04 – REGOLA DI VITA DELLA COMPAGNIA

Capitolo quarto

REDDITIO:
LA RESTITUZIONE DEI BENI ACCOLTI

39. Comunicare quanto ci è stato dato

Quanto abbiamo gratuitamente ricevuto da Dio attraverso la tradizione vivente dei nostri Padri e abbiamo assimilato mediante l’ascolto della Parola e la celebrazione dei Sacramenti, dobbiamo a nostra volta offrirlo gratuitamente a coloro a cui il Signore ci manda, e attraverso di essi restituirlo a Lui, il Padre da cui viene ogni dono, meta vera del nostro cammino. Siamo tutti chiamati a “comunicare”, mossi dall’amore comunicativo della Trinità. La gioia che il Risorto ci fa provare spiegandoci le Scritture e rompendo il pane ci spinge a “partire da Emmaus” per ridare a molti altri quel senso pieno della vita che ci è stato donato.

40. Accoglienza e dialogo

Potremo vivere questa Redditio cominciando dalla accoglienza fraterna, anzitutto fra i credenti. Ci accogliamo gli uni gli altri come figli di questa Chiesa ambrosiana, nella sua realtà di Diocesi e nelle sue diverse articolazioni, che raggiungono ciascuno nell’ambito della propria parrocchia. Questa appartenenza ci allarga il cuore e ci apre anche a molti altri. Il cristiano radicato nella propria Chiesa locale non fa preferenza di persone, ma a tutti mostra l’accoglienza che mostrerebbe al Signore Gesù, se questi in persona si presentasse a lui. Per questo ama e coltiva il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso, a partire da una coscienza della propria identità che è così certa e serena da lasciarsi volentieri arricchire dai tesori degli altri.

41. Farsi prossimo

La tradizione della Chiesa ambrosiana è ricchissima di testimonianze di accoglienza, specialmente nei confronti dello straniero, del più povero e del più debole. Anche per la sua posizione geografica, il nostro territorio ha accolto e ospitato nei secoli genti delle più diverse provenienze. Pertanto, dare il giusto posto nel cuore e nei propri doveri a chi ci è affidato anzitutto dal Signore non potrà mai significare chiudersi agli altri, dovrà anzi coniugarsi allo sforzo di farsi prossimo a ogni uomo o donna, facendo spazio nella casa, nella comunità ecclesiale e nel cuore a chi ha più bisogno di accoglienza, a cominciare dalla vita nascente. Forme come l’affido familiare o l’adozione, scelte di solidarietà e di condivisione con lo straniero, l’emarginato, il malato, l’indifeso, il debole, l’anziano, il bambino solo, esperienze di volontariato vissute con piena gratuità e dedizione, sono urgenze di una vita cristiana che tenda alla santità nel quotidiano.

42. Coscienza vigile della società

Nella varietà delle situazioni della vita il cristiano è chiamato a scegliere sempre ciò che più piace a Dio. Nell’ascolto perseverante della Parola, aiutato dal dialogo della fede nella comunione della Chiesa, il credente impara ad essere coscienza vigile della società, critico della miopia di tutto ciò che è meno di Dio, pronto alla denuncia di quanto offenda o manipoli la dignità dell’essere umano, sciolto e deciso nell’annuncio della fede, pagato anche a caro prezzo, perché si promuova tutto l’uomo in ogni persona umana. In una società segnata dalla comunicazione di massa il discernimento di queste scelte non è sempre facile: richiede che si tenga davanti agli occhi il modo di fare di Gesù, che è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per noi.

43. Nel campo sociale e politico

In modo particolare questa coscienza critica, nutrita dalla contemplazione della croce e ispirata alla speranza che non delude, dovrà guidare i cristiani ambrosiani che si impegneranno nel servizio della cosa pubblica, in campo sociale e politico. Ad essi è specialmente domandato di imitare Gesù nella propria vita, non solo nel rispetto della legalità e nella disponibilità a spendere la propria esistenza secondo la volontà del Signore e il bene più grande del prossimo, ma anche fino al punto di seguire Gesù nella via della solitudine e dell’abbandono, se egli lo chiedesse. Non sarà possibile realizzare queste forme di carità politica e sociale se non ci si eserciterà nella quotidiana rinuncia a se stessi, nell’accoglienza e nel servizio generoso e fedele degli altri.

