L’HOSPITALITAS DI DON CARLO GNOCCHI

Posted on Marzo 13th, 2009 di Angelo | Edit

 

 

  

  

  

  

  

  

  

   

 

Sogno dopo la guerra di potermi dedicare per sempre ad un’opera di Carità, quale che sia, o meglio quale Dio me la vorrà indicare. Desidero e prego dal Signore una sola cosa: servire per tutta la vita i suoi poveri.Ecco la mia ”carriera”. Purtroppo non so se di questa grande grazia sono degno, perché si tratta di un privilegio…

 

don Carlo Gnocchi
(Lettera dal fronte russo, inverno 1942)

 

 

 

 

  

  

  

  

  

  

   

 

Nella misteriosa economia del Cristianesimo, il dolore degli innocenti è dunque permesso perchè siano manifeste le opere di Dio e quelle degli uomini: l’amoroso e inesausto travaglio della scienza; le opere multiformi dell’umana solidarietà; i prodigi della carità soprannaturale…

 

don Carlo Gnocchi (Pedagogia del dolore innocente, 1956)

 

 

  

  

  

  

  

  

   

 

La cura degli ammalati, le arti della medicina, la carità verso i sofferenti, la lotta contro tutte le cause dell’umana sofferenza sono una vera e continua redenzione materiale, che fa parte della redenzione totale di Cristo e di essa ha tutto l’impegno e la dignità.

 

don Carlo Gnocchi
(Pedagogia del dolore innocente, 1956)

 

 

 

 

 

  

  

  

  

  

  

  

 

La lotta e la vittoria contro il dolore è una seconda generazione, non meno grande e dolorosa della prima, e chi riesce a ridonare a un bimbo la sanità, l’integrità, la serenità della vita non è meno padre di colui che, alla vita stessa, lo ha chiamato per la prima volta

 

 

don Carlo Gnocchi
(Pedagogia del dolore innocente, 1956)

  

  

  

  

 

 

 

 

  

 

Bisogna rifare l’uomo, e, per farlo, bisogna restituirgli anche la dignità, la dolcezza e la varietà del vivere, quel rispetto della personalità individuale e quella possibilità di esplicare completamente il potenziale della propria ricchezza personale…

 

don Carlo Gnocchi

(Restaurazione della persona umana, 1946)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il primo dovere della società verso i giovani minorati è quello della reintegrazione delle capacità fisiche, se possibile, e nella misura in cui essa è possibile. Per essi l’unica medicina e la più sicura salvezza sta nel lavoro, nella cultura e nella professione, nel dar loro uno scopo ed un mezzo di vita e nel farne elementi normali della società”.

 

don Carlo Gnocchi
(Roma, 1955)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non è anche la scienza un dono dell’amore infinito? La scienza, coniugata con la carità, deve impegnarsi nella lotta per la vita. E la riabilitazione, la medicina curativa, l’assistenza, l’accoglienza, la ricerca e la difesa della vita assumono un senso nuovo…

 

don Carlo Gnocchi
(testimonianza di mons. Aldo Del Monte)
 

 

Il mondo non è mai stato così uno come oggi; ma per ora, soltanto di una unità corticale ed esteriore, causata dal progresso tecnico. È compito del progresso spirituale quello di dare al mondo anche l’unità interiore: l’idea universale nella quale tutti possono trovarsi fratelli.

don Carlo Gnocchi
(Restaurazione della persona umana, 1946)

Biografia di don Carlo Gnocchi

 

L’infanzia

Carlo Gnocchi, terzogenito di Enrico Gnocchi, marmista, e Clementina Pasta, sarta, nasce a San Colombano al Lambro, presso Lodi, il 25 ottobre 1902. Rimasto orfano del padre all’età di cinque anni, si trasferisce a Milano con la madre e i due fratelli, Mario e Andrea, che di lì a poco moriranno di tubercolosi. Seminarista alla scuola del cardinale Andrea Ferrari, nel 1925 viene ordinato sacerdote dall’Arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi. Celebrerà la sua prima Messa il 6 giugno a Montesiro, il paesino della Brianza dove viveva la zia, dove tornava spesso nei periodi di vacanza e dove, fin da piccolo, aveva trascorso lunghi periodi di convalescenza, lui di salute così cagionevole (per saperne di più)

Assistente ed educatore
Il primo impegno apostolico del giovane don Carlo è quello di assistente d’oratorio: prima a Cernusco sul Naviglio, poi, dopo solo un anno, nella popolosa parrocchia di San Pietro in Sala, a Milano.

