A VENT’ANNI DAL CONVEGNO “Religiosi e Laici insieme per servire” del 1988 – A. Nocent

  

L’orologio di Piazza della Loggia a Brescia 

  

A CHE E ORA PASSA

LO SPIRITO SANTO ?

  

DOV’E’ FINITO IL CORAGGIO  

DI AVERE CORAGGIO ? 

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Carissima Rina Monteverdi, 

 

oggi, 28 Novembre 2008, si fa memoria della Traslazione delle Reliquie di San Giovanni di Dio nell’attuale Bailica di Granada. Ma per la Famiglia Ospedaliera c’è un ulteriore motivo di giubilo: domani 29 Novembre, dalla Chiesa che è in Cuba,  Fra Olallo Valdes dei Fatebenefratelli, verrà proclamato  ”Beato” ed assurgerà all’onore degli altari.

Dunque, festa in Cielo e anche in Terra per queso nuovo gioiello di famiglia che va ad aggiungersi alla collezione di santi e martiri dell’Ordine, come ennesima PRO-VOCAZIONE per una nuova CON-VOCAZIONE. 

Mi rivolgo a lei da questo sito, quale Segretaria del Convegno “RELIGIOSI E LAICI INSIEME PER SERVIRE” che si è svolto a Brescia nell’ormai lontano 1988, perché testimone laica e memoria storica di un avvenimento importate ma, forse, oggi sottovalutato, se non dimenticato e rimosso. 

L’artistico ed antico orologio di Piazza della Loggia ha inesorabilmente continuato a scandire le ore. Ma è mia impressione che il tempo si sia fermato. Non certo per via dell’orologio della torre che funziona benissimo, ma per l’immobilismo umano capace di emozioni momentanee, di ardui propositi, di grandi entusiasmi temporanei, per tornare poi progressivamente alla quiete. Come potrebbe essere che a farla da padrona è la paura dell’ignoto e si vive con la sofferenza nel cuore per la difficoltà di passare dalle parole ai fatti, dai progetti all’azione. E poi c’è l’incomunicabilità pluridirezionale che fa vivere di riseve mentali: lo penso ma non lo dico. 

Le attenuanti ci sono: mente e cuore sono instabili, vacillanti, variabili, inconcludenti… Facilmente diventiamo disattenti, distratti, trascurati, quando non anche egoisti, opportunisti, indifferenti… 

Insomma: ognuno di noi è capace di grandi fuochi di paglia che poi s’impegna premurosamente a spegnere. E, se non lo facciamo noi,  non mancano mai i pompieri di turno, sempre vigili e pronti a buttar acqua sul fuoco: “ma vaaa…son tutte chiacchiere…!”.

 

Se sono qui a ribadirle quanto le ho gia scritto qualche giorno fa, quando le chiedevo di inviarmi una parte degli Atti da mettere sul web, è perché ci credo. Credo che è una richezza che non deve andare dispersa. Alcuni protagonisti di allora come i Padri Marchesi ,  Onorio Tosini o  Raimondo Fabello, ormai ci seguono dal Cielo. Mi domando: che non siano proprio loro, alla scadenza del ventesimo anniversario di quelle “giornate di Brescia“  cariche di patos e di attese, a sollecitare il recupero dei valori emersi allora ed in larga parte ancora utili e preziosi?

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SCRIPTA MANENT

Che  non sia il caso di riprendere in mano quelle riflesioni? I venuti dopo, scoprirebbero l’impegno assunto dai predecesori e quelli di allora, con rinnovato entusiasmo, potrebbero riprendere a sognare con i più giovani “visionari” di oggi, per rifarci alla profezia di Ezechiele, ripresa in Atti degli Apostoli, 2,17: Avverrà negli ultimi giorni”, dice il Signore, “che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni

Sono parole confortanti, che ogni tanto vanno recuperate. Se c’è tra le Chiese Cristiane, una generale presa di coscienza che stiamo vivendo e siamo entrati nel periodo di storia predetto dalle Scritture, possiamo starcene illusoriamente fuori? Quando si rileggono alcuni passi di quel momento riflessivo, l’incoraggiamento dei vescovi locali, lo stimolo del Priore Generale, la determinazione del Priore Provinciale ed anche di alcuni Laici, nonostante difficoltà e resistenze, come è dato di capire, bisogna ammettere che la profezia era in atto. Da una lettura complessiva si avverte che allora tutto faceva presagire di essere ad una svolta storica, direi epocale. S’erano scorti alcuni segni dei tempi e si tentava di non far passare invano un tempo di grazia. Ciò che le scrivevo qualche giorno fa è proprio per via di questa impressione che ormai sembra essersi affievolita, diradata. E quando un terreno, anche ricco di umus, va incontro alla siccità, la germinazione ne risente, i nuovi virgulti dissecano, l’orto impoverisce e la delusione ha il sopravvento.  

