tutti i suoi figli sono, secondo le parole di Paolo: “Ritenuti ingannatori, eppur veraci; come sconosciuti eppur noti; come morenti eppure pieni di vita; come torturati ma non uccisi; come tristi eppur sempre in gioia; come bisognosi eppur arricchendo molti; come avendo nulla eppur possedendo tutto”[5].

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[…] Con la sua scelta volontaria di divenire prigioniera dell’Amore, Teresa divenne in realtà libera come un uccello nell’aria, e mentre andò sempre più crescendo nell’attaccamento al suo Sposo, si staccò sempre più da qualsiasi altro legame terreno. Fin dalla sua più tenera fanciullezza essa penetrò e comprese la vanità delle cose che passano. […] Così essa considerava il mondo sub specie aeternitatis (alla luce dell’eternità). Il considerare la vita in questa maniera la preparò al distacco completo dalle cose nonostante le inclinazioni interne del cuore. Gradualmente si distaccò dalle creature, dall’amore della bellezza della natura, dall’attrattiva dell’arte e dall’istinto di possedere non solo le cose materiali, ma anche ciò che essa chiama “le ricchezze spirituali”. “ Se fossi stata ricca, essa scrive, mi sarebbe stato impossibile vedere un povero affamato senza dargli qualcosa del mio. Così pure a mano a mano che guadagno il mio tesoro spirituale, io penso al tempo stesso a quelle anime che sono in pericolo di cadere nell’infermo e do loro tutto ciò che possiedo, e non ho trovato ancora un momento nel quale poter dire: Ora lavoro per me stessa!”. […] “Vi è solo una maniera per costringere il buon Dio a non giudicarci:dobbiamo sempre cercare di apparire dinnanzi a Lui con le mani vuote. La cosa è facile: non mettete nulla da parte; spendete i vostri tesori appena li guadagnate. Anche se io vivessi fino a ottant’anni, sarei sempre povera perché non so far economia: tutto ciò che guadagno è speso subito per riscattare le anime”.

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[…] Teresa non ha messo fuori uso la santità degli altri Santi, ma ha semplicemente adattata la santità ai bisogni del giorno d’oggi. Essa è una rivoluzionaria che sa riformare trasformando. […] Il nostro secolo è come un vecchio che ha bisogno di ritornare bambino e la piccola Teresa gli ha mostrato la via. Sensibile, intuitiva, paradossale, umoristica, acuta, flessibile, eterea, essa ha fatto per la vita spirituale ciò che i più grandi genii contemporanei hanno fatto per il mondo nelle loro rispettive sfere di attività. […] Confesso che talvolta io rimango stupito per certi suoi pensieri che sono come lampi del suo genio penetrante. Ma nessuno potrebbe essere più sorpreso di lei stessa: “Da che ho preso la mia posizione tra le braccia di Gesù, sono come una sentinella che osserva il nemico dall’alto di una torre. Nulla mi sfugge e spesso io stessa sono meravigliata al vedere le cose così chiare”. L’umiltà per lei non è solamente un sentimento del cuore, ma una convinzione profonda basata sulla conoscenza del proprio nulla di fronte al suo Creatore. Essa sentiva e pensava sempre in presenza di Dio. […] L’amore apriva gli occhi della piccola Teresa a nuove verità e nuove ragioni per amare Gesù. […] L’amore ha la sua logica sconosciuta alla matematica. “Io lo amo, essa ragionava, perché Egli non mi ha perdonato molto, ma tutto. Egli mi ha perdonato anticipatamente tutti i peccati che avrei potuto commettere”. Teresa arriva per intuizione dove i sommi teologi arrivarono con lunghi e profondi ragionamenti. […] “Suppongo che il figlio di un abile medico si impatta per la strada in un sasso che lo faccia cadere. Nella caduta egli si fa molto male; il padre, pronto, lo rialza con amore e cura le sue ferite, impiegando a questo scopo tutti i rimedi suggeriti dall’arte, e il figlio sollecitamente e interamente guarito gli dà prova della sua riconoscenza. Ma ecco un’altra supposizione: il padre ha saputo che sulla via percorsa dal figlio v’è un sasso pericoloso; lo precede e toglie l’inciampo senza che nessuno lo scorga. Ora, questo figlio, oggetto della sua tenerezza previdente, ignorando la disgrazia dalla quale la mano paterna l’ha preservato, non gli dimostrerà riconoscenza alcuna, e l’amerà di meno di quello che l’amerebbe se l’avesse guarito da una ferita mortale; ma giunto che sia a cognizione di tutto, non l’amerà forse ancora di più?”.