Raccoglie stima, consensi e affetto tra la gente tanto che la fama delle sue doti di ottimo educatore giunge fino in Arcivescovado: nel 1936 il Cardinale Ildefonso Schuster lo nomina direttore spirituale di una delle scuole più prestigiose di Milano: l’Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

In questo periodo studia intensamente e scrive brevi saggi di pedagogia. (per saperne di più)

 

 

La guerra
Sul finire degli anni Trenta, sempre il Cardinale Schuster gli affida l’incarico dell’assistenza spirituale degli universitari della Seconda Legione di Milano, comprendente in buona parte studenti dell’Università Cattolica e molti ex allievi del Gonzaga.

Nel 1940 l’Italia entra in guerra e molti giovani studenti vengono chiamati al fronte. Don Carlo, coerente alla tensione educativa che lo vuole sempre presente con i suoi giovani anche nel pericolo, si arruola come cappellano volontario nel battaglione “Val Tagliamento” degli alpini, destinazione il fronte greco albanese. (per saperne di più)

La campagna di Russia
Terminata la campagna nei Balcani, dopo un breve intervallo a Milano, nel ‘42 don Carlo riparte per il fronte, questa volta in Russia, con gli alpini della Tridentina. Nel gennaio del ‘43 inizia la drammatica ritirata del contingente italiano: don Carlo, caduto stremato ai margini della pista dove passava la fiumana dei soldati, viene miracolosamente raccolto su una slitta e salvato. È proprio in questa tragica esperienza che, assistendo gli alpini feriti e morenti e raccogliendone le ultime volontà, matura in lui l’idea di realizzare una grande opera di carità che troverà compimento, dopo la guerra, nella Fondazione Pro Juventute.


Ritornato in Italia nel 1943, don Carlo inizia il suo pietoso pellegrinaggio, attraverso le vallate alpine, alla ricerca dei familiari dei caduti per dare loro un conforto morale e materiale.
In questo stesso periodo aiuta molti partigiani e politici a fuggire in Svizzera, rischiando in prima persona la vita: lui stesso viene arrestato dalle SS con la grave accusa di spionaggio e di attività contro il regime. (per saperne di più)

Gli orfani e i mutilatini
A partire dal 1945 comincia a prendere forma concreta quel progetto di aiuto ai sofferenti appena abbozzato negli anni della guerra: viene nominato direttore dell’Istituto Grandi Invalidi di Arosio e accoglie i primi orfani di guerra e i bambini mutilati. Inizia così l’opera che lo porterà a guadagnare sul campo il titolo più meritorio di “padre dei mutilatini”.
Ben presto la struttura di Arosio si rivelerà insufficiente ad accogliere i piccoli ospiti le cui richieste di ammissione arrivano da tutta Italia; ma, quando la necessità si fa impellente, ecco intervenire la Provvidenza. Nel 1947, gli viene concessa in affitto, a una cifra simbolica, una grande casa a Cassano Magnago, nel varesotto. (per saperne di più)

La Pro Infanzia Mutilata
Nel 1949 l’Opera di don Gnocchi ottiene un primo riconoscimento ufficiale: la “Federazione Pro Infanzia Mutilata”, da lui fondata l’anno prima per meglio coordinare gli interventi assistenziali nei confronti delle piccole vittime della guerra, viene riconosciuta ufficialmente con Decreto del Presidente della Repubblica.
Nello stesso anno, il Capo del Governo, Alcide De Gasperi, promuove don Carlo consulente della Presidenza del Consiglio per il problema dei mutilatini di guerra. Da questo momento uno dopo l’altro, aprono nuovi collegi: Parma (1949), Pessano (1949), Torino (1950), Inverigo (1950), Roma (1950), Salerno (1950), Pozzolatico (1951).
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La Fondazione Pro Juventute
Nel 1951 la Federazione Pro Infanzia Mutilata viene sciolta e tutti i beni e le attività vengono attribuiti al nuovo soggetto giuridico creato da don Gnocchi: la Fondazione Pro Juventute, riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica l’11 febbraio 1952.
Nel 1955 don Carlo lancia la sua ultima grande sfida: si tratta di costruire un moderno Centro che costituisca la sintesi della sua metodologia riabilitativa. Nel settembre dello stesso anno, alla presenza del Capo dello Stato, Giovanni Gronchi, viene posata la prima pietra della nuova struttura, nei pressi dello stadio di San Siro, a Milano.