  

Se mi permetto di riprenderle, è per ravvivare la speranza, risvegliare la nostalgia di lavorare per l’edificazione del Regno. A nessuno è chiesto di fare miracoli ma di operare con le sue povere mani. E in queste parole che le ho spedito,  c’è l’eco delle confidenze dell’amico Fra Raimondo:

 “Carissima Rina Monteverdi, Dio ricompensi il tempo che mi ha dedicato.  Grazie anche alla sua collaborazione, spero di riuscire a rimettere in circolazione quella passione che vent’anni fa c’era ma che mi sembra si sia affievolita. E non è bene. Perché non progredire, vuol dire regredire, scivolare lentamente sempre più nell’indifferenza.  Rileggendo quegl’ Atti, mi rendo conto che lo Spirito è passato, ha parlato, ha mandato a dire cose importanti. Non è Lui che si è dimenticato dei FBF. E’ il sordomutismo che si è impossessato della situazione. Qui ci vogliono solo le miracolose parole del Maestro: “Effatà -Apriti!”. Vangelo di Marco (Mc 7, 31-37). E noi abbiamo il compito di riproporle, nella convinzione che sono ancora sostanzialmente efficaci”.

A prescindere dalle mie considerazioni, l’importanza di quel documento e del convegno stesso, sono stati sottolineati proprio dal Vicario Provinciale di allora, Fra Sergio Schiavon, nella Prefazione agli Atti che venivano dati alle stampe:

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Il Convegno di Maggi/Giugno 1988 “Insieme per servire” ha rappresentato certamente un momento importante di incontro e di sintesi per le realtà operanti nella nostra Provincia. 

La riflessione sul tema dell’Ospitalità, punto di riferimento costante e fondamentale per tutti i partecipanti, ha favorito l’individuazione di come si è ospitali nelle varie Case. 

La raccolta dei contributi del Convegno vuole avere il significato di proseguire nella riflessione sui contenuti dell’Ospitalità, Carisma che San Giovanni di Dio ha trasmesso al suo Ordine. Attraverso i Religiosi Fatebenefratelli si intende riproporli ai collaboratori laici affinché nei nostri centri assistenziali l’Ospitalità divenga il comune stile operativo. 

Auguro che la ricchezza di questi lavori divenga patrimonio di tutti così che i nostri malati possano accorgersi di essere realmente i destinatari della nostra premura, della nostra attenzione, della nostra Ospitalità.    Fra Sergio Schiavon  Vicario Provinciale

Dalla Curia Provinciale 8 marzo 1989 Festa di San Giovanni di Dio

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Nel 1988 si celebra anche il LXII Capitolo Generale. Priore Generale viene eletto Fra Brian O,Donnell, cui toccherà di celebrare il terzo centenario della canonizzazione di San Giovanni di Dio che presenterà il Fondatore come “Servo e Profeta”. Così si legge in “LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE E L’OSPITALITA’ ALLE SOGLIE DEL TERZO MILLENNIO”(1993):egli ”vede il futuro della nostra vita nella dimensione della testimonianza profetica, dimensione che incarneremo scegliendo un approccio contmplativo alla vita, in particolare alla sofferenza e al dolore, mettendo i poveri e gli emarginati al centro del nostro servizio, facendo nostra una spiritualità tesa all’integrazione e all’interconnessione, vivendo uno stile di vita sempre più semplice ed aprendoci in tutto questo ad altri religiosi e laici…La nostra vita ha subito profonde trasformazioni, ma dobbiamo vivere nella convinzione che siamo tornati nelle mani del vasaio”.

Sono parole forti, un invito ad un impegno morale non indifferente, quasi da capogiro. Alla fine del 1992 egli si porrà un interrogativo: “Come vanno le cose?” Il documento di risposta è di un realismo spietato. Misto al tono profetico con il quale diagnostica i mali, chiamandoli con il loro nome, fa anche un semplicissimo calcolo delle probabilità che ognuno è in grado di ripetere e prevede quegli anni difficili che sono inesorabilmente arrivati e che dureranno a lungo.