Scrittoio e alcuni libri appartenenti a Teresa che si trovavano nei Buissonets
FOTO: Santa Melania/M.Romano

Mi vien quasi di immaginarmi Gesù che mettendo una mano gentilmente sulla spalla di Teresa le dica: “La verità è che tu, bambina mia, vuoi amarmi come io non sono mai stato amato dinnanzi e non ti mancano ragioni per giustificare il tuo amore. […] In Cielo, come in terra, il piccolo fiore di Gesù lo ama con un tale abisso di amore da sembrare quasi che il proprio amore non sia sufficiente. Essa vuole che milioni e milioni di altre anime lo amino come essa l’ama. “Io invito tutti gli Angeli e i Santi a venire a cantare cantici di amore”. Ma anche se il creato intero partecipasse un giorno a questo vivo concerto, essa lo stimerebbe poco più di una piccola goccia d’acqua sperduta nell’oceano infinito dell’amore divino. Essa avrebbe ancora i sentimenti di una fanciulla verso una tenera madre:

E come può l’amore
D’un piccolo fil d’erba
Ricambiar lo splendore
D’intera primavera?

Breve biografia di John Wu Ching Hsiung
A cura di Monica Romano

John Wu Ching Hsiung (1899-1986) nasce a Ningpo, provincia orientale del Zhejiang (Cina). Si laurea in Legge all’Università di Shanghai nel 1921 e ottiene il dottorato di ricerca in Giurisprudenza presso l’Università americana del Michigan nel 1922. Dopo aver studiato anche alla Sorbona di Parigi e all’Università di Berlino, viene nominato Presidente della Corte di Appello di Shanghai, che però lascerà per accettare una cattedra di legge all’Università di Chicago e poi ad Harvard. Nel 1930, Wu è costretto a tornare in Cina per una malattia della moglie, Ah Yu, – sposata 1916 attraverso un matrimonio combinato – divenendo un famoso e ricco giurista. Nel 1933, su richiesta di Sun Fo – figlio del primo presidente della Repubblica Cinese Sun Yat-sen – scrive la prima bozza della costituzione cinese.

Nel 1938, dopo l’entrata dei giapponesi a Shanghai, si rifugia a Hong Kong e nel 1942, riuscito quasi miracolosamente a scappare dalle mani dei giapponesi, si dedica alla traduzione dei Salmi e del Nuovo Testamento in cinese classico, commissionata e finanziata da Chiang Kai-shek[6]. Nel 1945 è inviato alla Conferenza di San Francisco quale membro della Delegazione cinese e l’8 settembre 1946 viene eletto all’unanimità quale ambasciatore della Repubblica di Cina presso la Santa Sede. Accettando questo prestigioso incarico, vive a Roma con la moglie e i tredici figli. In quanto rappresentante del governo della Cina nazionalista (Taiwan), amico di Chiang Kai-shek e cristiano, non potè rientrare nella Cina comunista dopo il 1949.

La storia del suo avvicinamento alla fede cristiana e della sua conversione è lunga e articolata. Pur amando e apprezzando le religioni e il pensiero cinesi, John Wu avverte la lontananza del Tao come entità astratta e impersonale e i limiti del Confucianesimo nel rispondere alle inquietudini dello spirito. Nel 1917, inizia a leggere la Bibbia e se ne innamora. Decide così di diventare cristiano e di essere battezzato. Ben presto entra in crisi e ricade nel dubbio, nell’incertezza, nella solitudine. Molti anni dopo, durante la permanenza a Hong Kong per sfuggire all’occupazione giapponese, in casa di un amico cattolico dove si era rifugiato, rimane colpito nell’assistere alla recita del rosario da parte di tutta la famiglia e scorge per caso un’immagine di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Legge così “Storia di un’Anima”, che definisce “la sintesi vivente tra tutte le coppie di opposti, come umiltà e audacia, libertà e disciplina, gioia e dolore, dovere e amore, forza e tenerezza, grazia e natura, follia e saggezza, ricchezza e povertà, pluralità e individualità”. E, riferendosi a Teresa, dice: “Ella sembra mettere insieme il cuore del Buddha, le virtù di Confucio, il distacco filosofico di Lao Tzu”. Culmine del suo cammino di ricerca, la lettura degli scritti di Teresa lo spingono a entrare nella Chiesa cattolica, il 18 dicembre 1937. Scriverà della sua conversione: “Durante tutta la mia vita io ho cercato una madre, e l’ho trovata alfine nella Chiesa cattolica”.

È a seguito della miracolosa guarigione dalla polmonite della figlioletta di due anni – che già prima della malattia doveva essere chiamata Teresa – che avviene la conversione della moglie, che si farà a sua volta battezzare col nome di Mary Teresa. Tutta la famiglia Wu da questo momento in poi diventerà cattolica e sempre più unita nella fede in Cristo: “Per me non ho mai voluto imporre la mia Fede a nessun membro della mia famiglia, ma il buon Dio ci ha amato tanto che ha condisceso a divenire l’Ospite della nostra umile casa”.


