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FATEBENEFRATELLI

 

 

- I GIORNI

  

   

LE OPERE

   

 

  
Santo Padre” Maestro, dove abiti?”
  

“Venite e vedete”
  
  
  
  
Tu es Petrus

 

 « Il giorno seguente, Giovanni era nuovamente là con due dei suoi discepoli. Fissato lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio».

E i due discepoli, avendolo sentito parlare, seguirono Gesù.

Ma Gesù voltatosi e vedendo che lo seguivano, disse loro: «Che cercate?».

Essi gli dissero: “Rabbi (che, tradotto, vuol dire maestro), dove abiti?”.

Gli disse loro: “VENITE E VEDETE“.

Essi dunque andarono e videro dove egli abitava, e stettero con lui quel giorno. Era circa l’ora decima » (Giovanni 1, 35-39)

E’ successo alle ore 4 di un pomeriggio. L’incontro è stato così determinante che l’Evangelista  Giovanni ha voluto sottolineare anche l’ora.

“Si non lavero tibi pedes, non habebis partem mecum”

La voce

di Papa

Benedetto XVI

Piazza San Pietro – Mercoledì, 22 marzo 2006

 Gli Apostoli, testimoni e inviati di Cristo

Cari fratelli e sorelle,

 

la Lettera agli Efesini ci presenta la Chiesa come una costruzione edificata “sul fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù” (2, 29). Nell’Apocalisse il ruolo degli Apostoli, e più specificamente dei Dodici, è chiarito nella prospettiva escatologica della Gerusalemme celeste, presentata come una città le cui mura “poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello” (21, 14). I Vangeli concordano nel riferire che la chiamata degli Apostoli segnò i primi passi del inistero di Gesù, dopo il battesimo ricevuto dal Battista nelle acque del Giordano.
 
Stando al racconto di Marco (1, 16-20) e di Matteo (4, 18-22), lo scenario della chiamata dei primi Apostoli è il lago di Galilea. Gesù ha da poco cominciato la predicazione del Regno di Dio, quando il suo sguardo si posa su due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Sono pescatori, impegnati nel loro lavoro quotidiano. Gettano le reti, le riassettano. Ma un’altra pesca li attende. Gesù li chiama con decisione ed essi con prontezza lo seguono: ormai saranno “pescatori di uomini” (cfr Mc 1, 17; Mt 4, 19).
  
Luca, pur seguendo la medesima tradizione, ha un racconto più elaborato (5, 1-11). Esso mostra il cammino di fede dei primi discepoli, precisando che l’invito alla sequela giunge loro dopo aver ascoltato la prima predicazione di Gesù e sperimentato i primi segni prodigiosi da lui compiuti. In particolare, la pesca miracolosa costituisce il contesto immediato e offre il simbolo della missione di pescatori di uomini, ad essi affidata. Il destino di questi “chiamati”, d’ora in poi, sarà intimamente legato a quello di Gesù. L’apostolo è un inviato, ma, prima ancora, un “esperto” di Gesù. Proprio questo aspetto è messo in evidenza dall’evangelista Giovanni fin dal primo incontro di Gesù con i futuri Apostoli. Qui lo scenario è diverso. L’incontro si svolge sulle rive del Giordano.
  
 La presenza dei futuri discepoli, venuti anch’essi, come Gesù, dalla Galilea per vivere l’esperienza del battesimo amministrato da Giovanni, fa luce sul loro mondo spirituale. Erano uomini in attesa del Regno di Dio, desiderosi di conoscere il Messia, la cui venuta era annunciata come imminente. Basta ad essi l’indicazione di Giovanni Battista che addita in Gesù l’Agnello di Dio (cfr Gv 1, 36), perché sorga in loro il desiderio di un incontro personale con il Maestro. Le battute del dialogo di Gesù con i primi due futuri Apostoli sono molto espressive. Alla domanda: “Che cercate?”, essi rispondono con un’altra domanda: “Rabbì (che significa Maestro), dove abiti?”.
  
La risposta di Gesù è un invito: “Venite e vedrete” (cfr Gv 1, 38-39). Venite per poter vedere. L’avventura degli Apostoli comincia così, come un incontro di persone che si aprono reciprocamente. Comincia per i discepoli una conoscenza diretta del Maestro. Vedono dove abita e cominciano a conoscerlo. Essi infatti non dovranno essere annun-ciatori di un’idea, ma testimoni di una persona. Prima di essere mandati ad evangelizzare, dovranno “stare” con Gesù (cfr Mc 3, 14), stabilendo con lui un rapporto personale.
  