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La Pro Infanzia Mutilata
Il 12 ottobre 1948 nasce ufficialmente l’opera che don Carlo aveva in cuore e in testa fin dal ritorno dalla Russia. Opera che viene riconosciuta giuridicamente il 26 marzo seguente, con il nome di Federazione Pro Infanzia Mutilata.


Don Carlo guarda con speranza a quella porzione dell’umana società che rappresenta l’avvenire e proprio perché consapevole della sua difficoltà presente la considera la porzione degna dei più attenti riguardi. Promuovere la crescita umana di questi “emarginati” è un grande progetto ed egli vi lavora indefessamente, perché quei ragazzi diventino persone complete ed autonome.


Le difficoltà sono molte, ma don Carlo non si arrende e chiede a chiunque collaborazione e impegno. La realizzazione delle sue idee è possibile grazie all’aiuto dei religiosi, delle suore di diverse Congregazioni: si tratta dei pezzi di un grande mosaico che si muovono silenziosamente intorno a lui e che provvedono a mandare avanti le Case. La stessa solidarietà gli giunge dai laici, che egli invita e sensibilizza come cristiani a servire il prossimo sfortunato, dandogli tutto l’amore possibile, collaborando con dedizione, contribuendo per il buon funzionamento della struttura organizzativa, con animo generoso, schietto, retto e costante.


Ecco l’elenco dei primi collaboratori, quelli più stretti: “All’origine nasce un Comitato fondatore, composto da fratel Gioviniano dei Fratelli delle Scuole Cristiane, tesoriere del Collegio Gonzaga; dall’avvocato Tommaro; dal commendator Hollian, un industriale ebreo-polacco che aveva interessi economici in Argentina; dal dottor Bodini, che lavora per Hollian e il commendator Ugo Previstali, genitore di un alunno del Gonzaga. Bodini, ex prefetto di Trieste, gerarca fascista che aveva fatto la guerra in Etiopia ed era stato nascosto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, è l’amministratore del Gonzaga.


Tecnico accorto, darà un prezioso aiuto all’opera in quanto dovrà cercare finanziamenti per la nascente struttura affidata alla presidenza di fratel Giustiniano. E quando questi si ammala di tubercolosi, alla sua morte gli succede nella carica lo stesso don Gnocchi, che accorpando i diversi istituti per mutilati crea la Pro Infanzia Mutilata. Un solido sostegno economico giunge a don Gnocchi dalle famiglie Pirelli, Falck, Uccelli, Guenzani, Puricelli-Guerra, Meda, Bertolini, Borletti, Cicogna e Bassetti”.


Sembra quasi la trama di un film un po’ thriller: l’ebreo-polacco ricco e cosmopolita, l’ex gerarca fascista ravveduto, i fratelli delle scuole cattoliche, gli industriali e i nobili… E invece è quello che don Gnocchi si trova intorno, sono le persone che ha vicino. Con loro comincia, come con un gruppo di amici.

L’addio a un “santo”
Don Carlo, minato da una malattia incurabile, non riuscirà a vedere completata l’opera nella quale aveva investito le maggiori energie: il 28 febbraio 1956, la morte lo raggiungerà prematuramente presso la Columbus, una clinica di Milano dove era da tempo ricoverato per una grave forma di tumore.


I funerali furono grandiosi per partecipazione e commozione: quattro alpini a sorreggere la bara, altri a portare sulle spalle i piccoli mutilatini in lacrime.
Poi la commozione degli amici e conoscenti, centomila persone a gremire il Duomo e la piazza e l’intera città di Milano listata a lutto. Così il 1° marzo ’56 l’arcivescovo Montini – poi Papa Paolo VI – celebrava i funerali di don Carlo.
Tutti i testimoni ricordano che correva per la cattedrale una specie di parola d’ordine: “Era un santo, è morto un santo”. Durante il rito, fu portato al microfono un bambino.
Disse: “Prima ti dicevo: ciao don Carlo. Adesso ti dico: ciao, san Carlo”. Ci fu un’ovazione.

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La Fondazione Pro Juventute
Nel 1952 la Pro Infanzia Mutilata cambiò volto per poter ampliare i propri orizzonti operativi. A don Carlo i mutilatini non bastavano più: scopre altre e nuove emergenze, come quella dei poliomielitici che aveva toccato anche il cuore del cardinale Montini e trovato ascolto nella stessa Chiesa.


Per fare qualcosa anche per loro decide di modificare lo statuto dell’opera: dall’11 febbraio ‘52 i Collegi si chiamano Centri medico-sociali e la nuova denominazione complessiva è quella di Pro Juventute, riconosciuta dal ministero degli Interni (non esisteva in quegli anni il ministero della Sanità) Ente morale non ospedaliero.