Note

[1] Chiang Kai-shek (1887-1975) fu un politico e militare cinese che nel 1925 assunse la guida del Kuomintang, il partito nazionalista cinese fondato dal primo presidente della Repubblica Cinese, Sun Yat-sen con la fine della Cina imperiale avvenuta nel 1911. Fino al 1949, anno della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, una guerra civile tra i nazionalisti di Chiang Kai-shek e i comunisti guidati da Mao Zedong per il controllo della Cina sconvolse tutto il Paese. Sconfitto, Chiang dovette riparare nell’isola di Taiwan, fondando la Repubblica di Cina, che governò come presidente per tutta la vita con pugno di ferro. Nel 1927, Chiang Kai-shek sposò Mayling Soong – sorella minore della vedova di Sun Yat-sen e figlia di un pastore metodista. Per compiacere i genitori di Soong, Chiang divorziò dalla prima moglie, abbandonò tutte le sue concubine e si convertì al protestantesimo, ricevendo il battesimo nel 1929 (ndr.)

[2] China in peace and war. Kelly e Walsh, Shanghai.

[3] Lao Tzu – letteralmente “vecchio maestro” o, secondo alcuni, “vecchio bambino” – fu uno dei più importanti filosofi cinesi, la cui esistenza reale è ancora dibattuta. Vissuto nel VI secolo secondo la tradizione, Lao Tzu fondò il Taoismo ed è considerato l’autore del Tao Te Ching – “Il Libro della Via (Tao) e della sua Virtù” – che però sarebbe posteriore, risalendo al IV secolo, quando secondo alcuni studiosi il filosofo sarebbe in realtà vissuto. Il Taoismo è la più importante corrente di pensiero della filosofia cinese dopo il Confucianesimo e una delle religioni attualmente più diffuse in Cina e nel Sud-est asiatico. È molto difficile stabilire quanti siano attualmente gli aderenti al Taoismo, a causa del diffuso sincretismo religioso tra i cinesi e spesso la loro contemporanea appartenenza alle religioni tradizionali. Secondo alcune fonti, i seguaci del Taoismo sarebbero circa 20 milioni (ndr).

[4] Tao Teh Ching, cap. 44

[5] II Cor. VI, 9-10

[6] Rif. nota n.1

DOSSIER – Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo
Per continuare la nostra esperienza spirituale sulla figura di Santa Teresa di Lisieux – di cui la nostra parrocchia ha avuto la grazia di ospitare le reliquie nell’ottobre missionario – proponiamo alcuni testi che possano aiutare ulteriormente a meditare alla luce della sua vita di santità.

Teresa, “santa” e “piccola in tutto”

Ricordi di Suor Genoveffa del Volto Santo, sorella di Teresa di Lisieux

Riportiamo alcuni estratti di una raccolta di scritti di Céline Martin – una delle quattro sorelle di Teresa, entrata anche lei nel Carmelo di Lisieux col nome di Suor Genoveffa del Volto Santo – in cui parla della “Santa dell’infanzia spirituale” raccontandone grandezza e semplicità, carità, comunione con Dio, attraverso aneddoti, discorsi, ricordi, insegnamenti, esortazioni.
I testi sono tratti da: Teresa di Lisieux, Consigli e Ricordi, Città Nuova, 1973. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza on-line di questo testo sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.

Le sue conversazioni sull’amore e la misericordia di Dio erano inesauribili. La sua fiducia era invincibile e se desiderava fin dalla sua infanzia “diventare una santa e una grande santa”, come lei stessa affermava nella sua autobiografia, la sua ambizione andava a perdersi nell’infinita ricchezza dei meriti di Gesù “che erano il suo possesso”, diceva. Per questo le speranze, anche le più alte, non le sembravano temerarie.

Assicurava che non occorreva temere di desiderare e di chiedere troppo a Dio: “Sulla terra ci sono persone che sanno farsi invitare, che si intrufolano dovunque… Se noi domandiamo a Dio qualche cosa che non pensava di darci, Egli è così potente e ricco che ne va del suo onore il non rifiutarcelo, ed Egli quindi dà…”

Ma non adoperava mai questa audacia per sollecitare consolazioni o anche per alleggerire le sue pene. Nella richiesta di grazie temporali era molto cauta. Credeva che Dio non le rifiutava niente e si serviva di ciò con una grande discrezione “per paura – confidava – che Egli non si creda obbligato ad esaurirmi”. Di conseguenza quando domandava un favore o una consolazione lo faceva per far piacere ad altri, oltretutto facendo “passare le sue preghiere attraverso la Santa Vergine”, cosa che lei spiegava in questi termini: “Chiedere alla Madonna non è lo stesso che chiedere al buon Dio. Lei sa bene ciò che deve farne dei miei desideri, se è utile dirli oppure no…D’altra parte tocca a Lei valutare le cose per non forzare il buon Dio esaurirmi, per lasciarGli fare, in tutto, la Sua volontà”.

Quando esprimeva il desiderio di “fare del bene sulla terra dopo la sua morte”, poneva questa condizione: “ Prima di esaudire tutti quelli che mi invocheranno, comincerò col guardare bene negli occhi Dio per vedere se non chiedo una cosa contraria alla Sua volontà”.

Ci faceva notare che questo abbandono rispecchiava la richiesta della Santa Vergine a Cana, dove si accontentava di dire: “Non hanno più vino” (Gv 2,3).

Allo stesso modo Marta e Maria dicono solamente: “Colui che tu ami è malato” (Gv 11,3). Esse espongono semplicemente i loro desideri senza formulare domande, lasciando Gesù libero di fare la Sua Volontà.


