UNA SCUOLA DI TEOLOGIA POPOLARE – DI LEONARD BOFF

 

Boff Leonardo 2Una lezione particolare

 DI LEONARD BOFF

 

            Agli inizi degli anni ’80, il cardinale di Rio de Janeiro, dom Eugênio Sales accusava il teologo francescano Leonardo Boff di gravi errori presenti – secondo lui – nel libro “Chiesa: carisma e potere”.

 

            Agli inizi degli anni ’80, il cardinale di Rio de Janeiro, dom Eugênio Sales accusava il teologo francescano Leonardo Boff di gravi errori presenti – secondo lui – nel libro “Chiesa: carisma e potere”.

            Il 15 maggio 1984, Ratzinger inviò una lettera segreta a Boff, nella quale affermava che le sue tesi non poggiavano né sulla rivelazione, né sulla tradizione, né sul magistero. Le sue riflessioni erano forse di natura ideologica e di ispirazione marxista? Aveva ancora come criterio direttivo la fede? Ammettendo il primato della prassi, come costruire una escatologia cristiana e non una semplice utopia rivoluzionaria estranea alla Chiesa?

            Boff rispose il 24 agosto del 1984, sostenendo che i suoi studi si ispiravano al Concilio Vaticano II. Qualche mese dopo fu convocato a Roma dallo stesso Ratzinger che era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. L’interrogatorio avvenne nella stessa sala in cui l’inquisizione aveva interrogato Galileo Galilei. Boff era accompagnato da due angeli custodi di valore, che erano anche suoi confratelli francescani: il cardinale Evaristo Arns e il cardinal Aloísio Lorscheider.

            Riassumendo in alcune battute, le cose andarono così.

            – Se vuole leggere le sue spiegazioni ad alta voce – disse Ratzinger – può farlo. Sono 50 pagine. Dopo parleremo dei problemi.

            Boff scelse di leggere il testo tutto intero. Durante l’intervallo per il caffè, Ratzinger disse:

            – L’abito le sta molto bene. Così, lei può dare un segnale al mondo.

            – È difficile indossarlo in Brasile, fa troppo caldo – disse Boff.

            – Ma così le persone vedrebbero la sua devozione e la sua pazienza e direbbero che sta pagando per i peccati del mondo.

            – Abbiamo senza dubbio bisogno – contestò Boff – di segnali di trascendenza, ma questi non passano attraverso l’abito, ma attraverso il cuore.

            – Ma il cuore non si può vedere. È necessario invece vedere qualcosa – commentò Ratzinger.

 

            Si racconta che durante la discussione il cardinale Paolo Evaristo Arns abbia fatto notare al prefetto della congregazione per la dottrina della fede che, in Brasile, decine di persone insegnavano le stesse cose contestate a Boff. Ratzinger avrebbe risposto: “Ma padre Leonardo le insegna in modo comprensibile anche per il popolo”. A questo punto, il cardinale di San Paolo, raccolte le sue carte, avrebbe lasciato la sala.

            Com’era fallito in precedenza un tentativo di mediazione della CNBB, così anche questo colloquio si concluderà con la condanna a un anno di silenzio.

            Alla fine del colloquio, Boff presentò a Ratzinger una sottoscrizione di 50.000 firme di membri delle comunità di base, a favore della teologia della liberazione.

 

            Non saprei dire se esiste un legame tra l’osservazione di Ratzinger e la scuola di teologia popolare. Sta di fatto che due anni dopo, nel 1986, fu istituito il corso di teologia popolare. Tutti gli anni, in estate, il teatro della PUC si riempie di ragazzi che stanno ore e ore ad ascoltare teologhe e teologi. Quest’anno siamo giunti alla ventesima edizione. Cito soltanto alcuni temi: introduzione all’antico testamento, esodo, Cristologia, laici e ministeri; fede e politica, culture oppresse; ecologia: curare la vita e l’integrità della creazione; educare alla giustizia, alla solidarietà, alla pace…

            Invitato da amici, il 18 gennaio u.s., mi sono lasciato vincere dalla curiosità.