Su questa base, l’evangelizzazione altro non sarà che un annuncio di ciò che si è sperimentato e un invito ad entrare nel mistero della comunione con Cristo (cfr 1 Gv 1,3). A chi saranno inviati gli Apostoli? Nel Vangelo Gesù sembra restringere al solo Israele la sua missione: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 15, 24).
  
In maniera analoga egli sembra circoscrivere la missione affidata ai Dodici: “Questi Dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: “Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele”” (Mt 10, 5s.).
 
Una certa critica moderna di ispirazione razionalistica aveva visto in queste espressioni la mancanza di una coscienza universalistica del Nazareno. In realtà, esse vanno comprese alla luce del suo rapporto speciale con Israele, comunità dell’alleanza, nella continuità della storia della salvezza.
 
Secondo l’attesa messianica le promesse divine, immediatamente indirizzate ad Israele, sarebbero giunte a compimento quando Dio stesso, attraverso il suo Eletto, avrebbe raccolto il suo popolo come fa un pastore con il gregge: “Io salverò le mie pecore e non saranno più oggetto di preda… Susciterò per loro un pastore che le pascerà, Davide mio servo. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore; io, il Signore, sarò il loro Dio e Davide mio servo sarà principe in mezzo a loro” (Ez 34, 22-24).
 
 Gesù è il pastore escatologico, che raduna le pecore perdute della casa d’Israele e va in cerca di esse, perché le conosce e le ama (cfr Lc 15, 4-7 e Mt 18, 12-14; cfr anche la figura del buon pastore in Gv 10, 11ss.). Attraverso questa “raccolta” il Regno di Dio si annuncia a tutte le genti: “Fra le genti manifesterò la mia gloria e tutte le genti vedranno la giustizia che avrò fatta e la mano che avrò posta su di voi” (Ez 39, 21).

 E Gesù segue proprio questo filo profetico. Il primo passo è la “raccolta” del popolo di Israele, perché così tutte le genti chiamate a radunarsi nella comunione col Signore, possano vedere e credere. Così, i Dodici, assunti a partecipare alla stessa missione di Gesù, cooperano col Pastore degli ultimi tempi, andando anzitutto anche loro dalle pecore perdute della casa d’Israele, rivolgendosi cioè al popolo della promessa, il cui raduno è il segno di salvezza per tutti i popoli, l’inizio dell’universalizzazione dell’Alleanza.

Lungi dal contraddire l’apertura universalistica dell’azione messianica del Nazareno, l’iniziale restringimento ad Israele della missione sua e dei Dodici ne diventa così il segno profetico più efficace. Dopo la passione e la risurrezione di Cristo tale segno sarà chiarito: il carattere universale della missione degli Apostoli diventerà esplicito. Cristo invierà gli Apostoli “in tutto il mondo” (Mc 16, 15), a “tutte le nazioni” (Mt 28, 19; Lc 24, 47, “fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8). E questa missione continua.

Continua sempre il mandato del Signore di riunire i popoli nell’unità del suo amore. Questa è la nostra speranza e questo è anche il nostro mandato: contribuire a questa universalità, a questa vera unità nella ricchezza delle culture, in comunione con il nostro vero Signore Gesù Cristo.

San Giovanni di Dio lascia Montemor o Novo a otto anni con uno sconosciuto…

L’esperienza militare di san Giovanni di Dio nell’esercito di Filippo II . Liberato ed espuslo, dopo una sentenza di morte…

San Giovanni di Dio soldato, soccorso dalla Vergine… 

 

San Giovanni di Dio, il viandante senza meta e senza fissa dimora… fa lo spacca pietre a Ceuta per mantenere una una nobile famiglia in miseria… 

San Giovanni di Dio consigliato da un frate, durante il soggiorno a Ceuta, di tornare in Spagna.

 

San Giovanni di Dio venditore di libri a Gibilterra e poi a Granada… 

 

” Giovanni, a Granada sarà  la tua croce…” 

Granada. 20 Gennaio 1539, festa di San Sebastiano: l’incontro con San Giovanni d’Avila allEremo dei Martiri è determinante. Giovanni Ciudade decide di cambiare radicalmente vita. Il grande oratore  sarà la sua guida spirituale nella grande avventura…

 

San Giovanni di Dio, dopo la conversione, confessa pubblicamente la sua miseria, invocando la pietà di Dio. Il suo comportamento è considerato pazzesco. Schernito e deriso dalla piazza, alla fine viene compassionevolmente internato… 

 

San Giovanni di Dio internato nell’ospedale Regio di Granada… 

L’esperienza diretta con la malattia mentale.