Alcuni oggetti appartenenti a Teresa da bambina, tra cui una bambola e una culletta

FOTO: Santa Melania/M.Romano

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Un’altra volta le dissi: “Quello che in te invidio, sono le tue opere. Anch’io vorrei fare del bene, realizzare belle cose che facciano amare Dio!”.

“Occorre non attaccare il cuore a questo – mi rispose – . Credimi! Scrivere libri di pietà, comporre le preghiere più sublimi, fare opere d’arte…No! Davanti alla nostra impotenza occorre offrire le opere degli altri; ed è questo il beneficio della comunione dei Santi; e poi, di questa impotenza, non dobbiamo mai farcene una pena, ma dobbiamo dedicarci unicamente all’amore.

Dice bene Taulero: “ Se amo il bene che c’è nel mio prossimo più di quanto lo faccia egli stesso, questo bene è più mio che suo. Se in San Paolo amo tutte le grazie che Dio gli ha concesso, tutto questo mi appartiene alla stessa stregua che a lui. Per questa comunione posso essere partecipe di tutto il bene che c’è in cielo e sulla terra, negli angeli, nei santi e in tutti quelli che amano Dio”.

I Dottori ci insegnano che in cielo l’amore che unisce tutti gli eletti è così grande che ognuno gioisce della felicità degli altri come se egli l’avesse meritata, come se egli stesso ne godesse.

Tu farai del bene quanto me e anche di più, con il desiderio di fare questo bene e con l’azione più nascosta, fatta per amore, per esempio rendendo un piccolo servizio che ti costi molto. Tu sai che io sono povera, ma Dio mi dà di volta in volta quanto mi occorre”.


Oggetti appartenenti a Suor Teresa

FOTO: Santa Melania/M.Romano

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La mia cara sorellina mi diceva: “Ciò che maggiormente attira le grazie di Dio è la riconoscenza, perché se noi lo ringraziamo di un favore Egli ne rimane toccato e si preoccupa di farcene altri dieci, e se lo ringraziamo ancora con la stessa effusione, quale incalcolabile moltiplicazione di grazie ne risulterà! Io l’ho sperimentato, prova anche tu e vedrai. La mia riconoscenza è priva di limiti per tutto quello che egli mi dà, e glielo dimostro in mille maniere”.

Era riconoscenze anche per il più piccolo servizio ricevuto, ma particolarmente per il bene che le era stato fatto dai ministri del Signore con i quali aveva avuto modo di confidarsi.

Mi lamentavo del fatto che Dio sembrava trascurarmi…Suor Teresa mi riprese vivacemente: “Non dire questo! Guarda, anche quando non capisco niente degli avvenimenti, sorrido, ringrazio, mi mostro sempre contenta davanti a Dio. Non si deve mai dubitare di Lui, è mancanza di delicatezza. Mai “imprecare” contro la Provvidenza, ma esserLe sempre riconoscenti”.

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Suor Teresa del Bambino Gesù era alta: misurava un metro e sessantadue centimetri; madre Agnese di Gesù, invece, era molto più bassa. Un giorno le dissi: “Se ti fosse stata data la facoltà di scegliere, avresti preferito essere alta o bassa?”.

Senza esitare rispose: “ Avrei scelto di essere piccola di statura per essere piccola in tutto”….

…. “Nostro Signore rispose una volta alla madre dei figli di Zebedeo: “Sedere alla mia destra e alla mia sinistra spetta a quelli cui il Padre mio l’ha destinato” (Mt 20,23; Mc 10,40).

Io mi immagino che quei posti scelti, rifiutati a grandi santi, a grandi martiri, spetteranno ai piccoli…Non lo predisse forse David, quando disse che il piccolo Beniamino presiederà le assemblee (dei santi)? (Sal 67,28).

Le si domandò con quale nome avremmo dovuto pregarla quando fosse in cielo. “Mi chiamerete Teresina”, rispose umilmente.


Volto Santo di Tours al quale Teresa era molto devota e di cui conservava un’immagine nel breviario

FOTO: Santa Melania/M.Romano

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Quando una suora aveva torto e si mostrava spiacevole, lei non faceva che mostrarsi più amabile, più previdente e più dolce per calmare quel cuore agitato che sentiva soffrire. La sua bontà si manifestava con una grande tenerezza quando si ritornava da lei, dopo averle procurato un dolore.

Un giorno me ne spiegò la ragione: “ Sapessi quanto Dio è Misericordioso con le anime imperfette! Ne trovo la prova nella natura. Guarda i piccoli piselli che si sciolgono in bocca, che sono solo zucchero, e la loro buccia è tenerissima. Pure, essi possono ricevere il calore del sole e il fresco della notte, che non vengon loro risparmiati. Essi sono il simbolo delle anime perfette.

Le grosse fave, al contrario, che rappresentano le anime imperfette, sono dotate di un involucro ben solido che le immunizza. Dobbiamo dunque comportarci come il buon Dio e adoperare ogni nostra delicatezza e ogni nostra attenzione per le anime imperfette….