            A San Paolo pioveva a dirotto. Credevo di essere uno tra i pochi coraggiosi. Invece mi sbagliavo. Alle 8,05 il teatro era già pieno. Centinaia di giovani cantavano una preghiera di ringraziamento. Chiamavano Dio “Olorun”, come si usa nel Candomblé: “Invia il tuo spirito, Olorun, e rinnova la faccia della terra”. Pensavo fra me e me che ha ragione il Dalai Lama quando dice che non è più il momento di convertire nessuno, che ognuno si tenga la religione che ha sempre professato, bisogna lottare insieme per la giustizia e la pace nel mondo nel mondo.

Al posto dello schermo grande per la proiezione di filmati, c’era un quadro enorme, la festa della vita, libero commento alle intuizioni di Lovelock: la terra come Gaia, un vero grande superorganismo, la Madre Terra, che non è dunque soltanto un ripiano che sostiene la vita vegetale e animale, ma è essa stessa un essere vivente, nata per vivere a lungo e oggi di fatto in condizioni di salute disastrose. Parecchi anni fa, fu chiesto allo scrittore Asimov qual era secondo lui il messaggio che gli astronauti potevano portarci dallo spazio. Rispose che la terra vista di fuori è un tutt’uno con l’umanità. Bisogna uscire dalla terra per amare la terra.

            I due autori del quadro si sono ispirati a tante opere celebri, a cominciare dalla mano di Dio creatore (cappella Sistina) che si vede chiaramente in alto a destra. Invece che un Adamo svogliato vediamo una figura femminile slanciata che accoglie e trasmette l’invito alla vita: i suoi capelli argentati diventano fiumi che bagnano la superficie della terra; i seni prorompenti sono l’altra sorgente di vita, di quella che appare, vegetale e animale, e di quelle che non appare immediatamente come microbi e batteri. C’era un punto un po’ più oscuro: rappresentava una fogna che tenta pericolosamente di soffocare la vita. Anche l’imbottigliamento dell’acqua significa che noi stiamo usando la terra, stiamo spremendola, essa è soltanto un mezzo per produrre, ma è arrivata l’ora, anzi è già passata, di metterci al servizio della terra. Il quadro aveva qualche smagliatura, perché terminato nella Cidade de Deus, a Rio de Janeiro, sotto una grandine di colpi di mitraglia, che gli autori lì per lì attribuirono al carattere festaiolo del popolo carioca. (Trentadue sparatorie in un sol giorno son più che una festa del santo patrono).

            Boff è arrivato puntuale e le 8.30, zoppicando per un’operazione al ginocchio, ma assicurando tutti che non è ancora vecchio perché gli mancano due anni per arrivare a 70.

            Innanzitutto ha spiegato, con ‘aiuto di filmati, che cos’è la CHARTA DELLA TERRA, alla cui stesura ha partecipato, nel 2002, come unico rappresentante (eretico) del cristianesimo. Ne invio una mia traduzione a parte. L’attenzione degli studenti era totale. Poi, in varie riprese, il suo tema: ECOLOGIA: TEOLOGIA E SPIRITUALITÀ.

            La parola “Ecologia” – ricorda – è stata coniata nel 1866 da Ernst Heckel. “Oikos” suggeriva già qualcosa come ” casa comune”, ” comunità di vita”, Tellus Mater, dicevano i latini, ma bisognava arrivare al 1970 perché si facesse un check up alla terra. Il responso dei medici è stato che la terra è profondamente malata. La malattia si chiama progresso. Se vogliamo sopravvivere, se vogliamo lasciare qualcosa dopo di noi, dobbiamo perseguire un progresso sostenibile. Attenzione però che per molti “attuali sfruttatori”, il progresso sostenibile è soltanto un paravento per continuare a sfruttare la terra come un magazzino inesauribile.

