LA CHIESA AL SERVIZIO DELL’AMORE PER I SOFFERENTI – A cura di Fra Salvino Zanon oh

XVIII Giornata Mondiale del Malato

«La Chiesa a serviziodell’amore per i sofferenti»


Il documento “La Chiesa a servizio dell’amore per i sofferenti” ripropone, commentandolo e approfondendolo, il Messaggio che il papa Benedetto XVI ha scritto in occasione della XVIII Giornata Mondiale del Malato.

Nella prima parte è richiamato il mistero pasquale di Cristo, mistero di passione, morte e risurrezione dal quale la sofferenza umana attinge senso e pienezza di luce. Questo mistero sintetizza e rappresenta il culmine di quella che fu la missione di Gesù, ossi annunciare la buona novella del Regno di Dio, attraverso parole e gesti di amore, di perdono, di misericordia e di offerta della propria esistenza a beneficio di tutti coloro che lo accostavano. In questo modo, Gesù ha dimostrato di essere il Servo di Dio (cfr. Is 53) che prende su di sé ogni infermità, la sopporta e dà ad essa un valore di redenzione, di salvezza, liberando l’uomo dal male e indirizzandolo verso una meta di gioia e di felicità.

Così, inoltre, Cristo manifesta in modo concreto l’amore e la vicinanza di Dio stesso all’umanità, l’interessamento per la sua creatura. Una percezione che, però, sembra venir meno in molte persone che soffrono e non accettano la loro condizione di fragilità e vulnerabilità e domandano ragione del male e della sofferenza. Riferendosi a questa comprensibile difficoltà il documento annota: “Attraverso ogni tappa del cammino della vita, imprevedibile e spesso tortuoso, il Padre vuole farci suoi figli. Lo Spirito Santo plasma in noi la forma del Figlio, donandoci la fecondità del chicco di grano (Gv 12,24) e aprendoci a comprendere che dalla morte viene la vita”.

Per questo il cristianesimo non nega la sofferenza e la morte, ma annuncia la compassione di Dio che si fa vicino ad ogni uomo per dimostrare che Lui sta dalla sua parte e partecipa al suo dolore. È un Padre colmo di tenerezza e amore, di umiltà e di bontà che proprio nella croce del suo Figlio trae il bene dal male, la vita dalla morte, la gioia dal dolore, il successo dal fallimento, la speranza dalla disperazione, l’esaltazione dall’umiliazione.

La seconda parte del Documento, prendendo in considerazione la parabola del buon Samaritano (Lc 10,25-37), presenta il servizio della Chiesa verso i sofferenti, un servizio costante ed instancabile, creativo e premuroso che, lungo i secoli, ha visto impegnate persone e istituzioni caritative e religiose. Anche oggi, come nel passato, questo servizio deve essere compiuto con umiltà e attenzione, nella disponibilità all’ascolto e nella consapevolezza che nel sofferente Cristo è realmente presente e in lui si identifica (cfr. Mt 25,36).

Da qui nasce l’impegno di imitare il Samaritano che, nel suo farsi accanto a chi è nel bisogno per prestargli un soccorso efficace, mostra chi sia il “prossimo”, del quale nel testo viene data una chiara definizione: “Il prossimo è il farsi discepolo (…); non solo tutti gli uomini sono da amare, ma tutti gli uomini possono diventare discepoli facendosi prossimo accanto ai propri fratelli”, purché questa “prossimità” non sia episodica o dettata dal semplice sentimentalismo, ma perseverante e motivata da un amore vero.

Questo essere prossimo si manifesta, quindi, in modi concreti, riconducibili agli stessi gesti del Samaritano, che vengono proposti e attualizzati. Innanzi tutto occorre conoscere la situazione, “vedendo” e scorgendo le reali esigenze della persona malata. Serve, poi, vivere la compassione, quale coinvolgimento totale di se stessi nell’amore di Dio, un amore che fa vedere l’uomo bisognoso in una luce diversa e che aiuta a comprendere quali siano i veri valori della vita. Questo porta ad avvicinarsi al malato con un atteggiamento anche ricettivo, perché, pur nella sofferenza, il malato può comunicare e testimoniare grandi valori umani e cristiani. Ancora, occorre compiere un servizio umanizzante e qualificato, impegnandosi nell’educazione e nella promozione della salute, perché le strutture sanitarie garantiscano la tutela della dignità di ogni persona, nella giustizia e nel rispetto dei diritti umani.

Fondamentale è pure la dimensione ecclesiale del servizio al malato per aiutarlo a vivere la sua condizione non in solitudine, ma accompagnato dalla presenza delle persone della sua stessa comunità.

Nella terza parte si richiama l’importanza del servizio sia dei pastori che degli operatori sanitari, ma anche della famiglia e di coloro che fanno parte di associazioni di volontariato verso la persona malata, che deve occupare sempre un posto centrale nella vita e nell’attività della Chiesa. Si sottolinea la necessità che la comunità ecclesiale compia il suo servizio mediate la sua secolare “prassi”, sempre attuale, di formazione, celebrazione e testimonianza (catechesi, liturgia e carità).

Questa prassi ricorda che nessuno è escluso dall’impegno di accostare la persona che soffre, nei diversi modi più appropriati e congeniali alla propria personalità, come, ad esempio, la pratica delle opere di misericordia corporali e spirituali, l’accompagnamento, l’amicizia, la consolazione, il sostegno alle famiglie dei malati, il servizio della parola detta e scritta per far conoscere agli altri i problemi di chi è in difficoltà.

Per realizzare in modo adeguato ed efficace il servizio accanto alla persona ammalata, è indispensabile la formazione che verte ad aiutare a conoscere il mondo della sofferenza, le dinamiche umane e psicologiche che possono caratterizzare e segnare l’esistenza e il comportamento della persona che soffre, poiché il malato vive situazioni non sempre facili, avverte la precarietà della sua esistenza e sperimenta in modo tutto speciale la relazione con gli altri.

In fine, il proprio servizio accanto alla persona bisognosa va realizzato in un sincero spirito di comunione (insieme si può fare molto di più e meglio), di missione (si è “inviati” e si agisce a nome della comunità) e di profezia (sia nell’essere voce delle persone che potrebbero essere inascoltate, sia nell’annunciare a chi soffre la costante e fedele presenza di Dio e per richiamare in modo efficace i valori evangelici a tutela della vita umana in tutte le sue fasi).

In questo anno sacerdotale vi è pure un invito ai cappellani ospedalieri perché, con competenza e professionalità, accompagnino anche gli operatori sanitari e siano consapevoli che “il tempo trascorso accanto a chi è nella prova si rivela fecondo di grazia per tutte le altre dimensioni della pastorale”.

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