L’ultimo seme gettato da don Carlo è il Centro-pilota di Milano: l’11 settembre 1955 viene posta la prima pietra alla presenza del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Il Centro sorgerà su un’area di 18 mila metri quadrati in via Capecelatro, una strada della zona San Siro parallela a quella che oggi si chiama via don Gnocchi, e sarà finalizzato a ospitare 300 bambini poliomielitici.


Con questo nuovo Centro don Carlo vuole dimostrare a tutti che è possibile rendere concretamente operativo il progetto di recupero dei giovani disabili non solo dal punto di vista fisico, ma anche culturale, morale e spirituale. È ormai chiaro che don Gnocchi aveva in mente un progetto complessivo, globale, di recupero della persona umana, per la quale parlava non a caso di “restaurazione”.


Un progetto che non aveva eguali nell’Italia di quegli anni, nemmeno tra le iniziative cattoliche dirette all’assistenza dei disabili e dei malati, o all’accoglienza degli orfani. Iniziative certamente di carità, ma che inevitabilmente erano meno attente all’aspetto umano e spirituale degli assistiti. E sicuramente non consideravano la fondamentale importanza del rigore scientifico nel loro lavoro: scientificità che don Gnocchi aveva invece benissimo presente e sulla quale puntava. (ascolta la voce di don Carlo)

L’ultimo dono
L’ultimo suo gesto profetico è la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti – Silvio Colagrande e Amabile Battistello – quando in Italia il trapianto di organi non era ancora disciplinato da apposite leggi. Il doppio intervento, eseguito dal prof. Cesare Galeazzi, riuscì perfettamente. La generosità di don Carlo anche in punto di morte e l’enorme impatto che il trapianto ebbe sull’opinione pubblica impressero un’accelerazione decisiva al dibattito. Tant’è che nel giro di poche settimane venne varata una legge ad hoc.
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La causa di beatificazione
Trent’anni dopo la sua morte, il cardinale Carlo Maria Martini istituirà il Processo di Beatificazione. La fase diocesana, avviata nell’87, si è conclusa nel ’91. Il Processo è ora in fase di svolgimento alla Congregazione delle Cause dei Santi, a Roma.
Il 20 dicembre 2002 il Papa lo ha dichiarato venerabile.


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La causa di beatificazione

A trent’anni dalla morte di don Carlo Gnocchi (28 febbraio 1956), Fratel Leone Luigi Morelli è stato nominato Postulatore della Causa di canonizzazione.
La causa dispone di un unico “Processo sulla vita, virtù e fama di santità”, celebrato nella Diocesi di Milano dal 6 maggio 1987 al 23 febbraio 1991, nell’arco di 199 sessioni per la deposizione di 178 testi e la raccolta di una copiosa documentazione.
Tale materiale istruttorio, distribuito nei quindici volumi della copia pubblica (per un totale di 4.321 pagine) è stato poi presentato alla Congregazione per le Cause dei Santi, allo scopo di verificare la validità procedurale del Processo.
Con il decreto sulla validità, rilasciato il 26 ottobre 1993 dalla Congregazione, ha preso avvio lo studio per la preparazione della “Positio”.


La “Positio” è il volume che raccoglie tutte le testimonianze e tutti i documenti contenuti nella copia pubblica e si divide in due parti: il “Summarium”, che riporta tutti gli interrogatori e le testimonianze, e la “Informatio”, che mette in risalto come il candidato alla santità abbia osservato in grado eroico le virtù teologali, cardinali e le altre virtù, sia verso Dio che verso il prossimo.


Un relatore assegnato dalla Congregazione ha poi il compito di preparare una presentazione a tutto il volume che verrà esaminato dalla Commissione dei Teologi per un ulteriore giudizio. Una volta acquisito il positivo giudizio della Commissione dei Teologi, deve essere giudicato e approvato da una Commissione di Cardinali: solo dopo questi pareri, la Congregazione per le Cause dei Santi prepara il decreto sull’eroicità delle virtù che viene letto dinnanzi al Papa. Con la lettura di tale decreto, al Servo di Dio viene dato il titolo di venerabile.