            L’ecologia non studia gli esseri in se stessi, pietre, piante, animali e umani. Studia le relazioni esistenti tra di loro. È la scienza delle relazioni, come diceva già il creatore del termine “ecologia”. Il paradigma che ci è pervenuto da Galilei e da Newton, paradigma che parcellizzava la realtà, va rivisto con l’aiuto di questa nuova scienza, che è un insieme articolato di conoscenze, di valori e di utopie che ridefiniscono il senso dell’universo, dell’essere umano, della società, dei processi produttivi, delle istituzioni, della cultura e della religione. In pratica è una sfida alla teologia, all’interno di questo nuovo paradigma.

 

            NUOVA COSMOLOGIA

 

            L’universo proviene dal caos primordiale, dal big bang. Ma espandendosi, supera il caos, crea ordine e equilibri dinamici, diventa sempre più complesso e si organizza. Raggiunto un certo livello avanzato di complessità e organizzazione, la vita irrompe come autoorganizzazione della materia complessa. Questo accadde circa 3,8 miliardi di anni fa.

            Continuando a espandersi e a diventare sempre più complesso, nacque la vita umana come sottocapitolo del capitolo vita, circa 7 milioni di anni fa. Nato in Africa, l’essere umano si è propagato per tutta la terra creando società, culture e imperi. Oggi, sta ritornando da questo lungo pellegrinaggio e inaugura la fase planetaria e globalizzata della sua storia. Ci troviamo tutti nella casa comune, il pianeta terra. È  il nostro tempo presente. L’evoluzione non è lineare. Avanza,  indietreggia, si ferma ma, guardando indietro, le direzione è chiara, sempre avanti e in alto.

            L’energia diventa materia, il caos e si organizza, il semplice diventa complesso. Da un essere complesso sorge la vita e dalla vita la coscienza. Dice Stephen Hawking: “Nell’universo tutto ha avuto bisogno di equilibri sottilissimi per rendere possibile lo sviluppo della vita; per esempio, se la carica elettrica dell’electron fosse stata di poco differente, avrebbe rovinato l’equilibrio della forza elettromagnetica gravitazionale nelle stelle: o esse sarebbero state incapaci di bruciare l’idrogeno o l’elio, oppure non sarebbero esplose. In un caso o nell’altro, la vita non potrebbe esistere”.

 

            DIO  NELLA NUOVA COSMOLOGIA

 

            Che cosa c’era prima delle big bang? Chi ha dato l’impulso iniziale? Chi sostiene l’universo come un tutto? Il nulla? Ma dal nulla non viene nulla.

            Prima del big bang esisteva l’inconoscibile, il mistero. Ogni religione ha chiamato con un nome equivalente al nome di “Dio”.

            Una seconda domanda: perché esiste esattamente questo universo e perché noi viviamo? Non soltanto le persone religiose, ma anche gli scienziati si domandano che cosa avesse in mente Dio nel creare l’universo. Qual era suo programma? Solo così daremmo un senso all’universo e una soluzione a tutti i nostri problemi.

            Dal punto di vista religioso possiamo dire che Dio crea l’universo perché altri partecipino della sua vita superabbondante.

 

            COME CHIAMARE IL DIO DELLA NUOVA COSMOLOGIA

 

            Il primo nome che viene in mente è “Energia” suprema, cosciente, ordinatrice, sostenitrice, amorosa. L’energia e la realtà più misteriosa, anteriore all’universo che conosciamo.

            Possiamo comprendere Dio anche come una “Passione” infinita di comunione e espansione, che crea il tempo, lo spazio, l’informazione e la materia, cioè tutti gli esseri nella misura in cui si espande indefinitamente.

            Dio irrompe come “Spirito” che trapassa il tutto e ogni parte.

            Egli appare come “Futuro” assoluto, il punto “Omega” della realizzazione di tutte le promesse presenti nell’evoluzione lanciata in avanti.

