FATEBENEFRATELLI – CAPITOLO GENERALE 2012 – PER UNA DIALETTICA DEI DISCERNIMENTI (02)

PER SUPERARE IL CONFLITTO DI INTERPRETAZIONI NEL DISCERNIMENTO

 

Carlo Maria Martini*

 

Nel mese di Maggio, in un’omelia nei giorni della sua visita a Milano per il 25° del suo episcopato, lei ha parlato della «dialettica dei discernimenti», una sorta di conflitto di interpretazioni nel discernimento (1).

 

In che senso è legittimo oltre che possibile questo conflitto anche nel discernimento spirituale?

 

Direi che, prima di essere legittimo e possibile, questo conflitto avviene di fatto anche nel discernimento spirituale: quindi partiamo dal fatto; e se questa possibilità è tra persone oneste e serie, ne abbiamo anche la legittimità. Pensiamo ai casi clamorosi della storia: S. Ignazio di Loyola non si trovava certamente nella stessa linea di discernimento, per esempio, del fondatore dei teatini S. Gaetano da Tiene: avevano discernimenti diversi, sia sul proprio ordine, sia sull’ordine e la spiritualità dell’altro; eppure sono ambedue santi.

 

Un altro caso più vicino a noi è quello di S. Pio X e il Beato Cardinal Ferrari: ad un certo punto non s’intesero più, e proprio S. Pio X rifiutò ogni udienza ulteriore al cardinal Ferrari. Eppure erano santi tutti e due; tutti e due cercavano la volontà di Dio e il bene della Chiesa. I conflitti sul discernimento ci sono. Bisogna aver pazienza e tenerne conto.

 

Ma come si potrebbero spiegare, stando appunto all’unico Spirito?

 

È difficile spiegarli proprio perché sono inseriti nella complessità della storia e della psiche umana. Come dice S. Ignazio di Loyola,

  • altro è quel lume, quel barlume che il Signore fa intravedere in un momento di consolazione e che può venire da Dio,
  • altre sono le conseguenze che il ragionamento umano trae da questo lume magari piccolissimo e semplicissimo.
  • Talvolta ad opporsi non sono due lumi immediati dello Spirito Santo ma due riflessioni che partono entrambi da una intuizione spirituale.

 

Quali esempi nella Scrittura le sembrano emblematici di questa dialettica di interpretazioni nel discernimento?

 

Si potrebbe citare, per partire dall’Antico Testamento, l’oracolo del profeta

  • Natan che di giorno dice a Davide «Tu vai e costruisci il tempio»,
  • e di notte, a nome di Dio, gli riferisce il contrario.
  • Qui potremmo pensare che il profeta Natan si sia sbagliato o che la prima non fosse la voce di Dio.
  • Invece, quando la voce di Dio viene colta dall’uomo non sempre viene colta adeguatamente.

 

Nel nuovo Testamento ci sono molti esempi. Uno è il diverso giudizio di Barnaba e Paolo su Marco. Barnaba e Paolo sono entrambi due uomini santi.

Barnaba, addirittura, è colui che ha chiamato Paolo al ministero, è un uomo buono, comprensivo. Però, al momento di decidere se portare o no con loro Marco i due litigano. E possiamo pensare che ambedue fossero uomini di discernimento, che avessero un desiderio sincero di obbedire allo Spirito.

Un altro caso è quello della decisione di Paolo di andare a Gerusalemme. Paolo è deciso ad andare a Gerusalemme ma gli Atti degli Apostoli ci mostrano che, cammin facendo, crescono sempre più le parole di oracoli carismatici contro questa decisione. Sembra che lo Spirito Santo – o almeno le comunità pensavano che lo Spirito Santo – dicesse loro di dire a Paolo: «Non devi salire a Gerusalemme».

 

La cosa si ripete fino a raggiungere il suo apice quando Paolo giunge a Cesarea dove la gente insorge contro questo viaggio. Addirittura un profeta di nome Agabo compie un gesto simbolico; si lega le mani e i piedi e dice: «Questo dice lo Spirito Santo: l’uomo a cui appartiene questa cintura sarà legato così dai Giudei a Gerusalemme e verrà quindi consegnato nelle mani dei pagani» (Atti 21,11). E di qui la gente deduce che Paolo non deve più andare.

La forte contrarietà viene superata dalla – potremmo dire – testardaggine di Paolo, che non vuole sentire parlare di interrompere il viaggio: decide di andare a Gerusalemme, chiede comprensione e di non continuare a fargli del male piangendo davanti a lui.

 

Anche Ignazio di Antiochia dice: «Se mi amate lasciate che io parta…» Sì, Ignazio di Antiochia ha un discernimento che lo porta a Roma verso il martirio e ritiene possibile che le comunità pensino, in buona fede e anche attraverso preghiere, di dover impedire questo martirio. I fatti sono molto numerosi e non dobbiamo stupirci del loro moltiplicarsi anche ai giorni nostri.