….Passeggiando in giardino durante la ricreazione, mostrandomi un albero da frutto mi disse: “Guarda queste pere in apparenza bruttissime; esse sono l’immagine di suore ce non ti sono simpatiche. In autunno, quando ti si daranno questi frutti privi di corpi estranei che li sfigurano, li mangerai con piacere senza pensare che li avevi disprezzati. Così, nell’ultimo giorno, resterai sbalordita di vedere le tue sorelle prive di ogni loro imperfezione e ti appariranno come grandi sante”.

DOSSIER – Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo
Per continuare la nostra esperienza spirituale sulla figura di Santa Teresa di Lisieux – di cui la nostra parrocchia ha avuto la grazia di ospitare le reliquie nell’ottobre missionario – proponiamo alcuni testi che possano aiutare ulteriormente a meditare alla luce della sua vita di santità.

La gioia, carità squisita

Lettera di Albino Luciani a Santa Teresa di Lisieux

Ho scritto sopra: “senza fatica”. Intendiamoci: ciò, sotto un aspetto; sotto un altro invece… Siamo agli ultimi mesi; la vostra anima avanza in una specie di galleria oscura, non vede niente di quel che prima vedeva chiaramente. “La fede, Voi scrivete, non è più un velo, ma un muro!”. Le sofferenze fisiche sono tali da farvi dire: “Se non avessi avuto la fede, mi sarei data la morte”. Ciononostante, continuate a dire con la volontà al Signore che lo amate: “

Canto la felicità del Paradiso, ma senza provar gioia; canto semplicemente che voglio credere”. Le ultime vostre parole sono state: “Mio Dio, io vi amo!”.

All’amore misericordioso di Dio vi eravate offerta come vittima. Tutto ciò non vi impediva di godere delle cose belle e buone: prima dell’ultima malattia con gioia dipingeste, scriveste poesie e piccoli drammi sacri, interpretandone qualche parte con gusto di fine attrice. Nell’ultima malattia, in un momento di ripresa, chiedeste dei pasticcini al cioccolato.

Non avevate paura delle vostre stesse imperfezioni, neppure di esservi talvolta addormentata per stanchezza durante la meditazione (“i bambini piacciono alle mamme anche quando dormono”!).


Amando il prossimo, vi sforzaste di rendere i piccoli servigi utili ma inosservati, e di preferire, semmai, le persone che vi davano noia e meno incontravano il vostro genio. Dietro il loro volto poco simpatico cercavate il volto simpaticissimo di Cristo. E non ci s’accorgeva di questo sforzo e di questa ricerca: “Quant’è mistica in cappella e nel lavoro, scriveva di Voi la priora, altrettanto è buffa e piena di trovate, fino a farci scoppiar dal ridere, in ricreazione”.


Cattedrale di San Pietro. Qui Teresa da bambina veniva a Messa la domenica e partecipava alla vita della comunità
FOTO: Santa Melania/M.Romano

Queste poche linee, che ho tracciate, son ben lontane dal contenere il vostro completo messaggio ai cristiani. Bastano, tuttavia, a segnar alcune direttive per noi.

l’amore a Dio non dev’essere esclusivo, ma prevalente, almeno nell’estimazione.


Confessionale dove la piccola Teresa si è confessata per la prima volta

FOTO: Santa Melania/M.Romano

Cercare il volto di Cristo nel volto del prossimo è l’unico criterio che ci garantisca di amare sul serio tutti, superando antipatie, ideologie e mere filantropie.
Un giovanotto, ha scritto il vecchio arcivescovo Perini, batte una sera alla porta di una casa: ha l’abito delle feste, un fiore all’occhiello, ma, dentro, il cuore gli batte forte: chissà come la ragazza ed i suoi familiari accoglieranno la domanda di matrimonio ch’egli viene timidamente a fare?

Aiutare come si può, non prendersela, essere comprensivi, mantenersi calmi e sorridenti (il più possibile!) in queste occasioni, è amare il prossimo senza retorica, ma in modo pratico.

Cristo ha molto praticato questa carità. Quanta pazienza nel sopportare i litigi che gli Apostoli facevano tra di loro! Quanta attenzione a incoraggiare e lodare: “Mai trovata tanta fede in Israele” dice del Centurione e della Cananea. “Voi siete rimasti con me anche nei momenti difficili” dice agli Apostoli. E una volta chiede per piacere la barca a Pietro.

“Sire di ogni cortesia” lo dice Dante. Sapeva mettersi nei panni degli altri, soffriva con loro. Proteggeva, difendeva oltre che perdonare i peccatori: così Zaccheo, così l’adultera, così la Maddalena.

La gioia può diventare carità squisita, se comunicata, come appunto Voi facevate nelle ricreazioni del Carmelo, agli altri.

L’irlandese della leggenda che, morto improvvisamente, si avviò al tribunale divino, era non poco preoccupato: il bilancio della vita gli si rivelava piuttosto magro. C’era una fila davanti a lui, stette a vedere e a sentire. Dopo aver consultato il gran registro, Cristo disse al primo nella fila: “Trovo che avevo fame, e tu mi hai dato da mangiare. Bravo! Passa in Paradiso!”. Al secondo: “Avevo sete e tu m’hai dato da bere”. A un terzo: “Ero in carcere e m’hai visitato”. E così via.