El mendigo de Granada. Per le vie di Granada lancia il suo messaggio che raggiungerà i confini della terra. “Fatevi del bene, fratelli, per amore di Dio…!”

“Fate bene a voi stessi, fratelli, per amore di Dio…”

 

San Giovanni di Dio nel suo primo ospedale in locali presi in affitto… 

 

Per San Giovanni di Dio la sofferenza non è soltanto fisica.  La sua carità non conosce limiti: farsi tutto a tutti. Gli appartiene anche il mondo della prostituzione che affronta con la Passione di Cristo nel cuore… 

“Ogni volta che…l’avete fatto a me”. “Mio Signore e mio Dio!” 

San Giovanni di Dio porta la croce. Sulla sua schiena il dolore del mondo… “Non sono più io che vivo, Cristo vive in me”. 

 

Anche i sovrani, i nobili, i ricchi…sono oggetto della sua carità: “Non scordatevi della beneficenza e della comunione dei beni, perchè il Signore si compiace di tali sacrifici”.  

 

Il suo primo discepolo sarà Anton Martin, un convertito dalle sue parole e dall’esempio… 

Ricevuto il Santo Viatico, San Giovanni di Dio viene lasciato solo. Lui scende dal letto ed abbraccia il Crocifisso. Lo troveranno morto in ginocchio, come una statua davanti all’Eterno…

 

Il povero di Granada apre la via a una discendenza che si tramanda il suo carisma riconosciuto dalla Chiesa come hospitalitas. I suoi fratelli in Italia saranno chiamati dallagente : “ Fatebenefratelli”.  

 

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Dedicato a chi è in ricerca di che cosa fare della propria vita

 

 

Una storia d’amore

 

cominciata così

 

 