 

Nella decisione dell’apostolo Paolo di andare a Gerusalemme lei sostiene che la risoluzione del conflitto del discernimento si risolve sul lato affettivo. Che cosasignifica? È l’unica soluzione?

 

Ho parlato del lato affettivo per semplificare il lungo racconto degli Atti degli Apostoli dove appare, soprattutto nel finale, che le comunità pongono a Paolo una sorta di ricatto affettivo:

  • se tu vai ci fai del male, piangiamo, ci fai soffrire,
  • e Paolo prega di non continuare su questo tono e di lasciarlo andare senza farlo soffrire troppo.

Quindi, la dialettica dei discernimenti si colloca nel contesto di una forte componente affettiva, anche se non risiede qui il punto specifico del discernimento. Il punto specifico sta nel fatto che Paolo è così convinto di dover andare a Gerusalemme che non si smuove per nulla. Difatti il testo degli Atti degli Apostoli dice:

«Perché fate così – dice Paolo alla gente – continuando a piangere e a spezzarmi il cuore? Io sono pronto non soltanto a essere legato ma a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù. E poiché non si lasciava persuadere, smettemmo di insistere dicendo: “Sia fatta la volontà del Signore!”» (Atti 21,13-14). Quindi, la conclusione è che colui che ha il discernimento più forte, più deciso, la vince perché gli altri non riescono più a fermarlo.

 

Che cosa insegna il conflitto di interpretazioni a proposito delle difficili scelte che la Chiesa oggi deve prendere in riferimento alla bioetica, al matrimonio, alla sessualità, al ministero ordinato, all’impegno dei cristiani in politica…?

 

Per questi problemi molto complessi e difficili certamente non ci sono delle soluzioni ma c’è, forse, un metodo: un metodo che innanzitutto consiste nel non stupirsi se su problemi di frontiera ci sono delle diversità, perché i problemi di frontiera per loro natura sono difficili da definire e quindi affrontati da un certo punto di vista appartengono a una certa soluzione etica, ma se affrontati da un altro punto di vista ne sembrano richiedere un’altra. Non bisogna stupirsi troppo della diversità dei discernimenti.

 

Inoltre bisogna che ci siano dei discernimenti veri, cioè che non si prenda partito perché qualcuno ha gridato di più, ma si abbiano argomenti, e argomenti maturati in una coscienza cristiana che si unisce a Dio con la preghiera. Non dico che la preghiera sia il luogo dove si trova la soluzione di questi problemi, ma una coscienza cristiana unita a Dio con la preghiera certamente ha più libertà e piùscioltezza per risolvere questi problemi.

 

Bisogna anche saper dare tempo al tempo proprio perché i problemi sono complessi e spesso la soluzione buona viene dopo un certo tempo e tale si dimostra a posteriori, cioè non subito ma per gli effetti buoni che ha e non per il fatto che viene accettata tranquillamente senza più grandi resistenze.

 

Quindi, per questi casi certamente valgono alcune regole generalissime del discernimento, però bisogna ricordare che il problema è soprattutto oggettivo, tecnico, scientifico: il discernimento spirituale non può interferire nell’aspetto scientifico, ma la persona che sceglie, che cerca e che vuole risposte avrà certamente risposte più sicure se è una persona che è libera da condizionamenti, da preclusioni, da affettività sbagliate, da scelte pregiudiziali; quindi una persona che ha fatto un cammino di discernimento.

 

Quali passi e attitudini ritiene veramente essenziali perché i formatori possano stare nel «conflitto di interpretazioni» con le persone che accompagnano?

 

Ho visto dall’esperienza che è molto difficile stare nelle crisi dei discernimenti perché certe volte è soltanto l’avvenire, il futuro, il risultato dopo alcuni anni che mostra la bontà e la validità di una scelta. Però io ho sempre detto che alla fine bisogna rischiare, perché chi non rischia non vive; se uno vuole vivere deve rischiare e accettare anche che ci sia qualche errore da correggere.

 

Sono anche molto importanti due cose che ho sempre raccomandato.

 

  • La prima è la purificazione del cuore e della mente, cioè togliere tutti quei legami consci e inconsci che ci impediscono di ragionare liberamente e ci fanno già inclinare per l’una o l’altra soluzione.

  • La seconda cosa è la conoscenza della parola di Dio, perché la parola di Dio ci dà il contesto generale delle preferenze di Dio, e confrontandoci con le preferenze di Dio, con le scelte e le opzioni di Gesù, noi possiamo percepire bene ciò a cui Dio ci chiama. Però non si tratta di qualcosa di matematico: bisogna sapere che c’è sempre una possibilità di errore e che quindi bisogna andare a queste cose come a cose umane, nelle quali non si può avere una certezza matematica ma solo una certezza morale che permette di agire onestamente.