Non per citarmi ma per dire quanto sia utile  il comunicare nella fede, ad un amico, Fra Luigi, uno dei tanti un po’ delusi ma non rassegnati, ricordando le parole di Gesù: “andate…guarite (prendete a cuore)…annunciate…”  che è il “mandatum novum” del Signore alla sua Chiesa, (Mt…) racchiuso in quei tre verbi di moto e non di stagnazione,  così recentemente scrivevo:  

“… ogni tanto faccio ritorno alla tua “lettera aperta”.  Io a Milano, tu a Gorizia…, siamo come un pulviscolo, un puntino nero che occupa anche meno di due metri di circonferenza. Ma nulla c’impedisce di essere cittadini del pianeta, di avere come patria il mondo. Anche se la dimensione che occupiamo è inevitabilmente ristretta e il nostro ambito professionale non ci permette di esprimerci più di tanto, io, tu, noi…abbiamo voce che può andare lontano, raggiungere l’umanità, i confini della terra, perché è  promessa del Signore che sarà con noi sino alla fine dei tempi. E siamo membra vive, vasi intercomunicanti. 

Ricordo lucidamente la squallida aula del seminario di Brescia, durante l’ora di filosofia. Banchi di Carlo uno, sui quali erano passate generazioni di seminaristi, pareti grigiastre. Ma l’atmosfera, straordinaria. Studiavamo Bergson. E il professore, quando parlava, suscitava proprio ciò che il pensatore  sostiene: che quando parla un uomo di profonda spiritualità, tutt’attorno qualcosa si mette a vibrare, si forma in chi ascolta un impercettibile eco. 

Sui vent’anni ho avuto modo di appassionarmi sia di Don Primo Mazzolari che del gesuita  Teilhard du Chardin. Del primo Aldo Pedrone ha scritto: “Un fuoco di ceppo antico, accanto al quale ci si ritempra e ci si riconosce”; Teilhard invece così lui stesso si definisce: “Un umile risuonatore riflettente una certa vibrazione, una certa nota umana e religiosa che è ovunque nell’aria attualmente e nella quale le genti si sono riconosciute e ritrovate” . E un’altra volta scriverà: “La mia natura ha più del trapano che fora, che dell’olio che facilita la corsa del progresso”.

Alle volte sembra di essere chiamati a compiti ingrati. Non è tanto il precorrere i tempi che fa soffrire,[supposto che accada] giacché bisogna mettere nel conto che comporta sempre qualche disagio d’incomprensione. La gratifica è data dalla pace interiore che ne deriva se il suscitatore è lo Spirito. Noi, di questi tempi, sembra di dover rincorrere l’autobus, appena passato, per veder di raggiungerlo alla successiva fermata. E ti viene il fiatone.

Quarant’anni fa si doveva aprire il cammino a colpi d’ascia, come attraversando una boscaglia rimasta inesplorata. S’è provato a combattere, strappare, tagliare…con un certo furore giovanile.

Sto rileggendo gli Atti, pubblicati esattamente vent’anni fa, Provinciale Fra Raimondo, che è stato anche l’animatore del Convegno Bresciano “RELIGIOSI E LAICI insieme per servire”. C’è anche un bell’intervento di Fra Pierluigi, Generale. Come si avverte che di lì è passato lo Spirito Santo! Io allora non c’ero ed ora mi ritrovo a soffiare sulle brace rimaste ancora accese sotto le ceneri, di un tempo caratterizzato da lenta, progressiva sfiduciata malinconia. 

Caro amico, se abbiamo l’interno vivo, impetuoso, trascinante, benché fragili e limitati, siamo capaci di profezia. Perché la Parola di Dio che ci alimenta  e ci forgia l’anima, è impossibile contenerla a lungo. Dal cuore alle labbra il passo è breve. E se io, tu, noi…tacessimo griderebbero le pietre che calpestiamo camminando. 

Fai tuoi questi sentimenti e trasmettili ai tuoi confratelli ed amici. L’unione fa la forza. Forse, sulle prime, potrebbero prenderti per esaltato, ma poi, finiranno per capire ed allearsi. 

Scrive Don Mazzolari in una prefazione: “Il sacerdote è un innamorato, e gli innamorati non scrivono se prima non sono schiaffeggiati da una delusione che ben conosco e che è tutt’altra cosa che un raccorciamento del cuore”.  