Quando mi è stato chiesto di scrivere una testimonianza sul mio cammino vocazionale ho subito pensato alla difficoltà dell’impresa: la difficoltà di esprimere a parole non solo ciò che ho vissuto, ma anche e soprattutto quello che sento nel cuore.
La mia avventura è iniziata più o meno un anno fa. Ero uscita dall’estate moralmente a pezzi: avevo impegnato tutte le mie energie nello studio degli ultimi esami, sacrificando anche i giorni di vacanza, e mi ero ritrovata a chiedermi tanti perché. Perché mi sentivo così impaurita e disorientata, ora che stavo finendo gli esami e mi avviavo alla tesi? Perché mi sembrava di non capire più il senso dei miei studi? Perché mi sentivo fuori posto e infelice? Mi sembrava davvero di avere un po’ smarrito il senso della mia vita, la sentivo vuota e non mi sentivo importante per nessuno.
Il fatto è che, in quel periodo, non parlavo con nessuno di questo disagio: avevo trascorso tutta la mia vita in oratorio, eppure a 24 anni non sapevo neanche cosa fosse una guida spirituale! Mi richiudevo così su me stessa e combattevo da sola con i miei dubbi e il mio senso di inferiorità; non mi sentivo amata da nessuno, almeno non con quell’amore vero che ogni ragazza sogna per la sua vita.
Poi un giorno il Signore mi aprì un piccolo varco: mi diede l’opportunità di andare ad Assisi a fine agosto, per accompagnare i ragazzi di terza media per la professione di fede. Io non lo sapevo ancora, ma quello sarebbe stato il viaggio che avrebbe cambiato la mia vita. Entrai nell’atmosfera di Assisi con un cuore pesante e ne uscii con una speranza forte, e tutto questo grazie ad un giovane come me.
Avevamo infatti organizzato un incontro con un giovane frate francescano. Mentre parlava la mia mente ed il mio cuore cominciarono ad agitarsi e cominciai a provare “invidia”: come faceva ad essere così gioioso? Cosa aveva trovato di così importante? Come aveva fatto ad essere felice? E così gli feci una semplice domanda: “Come si fa a capire cosa fare della propria vita?”. Lui mi rispose che aveva iniziato la sua ricerca grazie ad un corso vocazionale, un corso di discernimento in cui ti insegnano ad interpretare i segnali che il Signore manda nella tua vita per farti capire la sua volontà su di te. Beh, almeno ora sapevo da dove dovevo iniziare! Tornata a casa chiesi al mio parroco di indicarmi qualcuno di questi corsi e lui mi consigliò di iscrivermi al Gruppo Samuele.
A dire la verità, ci misi un po’ prima di decidermi: “corso vocazionale” mi sembrava una cosa un po’ grande, voleva dire meditazioni, guida spirituale, letture spirituali…tutte cose che non avevo mai fatto e che mi facevano un po’ paura…accidenti, mica mi volevo far suora!
Poi, parlando con altre ragazze che già l’avevano frequentato, mi tranquillizzai un po’; mi dissero che era un corso bellissimo, che apriva la strada a tutte le vocazioni: al matrimonio, alla consacrazione, all’impegno laico nel sociale o nella politica. Insomma, alla fine il Signore, attraverso queste persone, mi convinse ad iscrivermi.
Cominciai il corso a novembre e subito mi sembrò molto bello: il predicatore era davvero bravo e, quando lo sentivo parlare, sembrava parlasse proprio a me! Scoprii molti altri ragazzi che, come me, erano in ricerca di un senso della vita e di quella felicità che può dare solo la realizzazione della propria vocazione…il problema era capirla, questa vocazione!
Il corso continuò, con un incontro al mese. Passai in mezzo a giorni pieni di voglia di pregare e in giorni in cui ne avrei proprio fatto a meno, ma non volevo mollare, volevo andare fino in fondo, ne avevo bisogno. Gli incontri mi aprirono la mente, piano piano diventavo più “esperta” nelle meditazioni e negli incontri con la guida spirituale e cominciavo a fare chiarezza e un po’ di ordine nella mia testolina sempre in movimento.
E poi cominciai ad abbandonarmi al Signore: non tentavo più di aggrapparmi alla immagine di vita che mi ero fatta io, ma a poco a poco mi misi ad aspettare che Lui mi dicesse cosa aveva in mente per me. Il dubbio di essere sulla strada della consacrazione più che su quella del matrimonio cresceva sempre di più. Sentivo di non desiderare di donare il mio amore, la mia vita ad una singola persona, ma di essere fatta dal Signore per amare tutti.
Quando mi resi conto di questo cominciai davvero ad agitarmi: non è facile accettare un pensiero come questo, soprattutto mentre si sta finendo l’università e già ci si immaginava tutta un’altra strada!
Andai a parlare con il sacerdote che seguiva il Gruppo Samuele, che mi aiutò nel discernimento e mi disse di intensificare sempre di più la preghiera per chiedere a Gesù, se voleva, di innamorarsi pure di me. E così feci, giorno dopo giorno, fino ad un ritiro per il Triduo Pasquale in cui mi sorpresi ad amare Gesù! Ma non un amore amichevole, un vero e proprio innamoramento in piena regola! Lo so che forse non è proprio l’espressione più adatta ed è difficile da spiegare. Io sentivo di amare quest’uomo eccezionale proprio come una qualsiasi ragazza ama il suo ragazzo, con l’unica differenza che io non lo potevo né toccare né vedere, eppure sapevo che c’era!
Ora, dopo tutte queste emozioni, immaginate in che condizioni ero: avevo dentro un misto di gioia, di confusione, di paura a mille! La mia guida spirituale mi stette vicino e mi aiutò, passo per passo, ad affrontare questa nuova condizione, aiutandomi a verificare di continuo, nella preghiera, la volontà del Signore.
