IL GIOVANE RICCO – UN DIO VENUTO PER SERVIRE – Ermes Ronchi
Il giovane ricco dice no al «tesoro in cielo»
Triste la vita dell’«osservante» senza amore
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». (…)
Una grande domanda, quella dell’uomo ricco e senza nome: Maestro buono, cosa devo fare per trovare la vita? La risposta di Gesù appare solenne, eppure quasi deludente: elenca cinque comandamenti che riguardano il prossimo, e ne aggiunge un sesto, non frodare. Ma l’uomo ricco non è soddisfatto: «tutto questo l’ho sempre osservato. Dovrei essere in pace e invece mi manca qualcosa». Cosa c’è di meglio del dovere compiuto, tutto e sempre? Eppure all’uomo non basta. Inquietudine divina, tarlo luminoso che rode le false paci dell’anima e fa nascere i cercatori di tesori.
Gesù lo fissa, dice Marco, come se prima non l’avesse neppure visto, e vede apparire, farsi largo, avanzare un cercatore di vita. E lo ama. Poi parla: vendi tutto, dona ai poveri, segui me. L’uomo si spaventa e si rattrista per quelle tre parole. Marco usa un verbo come per il cielo che diventa cupo: il suo volto si oscura. Era arrivato correndo, se ne va camminando. L’uomo che fioriva di domande se ne va muto. Il ribelle si è arreso, il cercatore si è spaventato: la vetta è troppo lontana, ci vuole troppo coraggio. E non capisce che la felicità dipende non dal possesso ma dal dono, che il cuore pieno dipende non dai beni (Luca 12,15) ma dai volti, che la sicurezza non è nel denaro, ma nelle mani del Pastore grande. E per tutta la vita resterà così, onesto e triste, osservante e cupo.
Quanti cristiani sono come lui, onesti e infelici. Osservano tutti i comandamenti, tutti i giorni, come lui, e non hanno la gioia: lo fanno per ottenere qualcosa, per avere e non per essere, lo fanno come dentro un universo carcerario dove quasi tutto è proibito e il resto è obbligatorio. Tutto sanzionato da premio o castigo. E il cuore è assente, una morale senza amori.
Gesù propone all’uomo ricco la comunione, cento fratelli, ma egli preferisce la solitudine; propone un tesoro di persone, egli ne preferisce uno di cose. Propone se stesso: «segui me, la mia vita è sorgente di vita buona, bella e beata». Ma l’uomo segue il denaro. Tutto finito? No, a conclusione ecco un sussulto di speranza in una delle parole più belle di Gesù: tutto è possibile presso Dio. La passione di Dio è moltiplicare per cento quel poco che hai, quel nulla che sei e riempirti la vita di affetti e di luce: «ti darò un tesoro di volti, non possederai nulla eppure godrai del mondo intero, sarai povero e signore, come me». Seguirti, Signore, è stato il migliore affare della mia vita. (Letture: Sapienza 7,7-11; Salmo 89; Ebrei 4,12-13; Marco 10,17-30).
Un Dio venuto per servire l’uomo
15/10/2009
XXIX Domenica Tempo Ordinario Anno B In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Vangelo dei paradossi perenni, della più sorprendente autodefinizione di Gesù: «venuto per servire».
Tutto nasce dal fatto che Giovanni il teologo, l’aquila, il mistico, il discepolo amato, chiede di essere al primo posto: la ricerca del primo posto è una passione così forte che penetra e avvolge il cuore di tutti. Pericolosamente: «Non sapete quello che chiedete!». Non avete capito ancora a cosa andate incontro, quali argine rompete con questa domanda, che cosa scatenate con questa fame di potere.
Per il Vangelo, invece, essere alla destra e alla sinistra di Cristo, vuol dire occupare due posti sul Golgota, quell’ultimo venerdì; vuol dire essere con Gesù lungo tutta la sua vita, quando è voce di Dio e bocca dei poveri, e fa dei piccoli i principi del suo Regno, quando è disarmato amore. Stare a destra e a sinistra di questa vita vuol dire bere alla coppa di chi ama per primo, ama in perdita, ama senza contare e calcolare. Con Gesù, tutto ciò che sappiamo dell’amore / è che l’amore è tutto (E.Dickinson).
«Sono venuto per essere servo». La più spiazzante di tutte le definizioni di Dio. Parole da vertigine: Dio mio servitore! Dio non tiene il mondo ai suoi piedi, è inginocchiato Lui ai piedi delle sue creature. I grandi della storia erigono troni al proprio ego smisurato, Dio non ha troni, cinge un asciugamano e vorrebbe fasciare le ferite della terra con bende di luce. Non cercarlo al di sopra dei cieli è disceso e si dirama nelle vene del mondo, non sopra di te ma in basso, il più vicino possibile alla tua piccolezza. Perché essere sopra l’altro è la massima distanza dall’altro.
L’Onnipotente può solo ciò che l’amore può: servire ogni respiro, invece di mietere le nostre povere messi seminare ancora ad ogni stagione. Capovolgimento, punto di rottura dei vecchi pensieri su Dio e sull’uomo. Appare un tutt’altro modo di essere da cui germina la parola di Gesù: «Tra voi non sia così!». Tra voi cose di cielo! Tra voi un altro mondo! Tra voi una storia altra, un altro cuore! E farai così, perché così fa Dio.
Ma io tremo se penso alla brocca e all’asciugamano. È così duro servire ogni giorno, custodire germogli, vegliare sui primi passi della luce, benedire ciò che nasce. Il cuore è subito stanco. Non resta che lasciarsi abitare da lui, irradiare di vangelo. Se Dio è nostro servitore, servizio è il nome nuovo della storia, il nome segreto della civiltà. (Letture: Isaia 53,2a.3a.10-11; Salmo 32; Ebrei 4.14-16; Marco 10,35-45)
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