 

Non so quanto coraggio abbiano potuto infondergli quelle considerazioni che andavo facendo ad alta voce, più a me stesso che a lui. Credo abbiano giovato reciprocamente. L’essere spintonati a fare cose grandiose e poi non trovare nemmeno il modo per comunicare nella fede, scambiarci le esperienze è avvilente per tutti e produce quella rassegnata sensazione d’impotenza. Non lo crede anche lei, carissima Rina? Quante volte ci troviamo a parlare inutilmente da soli! 

Anche se la conosco soltanto di nome, attraverso la Rivista FBF, mi permetta d’incoraggiarla a trasmetta anche ai suoi colleghi laici dei Centri che ha più facilmente modo di raggiungere, un poco di questa passione che non deve spegnersi.

Da laica, provi a smuovere le ceneri sedimentate e riprenda a soffiare perché il fuoco, che non è spento, si riattivi. ”Gli anni passano, i bimbi crescono, le mamme imbiancano…”, diceva una vecchia canzone che forse lei non ricorda. Ma il cuore non invecchia. Anzi !  E se ci sono dei ”sempre giovani”, questi sono proprio i santi, a cominciare dall’ultimo, fresco di nomina: Fra Olallo Valdès.

Che non ci siano laici che intendano parlarsi di cose che vanno al di là del contratto di lavoro? E se sì, perché non fraternizzare in un modo, non necessariamente di stampo monastico? ll mondo è piccolo. Io parlo gratis  con mio figlio in Giappone, a tutte le ore del giorno e della notte e per la durata che voglio.  Attiviamo gli strumenti della comunicazione: con SKYPE è possibile chiamare gli utenti Skype in tutto il mondo gratis:http://www.skype.com/intl/it/welcomeback/ . I convegni oggi si possono fare da seduti senza prendere l’aereo. Possibile che la soluzione migliore sia sempre la più costosa e perciò impraticabile?

Facciamo maturare e circolare le idee se non vogliamo seppellirci con le nostre mani.

Dominante nel Convegno di Brescia è stata la figura dell’amico compianto, Fra Raimondo Fabello, allora Priore Provinciale. E’ un’eredità che non può e non deve andare dispersa. Lui ha parlato poco e scritto ancor meno; ma se andiamo in profondità e badiamo all’essenza, ha intuìto giusto e realizzato solo in parte quel progetto ideale lasciato in eredità e rileggibile negli Atti del Convegno. 

L’IRCSS di Brescia è lì a testimoniare: oggi senza una rivoluzione culturale non si può stare sulla piazza perché i posti vengono occupati da chi ha le carte maggiormente in regola. Come si può dedurre dalla filosofia che sottende il Centro di Ricerca di Brescia, a Firma del Presidente di allora Fra Raimondo e del  Direttore Scientifico Paolo Maria Rossini, linea che non è mutata e che riproduco a parte (> ReL – UN MODELLO DI COLLABORAZIONE: IRCSS Centro S.Giovanni di Dio – Brescia), lo sforzo di realizzazione non è stato indifferente. Ma non basta. Bisogna proseguire in quell’ottica: RELIGIOSI E LAICI INSIEME PER SERVIRE.  

Forse oggi a quell’ “insieme “bisognerebbe aggiungere un tassello in più: COSTRUTTORI DI FRATERNITA’, APRENDO ALLE FORZE RELIGIOSE E LAICHE ESTERNE, come indica il 66° Capitolo Generale dell’Ordine, rifacendosi all’art. 46 delle Costituzioni: “Consapevoli dei nostri limiti, ricerchiamo e accettiamo la collaborazione di altre persone, professionisti o no, volontari o collaboratori, ai quali ci sforziamo di partecipare il nostro spirito nella realizzazione della nostra missione”.  

 

LAICI

Il tema dei Laici è fra le priorità che il Governo Generale dell’Ordine si è dato per il sessennio 2006-2012 (Vedi programma). Avendo personalemente preso posizione sulla Rivista FBF circa la Dichiarazione dei Laici rappresentanti al 66° Capitolo Generale, per la prima volta in numero di donne e uomini assai rilevante, finirei di essere in palese contraddizione se mi fermassi alla critica.  Mi è parso perciò doveroso passare alla “pars construens” con una serie di proposte che gli interessati potranno analizzare e valutare.

Non so quanto i buoni propositi espressi dai Laici presenti all’assise internazionale trovino riscontro nel quotidiano dei Centri d’Italia. Proprio a tale scopo mira la prima proposta : partire da un’indagine conoscitiva. Se non si radiografa la situazione, non si può giunge alla diagnosi e tanto meno alla terapia. Per ottenere questo obiettivo ho già elaborato un sistema di consultazione WEB che potrà raggiungere chiunque disponga di una mail. La possibilità di rispondere tranquillamente anche dal proprio domicilio velocizza le risposte e snellisce le procedure.