44. Spiritualità del lavoro

Nell’esercizio della propria attività lavorativa il cristiano si sforzerà di avere sempre l’intenzione di fare tutto per la gloria di Dio e il maggior bene del prossimo: perciò si verificherà spesso con chi nella comunità o nell’ambiente di lavoro possa aiutarlo, e soprattutto con il Signore nell’ascolto della Parola e nella preghiera, perché il lavoro sia luogo di grazia e di santificazione per sé e per coloro che incontra e siano superate le contraddizioni, le sofferenze e le povertà che pesano sull’esperienza del lavoro umano. Questa spiritualità del lavoro diventa un modo concreto per rendere grazie a Dio dei Suoi doni e vivere il ritorno a Lui di tutto quanto gratuitamente Egli ci ha dato, chiamandoci alla vita e alla fede.

45. Restituire i beni educando

Anche educare significa dare gratuitamente ad altri ciò che gratuitamente ci è stato donato: l’educazione è una forma alta della restituzione dei beni ricevuti, e perciò la Chiesa si riconosce chiamata ad essere comunità educante nella gratitudine a Dio, datore dei doni, e nell’impegno prioritario del servizio alle nuove generazioni. Agli stessi ragazzi e ai giovani è giusto chiedere di essere protagonisti attivi del processo educativo mediante un’accoglienza e una risposta libera, creativa e generosa di fronte a quanto viene loro offerto. Il significato e il valore educativo degli strumenti della comunicazione sociale dovrà essere sostenuto e promosso.

46. La famiglia

La famiglia è un luogo altissimo della realizzazione del progetto di Dio su ciascuno. Nei rapporti quotidiani non ci sono maschere che tengano: ciascuno è chiamato ad essere vero davanti alla propria coscienza e davanti al Signore. Sforzarsi di andare incontro agli altri senza aspettare che siano essi a fare il primo passo, rispettare la dignità di coloro che vivono con noi, privilegiare il dialogo, anche nei momenti di stanchezza e di delusione, vincere la tentazione del mutismo e dell’isolamento, sono modi concreti, possibili, anche se a volte difficili, di seguire Gesù nella propria vita quotidiana. La fedeltà coniugale e il mutuo sostegno diventeranno un riflesso della fedeltà e amorevolezza di Dio. Tanto più forte sarà l’unione di ciascuno con Dio, tanto più facile sarà il vivere la carità e l’umiltà necessaria a fare della famiglia una Chiesa domestica, dove regni l’amore. La preghiera in famiglia, anche nella forma semplice e breve che precede i pasti, è un aiuto grande per vivere tutti insieme alla presenza di Dio.

47. Lo stile della sobrietà

La sobrietà come stile di vita personale e familiare, oltre che come caratteristica dell’agire ecclesiale, è non solo una forma di imitazione di Gesù povero e crocifisso, ma anche la contestazione più credibile dei falsi modelli della società consumistica e dell’edonismo diffuso. Essa si coniuga ad una precisa gerarchia di valori, in base alla quale la vera felicità e il vero bene non consistono nel possedere di più, ma nell’essere di più nella verità e nell’amore, cioè nel dono di sé, davanti a Dio. L’uso maturo e responsabile del proprio tempo, la vigilanza nei confronti dei “media”, tesa a non farsi dominare dai persuasori occulti della propaganda per mantenere vigile e libero il cuore, specialmente nella sfera dei sènsi, sono aspetti importanti di questa sobrietà di vita, di cui altissimi esempi ci hanno dato i santi della Chiesa ambrosiana.

48. La comunione ecclesiale

«Il sacrificio più grande da offrire a Dio è la nostra pace e la fraterna concordia, è il popolo radunato dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (San Cipriano, Sul Padre nostro, 24). L’accoglienza e il dono di sé al prossimo non possono essere vissuti pienamente se non si è in piena comunione con i propri fratelli e le proprie sorelle nella fede: la comunione ecclesiale (specialmente tra gli operatori pastorali) è richiesta da Gesù come condizione della credibilità del nostro annuncio: “Da questo sapranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Non fare mai della propria esperienza spirituale o di gruppo un assoluto è condizione per vivere in comunione con tutti: in particolare a ogni battezzato è richiesta una docile obbedienza di fede al Vescovo e a colui che lo rappresenta nella comunità territoriale, a partire dalla parrocchia. Vivere il senso della Chiesa nel dialogo, nella pace, nell’accoglienza reciproca, nell’umile disponibilità ai diversi ministeri e servizi, dà forza alla testimonianza e allontana le insidie dello spirito di divisione e di sopraffazione degli altri.