            Tutte le cose comunicano tra loro e comunicano pertanto con la fonte originaria. Dio è un  “Dio-comunione”, un Dio-relazione. Questa constatazione apre lo spazio per comprendere l’esperienza cristiana di Dio come Trinità.

 

            PANENTEISMO: DIO IN TUTTO E TUTTO IN DIO

 

            La teologia moderna ha creato il termine PANENTEISMO, che significa Dio in tutto e tutto in Dio. Da non confondere con il panteismo che afferma che tutto è Dio e Dio è tutto. Il panteismo sostiene che Dio e mondo sono identici; che il mondo non è creatura di Dio ma il modo necessario di esistere di Dio stesso. Il panteismo non accetta differenze. Tutto è identico. Tutto è Dio. Se tutto è Dio ed Dio è tutto, allora è indifferente se mi occupo di bambini e bambine di strada assassinati a Rio de Janeiro, oppure di carnevale o di sport o di indigeni in estinzione o di portatori di Hiv.

            Tutto ciò è manifestamente un errore. Una cosa non è l’altra. Ci sono differenze in questo mondo. E queste sono rispettate solo dal panenteismo e non dal panteismo. Tutto non è Dio. Ma Dio sta in tutto e tutto sta e in Dio. Uno non è l’altro. Ma non stanno separati o chiusi. Sono aperti uno all’altro. A causa di questa mutua presenza, viene superata la semplice trascendenza e la pura immanenza. Dio e mondo diventano reciprocamente trasparenti. Bene diceva Theilard de Chardin: “Il grande mistero del cristianesimo non è l’apparizione, ma la trasparenza di Dio nell’universo. Oh! Sì, Signore, non soltanto il raggio che affiora, ma il raggio che penetra. Non la vostra epi-fania, Gesù, ma la vostra Dia-fania”. Lo stesso Theilard  in un’altra preghiera: “Nuovamente, o Dio, quale di queste due beatitudini è più preziosa: il fatto che tutte le cose stiano in contatto con te? Oppure che tu sia così universale che io ti scopra e ti senta in ogni creatura?”

            L’universo in cosmogenesi ci invita a vivere l’esperienza che soggiace al panenteismo: in ogni manifestazione anche minima dell’essere, in ogni movimento, e in ogni espressione di vita, di intelligenza e di amore, siamo implicati con il mistero dell’universo in processo. Le persone sensibili al sacro e al mistero testimoniano che “In lui viviamo, ci moviamo e esistiamo” (At 17,28). Trasformare questi contenuti in un’esperienza e in commozione è ciò che dà origine alla spiritualità.

 

            LA SANTISSIMA TRINITÀ

COME COMPLESSO DI RELAZIONI INCLUDENTI.

 

            Il discorso ecologico ci offre la possibilità di parlare di Dio come Trinità di persone. Quando i cristiani parlano che Dio è Trinità, padre, figlio e spirito santo non stanno sommando i numeri  1 + 1 + 1 = 3. Se si tratta di numeri, allora Dio è uno solo e non Trinità. Con la Trinità noi cristiani non vogliamo moltiplicare Dio. Quello che vogliamo esprimere è l’esperienza singolare che Dio è comunione e non solitudine. Bene diceva Giovanni Paolo II a Puebla in Messico nel 1979: “È stato già detto, con belle e profonde parole, che il nostro Dio nel suo mistero più intimo non è una solitudine ma una famiglia, perché porta in sé stesso la paternità, la filiazione e l’essenza della famiglia che  è l’amore; questo amore, nella famiglia divina è lo Spirito Santo”.

            Se Dio è comunione e relazione, allora tutto nell’universo vive in relazione e tutto sta in comunione con tutto e in tutti i punti e in tutti momenti. Tutto emerge come sacramento della Santissima Trinità.