Intorno al Volto Santo di cui Teresa aveva una grande devozione, le rose in basso rappresentano i genitori, Louise and Zelie Martin; i cinque fiori Teresa e le sue sorelle (Marie, Pauline, Léonie, Céline); i fiori chiusi i fratellini morti appena nati.

FOTO: Santa Melania/M.Romano

Per ognuno, che veniva spedito in Paradiso, l’irlandese faceva un esame e trovava di che temere: lui, non aveva dato né da mangiare né da bere, non aveva visitato né carcerati né malati. Venne il suo turno, tremava, guardando Cristo, che stava esaminando il registro. Ma ecco che Cristo alza gli occhi e gli dice: “Non c’è scritto molto. Però qualcosa hai fatto anche tu: ero mesto, sfiduciato, avvilito: sei venuto, m’hai raccontato delle barzellette, m’hai fatto ridere e ridato coraggio. Paradiso!”.

Giugno 1973



E’ una facezia, d’accordo, ma sottolinea chenessuna forma di carità va trascurata o sottovalutata.

Ad aprire viene la ragazza in persona. Un’occhiata e il rossore, il piacere evidente (manca la “furtiva lacrima”) della signorina lo rassicurano, il cuore gli s’allarga. Entra; c’è la madre della ragazza; gli sembra signora simpaticissima, gli verrebbe voglia d’abbracciarla addirittura. C’è il padre, l’ha incontrato cento volte, ma stasera gli appare trasfigurato da una luce speciale. Più tardi arrivano i due fratelli; braccia al collo, saluti calorosi.

Si chiede Perini: cosa succede in questo giovanotto? Cosa sono tutti questi amori spuntati all’improvviso come funghi? Risposta: non si tratta di amori, ma di un amore solo: ama la ragazza e l’amore portato a lei lo diffonde su tutti i suoi parenti.

Chi ama sul serio Cristo non può rifiutarsi di amare gli uomini, che di Cristo sono fratelli. Anche se brutti, cattivi e noiosi, l’amore li deve un po’ trasfigurare.

Il vero amor di Dio si sposa con la ferma decisione presa e, al bisogno, rinnovata.

In una delle lettere indirizzate idealmente ad alcune grandi figure del passato in una raccolta intitolata “Illustrissimi”, l’allora Patriarca di Venezia – il Cardinale Albino Luciani, futuro papa Giovanni Paolo I per soli 33 giorni – si rivolge alla Santa di Lisieux, sottolineandone la grandezza e la forza e invitando i cristiani a imitarla nella carità semplice e quotidiana, che ha un grande valore agli occhi di Dio e fa la differenza nella vita di coloro che incontriamo nel nostro cammino.

Cara piccola Teresa,

Avevo diciassette anni, quando lessi la vostra autobiografia. Fu per me un colpo di fulmine. “Storia di un fiorellino di maggio” l’avevate definita.

A me parve la storia di una “spranga d’acciaio” per la forza di volontà, il coraggio e la decisione, che da essa sprizzavano. Scelta una volta la strada della completa dedizione a Dio, niente v’ha più sbarrato il passo: né malattia, né contraddizioni esterne, né nebbie e tenebre interiori.

Teresa, l’amore che avete portato a Dio (e al prossimo per amor di Dio) fu veramente degno di Dio. Così dev’essere l’amore nostro: fiamma, che si alimenta di tutto ciò che in noi è grande e bello; rinuncia a tutto ciò, che in noi è ribelle; vittoria, che ci prende sulle proprie ali e ci porta in regalo ai piedi di Dio.

Amore spicciolo. Spesso è l’unico possibile. Non ho mai avuto l’occasione di gettarmi nelle acque di un torrente per salvare un pericolante; spessissimo sono stato richiesto di prestare qualcosa, di scrivere lettere, di dare modeste e facili indicazioni. Non ho mai incontrato un cane idrofobo per via; invece, tante noiose mosche e zanzare; mai avuto persecutori che mi bastonassero, ma tante persone che mi disturbano col parlare forte in strada, col volume della televisione troppo alzato o magari col fare un certo rumore nel mangiare la minestra.

L’indeciso Enea del Metastasio, che dice: “Intanto confuso, nel dubbio funesto, non parto, non resto” non era stoffa da vero amore di Dio.

Più adatto, semmai, il vostro compatriota maresciallo Foch, che durante la battaglia della Marna, telegrafava: “Il centro del nostro esercito cede, la sinistra si ritira, ma io attacco lo stesso!”.

Un po’ di combattività e di amore al rischio non guasta nell’amore al Signore. Voi ce l’avevate: non per niente sentiste in Giovanna d’Arco una “sorella d’armi”.

Me ne ricordai, quando mi portarono ammalato al sanatorio, in anni in cui, penicillina e antibiotici non essendo ancora stati inventati, al degente si prospettava, più o meno vicina, la morte.