E alla fine mi ritrovai con la consapevolezza che ormai ero davvero destinata al Signore: mi abbandonai al suo volere, al suo abbraccio e mi sentii davvero tanta felicità dentro. Finalmente sapevo cosa dovevo fare! Sapevo dove sarei stata felice: in una vita spesa per il Signore.
Volevo essere uno strumento nelle mani di Gesù per poter portare tra la gente un po’ del suo immenso amore per noi; volevo far capire ai poveri, ai giovani e a tutti coloro che si erano persi che c’è speranza perché Dio ama ognuno di loro come suoi figli!
A questo punto mi rimaneva la scelta del luogo dove realizzare la mia vocazione. Con una laurea imminente non era facile decidere di lasciare tutto e ripartire da zero. Avrei dovuto rinunciare al lavoro, ma possibile che Dio, dopo anni di fatiche e di studio, mi chiedesse proprio questo? Allora cominciai a considerare la possibilità che la mia strada potesse essere indirizzata in una Comunità giovane, che avevo conosciuto da poco: le Sorelle del Signore.
Questa Comunità è nata solo sette anni fa ed è composta da giovani ragazze consacrate che vivono in piccole comunità da quattro o cinque. Ognuna mantiene il suo lavoro, vivendo nelle città, tra la gente comune, portando quel Gesù che hanno nel cuore sul posto di lavoro o di studio, in mezzo ai giovani, in mezzo ai poveri.
Ho iniziato quindi un cammino con la madre della Comunità e sono partita ad agosto per il Kenya con un pensiero nel cuore: quello di decidere, stando a stretto contatto con i poveri, se dovevo dire il mio sì al Signore in modo definitivo, se quello che Lui desiderava per me era una vita spesa per Lui e per il prossimo… E sono tornata dall’Africa con un sì nel cuore convinto e gioioso!
Da settembre ad oggi ne ho passate di tutti i colori, però Gesù mi ha dato la forza di affrontare le difficoltà. Dopo la mia decisione mi ha sostenuto passo dopo passo nei momenti dolorosi degli addii ai genitori, alla sorella, alla famiglia, alla casa, agli amici, al paese, alla vita che è stata mia per 25 anni e che ora sarà del Signore.
Ed ora posso dire, ad una settimana dal mio ingresso in Comunità, di sentirmi davvero felice! È vero, sono solo all’inizio e dovrò ancora crescere e ripartire tutte le volte che il Signore me lo chiederà, perché non mi appartengo più, e questo dà una grande libertà!
Io non sono una grande esperta spirituale, né sono capace di dare grandi consigli, solo voglio dire a tutti i giovani come me di sperare nel Signore, perché ne vale la pena!
“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.” (Mt 11, 28)…ce lo dice Gesù e vi assicuro che è vero, anche se a volte, in mezzo alla desolazione ed al vuoto di senso, è davvero difficile crederlo.
Quello che mi sento di dire è di pregare: a volte sembra che sia tempo perso, eppure, se si vuole trovare Dio e se stessi, la strada passa da lì, da quel silenzio, interiore ed esteriore, che tanto manca nella nostra vita senza pause. Se sentite di dover fare qualcosa per la vostra vita, se sentite il desiderio di fare un salto, un passo in più, chiedete al Signore nella preghiera di accompagnarvi e buttatevi! Non ci perdete davvero niente, perché se cadete Dio vi rialza sempre, e se invece trovate lo scalino giusto avete fatto un passo in più verso la felicità!
Certo, ci vuole coraggio, bisogna fidarsi di Gesù, che è l’unica persona che non abbandona mai! Noi siamo quei giovani in cui il Signore crede: Lui ha preparato per ognuno di noi una vita diversa e bellissima, non lasciamoci sfuggire l’occasione! Possiamo davvero cambiare il mondo, se lo vogliamo, ognuno secondo le sue capacità, mettendo a disposizione dei fratelli quello che ha, anche nelle cose più piccole.
Perciò, se si vuole vivere davvero, credo che ognuno di noi debba prendere la propria vita, rimboccarsi le maniche e seguire il proprio cuore, perché se si perde il momento giusto si rischia davvero di trovarsi, dopo anni, ancora insoddisfatti ed irrealizzati, solo perché non si è avuto il coraggio di fare un passo in più, di dire un sì o un no al momento giusto.
Beh, se siete arrivati fino qui a leggere complimenti! Lo so che sono stata un po’ lunga, ma vi assicuro che riassumere un anno così intenso non è facile. Spero solo di aver dato una testimonianza delle cose belle che il Signore può fare e di aver magari dato un piccolo aiuto a chi ne sentiva il bisogno.
Spero di poter ancora partecipare, almeno in parte, agli incontri del gruppo di volontariato. Comunque prometto che seguirò tutte le iniziative, e se non ci sarò con il corpo ci sarò sicuramente con il cuore!

CIAO !!!!!!!!!  Valeria

 

 

 

L’ultimo santo della lunga catena è il giovane medico chirurgo Riccardo Pampuri. Le sue spoglie si trovano nella nativa Chiesa Parrocchiale di Trivolzio. Oggi è meta di pellegrinaggi, luogo di guarigioni e conversioni…

 

 

Il Risorto, il Vivente…a partire da Emmaus: “Lo riconobbero allo spezzar del pane”. Lo si può riconoscere con-dividendo“Qualsiasi cosa avrete fatto a uno di questi…l’avete fatto a me”.

La sporta e il bastone…

Un albero rigoglioso…

Carità antica, mezzi moderni…

 

La Compagnia dei GLOBULI ROSSI si muove nella linea della continuità:

 

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