 

            LO SPIRITO SANTO ABITA LA CREAZIONE

 

            Uno dei nomi di Dio è Spirito. Lui riempì la terra e rinnova tutte le cose. Niente di più ecologico di questa affermazione. Così, lo Spirito è presente nella prima creazione (Gn 1,2). È presente in Gesù di Nazareth: “Maria rimase incinta per opera dello spirito santo” (Mt 1,20). Luca dice che lo spirito ha fissato la sua abitazione in lei e per questo quello che nasce è santo e figlio di Dio (cfr. Lc 1,35). È lo spirito che risuscita Gesù dai morti, che dà origine alla chiesa, la comunità che porta l’eredità di Gesù nella storia. Nella comunità umana dona la diversità di talenti: ” c’è diversità di doni, ma uno stesso spirito” (1Co 12,4).

            Così avviene nell’ecologia: c’è una diversità di energie, di particelle, di esseri, di forme di vita e di intelligenza. Ma esiste un solo corpo, una sola terra. Quello che vale per la comunità di fede, vale per la comunità cosmica, planetaria e umana: “A ciascuno è data la manifestazione dello spirito in vista del bene comune” (1Co 12,7) che mai è soltanto umano, ma onnincludente e cosmico.

            Lo spirito è fattore di comunione e di comunicazione. Come nella Pentecoste tutti udivano nella propria lingua lo stesso messaggio di liberazione (At 2,11), così la diversità delle energie e degli esseri  rimandano alla stessa fonte creatrice, al dominus vivificans, il signore che tutto vivifica come si recita nel credo cristiano.

            Per i cristiani non è nessuna novità parlare dell’Incarnazione del verbo. Ma sono poco abituati a sentir parlare dell’abitazione dello spirito nella creazione. Così come il Figlio “diventa carne e mette la sua tenda tra di noi” (Gv 1,14), così lo Spirito Santo “Ha piantato la sua tenda”- e attraverso Maria (cf Lc 1,35) -  “ha fissato la sua dimora” nell’universo.

            Dire che ha piantato la sua tenda e abita la creazione significa che partecipa delle avanzate e dei regressi che possono succedere…

            Dall’oriente ci viene una piccola poesia che traduce questo pan-spiritualismo: “Lo spirito dorme nella pietra, sogna nel fiore, si sveglia nell’animale e sa che sta sveglio nell’essere umano”.

 

            IL CRISTO COSMICO

 

            Appartiene essenzialmente alla fede cristiana la proclamazione che il figlio di Dio si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14). Detto in termini cosmologici e ecologici, significa che lui è fatto con gli stessi elementi con i quali tutti gli esteri e corpi sono composti. Il nostro sistema solare, la terra, ogni essere e ogni persona contiene materiale riciclato dalle antiche stelle. Il corpo di Gesù non fa eccezione. Il concilio Cristologico di Calcedonia (451) afferma dogmaticamente che Gesù nella sua umanità è consustanziale a noi, nel corpo e nell’anima. Come qualsiasi essere umano lui è figlio dell’universo e della terra. È  membro della famiglia umana. L’essere umano è quell’essere per il quale il cosmo stesso arriva alla sua autocoscienza e alla scoperta del sacro, il luogo biologico-antropologico dell’irruzione della divinità dentro la materia. Questa realtà ci fa capire perché l’incarnazione non è un affare esclusivo di Gesù, ma interessa tutti gli umani. Tutti, per il fatto di essere sorelle e fratelli di Gesù, sono chiamati ad essere assunti, ognuno a modo suo dal verbo. L’incarnazione appare come un processo ancora in corso. Il verbo continua e ad emergere dalla materia del mondo e dalla massa umana fino a vivificare l’intero universo è introdurlo nel regno della Trinità.

            L’incarnazione radica Gesù nel cosmo. Ma lo limita pure con lacci spazio-temporali. L’incarnazione è sempre limitazione e abbassamento (kenosi). Lui è giudeo e non romano. È uomo e non donna. Nasce nell’era dell’homo sapiens sapiens e non dell’australopiteco, sotto Tiberio Augusto e muore sotto Ponzio Pilato.

