DEBORA, LA PROFETESSA GIUDICE

DEBORA, LA PROFETESSA GIUDICE

 

 Quando il popolo di Dio entrò nella terra promessa si trovò nella condizione di esprimere un’obbedienza difficile. Si affacciarono presto le tentazioni presagite da Mosè, il fascino del benessere, l’autosufficienza e l’oblio del Signore: «Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato… il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto» (Dt 8,12-14).

 La storia raccontata dal libro dei Giudici mostra la fondatezza di quei timori. Il popolo si dimentica del Signore e volge il cuore alle divinità pagane. Ma sperimenta nuove forme di oppressione. Allora torna al Signore invocando liberazione. E il Signore si lascia commuovere dal grido del popolo, ne ascolta il lamento e fa sorgere dei liberatori.

 I «giudici» sono figure carismatiche che Dio suscita per ristabilire le sorti di Israele. Si tratta di capi polit ico-militari piuttosto improvvisati, dei «salvatori» che fanno fronte alla situazione politicamente e socialmente difficile. Essi non praticano attività di tipo forense, come la designazione a prima vista lascerebbe intendere. Ma c’è un caso in cui questo si verifica, è il caso di Debora.

 

1. IN ASCOLTO

Stupisce di trovare una donna alla guida del popolo eletto, una donna che assomma i ruoli di profetessa, giudice e guerriera. Tale è Debora, la «madre di Israele» (Gdc 5,7). Una che indubbiamente non brilla per riflesso di luce maschile, quale moglie o sorella di un uomo illustre. Semmai è lei che getta luce sugli Israeliti, compreso il generale Barak, il «raggio» di sole.

 

1.1. Sotto la palma di Debora

Il libro dei Giudici introduce Debora, il cui nome significa “ape”, come la moglie di

Lappidot (Gdc 4,4). Ma del marito non sappiamo altro che il nome. Egli non ha un particolare ruolo da giocare, mentre lei è una donna famosa prima ancora di prendere in mano le redini del governo e diventare madre di Israele», salvatrice della patria. È famosa anzitutto come profetessa e donna saggia che giudica e dirime le controversie degli Israeliti. Debora anticipa Salomone: è la sapienza che stabilisce la giustizia.

È una donna ispirata, in un rapporto di particolare intimità con il Santo d’Israele: è la

«profetessa», bocca di Dio per il suo popolo. E gli Israeliti andavano numerosi a consultarla.

 Salivano sulle montagne di Efraim, tra Rama e Be tel. Essa li accoglieva all’aperto, seduta sotto una palma che portava il suo nome: la Palma di Debora. La palma, come è noto, è un albero carico di simbolismo; nell’antico oriente era anche un albero sacro, indicante la glo ria di Dio. Le pareti e i battenti del Santo dei santi nel tempio di Salomone erano ornate da palme (1 Re 6,29-35). Ed ecco che in prossimità del santuario di Betel, sotto la palma, Debora rivela la gloria di Dio. Quella che si manifesta nelle trame complesse della storia come giustizia e liberazione degli oppressi. Sotto la palma di Debora la gloria di Dio illumina la vita quotidiana.

1.2. Se vieni con me andrò

Debora è una profetessa audace che non teme il confronto con i potenti. Prende l’iniziativa di convocare Barak e gli espone l’oracolo divino: dovrà arruolare diecimila uomini e affrontare coraggiosamente l’esercito nemico. Il generale tentenna, paventa un eventuale fallimento, e avanza un’ardita richiesta: «Se vieni anche tu con me, andrò; ma se non vieni non andrò» (Gdc 4,8). Si accaparra così la possibilità di consultare Dio mediante la profetessa anche durante la battaglia, e soprattutto conta sull’appoggio carismatico di Debora. Sarà lei a dare coraggio ad un esercito improvvisato che deve affrontare le truppe di Sisara e il poderoso armamentario (ben novecento carri da guerra!) della potente città cananea di Cazor.

 Debora accetta. Andrà con Barak alla battaglia. Ma annuncia una conclusione sorprendente: la palma per l’uccisione di Sisara non andrà al generale, sarà gloria di una donna. Ed eccola al fianco di Barak sulla cima del monte Tabor, certa dell’intervento divino. È lei che decide il giorno della battaglia (Gdc 4,14). Il Signore uscirà davanti a Barak come nell’esodo è uscito davanti al suo popolo.

 1.3. Destati, Debora, e intona il canto!

Infine la nostra profetessa, come Maria sorella di Mosè sulle rive del Mar Rosso, canta a Dio la vittoria:

 «Io voglio cantare in onore di Yahweh.

Io voglio sciogliere un canto a Yahweh,

al Dio d’Israele» (Gdc 5,3).

 

Sulle rive del torrente Kison si è ripetuto il grande prodigio. Ancora una volta il Dio d’Israele ha capovolto le sorti: il torrente Kison, come un tempo il Mar Rosso, ha travolto i potenti.

 Debora si alza, risveglia tutta la forza e l’ardore profetico e canta la mirabile vittoria che l’ha vista protagonista. «Destati, destati, Debora, e intona il canto!». Oltre i prodi d’Israele e il generale Barak, è Dio stesso che ha mirabilmente trionfato. E c’è qualcosa d’inedito in questa vittoria, qualcosa che non ha precedenti nella storia d’Israele: Dio ha agito per mano di donna!