Mi vergognai di provare un po’ di paura: “Teresa ventitreenne, fino allora sana e piena di vitalità, mi dissi, fu inondata di gioia e di speranza, quando sentì salire alla bocca la prima emottisi. Non solo, ma, attenuando il male, ottenne di portare a termine il digiuno con regime di pane secco e acqua, e tu vuoi metterti a tremare?

Sei sacerdote, svegliati, non fare lo sciocco!”.

Voi, a Lisieux, avete camminato dietro i suoi esempi; noi dovremmo fare altrettanto nel mondo.

Carnegie racconta di quella signora, che un giorno fece trovare ai suoi uomini, marito e figli, la tavola ben preparata e infiorata, ma con un pugnetto di fieno su ogni piatto. “Cosa? Fieno ci dài oggi?” le dissero. “Oh, no, rispose, vi porto subito il pranzo. Ma lasciate che vi dica una cosa: da anni vi faccio la cucina, cerco di varare, una volta il risotto, un’altra il brodo, ora l’arrosto, ora l’umido, ecc. Mai che diciate: “Ci piace”, “sei stata brava!”. Dite per piacere una parola, non sono di sasso! Non si può lavorare senza un riconoscimento, un incoraggiamento, per il solo re di Prussica!”.

Può essere spicciola anche la carità sprivatizzata o sociale. C’è in atto uno sciopero giusto: può darsi che esso porti disagio a me, che non sono direttamente interessato alla vertenza. Accettare il disagio, non mormorare, sentirsi solidali con dei fratelli, che lottano per la difesa dei loro diritti, è pure carità cristiana. Poco notata, non per questo meno squisita.
Una gioia mescolata all’amore cristiano. Appare già nel canto degli Angeli a Betlemme. Fa parte dell’essenza del Vangelo, che è “novella lieta”. E’ caratteristica dei grandi santi: “

Un Santo triste, diceva Santa Teresa d’Avila, è un triste santo”. “Qui da noi, soggiungeva San Domenico Savio, ci si fa santi con l’allegria”.

Giacobbe un giorno si innamorò di Rachele: per averla, prestò servizio ben sette anni, che “gli parvero, dice la Bibbia, pochi giorni, talmente l’amava” e Dio non ebbe niente a ridire, anzi approvò e benedisse.

Spruzzare d’acqua santa e benedire tutti gli amori di questo mondo è un’altra cosa. Purtroppo, tenta di farlo oggi qualche teologo, il quale, influenzato dalle idee di Freud, Kinsey e Marcuse, inneggia alla “nuova morale sessuale”. Se non vogliono la confusione e lo spappolamento, invece che a questi teologi, i cristiani dovranno guardare al Magistero della Chiesa, che gode di speciale assistenza sia per conservare intatta la dottrina di Cristo sia per adattarla in modo conveniente ai tempi nuovi.

Nell’Elisir d’amore di Donizetti basta la “furtiva lacrima”, spuntata sulle ciglia di Adina, a rassicurare e fare beato l’innamorato Nemorino. Dio non si accontenta di sole furtive lacrime. Una lacrima esterna in tanto gli piace, in quanto ad essa corrisponde dentro, nella volontà, una decisione. Così è anche delle opere esterne: esse piacciono al Signore, solo se corrisponde loro un amore interno. Il digiuno religioso aveva addirittura fatto sterminio sulle facce dei Farisei, ma a Cristo non piacquero quelle smunte facce, perché trovava che il cuore dei Farisei era lontano da Dio. Voi avete scritto: “L’amore non deve consistere nei sentimenti, ma nelle opere”. Avete però soggiunto: “

Dio non ha bisogno delle nostre opere, ma solo del nostro amore”. Perfetto!

Con Dio si può amare un sacco di altre belle cose. A un patto: niente sia amato contro o sopra o nella stessa misura di Dio. In altre parole:

Rileggendovi, in occasione del centenario della nascita (1873-1973), mi colpisce invece il modo con cui avete amato Dio e il prossimo. Sant’Agostino aveva scritto: ” Andiamo a Dio non col camminare, ma con l’amare”. Anche Voi chiamate la vostra strada “via dell’amore”. Cristo aveva detto: “Nessuno viene a me, se il Padre mio non l’attira”. In perfetta linea con queste parole,Voi vi siete sentita come un “uccellino senza forza e senz’ali”; in Dio, invece, avete visto l’aquila, che scendeva per portarvi alle altezze sulle proprie ali. Chiamaste la grazia divina “ascensore”, che vi innalzava a Dio presto e senza fatica, essendo Voi “troppo piccola per salire l’aspra scala della perfezione”.

98° video – Santa Tersa del Bambino Gesù – Viver d’Amore!…

Santa Tersa del Bambino Gesù – Viver

Viver d’Amore!…

“La sera dell’amore, senza parabole Gesù diceva: « Se uno vuole amarmi,
la mia Parola nella sua vita accolga. Io e il Padre verremo a visitarlo e,
dimora prendendo nel suo cuore, lo ameremo per sempre, da lui stando.
Vogliamo che, colmo di pace, resti nel nostro Amore! ».