Ma prima di dare vita a quasta iniziativa, è indispensabile che sia preceduta da un’altra che avrà il compito di verificarla nei dettagli e di suggerire eventuali modifiche. Si tratterebbe di creare una Segreteria permanente  LAICI-RELIGIOSI FBF, che, a mio avviso, dovrebbe essere composta da due religiosi (di cui uno sacerdote) e sei laici, maggiormente impegnati in qualche settore apostolico di diversa area geografica della Provincia. Sarebbe un vero peccato non coinvolgere anche la Provincia Romana, affine per tematiche e problematiche comuni. Facendo convergere le sempre risicate risorse umane, invece della frammentazione, potrebbe emerga un unico e compatto indirizzo laicale italiano.   

La invito, pertanto, a farsi portavoce di questa fondamentale e prioritaria iniziatva, caldeggiata dal Priore Generale, nel caso già non esistesse. Di questo nuovo organismo sarebbe utile facessero parte non solo i Laici dipendenti ma anche Laici simpatizzanti esterni, come già prevedono le Costituzioni dell’Ordine all’art.46. 

  

“IPS”: una Segreteria permanente

RELIGIOSI-LAICI FBF di lingua italiana.  

Tanto per essere concreti e laici propositivi… 

 I compiti da affidare a questa Segreteria che chiamerei “ IPS ” (i-pi-esse da Insieme Per Servire) si possono così schematicamente riassumere:

  •  acquisire competenza e conoscenza sulle tematiche relative alla collaborazione  apostolica e sulle riflessioni in atto nella Chiesa e nell’Ordine dei Fatebenefratelli, seguendo il costante evolversi di questo dibattito. 
  • acquisire conoscenza delle esperienze di collaborazione in atto nelle proprie zone e settori apostolici, siano esse efficienti o problematiche, col il compito di individuarne i punti di forza e di debolezza; 
  • acquisire conoscenze su quanto sta avvenendo all’estero in questo ambito e favorire relazioni di scambio e approfondimento di esperienze; 
  • essere punto di riferimento per gli Organi di Governo della Provincia Lombardo-Veneta (e Provincia Romana), nel caso in cui abbiano bisogno di consulenza e confronto su problemi e temi inerenti la collaborazione; 
  • promuovere la collaborazione e la formazione alla collaborazione, in generale e in particolare nei diversi settori apostolici, attraverso tutte le occasioni e gli strumenti che si riterranno più opportuni (articoli, pubblicazioni, web, incontri, seminari, ecc). 

La Segreteria dovrebbe avere la durata di tre anni, al termine dei quali dovrebbe avvenire la verifica del funzionamento, la rispondenza agli obiettivi e le disponibilità personali, per operare gli aggiustamenti necessari e confermare o meno ruolo e funzioni.  

Se l’impresa riuscisse, sarebbe il maggior tributo che Religiosi e Laici  FBF possano offrire in questo momento alla Chiesa che ha beatificato Fra Olallo Valdès, e all’Ordine che ha perorato la causa. Per i Fatebenefratelli si tratta di un altro gioiello di famiglia che va ad arricchire il patrimonio di Santi e Martiri, nuova PRO-VOCAZIONE di Dio per una nuova CON-VOCAZIONE.

 

BOZZA PER UNA CONSULTAZIONE ELETTRONICA

INDAGINE SULLA COOPERAZIONE TRA FATEBENEFRATELLI E LAICI IN ITALIA NEL 2008

  Sulle forme e modi in cui si realizza la collaborzione  

Agli amici e collaboratori dei Fatebenefratelli (nei Centri e non) va detto che è ormai parte integrante del nostro agire di religiosi, in opere proprie o non ed alle quali abbiamo dato vita insieme, la corresponsabilità e la cooperazione apostolica che è il vero motivo di esistere.

Una condivisa analisi dei problemi, il progettare insieme, il mettere in campo le nostre diverse e complementari vocazioni e sensibilità, sono il modo migliore per affrontare le difficoltà e le fatiche di un simile percorso che richiede conoscenza reciproca, pazienza, disponibilità al cambiamento, capacità di porsi in un’otiìtica differente dal passato, attraverso una vera e propria rivoluzione culturale per i religiosi e per i laici.