            Con la risurrezione però sono sciolti tutti lacci dello spazio e del tempo. Cristo raggiunge una dimensione cosmica. L’evoluzione si trasforma in vera rivoluzione.

            Il Cristo cosmico assurge pertanto a motore dell’evoluzione, come suo liberatore e come colui che porta alla pienezza. San Paolo dice che “Cristo è tutto in tutte le cose” (Col 3,11)  e ” tutto sussiste in lui” (Col 1,16). Senza di lui le cose sarebbero un tronco senza testa. Si dice giustamente nella lettera agli efesini “di unire sotto una sola testa tutte le cose in Cristo” (1,10). Lui ricapitola tutto.

            Il testo più espressivo di questa Cristologia cosmica si trova in un ‘agrafon’ del Vangelo copto di San Tommaso: “Io sono la luce che sta sopra tutte le cose; io sono l’universo; l’universo è uscito da me e l’universo è ritornato a me; spacca la legna e io sono lì dentro; alza una pietra e io sto lì sotto”.

            Qui si apre lo spazio per un’esperienza ineffabile di comunione con il Cristo totale, attualizzata continuamente dal mistero dell’Eucaristia. L’ostia e il vino non sono soltanto una porzione di materia, un pezzo di pane  un po’ di vino che stanno sopra l’altare. Per la fede nel Cristo cosmico e l’inabitazione dello Spirito, l’universo intero si trasforma in ostia e in vino per essere il corpo cosmico di Cristo.

 

            SPIRITUALITÀ ECOLOGICA

 

            Queste riflessioni teologiche si basano su una spiritualità ecologica, cioè un’esperienza di Dio a contatto con la natura e l’universo. Una cosa è la teologia, altra cosa è la spiritualità. La teologia pensa e lavora con concetti. La spiritualità sperimenta e lavora con emozioni profonde. Quando passiamo dalla testa al cuore, in quel momento sorge la spiritualità. Spiritualità  non è pensare Dio nell’universo, è sentire Dio presente in tutte le cose. Una buona porta d’ingresso per un’esperienza spirituale ecologica e cosmica e la visione del globo terrestre riprodotto dai mezzi di comunicazione.

            Gli astronauti ci hanno trasmesso quest’immagine e ci hanno lasciato testimonianze ispirate.      James Irwin diceva partendo dalla luna: “Quell’oggetto vivo così bello e così caldo appare fragile e  delicato. Contemplarlo cambia le persone, perché si comincia ad apprezzare la creazione di Dio e a scoprire l’amore di Dio “. Un altro astronauta Gene Cernan confessava: “Io sono stato l’ultimo uomo a mettere piede sulla luna nel dicembre 1972. Dalla superficie della luna io guardavo con timore reverenziale verso la terra su uno sfondo di azzurro molto scuro. Quello che io vedevo era troppo era bello per essere catturato, troppo spirituale, pieno di finalità per essere frutto di un puro accidente cosmico. Io mi sentivo interiormente obbligato a lodare Dio. Dio deve esistere, perché è stato creato quello che io avevo il privilegio di contemplare”. Spontaneamente sorge nell’essere umano la venerazione e il rendimento di grazie. E per questo che lui esiste nell’universo.

            A vedere la terra dal di fuori, l’essere umano si sveglia alla comprensione che lui e la terra formano una unità e che questa unità appartiene a un’altra maggiore, a quella solare e questa a sua volta ad un’altra unità ancora maggiore, quella galattica e questa ci rimanda all’universo intero e l’intero universo ci rimanda a Dio.

            “Da lassù, osservava l’astronauta Gene Cernan “non si vedono le barriere del colore della pelle, della religione e della politica che qui in basso dividono il mondo. La terra e l’umanità formano una cosa soltanto “. Tutto è unificato nell’unico pianeta Terra.

