ALLA SEQUELA DI GESU’: DONNE LIBERE PER IL VANGELO – Di Elena Bosetti

Alla sequela di Gesù:

donne libere per il vangelo

Bosetti Suor Elena - Cong. delle Pastorelle Docente Esegesi N.T alla Gregoriana.Di Elena Bosetti

Di Elena Bosetti I vangeli parlano poco delle discepole di Gesù, si ricordano di loro soltanto quando non possono farne a meno, quando la loro testimonianza è l’unica possibile circa gli eventi supremi della morte e risurrezione del Maestro.

In effetti i primi due evangelisti escono dal silenzio concernente il discepolato femminile solo in occasione della passione e morte di Gesù. Ma, ovviamente, le donne c’erano anche prima. Non fanno la loro prima comparsa sotto la croce! Fortunatamente Luca ricorda che fin dagli inizi alla sequela di Gesù c’erano anche le donne. Non erano soltanto gli uomini a seguire stabilmente il profeta di Nazareth.

Contro le usanze del tempo Gesù accettava al suo seguito anche le donne (Lc 8,1-3). Le riteneva capaci di ascoltare e annunciare la Parola di Dio. Sfidava la cultura dominante non solo perché si lasciava toccare da donne peccatrici, ma ancor più perché le associava alla sua opera di evangelizzazione. Nei suoi viaggi missionari a fianco dell’apostolo Paolo, Luca deve avere sperimentato ripetutamente l’accoglienza e la generosa disponibilità di alcune donne cristiane. Deve avere incontrato donne intelligenti, capaci, generose, che aprivano la propria casa ai missionari itineranti e si coinvolgevano con passione nella causa del vangelo, come suggerisce il racconto di Lidia (At 16,15).

I tempi dello Spirito aprono decisamente orizzonti nuovi sia per l’uomo che per la donna. Invochiamo lo Spirito dell’unico Maestro affinché ci renda testimoni e annunciatori del Vangelo. IN ASCOLTO Discepole itineranti La notizia di un gruppo femminile itinerante è data nel contesto di un sommario” che intende informare sull’attività evangelizzatrice di Gesù: “In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio.

(Camminavano) con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni” (Lc 8,1-3).

La menzione della presenza di donne nel gruppo itinerante di Gesù costituisce un’assoluta novità nella cultura del tempo, in particolare nell’ambiente palestinese (si ricordi il dialogo con la Samaritana dove gli stessi discepoli “si meravigliarono che stesse a parlare con una donna” (Gv 4,27). Va sottolineato che qui le donne non compaiono in un contesto periferico, ma nel cuore stesso dell’attività di Gesù: l’annuncio del Vangelo.

Cerchiamo di “entrare” nel testo.

• L’attività di Gesù per evangelizzare Israele si fa più sistematica, oggi diremmo a tappeto: “se ne andava di città in città e di villaggio in villaggio”. Tutti devono avere la possibilità di ascoltare la buona novella e di convertirsi.

• Gesù non va solo. Sono con lui i Dodici e le donne. I Dodici rappresentano l’intero popolo di Dio: da un lato, sono il segno che Gesù intende rivolgersi a tutto Israele (le dodici tribù), dall’altro, indicano l’Israele che ha creduto e accolto l’appello di Gesù alla conversione.

Questo Israele in nuce, congregato attorno a Gesù, è mandato a evangelizzare l’intero popolo. Gesù è dunque il fulcro di un’intensa attività evangelizzatrice, che viene organizzata ulteriormente con l’invio dei settantadue discepoli (Lc 10,1; cf. Es 24,9).

• Qual è la posizione e il ruolo delle donne in questa fervida attività? Come i Dodici, queste donne seguono Gesù. Lo seguono in tutti i sensi: materialmente, camminando sui suoi passi, e spiritualmente, condividendo il suo progetto. Se egli predica, loro che gli stanno accanto, lo ascoltano. Inoltre, camminando con lui, vedono quello che fa, come si comporta.

Luca (8,1-3) informa che queste donne avevano fatto personalmente esperienza del potere terapeutico di Gesù: “erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità”. E forse anche per questo “lo servivano (diekonoun) con i loro beni”.

