INSIEME PER SERVIRE: INTERVENTO DR. PULICI

Lavanda dei piedi

«Io sono in mezzo a voi come colui che serve». Lc 22,27

 

INTERVENTO DOTT. PULICI

 

 Più che una domanda, è una riflessione ed un ringraziamento alla Dott.ssa Inzoli che mi ha fatto nascere tale riflessione mentre l’ascoltavo.

Nella relazione è stato detto UNICITA’ DEL MALATO. Questa unicità che quando dita ?.

Mentre ero seduto, guardavo il titolo del convegno ‘ PER SERVIRE” e mi sono ricordato di alcune cose sentite ieri che sono circolate tra di noi.

SERVIRE… Mi pare che siamo tutti d’accordo; non ho trovato una persona che non abbia ritenuto che il nostro compito è di essere qui a servire il malato. Dappertullo, in tutti gli ospedali, di qualsiasi confessione religiosa si sia.

 

INSIEME è la parola che mi è sembrata più difficile. Non sempre siamo insieme.

lo sono un primario: i primari tra di loro non sempre sono insieme e così spezzettano anche i loro malati. Se si spezzano tra di loro spezzano anche il malato. Queste super specialità di cui abbiamo parlato ieri e oggi fanno parte di tutto questo spezzettarsi di primariati. Poi questi primari non si ritrovano mai. Si trovano nei Congressi ma fra di loro, cioè ognuno con la sua cartella.

Si dice che per trovarsi ci vuole il Consiglio dei Sanitari, l’approvazione burocratica, ecc.; si nasconde dietro la burocrazia una non volontà personale di trovarsi sinceramente e volutamente per affrontare i problemi veri del malato; del malato inteso come unicità di persona. Ma non è solo a questo livello.

 

Altro punto emerso ieri: INFERMIERI-MEDICI, non ci rispettiamo, ci sfruttate, la nostra professionalità, la vostra, ecc.

Nel mio gruppo eterogeneo è emersa UNA GRAN VOGLIA Dl TROVARSI. Tutti hanno auspicato la possibilità di un’ora di incontro.

Una infermiera proponeva almeno un’ora alla settimana in reparto.

Un’altra signorina del gruppo ha detto che nel loro ospedale viene disattesa, viene tra…

Io tacevano già.

Ecco, allora si vede che questi “me”, se si vuole possono marciare; bisogna però mettere da parte molti preconcetti, non bisogna nascondersi dietro il dito delle difficoltà burocratiche: se c’è la volontà di mettersi insieme ci sono mille modi per superare le difficoltà.

 

? Ben messo l’accento sulla IL MALATO PERSONA.

 

[

Infatti, chi è disposto veramente a mettersi insie me lo fa a qualsiasi condizione. E chi non è disposto nel suo intimo a mettersi in sieme che accampa tutte queste difficoltà. Ecco io non voglio metterla come domanda; la voglio solo mettere come riflessione e ve la passo; mi è venuta in mente e ve la lascio lì.

 

LAVORI DI GRUPPI ETEROGENEI

RELAZIONE:

 

Nuova o diversa visione del malato

Relatore: Dott.ssa M. Rosa Inzoli.

 

Sintesi delle piste di riflessione alla prima domanda:

Gli ospedali nei palazzi rinascimentali ed i nostri ospedali come cattedrali nel deserto: due secoli e due culture a confronto”.

 

1. Si individuano oggi, come 500 anni or sono, due differenti espressioni di umanesimo:

  • l ‘ Umanesimo paganeggiante, ovvero risposte ai bi sogni più superflciali dell’uomo.

  • l’ Umanesimo cristiano, ovvero risposta “integrale” ai bisogni più profondi dell’uomo.

2. Il rischio di oggi è quello di trasformare o costruire ex novo grandi o piccoli ospedali, sontuosi, tecnologici, officine delle parti malate, funzionali allo scientificismo ed avulsi dalla realtà dei bisogni concreti;

3. Si ritiene che nel rispetto dell’esigenza tecnica sia utile recuperare l’aspetto estetico di antichi palazzi o ville con giardini per il loro effetto positivo sulla psiche

dei ricoverati e degli operatori.

4. Viene però avvertito il distacco esistente tra i vertici decisionali e la base.

5. La bella struttura ha valore se dentro vi è il cuore di chi lavora.

6. Il nostro impegno deve far si che la tecnologia sia messo al servio dell’umanizzazione, con l’abbattimento delle barriere architettoniche esistenti e creando

strutture a misura d’uomo con tutti i suoi bisogni.

7. Quando c’è l’impronta del fine ultimo non ci può essere deserto.

 

Sintesi delle piste di riflessione alla seconda domanda:

 

“L’amore e la scienza di San Giovanni di Dio nell’approccio moderno al malato”.

 

1. L’amore congiunto alla scienza aiuta a comprendere quanto sia “diverso” il malato d’oggi.

2. Nell’approccio moderno all’ammalato riteniamo di recuperare l’amore e la scienza di 5. Giovanni di Dio come figura di insegnamento con l’esempio. Ci sentiamo meno propensi all’insagnamento con le parole.

3. A volte, la scienza, di per sé un valore fondamentale della attività degenerata in scientismo, troppo scienza e poco coscienza, non conoscenza e non consapevolezza dei suoi limiti.

4. Si ribadisce la necessità che l’organizzazione è in dispensabile per assistere in modo completo l‘ammalato, ma non deve prevalere il rispetto dell’identità di ogni operatore creando disagi e abolendo il diritto di proporre. Si riafferma il ruolo signfficativo dell’infermiere professionale nell’ambito dell’assistenza.