Viver d’Amore è custodire Te, Verbo Increato, Parola del mio Dio!
Ah, tu sai che t’amo, Gesù divino! Lo Spirito d’Amor tutta m’infiamma.
È amando Te che io attiro il Padre: il debole mio cuore lo trattiene.

O Trinità, tu ormai sei prigioniera del mio Amore!

Viver d’Amore è di tua vita vivere, Re glorioso, delizia degli eletti.
Tu nascosto nell’ostia per me vivi: e io voglio per te, Gesù, nascondermi!
Pur occorre agli amanti solitudine, un cuore a cuore che duri notte
e giorno Il tuo sguardo è per me beatitudine: vivo d’Amore!…

Viver d’Amore non è mai qui in terra un piantare la tenda in vetta
al Tabor: è salire invece con Gesù il Calvario, è nella Croce scorgere
un tesoro! A me gioire sarà dato in Cielo, ove per sempre esclusa
è la prova; ma nell’esilio voglio col soffrire viver d’Amore.

Viver d’Amore è dare senza tregua, senza pretesa di compensi umani.
Ah, senza misura io do, ben certa che non si calcola quando pur si ama!
Al Cuor Divino, colmo di dolcezza, ho dato tutto ed or leggera corro
ed io altro non ho che la mia ricchezza: viver d’Amore.

Viver d’Amore è delle antiche colpe bandire ogni timore, ogni ricordo.
Dei miei peccati nessun segno vedo: in un lampo l’amor tutto ha bruciato!
Fiamma Divina, Fornace dolcissima, nel tuo braciere io dimora prendo!
Nelle tue fiamme libera io canto: « Vivo d’Amore ».

Viver d’Amore è navigare sempre, gioia e pace nei cuori seminando.
Mossa da Carità, Pilota caro, ti vedo nell’anime mie sorelle.

La Carità è la mia sola stella: su giusta rotta vogo alla sua luce.
Io sulla vela il mio motto ho scritto: « Viver d’Amore ».

Viver d’Amore è, mentre Gesù dorme, trovar riposo sui tempestosi
flutti. Non temere, Signor, che io ti svegli! In pace attendo il celeste
approdo. Presto la Fede squarcerà il suo velo; la Speranza per me
è vederti un giorno: Carità è una vela gonfia che mi spinge: Vivo d’Amore!

Viver d’Amore, mio Divin Maestro, è supplicarti che il tuo fuoco invada
del tuo Sacerdote l’anima sacra: più puro sia dei Serafini in Cielo! Glorifica
la Chiesa tua immortale; non esser sordo, Gesù, ai sospiri miei; per lei io,
Figlia sua, qui mi immolo: Vivo d’Amore!

Viver d’Amore è asciugarti il Volto e ottener perdono ai peccatori:
la tua grazia li accolga, o Dio d’Amore; e il tuo Nome in eterno benedicano!

Mi rintrona nel cuore la bestemmia: per cancellarla voglio ricantare:
« ll tuo Santo Nome io adoro e amo ». Vivo d’Amore!

Viver d’Amore è imitar Maria che di pianto e preziosi aromi bagna i tuoi
piedi divini e, rapita, coi lunghi suoi capelli li rasciuga; poi ella, rotto
il vaso, si rialza per profumare il tuo dolce Volto. Anch’io il tuo Volto
posso profumare col mio Amore!

« Viver d’Amore, oh, che follia strana! », mi dice il mondo:
« Cessate il vostro canto, e vita e profumi non sprecate più!
Sappiate farne un uso intelligente! ».

Amarti, Gesù, che perdita feconda! Tutti i miei profumi son
per te solo; senza rimpianti lascio il mondo e canto:
« Muoio d’Amore! »

Morir d’Amore è assai dolce martirio, che vorrei appunto per te
patire! Cherubini, accordatevi la lira: del mio esilio io sento già la fine.
Fiamma d’Amor, continua a consumarmi! Vita fugace, pesa il tuo fardello!
Gesù Divino, il mio sogno adempi: morir d’Amore.

Morir d’Amore, ecco la mia Speranza! Quando spezzate vedrò le mie
catene, sarà Dio la mia grande Ricompensa: altri beni io non voglio
possedere. Del suo Amore voglio infiammarmi tutta, voglio vederlo,
a Lui per sempre unirmi. Ecco il mio Cielo, ecco il mio destino: viver d’Amore!!!…”

Santa Teresa del Bambin Gesù, Dottore della Chiesa: Opere (Febbraio 1897)

Preghiera:

O Dio, il Tuo Santo Spirito infiammò il cuore di Santa Teresa di un
amore senza frontiere al Tuo Divino Figlio e la illuminò per comprendere
e praticare la Legge Suprema dell’Amore. Supplichiamo umilmente a Te
di concederci per sua intercessione, trovare Te in tutte le cose, avvenimenti
e persone. Te lo chiediamo per mezzo di Gesù Cristo, Nostro Signore, amen.

A cura dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”

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