49. La missione

Chi ha incontrato il Signore nella comunione della Chiesa non può non sentire il bisogno di annunciare ad altri la buona novella dell’amore di Dio di cui ha fatto esperienza. La Chiesa ambrosiana ha dato nel tempo straordinarie testimonianze di generosità missionaria, non solo all’interno del suo territorio, ma anche inviando numerosi suoi figli quali missionari del Vangelo alle genti. Nutrire lo spirito missionario, favorire le vocazioni per la missione, accompagnare con la preghiera e la vicinanza attiva e solidale chi parte e lavora lontano per la causa del Regno, è segno di maturità nella fede e di crescita nella qualità della vita ecclesiale. Ad ogni cristiano ambrosiano domando di verificarsi nella sua partecipazione all’azione missionaria della Chiesa e di investire tempo ed energia perché la Parola del Dio vivo sia annunciata a tutti e raggiunga tutto l’uomo in ogni uomo, come offerta di senso e di vita piena e vera.

50. Preghiera della Redditio

Signore Gesù, mia vita, mio tutto,
Tu mi chiedi di dare gratuitamente
quanto gratuitamente mi hai donato
in questa Chiesa ambrosiana
dove mi hai chiamato a seguirTi.


Aiutami a condividere con gli altri i doni ricevuti
nello spirito del dialogo
e dell’accoglienza reciproca.
Fa’ che io riesca a farmi prossimo
per tutti coloro cui Tu mi invii,
specialmente i più deboli e bisognosi
e quelli che sono più difficili da amare.


Mi stimola in questo l’esempio di tanti santi
che nella storia hai dato
a questa nostra Chiesa:
anche alla loro intercessione mi affido
perché sia vigile e responsabile
nella lettura dei segni del tempo
e testimoni il primato del Padre
nel mio lavoro quotidiano
e nei rapporti familiari e sociali.


Aiutami ad essere sobrio
cercando in tutto l’essenziale,
che piace a Te e mi fa vicino ai Tuoi poveri,
liberandomi da maschere e difese tranquillizzanti.
Dammi amore vero alla Tua Chiesa,
che riconosco mia Madre nella grazia,
perché mi ha generato alla fede in Te
e nel Padre Tuo
mediante il dono del Consolatore.


E fa’ che da una viva e forte esperienza
di comunione ecclesiale
scaturisca nel mio cuore il bisogno
di testimoniare ad altri
con generosità e passione
la bellezza del dono che Tu hai fatto a me,
insieme a tutti coloro che vivono l’ansia missionaria
per il Tuo Regno.


E Tu, Vergine Madre Maria,
che ti sei fatta terreno dell’avvento di Gesù
nell’ascolto umile ed accogliente dell’Angelo
e sei stata attenta, tenera e concreta
nel comunicare ad Elisabetta la gioia
di quanto avevi ricevuto,
aiutami ad essere come Te
vigile ed impegnato nell’accoglienza
e nella trasmissione del dono
che viene da Dio.
Amen. Alleluia!

CONCLUSIONE

Nel consegnarTi questa regola di vita, perché possa accompagnarTi nel cammino dei giorni come costante richiamo al dono di Dio e alla risposta che Lui Ti chiede, vorrei ripetere con Te le parole di gioia, di lode e di speranza con cui la Vergine Maria cantò le meraviglie del Signore in Lei. Maria fa parte dei doni più preziosi che Gesù ha lasciato al “discepolo dell’amore” (cf. Gv 19,25-27), e la familiarità con Lei, nella meditazione dei suoi misteri e nella preghiera perseverante con cui ci affidiamo alla Sua intercessione materna, aiuta ognuno di noi a vivere la “traditio”, la “receptio” e la “redditio” dei beni divini a noi confidati nella Chiesa, come Lei, Vergine e Madre, accolse gratuitamente e gratuitamente trasmise il dono divino. Già Sant’Ambrogio invitava a far esperienza di questa intimità con Maria, che riempie di esultanza e di pace: «Sia in ciascuno l’anima di Maria a magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria ad esultare in Dio» (Expositio evangelii secundum Lucam, 2,26).
Certo, come insegna Ambrogio, «Maria era tempio di Dio, non il Dio del tempio», ma è proprio così che ella rinvia all’Unico da adorare, il Signore che ha operato in Lei («Maria erat templum Dei, non Deus templi. Et ideo ille solus adorandus qui operabatur in templo»: De Spiritu Sancto 3, 11,80: PL 16,829). Con Maria, allora, sul Suo esempio e con il Suo
aiuto, rendiamo grazie all’Eterno che ci ha chiamati alla fede nella sua Chiesa ed ha operato in noi con la grazia del battesimo e dei sacramenti, e con Lei, che ci ha preceduto e ci accompagna, apriamoci a cantare nella vita, con le parole e con l’eloquenza dei gesti, il “Magnificat” della speranza e dell’amore operoso, sforzandoci di vivere con umiltà e fiducia questa regola di vita, che nella fede abbiamo ricevuto:

“L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni
mi chiameranno beata.


Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione
la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.


Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.


Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».

O1 – REGOLA DI VITA DELLA COMPAGNIA

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