            Abbracciando il mondo, la terra e le cose, stiamo abbracciando Dio, entrando in comunione con lo Spirito, stiamo agendo nei processi naturali e storici e con il Cristo cosmico che sta sospingendo l’evoluzione verso il suo culmine nel seno del regno della Trinità. San Francesco d’Assisi ci serve come punto di riferimento. Lui ha vissuto un questa spiritualità ecologica e cosmica. Riusciva a vedere in ogni essere della creazione un fratello e una sorella. Umilmente si collocava accanto a loro e mai sopra di loro, vivendo una profonda comunione di identificazione e di commozione.

            Abbiamo bisogno di questa spiritualità ai giorni nostri, perché ci aiuta ad aver cura della terra e di tutto quello che essa contiene e ci permette pure di avere esperienza di Dio nel modo che lui vuol essere incontrato, conosciuto e servito, in questa fase storica che ci ha portato un nuovo stato di coscienza e ci ha fornito tante conoscenze sull’universo e sulla nostra missione all’interno di questo.

 

 

 

Teólogo Leonardo Boff
3 min 49 sec – 26 lug 2007
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[...] Il Vaticano, preoccupato per l’inspirazione marxista del movimento, lottò fortemente contro questa tendenza attraverso la Congregazione della Dottrina della Fede, capeggiata dal Papa attuale, che visita un Brasile, nel quale la Teologia della Liberazione si suppone che abbia perso la sua forza iniziale. “Come tutti i movimenti, ha avuto un momento per nascere, crescere, indebolirsi e sparire”, afferma l’arcivescovo di São Paulo, Odilio Scherer, il quale dà ad intendere che il movimento è finito. Ma Boff dichiara: “Lo stesso Vaticano sa di aver perso la battaglia. I due documenti del 1984 e 1986 non hanno frenato il movimento. E’ nato ascoltando il grido degli oppressi e oggi questo grido si è trasformato in clamore [...]

 

La visita del Papa ad Aparecida

Teologia della Liberazione è sempre viva, affermano Boff e Casaldáliga

(Traduzione di Fausto Marinetti) *

Estadão 05 maggio 2007

RIO – La Teologia della Liberazione, che Benedetto XVI ha combattuto prima di essere eletto, continua viva, così come persistono ancora le disuguaglianze dell’America Latina che l’hanno generata. L’attualità di tale teologia d’ispirazione marxista, che ha messo i poveri come la priorità della Chiesa cattolica in America Latina, viene evidenziata dai suoi rappresentanti più significativi: Leonardo Boff e mons. Pedro Casaldáliga. Per il segretario generale del Forum Mondiale della Teologia e Liberazione, il cappuccino Luiz Carlos Susin, la Teologia della Liberazione non solo è viva, ma si è estesa in Africa e in Asia.

Questa corrente, adottata dai sacerdoti dell’America Latina, ebbe il suo auge negli anni 70, specialmente nei paesi con gravi problemi di povertà o che erano sotto la dittatura o in guerra civile. Il Vaticano, preoccupato per l’inspirazione marxista del movimento, lottò fortemente contro questa tendenza attraverso la Congregazione della Dottrina della Fede, capeggiata dal Papa attuale, che visita un Brasile, nel quale la Teologia della Liberazione si suppone che abbia perso la sua forza iniziale. “Come tutti i movimenti, ha avuto un momento per nascere, crescere, indebolirsi e sparire”, afferma l’arcivescovo di São Paulo, Odilio Scherer, il quale dà ad intendere che il movimento è finito. Ma Boff dichiara: “Lo stesso Vaticano sa di aver perso la battaglia. I due documenti del 1984 e 1986 non hanno frenato il movimento. E’ nato ascoltando il grido degli oppressi e oggi questo grido si è trasformato in clamore.

