04 – RIFLESSIONI SUL MISERERE – LA SUPPLICA – C. M. Martini

La supplica

 

Dal Vangelo secondo Giovanni: 8, 1-11

Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? ». Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: « Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei ». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Allora Gesù, alzatosi, le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? ». Ed essa rispose: «Nessuno, Signore ». E Gesù le disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più ».

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.

Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso.

 

Le parole costitutive della seconda parte del Salmo sono una supplica, una invocazione, una grande preghiera. Ne meditiamo solo alcune perché esprimono l’autentico grido di chi conosce Dio e impara a conoscere se stesso e vogliamo chiedere al Signore la grazia di poter condividere questo autentico grido.
Sono le parole che troviamo alla fine della seconda parte: «Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso» .

L’epiclesi dello Spirito

Cominciamo da una particolarità linguistica che non appare nella versione italiana: siamo di fronte a tre invocazioni di richiesta dello Spirito Santo; da parte dell’uomo. Il versetto tradotto con « sostieni

in me un animo generoso », infatti, nel testo ebraico si legge: «rafforzami col tuo Spirito generoso », oppure: « Poni in me uno Spirito generoso ».


La supplica domanda lo spirito saldo, lo Spirito santo, lo spirito generoso ed è una vera e propria epiclesi.


L’epiclesi liturgica è la preghiera che nella celebrazione eucaristica si fa, al momento della consacrazione, allo Spirito Santo perché scenda in maniera creativa sul pane e sul vino, rendendoli Corpo e Sangue di Cristo.


La liturgia, oltre a questa invocazione eucaristica dello Spirito, ha, in alcune preghiere del canone, un’altra epiclesi comunitaria in cui si chiede che lo Spirito scenda sulla comunità e ne faccia una cosa sola in Cristo.


Qui siamo di fronte ad una epiclesi penitenziale, ad una invocazione dello Spirito perché scenda sulla persona che prega e la trasformi. È quindi il momento culminante del Salmo, come la Consacrazione è il momento culminante dell’Eucaristia.

Una nuova creazione

Proviamo ora a riflettere su due domande parallele di cui una: «Crea in me, o Dio, un cuore puro» è all’inizio dell’epiclesi dello Spirito e l’altra: «Rendimi la gioia di essere salvato» è nel contesto dell’epiclesi stessa.


Qual è la domanda fondamentale?
Crea in me.


Il verbo creare è il primo della Scrittura: « In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gn. 1, 1). È parola che la Bibbia riserva per Dio solo: non è mai usata per un’azione umana, è esclusiva dell’azione divina che dal nulla pone in essere, dell’azione divina che fa qualcosa di nuovo.


La domanda è quindi di un’ azione creatrice, di una novità che Dio solo può porre nell’uomo.


E la parola « crea in me » è parallela con l’altra: « rendi mi la gioia ». Nell’ebraico si legge: « Fa’ ritornare, fa’ risorgere in me la gioia ». Non si chiede qualcosa di assolutamente nuovo ma si chiede di far ritornare quel momento creativo originario che è il Battesimo.


Il Sacramento della Riconciliazione è la richiesta di essere reimmersi nella forza creativa dello Spirito battesimale, è una nuova esperienza del Battesimo, che per nostra colpa abbiamo perduta.


Per questo il Sacramento della Riconciliazione non può avere il suo pieno effetto se non abbiamo vissuto profondamente l’esperienza dell’annuncio evangelico, la forza del kerygma.

  • Come si può restituire ciò che non c’è mai stato o che c’è stato in maniera fiacca, slavata e generica?

  • Come è possibile ritrovare la forza del Battesimo se non è mai stata percepita in un atto di impegno personale e autentico?

Il cammino di conversione penitenziale deve essere un cammino che ci permetta di ritrovare quella forza sorgiva del Battesimo che forse alcuni non hanno mai esperimentato perché non hanno espresso, in modo personale e coerente, la loro donazione a Dio. Quella donazione che siamo chiamati ad esprimere nel Sacramento dell’Eucaristia, nel Sacramento della Confermazione, nella professione di fede, in un corso di Esercizi Spirituali che ci faccia comprendere la forza del messaggio salvifico di Dio.


Senza questa prima esperienza, la Confessione è privata del mordente che dovrebbe avere come nuova azione di Dio che riconduce l’uomo nella pienezza dell’immersione nello Spirito Santo, propria della grazia. del Battesimo e della Cresima.

La gioia cristiana

Qual è l’oggetto dell’atto creativo e restitutivo che si chiede a Dio di compiere? È un cuore puro, è la gioia.


La Scrittura indica la gioia come l’esperienza fondamentale del cristiano, esperienza che corrisponde ad un cuore puro, pulito, ad un cuore che non si accusa perché è stato immerso nell’accoglienza del Padre, perché ha visto Dio Padre buono che lo ha accolto e rifatto completamente.


La gioia è l’esperienza fondamentale che dovremmo recepire in noi. Eppure tante volte, ripensando alla nostra esperienza cristiana, dobbiamo leggerla come esperienza che si trascina stancamente. Non perché la gioia non sia dentro di noi – in noi, infatti, c’è la forza dello Spirito Santo e tutti l’abbiamo – ma perché non la esprimiamo, non le apriamo la via e così resta nascosta, quasi impercettibile.