     

Possiamo dire, in sintesi, che la difficoltà nel conflitto di interpretazioni consiste nel fatto che il discernimento non è soltanto sul bene o sul male, ma su cosa è meglio?

 

Certamente, il discernimento è particolarmente delicato e difficile quando si tratta di distinguere tra due beni: il bene inferiore e il bene superiore, ed è là che soprattutto le persone buone, oneste, generose possono trovare difficoltà. Però direi che il discernimento può anche riguardare il bene o il male, come nell’esempio dei casi di frontiera di cui dicevamo prima.

Ma la grande applicazione del discernimento è soprattutto nella ricerca della volontà di Dio – generale o particolare – che riguarda me, il mio cammino e quindi anche per questo il discernimento non lo può fare uno per un altro, ma bisogna che ciascuno si assuma il coraggio e l’abbandono a Dio nel fare la propria scelta.

 

Testi significativi sul discernimento di C.M. Martini

 

La testimonianza del discernimento spirituale e pastorale (Intervento per i cristiani impegnati nel socio-politico), in C.M. Martini, Educare al servizio.

Per un’etica della pubblica amministrazione, EDB, Bologna 1987, pp. 111- 125.

Sequela Christi, , CVX, Roma 1990, pp. 36-52.

Il Vangelo per la tua libertà. L’itinerario vocazionale del «Gruppo

Samuele», Àncora, Milano 1991.

Sto alla porta. Lettera pastorale 1992-1993, Centro Ambrosiano, Milano 1992, pp. 47-63.

La situazione di pericolo e il discernimento evangelico, in C.M. Martini, Non temiamo la storia, Centro Ambrosiano-Ed. Piemme, Milano-Casale M. 1992, pp. 225-232.

Conoscersi, decidersi, giocarsi. Gli incontri dell’ora undecima, CVX, Roma 1993.

Che cosa dobbiamo fare? Meditazioni sul vangelo di Matteo, Centro Ambrosiano-Ed. Piemme, Milano-Casale M. 1995 (in particolare i capp. 5-6: Il «fare» del discernimento; Il discernimento pratico alla luce di Mt 13; pp.89-124).

Il sogno di Giacobbe. Partenza per un itinerario spirituale, Piemme, Casale M. 1998.

Il discernimento cristiano della vita quotidiana e della storia (Intervento alle scuole di formazione socio-politica), in C.M. Martini, Il Padre di tutti.Lettere, discorsi e interventi 1998, EDB, Bologna 1999, pp. 287-295.

Discernimento e decisione, Quaderni di san Pietro Martire, Seveso 1998.

Il dominio del cuore e della mente (Incontro con i seminaristi sul tema dellapurificazione degli affetti e dei pensieri), in C.M. Martini, Coraggio, nontemete! Lettere, discorsi, interventi 1999, EDB, Bologna 2000, pp. 171-183.

Notti e giorni del cuore, In dialogo, Milano 2002.

 

*(1) Cardinale, Arcivescovo Emerito di Milano. Intervista per Tredimensioni» rilasciata ad Abu Gosh(Israele) il 16 ottobre 2005.

1 «Ricordo il primo incontro con il clero di Milano, o meglio con il Consiglio Presbiterale che è avvenuto a Rho. In tale circostanza ho spiegato proprio questo capitolo ventesimo degli Atti, parlando di quella che allora definivo la dialettica delle interpretazioni, o la dialettica dei discernimenti. Infatti, abbiamo come due discernimenti opposti, ambedue riferiti allo Spirito santo: c’è il discernimento di Paolo che afferma di voler andare a Gerusalemme per influsso dello Spirito, e c’è il discernimento delle comunità.

 

Nelle singole comunità in cui Paolo passa tutti gli dicono: “Nello Spirito santo tu non devi andare a Gerusalemme”. Ecco allora la dialettica delle interpretazioni: lo Spirito dice a Paolo di andare e lo stesso Spirito dice alle comunità che non deve andare. Ci siamo interrogati su come risolvere questo dilemma che è molto istruttivo perché questa dialettica delle interpretazioni percorre la storia della Chiesa e ci insegna a trovare la complementarità tra quelle cose che a prima vista ci appaiono distanti, o contrarie, o diverse.

 

Nel libro degli Atti la soluzione avviene sul lato affettivo. Paolo dice: “Voi mi fate piangere con queste vostre predizioni, voi mi scuotete il cuore, voi mi rompete il cuore, ma io voglio andare a Gerusalemme”. Allora la gente mossa dalla compassione gli permette di andare. Ho riletto anche questa parte del brano perché c’è un po’ della mia storia, con la differenza che io ho sentito molta più comprensione per il mio desiderio di andare a Gerusalemme, e sento che questa comprensione cresce. Infatti ho la consolazione di incontrare diversi preti o laici che, dopo essere stati a Gerusalemme, mi dicono: “Adesso capiamo perché lei ha desiderato tanto di andare a Gerusalemme!».

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