Sono donne che la grazia ricevuta ha reso capaci di amare fattivamente, capaci di una diakonia sollecita alle varie necessità di un gruppo itinerante. Tre di queste donne sono menzionate per nome: Maria chiamata Maddalena, Giovanna, moglie di Cusa, e Susanna.

Maria di Magdala

Al primo posto è menzionata Maria Maddalena, un primato riconosciutole anche nell’annuncio della risurrezione da tutti e quattro gli evangelisti. Indubbiamente doveva essere una donna di grande spicco nella comunità primitiva.

Prima di mettersi al seguito di Gesù, Maria di Magdala era stata esorcizzata “da sette demoni”. La possessione di sette spiriti è un caso particolarmente grave, come è esplicitamente detto in Luca (11,26). È possibile dare un nome a questi “sette demoni” cacciati dalla Maddalena? È giusto interpretarli in chiave sessuale e, conseguentemente, vedere nella Maddalena la peccatrice (= prostituta) di cui parla Luca (7,37-50)?

Per sé peccato e possessione diabolica non sono la stessa cosa nel Nuovo Testamento. Ma già nella chiesa antica si è fatta una sovrapposizione tra il racconto della peccatrice perdonata, di cui peraltro Luca tace il nome, e Maria di Magdala da cui erano usciti “sette demoni”. Si è letto tale indicazione come equivalente di tutta la diavoleria che si esprime nel sesso, ovvero il demone della porneia.

Ecco allora l’immagine tradizionale della Maddalena ex prostituta, che scioglie i suoi lunghi capelli (ovviamente biondi!) per asciugare le sparse lacrime sui piedi di Gesù. (Per una storia della problematica rimando al volume di Carla Ricci, Maria di Magdala e le molte altre, D’Auria, Napoli 1991, 32-55).

Luca (8,2) non consente tali sovrapposizioni. Invece offre un aspetto rilevante circa l’identità psicologica di Maria di Magdala: è indubbiamente una donna restituita a se stessa, riconsegnata alla propria libertà attraverso l’esodo di sette demoni. Ebbene, questa donna vive oramai la sua libertà quale servizio d’amore.

Perciò è modello della libertà cristiana che si esprime nel servizio (Gal 5,1-15). Giovanna e Susanna

La seconda donna menzionata da Luca (8,3) è Giovanna. Nessun accenno alla sua figura negli altri due sinottici e neppure in Giovanni.

Luca invece ne parla ancora in 24,10 ed anche in quel caso la pone al secondo posto, subito dopo Maria di Magdala. Di lei ci riferisce la posizione civile e sociale: è la moglie di Cusa, amministratore di Erode. Proviene dunque da una situazione sociale elevata. Se era sposata, come mai peregrinava con Gesù? Luca non lo spiega e perciò questa notizia complica la comprensione dei dati e apre varie ipotesi.

Era forse vedova? In tal caso perché Luca, che della vedova cristiana ha particolare ammirazione, non lo dice? “Se poi Cusa era vivente e aveva una eminente posizione come funzionario di Erode, la situazione appare ancora più complessa.

Era d’accordo con la scelta della moglie mettendo così a repentaglio la sua carriera? Oppure Giovanna, oltre l’abbandono del suo ambiente, dovette sopportare anche il peso dell’ostilità e della perdita affettiva del marito?

Dell’eventuale presenza di figli non si parla” (Ricci, Maria di Magdala, 165). Quale può essere stata la causa che ha spinto Giovanna a seguire Gesù? Luca non lo dice esplicitamente. Perciò possiamo supporre che valga anche per lei quanto detto per tutte: l’esperienza di guarigione e di amore liberante.

La terza donna menzionata da Luca (8,3) è Susanna, di cui, oltre il nome, non sappiamo però altro. Ma è già molto. Sufficiente per concludere che insieme a Gesù c’è un gruppo di donne concrete, tanto che di alcune la comunità ricorda ancora i nomi. Queste donne hanno il coraggio di vivere una vita austera come doveva comportare la sequela di Gesù nel suo infaticabile itinerare.