Lo spazio alla gioia è il momento della preghiera, dell’adorazione, del silenzio, del canto, del dialogo sul Vangelo; è il momento del sacrificio, del dono di sé, della rinuncia; è il momento del canto interiore. In questi momenti la gioia, che non è nostra bensì dono gratuito di Dio, scoppia dentro di noi fino a sorprenderci.


« Crea in me, o Dio, un cuore puro… rendimi la gioia di essere salvato.. » È la gioia della salvezza di Dio che mi accoglie, mi ama e mi salva.


È la gioia della donna adultera di cui parla il Vangelo di Giovanni (8, 1-11).

Questo brano non si trova in molti manoscritti dei Vangeli, pur essendo antichissimo e pur facendo parte della primitiva catechesi cristiana. Non vi si trova perché, probabilmente, è stato ritenuto pericoloso, dal momento che non mette abbastanza in luce lo sforzo penitenziale della donna adultera!

Sembra un brano che faciliti la colpa, il peccato, la deviazione morale. Tuttavia chi lo ha letto in questo senso e lo ha poi tolto da molti manoscritti e codici delle Scritture, non ha capito il perdono creativo di Dio, la forza rinnovatrice del suo Spirito nel cuore dell’uomo, la capacità che Dio ha di fare un uomo diverso, non semplicemente come risultato dello sforzo della buona volontà umana ma per il potere creativo dello Spirito.

La gioia, che la donna quasi non esprime a parole, è l’immagine di ciascuno di noi, salvato da una parola di perdono di Cristo.

La certezza del perdono

Il proposito che possiamo fare non è semplicemente una scommessa sul futuro, non è una previsione di ciò che saremo perché nessuno è profeta su di sé, non è la certezza di riuscire a dominarsi pienamente.


Il proposito è la certezza della forza che emerge dal condono di Dio.


Se Dio mi ama, se Dio mi perdona, io posso chiedergli: Signore, fammi essere diverso! Desidero, e tu lo sai, essere altro da ciò che sono stato!


Il proposito è in questa supplica che a poco a poco lascia spazio alla gioia e alla forza dello Spirito dentro di me. È l’esperienza di S. Agostino:

  • Ma tu, o Signore, guardasti all’abisso della mia morte e, nel profondo del mio cuore, distruggesti l’abisso della corruzione…

  • Come subito mi apparve soave l’essere privo di quelle false dolcezze che prima avevo paura di perdere ed ora invece mi era gioia il lasciarle!

  • Eri tu che le allontanavi da me, tu, o dolcezza vera e somma;

  • le allontanavi e penetravi tu al loro posto, tu più dolce di ogni voluttà ma non per la carne ed il sangue;

  • tu più luminoso di ogni luce ma intimo più di ogni segreto;

  • tu sublime più di ogni grandezza, non per quelli però che sono alti di se stessi.

  • Ormai il mio spirito era libero dalle dolorose preoccupazioni dell’ambizione e del guadagno e della lebbra di passioni inquiete e libidinose.

  • Balbettavo le prime parole a te, mia lucé, ricchezza e salvezza, o Signore Dio mio (Dalle Confessioni, IX, 1).

Domande per noi

Propongo tre domande per la riflessione:

  • - Ho fiducia che Dio possa creare in me un cuore nuovo? Oppure vivo rassegnato alla mia debolezza, dicendomi che non c’è niente da fare perché sono fatto così?

Ho fiducia nella forza battesimale dello Spirito che è in me e che il Sacramento della Riconciliazione ricrea, con atto creativo, dentro di me? Qui possiamo pregare: « Signore, accresci la mia fede. È poca ed è per questo che sono sempre lo stesso. Mi rassegno troppo facilmente ad essere ciò che sono mentre Tu mi chiami ad accettare di essere molto amato da Te, chiamato da Te a qualcosa che io desidero dal più profondo di me stesso ».

  • - Ho fiducia che Dio possa creare cuori nuovi?

 Questa domanda concerne il modo con cui guardo gli altri. Spesso li guardo come incorreggibili e le loro azioni come ormai inevitabili e non faccio niente per aiutarli perché non ho fiducia nella forza creativa dello Spirito.

Spesso mi lamento degli altri, non prego per loro, ritengo di aver subito dei torti e penso che, mentre io posso convertirmi, per loro non ci può essere il dono della conversione.

  • - Do spazio alla gioia della mia salvezza? Le permetto di esprimersi? In che cosa potrebbe esprimersi in me?

Forse in un momento di riflessione silenziosa e quotidiana su una pagina del Vangelo; forse in un sacrificio affrontato con decisione; forse in una parola di perdono e di amicizia concessa francamente e senza reticenze.

Preghiamo gli uni per gli altri perché il nostro cuore si apra alla gioia della salvezza che viene dal Signore, alla gioia di ciò che Dio opera in noi. Preghiamo perché il nostro cuore sappia credere alla forza divina di salvezza e possa avere la pazienza e l’amore di essere, se il Signore lo vuole, strumento di questa forza di salvezza.

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