  • Il 20 dicembre 2002 il Papa ha dichiarato don Gnocchi venerabile, riconoscendone l’eroicità delle virtù.
  • Nel 2003, alla morte di Fratel Morelli, nuovo postulatore della causa è stato nominato Fratel Rodolfo Cosimo Meoli.
  • Per la beatificazione, la Chiesa richiede una Grazia che, attraverso un processo, deve essere riconosciuta miracolosa.
  • Tra i mesi di ottobre e dicembre del 2004, a Milano si è svolta la sessione straordinaria del processo di beatificazione di don Gnocchi per l’analisi di un presunto evento miracoloso.
  • Il carteggio è ora all’analisi della Congregazione per le Cause dei Santi, in Vaticano.

Un altro miracolo viene invece chiesto per la Canonizzazione.


Chi ricevesse favori per l’intercessione del Servo di Dio don Carlo Gnocchi è pregato di darne urgente comunicazione alla Fondazione Don Carlo Gnocchi.

La “Petitio” dei Vescovi lombardi

 

 

I Vescovi lombardi e l’Arcivescovo di Salerno hanno rivolto una richiesta al Papa, nella primavera del ‘98, per accelerare il processo di beatificazione di don Carlo Gnocchi. Ecco uno stralcio della supplica firmata dai Vescovi della Conferenza Episcopale Lombarda e da monsignor Pierro.


Beatissimo Padre,


noi, Vescovi della Regione Ecclesiale di Lombardia, ci rivolgiamo a Lei, dopo aver appreso che il Rev.mo Padre Ambrogio Eszer, O.P., Relatore Generale presso la Congregazione delle Cause dei Santi, lo scorso 9 novembre 1997 ha approvato la “Positio super vita et virtutibus et fama sanctitatis” del Servo di Dio don Carlo Gnocchi, sacerdote della diocesi ambrosiana e fondatore della Federazione Pro Infanzia Mutilata, divenuta ora la Fondazione Pro Juventute, istituto che si dedica alla riabilitazione e alla integrazione sociale dei portatori di diverse forme di handicap, dei piccoli soprattutto, sulla scia del suo fondatore, persuaso che “sanare il dolore non è soltanto un’opera di filantropia, ma è un’opera che appartiene strettamente alla redenzione di Cristo”.(…)

Don Carlo Gnocchi può essere di esempio e di stimolo, alla nostra e alle prossime generazioni, del primato della carità, del dono di sé, senza risparmio di energie e neppure della propria vita, neppure del proprio corpo, perché l’amore di Cristo tutto lo pervadeva. (…)


Un prete che, nel mezzo delle macerie fisiche e spirituali lasciate dalla seconda guerra mondiale, non temeva di proclamare che “ogni restaurazione della persona umana, che non voglia essere parziale, effimera o dannosa, come quelle finora attuate dalla civiltà, non può essere che la restaurazione della persona di Cristo in ogni uomo”.


Un prete che, raccogliendo il lamento morente dei giovani soldati, che aveva voluto accompagnare nel fango delle trincee e nel gelo delle steppe della Russia, contemplava: “I suoi occhi erano colmi di dolore e di pietà, come di bimbo che si addormenta a poco a poco. Non altrimenti dovette guardare Gesù dall’alto della sua croce”.


Un prete che, di fronte a questo muto dolore, che avrebbe rivisto poi negli occhi di tanti fanciulli innocenti, dilaniati da un residuato bellico, rifletteva quanto fosse urgente “riscoprire i segni caratteristici del Cristo sotto la maschera essenziale e profonda di ogni uomo percosso e denudato dal dolore”. (…)


Per tutti questi motivi, sinteticamente qui esposti, vorremo pregarLa, Beatissimo Padre, di intercedere perché la Positio, finalmente presentata, sia sollecitamente proposta al votum dei Reverendissimi Consultori Teologi e degli Eminentissimi Cardinali, così da affrettare – per quanto sarà possibile – il momento in cui le nostre comunità potranno venerare il Servo di Dio don Carlo Gnocchi, sacerdote ambrosiano, quale Beato della Chiesa e affidare alla sua intercessione le loro preghiere e i loro desideri.

Preghiera per la canonizzazione di don Gnocchi

Signore Iddio,
che sei glorificato nei Tuoi Santi,
concedi che possa risplendere nella Tua Chiesa
la luce eroica delle virtù del Tuo Servo
don Carlo Gnocchi,


il quale, sulle orme di Cristo Maestro e Sacerdote,
Ti ha amato e servito nei “piccoli”,
nel servizio educativo e pastorale,
nella dedizione al “dolore innocente”
degli orfani, dei mutilatini, dei vulnerati
nel corpo e nello spirito.


Per i suoi meriti e per la Sua intercessione
concedi la grazia (…)
che con fiducia Ti chiediamo.
Per Cristo nostro signore.

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