Dalla Galilea a Gerusalemme Ci ambientiamo sotto la croce. Gesù ha già consegnato il suo spirito nelle mani del Padre (Lc 23,46). La folla è ritornata in città battendosi il petto. Ma c’è un gruppo che non dà segno di andarsene. Sono gli amici e le compagne fedelissime provenienti dalla Galilea, facilmente identificabili dalla loro parlata (si ricordi ciò che capita a Pietro nella notte del tradimento).

Luca le menziona tre volte: in riferimento alla morte, alla sepoltura e alla risurrezione (vedi Lc 23,49.55-56; 24,1-11). Oltre ad essere presenti sotto la croce, queste donne sono anche le prime ad accostarsi al suo sepolcro, confermandone così la morte.

La loro testimonianza avrà coronamento nel mattino di Pasqua, quando dagli angeli sono ricondotte alla memoria delle parole di Gesù: “Ricordatevi come vi (hymin) parlò quando era ancora in Galilea… Ed esse si ricordarono”. La memoria equivale in certo senso al cuore, luogo in cui la parola va custodita. Con la Risurrezione la memoria delle parole di Gesù riaffiora alla coscienza. E le prime a “ricordarsi” sono proprio le donne. Esse sono ricondotte dai due uomini-angeli alle parole che il Maestro ha detto loro detto “quando era ancora in Galilea”. Nei vangeli non si trova una predizione della morte e risurrezione di Gesù rivolta esplicitamente alle donne. Ma forse non c’è neppure bisogno. Avendo Luca informato all’inizio del capitolo 8 che il gruppo itinerante di Gesù comprendeva alcune donne, il lettore può facilmente capire che le cose dette strada facendo (come gli annunci della passione) le udivano anche loro. Esse dunque sanno, non meno dei Dodici. È solo questione di “ricordare”. Ed è ciò che avviene appunto al sepolcro il mattino dopo il sabato. I due uomini-angeli contribuiscono a far risorgere nelle donne di Galilea “la memoria” delle parole di Gesù. E a far risorgere, con la memoria, la fede. Per approfondire l’ascolto L’attenzione che Luca mostra di avere nei confronti delle donne trova continuità negli Atti degli Apostoli. L’esperienza della Pentecoste vede unita la comunità cristiana, rappresentata dagli Apostoli “con le donne e Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di lui” (At 1,14). Questa composizione ideale del nucleo originario vuole sottolineare la continuità spirituale tra il tempo di Gesù e quello della Chiesa. L’effusione dello Spirito si rivela come il superamento di ogni barriera di sesso, razza e cultura. Tale è l’interpretazione che fa Pietro della profezia di Gioele 3,1-5 nel suo primo discorso: “Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno” (At 2,17-18). Il dono di profezia caratterizza l’intera comunità, i figli come le figlie, tutti ormai abilitati all’annuncio della bella notizia.

Paolo ha espressioni elogiative per l’impegno missionario dei suoi collaboratori, tra cui diverse donne. Si pensi a Priscilla (detta anche Prisca), moglie di Aquila. Paolo incontra questa coppia a Corinto e benefica della loro ospitalità per circa un anno e mezzo (vedi At 18,1-11).Nei saluti conclusivi della lettera ai Romani li ricorda con profonda gratitudine (si noti che il nome di Prisca precede quello del marito, un aspetto piuttosto insolito, che sembra confermare la posizione di rilievo di questa donna): “Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù; per salvarmi la vita essi hanno rischiato la loro testa, e ad essi non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese dei Gentili; salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa” (Rom 16,3-5).

L’elenco della persone da salutare si apre con il nome di Febe, diaconessa della chiesa di Cencre (Rom 16,1-2). L’apostolo ricorda inoltre Maria, che ha lavorato molto per la comunità di Roma, la coppia Andronico e Giunia “compagni di prigionia e apostoli insigni”, Trifena e Trifosa “che si danno da fare per il Signore” e “la carissima Perside, che faticò molto per il Signore”, la madre di Rufo e ancora Patroba e Giulia.

La menzione delle collaboratrici prosegue con la sorella di Nereo, Olimpia, e tutti i santi che sono con loro. Impressiona questo fitto elenco di collaboratori e collaboratrici. Dietro questi nomi ci sono volti e ruoli, soprattutto c’è amore e fatica: l’evangelizzazione fin dall’inizio è attività che vede le donne coinvolte in prima persona, con tutta la loro dedizione.