5. Risultano necessarie strutture di supporto quali: abitazioni, asili nido, sale ricreative per assicurare un’ulteriore serenità durante il lavoro agli operatori.

6. Si devono prendere in considerazione nuovi proble mi quali l’assistenza domiciliare al malato, le vecchie e nuove solitudini, la mancanza di motivazioni al rapporto con la sofferenza.

7. Una attenzione per lo meno pari ad altri bisogni, va posta nei confronti di alcune categorie quali gli etilisti, i tossicodipendenti, gli ammalati di AIDS, gli anziani.

8. Viene dato atto all’Ordine FatebeneFratelli di essere riuscito a cogliere l’esigenza di rendere più umana e ospitale la struttura ospedaliera.

9. Da tutto questo emerge che ogni operatore sanitario deve reimparare ad amare l’uomo con tutti i suoi bisogni.

 

Sintesi della piste di riflessione alla terza domanda:

 

“Le nostre risposte ai problemi sociali del malato acuto e cronico”.

 

1. Le risposte ai problemi sociali vengono sentite co me legate alla creazione e al funzionamento di strutture adeguate con personale motivato.

2. Riteniamo, fra gli aspetti sociali dei malati acuti e cronici, importante il problama del reinserimento dell’ammalato non autosufficiente, da istituti di riposo, dai familiari stessi: in una parola dalla società.

3. Uno dai metodi per risolvere i problemi sono i piani di assistenza. Infatti l’uomo, quando è colpito da una malattia, si trova inserito in un contesto talora violento. In particolare il cronico deve essere aiutato al massimo a mantenere la sua autonomia in quanto la comparsa di disabilità dissolve ogni capacità relazionale.

4. Fra le altra risposta ai problemi sociali dell’ammalato vengono indicati le saguanti:

  • ) sensibilizzazione degli operatori sanitari ai problemi sociali dell’ammalato,

  • b) sollecitazione delle strutture territoriali alla risoluzione di tali problemi,

  • c) collegamento tra le strutture sanitarie ospedaliere e territorio attraverso operatori qualificati,

  • d) quando è possibile il reinserimento nell’ambiente familiare a tutti i costi,

  • e) apporto dei giovani all’anziano e volontariato inteso come legame tra ospedale e famiglia,

 

L’ educazione sanitaria del paziente e di chi gli vive accanto.

 

5. Occorre un ulteriore impegno da parte di tutti gli operatori a portare avanti quanto impostato fino ad oggi.

6. Oobbiamo proporci come mobilitatori di risorse umane (volontari, familiari, assistenti sociali, responsabili economici e politici, ecc.) in grado di condividere con noi la responsabilità della cura in senso globale del malato.

 

Intervento di Don Dario Franzoni

 

lo parlo come capellano per dimostrare che cos’è l’azione pastorale e faccio proprio azione pastorale sottolineando, per me e per voi quanto è stato detto.  Innanzitutto la riflessione su “insieme per servire».

Poichè penso serva per tutti, la ripropongo sinteticamente e non per correggere questo titolo.

 

A mio giudizio, l’insieme è il traguardo, per cui occorrerebbe cambiare, «Servire per essere insieme”.

 Per l’idealità evangelica servire vuoi dire morire, mettersi a disposizione e allora si ha quell’animo che porta ad essere insieme, ma insieme è la vetta per cui non si riesce neanche a servire, mentre se si serve è facile essere insieme.

 La seconda osservazione che desidero fare, seconda e terza -  ne ho tre – riguarda la relazione della Dott.ssa lnzoli. Non è una domanda, ma mi piace moltissimo – e glielo ho già detto personalmente -  la lettura che ha fatto del periodo, molto sinteticamente, del Rinascimento.

 Noi quando andiamo in giro vediamo i monumenti, diciamo sono belli!  Quando lei citava, per esempio, l’ospedale degli Innocenti a Firenze, l’ospedale di Roma vicino al Vaticano, l’ospedale di Parigi… ospedali bellissimi ma che dimenticavano davvero l’uomo. Era vero umanesimo? Grazie per il suggerimento: l’umanesimo viene dai Santi e dai Santi ospedalieri in modo particolare.

 La terza è la sottolineatura che riguarda questo punto: la scienza medica va messa veramente al servizio dell’uomo; non solo la scienza medica ma il medico al servizio dell’uomo.  Oggi siamo portati a divinizzare, a fare del medico quasi un mago, ancora adesso come in epoche passate. Il medico è a servizio, la medicina è a servizio del l’uomo e non l’uomo a servizio della medicina.

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Una seconda cosa ti chiedo, Signore.

 

 

Tonino Bello vescovo

  • Fa’ provare a questa gente che lascio
    l’ebbrezza di camminare insieme.

  • Donale una solidarietà nuova, una comunione profonda,
    una «cospirazione» tenace.

  • Falle sentire che per crescere insieme
    non basta tirar dall’armadio del passato
    i ricordi splendidi e fastosi, di un tempo,
    ma occorre spalancare la finestra del futuro
    progettando insieme, osando insieme,
    sacrificandosi insieme.

  • Da soli non si cammina più.
    Concedile il bisogno di alimentare questa sua coscienza di popolo
    con l’ascolto della tua parola.

  • Concedi, perciò, a questo popolo, la letizia della domenica,
    il senso della festa, la gioia dell’incontro.

  • Liberalo dalla noia del rito, dall’usura del cerimoniale,
    dalla stanchezza delle ripetizioni.

  • Fa’ che le sue Messe siano una danza di giovinezza
    e concerti di campane,
    una liberazione di speranze prigioniere
    e canti di chiesa,
    il disseppellimento di attese comuni
    interrate nelle caverne dell’anima.

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