Casaldaliga afferma che l’opzione della Chiesa per i poveri non perde la sua attualità in un’America Latina che ha ancora 205 milioni di sventurati: “Credo fermamente che la Teologia della Liberazione continua ad essere viva in molte menti, testi e in molte comunità. Sono convinto che si sta rinnovando con nuovi apporti. Adesso, oltre ai poveri, la Chiesa ha fatto propria anche la causa del negro, dell’indio, della donna”. Susin ritiene che si è ramificata non solo per includere questi nuovi “soggetti storici”, ma anche altri orizzonti: Cina, India e Africa. “La Teologia ha acquisito tematiche speciali, che dialogano tra loro”.

Per Casaldáliga, che ha scelto di restare in Amazzonia per stare vicino ai poveri, nonostante l’età, la Teologia potrà ricevere nuovo impulso nella 5ª Conferenza del Celam, evento inaugurato da Benedetto XVI ad Aparecida, S. Paolo. “La recente notifica del Vaticano a Jon Sobrino e la preparazione del Celam hanno rimesso tale Teologia sulle prime pagine. E’ possibile procedere (ad Aparecida) e la affermeremo di nuovo con chiarezza, con convinzione, preparati a tutte le conseguenze”. Sobrino, gesuita spagnolo che vive a El Salvador, e che con i suoi testi sul Gesù storico e umano si è trasformato in uno dei principali teologi della liberazione, è stato recentemente ammonito dal Vaticano. Ma, al contrario di quello che succedeva quando l’attuale pontefice dirigeva la Congregazione della Dottrina della Fede, questa ammonizione non include una punizione. “La notificazione contiene delle osservazioni, ma non proibisce niente. La stiamo interpretando al meglio, perfino come un invito al dialogo. Ci aspettiamo che ci possa essere una discussione e pare che il papa abbia già detto, in due o tre occasioni, che è favorevole a un dibattito teologico”, dice Susin. Boff non la pensa così: “Abbiamo paura che ad Aparecida il papa rinnovi i suoi avvertimenti alla Teologia della Liberazione. Come cristiani rispetteremo sempre la figura del Papa. Ma sappiamo che ha condannato più di cento teologi e ha scritto dei testi duri, quasi fondamentalisti sulle chiese e le religioni e ha controllato le conferenze episcopali progressiste. Per questo è difficile amarlo”.

* IL DIALOGO. Mercoledì, 16 maggio 2007

DeporreIPoveriDallaCroceVersione 1.0
1 giugno 2007

«Deporre i Poveri dalla Croce: Cristologia della Liberazione»

Commissione Teologica Internazionale della Asett,
Associazione Ecumenica dei Teologi/ghe del Terzo Mondo
(Eatwot, Ecumenical Association of Third World Theologians)

José María VIGIL (org.)
Prologo di Leonardo BOFF
Epilogo di Jon SOBRINO
Copertina di CEREZO BARREDO
Traduzione a cura di ADISTA

ISBN:978-9962-00-240-6
Pagine: 306
 

Più di 40 co-autori: Leonardo BOFF (prologo), Tissa BALASURIYA, Marcelo BARROS, Teófilo CABESTRERO, Oscar CAMPANA, Víctor CODINA, José COMBLIN, CONFER de Nicaragua, Lee CORMIE, Eduardo DE LA SERNA, José ESTERMANN, Benedito FERRARO, Eduardo FRADES, Luis Arturo GARCÍA DÁVALOS, Ivone GEBARA, Eduardo HOORNAERT, Diego IRARRÁZAVAL, Jung Mo SUNG, Paul KNITTER, João Batista LIBÂNIO, María y José Ignacio LÓPEZ VIGIL, Carlos MESTERS, Carlo MOLARI, Alberto PARRA, Aloysius PIERIS, Richard RENSHAW, Jean RICHARD, Pablo RICHARD, Luis RIVERA PAGÁN, José SÁNCHEZ SÁNCHEZ, Stefan SILBER, Ezequiel SILVA, Alfonso Mª Ligório SOARES, José SOLS LUCIA, Paulo SUESS, Luiz Carlos SUSIN, Faustino TEIXEIRA, Pedro TRIGO, José María VIGIL, e Jon SOBRINO (epilogo).

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