Testi biblici

• Rivisita la vocazione profetica di Miriam (Es 15,20-21), di Debora (Gdc 5,4) e di Culda (2Re 22,14-20).

• Il discepolato rende fratelli e sorelle di Gesù: vedi Mt 12,46-50; Mc 3,31-35; Lc 8,19-21

• Paolo afferma la fine di ogni discriminazione tra uomo e donna: Gal 3,28 IN DIALOGO E CONFRONTO Passiamo dall’ascolto alla meditazione con l’aiuto di alcune domande. Ci lasciamo interpellare personalmente dalla Parola e confrontiamo la nostra vita con Gesù Cristo, Verbo del Dio vivente.

• La vita cristiana si esprime essenzialmente nella sequela di Gesù, nel “seguire le orme del Cristo” (1Pt 2,21). Le donne dei vangeli, prima fra tutte Maria di Magdala, percorrono la strada di Gesù dalla Galilea fino a Gerusalemme. Ascoltano la sua parola, osservano il suo comportamento, si lasciano formare dal suo modo di vivere.

* Come vivo la sequela di Gesù Cristo? Mi confronto giornalmente con la sua Parola? Mi lascio educare dai suoi sentimenti, dalla sua preghiera, dalla sua dedizione all’evangelo del regno di Dio? Sono suo testimone in ogni ambiente di vita?

• La sequela di Gesù è vissuta dalle donne di Galilea in termini di diakonia, di servizio generoso.

* Come vivo la diakonia nella chiesa e nella società? Mi sento onorato di poter mettere a servizio del Vangelo e della comunità ecclesiale e civile i vari doni che il Signore mi ha dato (salute, tempo, intelligenza, preparazione, intuizioni…)? O mi premuro troppo di salvaguardare me stesso, la mia salute, il mio tempo, i miei beni?

• Paolo si rivela capace di amicizia e di affetto sincero nei confronti dei suoi collaboratori e delle sue collaboratrici. Mostra gratitudine e apprezzamento per la dedizione al vangelo e per le varie forme di diakonia espresse dalle donne. · Come sono le mie relazioni con gli altri operatori pastorali? So ascoltare le idee degli altri? Apprezzo il loro lavoro? Comunico con lealtà e umiltà i miei punti di vista, le intuizioni? So riconoscere i miei errori e sbagli? IN PREGHIERA Contempliamo l’icona della nuova famiglia di Gesù (Mt 12,46-50; Mc 3,31-35; Lc 8,19-21). Tra i discepoli e le discepole di Gesù c’è un legame di “parentela” generato dalla Parola di Dio.

L’adesione comune al volere del Padre, crea “famiglia”, nuove relazioni di fraternità e sororità. Il discepolato si realizza come comunità di coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica. A questa nuova relazione vitale, basata sull’efficacia generatrice della Parola, fa riferimento la risposta di Gesù a quella donna che in mezzo alla folla esclama: “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11,27-28).

Vogliamo ringraziare il Signore Gesù di questa beatitudine e per aver fatto di noi la sua famiglia, suoi fratelli e sorelle:

· Grazie Gesù per averci chiamato a stare con teper averci chiamato a seguirti nella tua obbedienza amorosa al progetto del Padre.

·Grazie per l’onore che ci fai associandoci alla tua missione di evangelizzazione e di salvezza.

· Aiutaci a non indietreggiare.

· Non permettere, Signore Gesù, che dopo averti seguito ci ripieghiamo sui nostri piccoli problemi e interessi.

· Liberaci dal vivere per noi stessi.

· Aiutaci a restare aperte all’ascolto della tua parola,

· disponibili alle provocazioni del nostro tempo,

· capaci di discernere il tuo volere nei segni tempi,

· nelle domande, spesso inespresse, del popolo a cui ci mandi.

· Insegnaci a parlare con il Padre · e a parlare del suo amore ai nostri fratelli.

· Ravviva in noi il dono del tuo Spirito

· affinché ci lasciamo da lui pienamente guidare nella vita e nella missione.

· Affidiamo a Maria, Madre e discepola del Signore, l’impegno di vita suscitato in noi dall’ascolto e confronto con la Parola.

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