 Con acuta finezza psicologica Debora chiude il suo cantico contrapponendo due donne: Giaele e la madre di Sisara. La prima è benedetta fra le donne per aver giocato d’astuzia e di coraggio: si è premurata di accogliere nella sua tenda il generale nemico e poi, durante il sonno, lo ha conficcato a terra. Ed ecco la madre di Sisara, intravista dietro le cortine della finestra in attesa impaziente, quasi presagendo il pericolo.

 Come mai ritarda? Cercano di consolarla le damigelle: il ritardo è dovuto alla spartizione di un ricco bottino: una, due fanciulle per guerriero, e vesti variopinte e ricami per il collo vincitore! Non sanno, povere illuse, che in Israele si è alzata una donna, si è alzata Debora. Si è alzata per risvegliare le coscienze assopite e ristabilire la giustizia, per vincere il nemico e impedire che le donne d’Israele fossero ancora umiliate e spartite come bottino di guerra!

 PER APPROFONDIRE L’ASCOLTO

Debora offre al suo popolo un miele tratto da molti fiori… Nel suo canto profetico il dolce ricordo delle gesta passate si fonde con l’esperienza attuale della salvezza. È il miele della terra promessa che ape-Debora ha pazientemente elaborato sotto la sua palma.

 

c Testi biblici

- Debora è la donna saggia che sa risolvere le controversie e ristabilire la giustizia; in

questo precede il re Salomone, cf 1 Re 3,16-28;

- la parola di Dio è dolce come il miele: Ez 3,1-3; Sal 19,10-11; 119,103; ma è anche

amara: Ap 10,8-11;

- Debora canta: «Sia benedetta fra le donne, Giaele» (Gdc5,24); espressione che ritorna sulle labbra di Elisabetta nel suo saluto a Maria: «Benedetta tu fra le donne» (Lc 1,42).

 

2. IN DIALOGO E CONFRONTO

Passiamo dall’ascolto alla meditazione con l’aiuto dì alcune domande. Ci lasciamo

interpellare personalmente dalla Parola e confrontiamo la nostra vita con Gesù Cristo, Verbo del Dio vivente.

2.1. Debora è donna di pace perché ristabilisce la giustizia.

Ø Sono consapevole che sono chiamato anch’io ad essere profeta?

Ø Come è la mia profezia? In quali gesti e scelte si esprime?

Ø È posta al servizio degli altri o è per la mia affermazione?

2.2. Essere donne e uomini di pace non significa essere solo miele. Ape-Debora è anche pungente… si schiera in battaglia.

  • Sono costruttore di vera pace nella vita quotidiana?

  • In quale ambito avverto di dovermi impegnare di più per la pace?

  • Mi coinvolgo a difesa dei deboli con scelte concrete e coerenti?

 

2.3. La profetessa Debora manifesta in modo eminente la logica di Dio, che sceglie i deboli – una donna! – per confondere i forti. Facciamo memoria delle volte in cui il Signore si è valso della nostra piccolezza per realizzare cose che non avremmo mai pensato.

 

  • Mi fido veramente di quel Dio che sceglie i piccoli per confondere i potenti?

  • La mia vita poggia sulla potenza di Dio o faccio affidamento alle mie qualità, alla mia forza economica, intellettuale, morale?

 3. IN PREGHIERA

  • Contempliamo Dio che sceglie ciò che è piccolo e debole per manifestare la sua potenza.

  • Ringraziamolo anche della nostra debolezza.

  • Preghiamo per crescere nell’obbedienza della fede e nella gioia di annunciare la Parola di Dio. Invochiamo il dono della sapienza e il coraggio della profezia per essere, come Debora, strumento di liberazione.

 Facciamo nostro il suo canto:

 “Ci furono capi in Israele per assumere il comando;

ci furono volontari per arruolarsi in massa: Benedite il Signore!

Ascoltate, re, porgete gli orecchi, o principi;

 io voglio cantare al Signore,voglio cantare al Signore,

 voglio cantare inni al Signore, Dio d’Israele!

 Signore, quando uscivi dal Seir,

quando avanzavi dalla steppa di Edom,

la terra tremò, i cieli si scossero,

le nubi si sciolsero in acqua.

 

Si stemperarono i monti

davanti al Signore, Signore del Sinai,

davanti al Signore, Dio d’Israele.

Ai giorni di Samgar, figlio di Anat,

ai giorni di Giaele, erano deserte le strade

e i viandanti deviavano su sentieri tortuosi.

 

Era cessata ogni autorità di governo,

era cessata in Israele

fin quando sorsi io, Debora,

fin quando sorsi come madre in Israele.

… Dèstati, dèstati, o Debora,

dèstati, dèstati, intona un canto!» (Gdc 5,2-7.12).

 

Don G. Alberione invitava a rivolgere a Maria le parole di Barak a Debora:

 

  • «Maria, se vieni con me, andrò; se non vieni con me, non andrò».

  • Andrò ai bambini, alla gioventù, alle opere parrocchiali… se tu Maria, mi accompagni; diversamente, non mi sento di andare sola.  

  • Maria, copritemi col vostro manto; infondetemi fede e coraggio; mettetemi sopra le labbra le parole… Allora Maria risponderà: « Verrò con te: ibo quidem tecum». (Prediche alle Suore Pastorelle, I, Albano [Roma] 1961, 16).

 

Affidiamo a Maria l’impegno in ordine all’agire, la parola che con il suo aiuto vogliamo praticare nella vita.

 

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