Le esperienze già in atto nell’Ordine, ci confortano e ci indicano che questa è una strada possibile e frittuosa ma che richiede anche premesse di fondo fondamentali, come la condivisione di una vita di fede, di una adeguata preparazione e di una prassi di riflessione comune.

Di tutto questo si è provato a parlare insieme in un Convegno di vent’anni fa, dal tema: “RELIGIOSI E LAICI INSIEME PER SERVIRE – BRESCIA 1988”.

Da allora sono successe tante cose ed ora i tempi ci impongono di non tergiversare ma di affrontare realisticamente il momento storico in cui viviamo, in considerazione sia delle sollecitazioni che vengono dal Governo Generale dell’Ordine che dal Convegno Ecclesiale di Verona. 

PRESENTAZIONE DELLE INIZATIVE ESISTENTI 

SEZIONE ANAGRAFICA 

Inizio modulo

Fine modulo

Le domande a griglia aperta sono concepite per favorre una maggiore libertà di espressione. E’ prevedibile che si otterrà una base di risultati molto ampia, distribuita su varie tipologie di risposta. Se non si otterrano picchi analitici significativi, si ricaveranno, tuttavia, orientamenti indicativi. Che è proprio quanto interessa in questa fase. 

  ECC. … 

 

LAICI COLLABORATORI

 

Da appunti che sto elaborando, ricavo le seguenti considerazioni:

Il termine “collaboratori” figura nelle Costituzioni dell’Ordine, anno1984, assieme ad altre figure di persone comprese nell’art.46 che ha per titolo: “Stile e forme di apostolato”.

  

Al punto “b” si dice espressamente:

  

“consapevoli dei nostri limiti,ricerchiamo ed accettiamo la collaborazione di altre persone, professionisti o no, volontari o collaboratori, ai quali ci sforziamo di partecipare il nostro spirito nella realizzazione della nostra missione”.

  

Al par. 23. a riguardante “Lo stile dell’ospitalità secondo il nostro Fondatore”, viene fatta la seguente constatazione: “viviamo così compenetrati con la nostra missione che i nostri collaboratori si sentono spinti ad agire nello stesso modo”.

  

Al par. 51.4 che tratta della “Pastorale Ospedaliera” si legge: “sensibilizziamo i nostri collaboratori affinché, esercitando le loro capacità umane e professionali, agiscano sempre con il massimo rispetto per i diritti dei malati; invitiamo a partecipare direttamente alla pastorale coloro che si sentono motivati dalla fede.”

 

A tale data, ossia circa trent’anni dopo il Concilo Vaticano II, pur con un rapporto plurisecolare di cooperazione con i laici, presenti dalla prima nella comunità ospedaliera di San Giovanni di Dio, non vengono ancora recepite le nuove acquisizioni dottrinali dei Padri concilari e del Magistero.

 

La spinta maggiore sul compito insostituibile dei laici nella Chiesa e nel mondo, mortificato dopo ilConcilio di Trento per tante ragioni storiche, è venuta dall’accento che la nuova dottrina del Magistero pone su tre punti:

  • la ecclesiologia di comunione,
  • la dimensione storica della salvezza,
  • l’autonomia dell’ordine temporale. 

Senza la necessaria premessa chiarificatrice che deve essere espressa esplicitamente ed acquisita come patrimonio culturale sia dai religiosi che dai laici,  si continuerà a parlare di collaborazione in termini equivoci e inadeguati, destinati a creare problemi, suscitare interrogativi e a deludere entrambe le componenti. Se i Laici sono la ”testata d’angolo” sulla quale costruire la nuova rete di rapporti professionali ed apostolici, allora bisogna dirlo forte e promuovere la loro preparazione culturale. Non c’è bisogno di cominciare da zero perché già esistono strutture preposte e persone preparate per farlo. Si tratta solo di programmare una progressione di recupero dei ritardi.  Il calcolo delle probabilità su come sataranno le cose fra quindic’anni lo ha già fatto l’ex Priore Generale Brian O,Donnell, basta andar a rileggere. 

Sulla base di quanto già recepito dalle Costituzioni, se è facoltà degli STATUTI GENERALI emanare direttive organizzative sulla vita religiosa e la gestione dei centri di assistenza, le norme sulla cooperazione devono essere teologicamente fondate se si vuole che il rapporto sia autentico ed efficace e la linea di azione sia chiara e incisiva.

Non va dimenticato che il LXVI Capitolo Generale dell’Ordine, prendendo atto della presenza massiccia di laici delegati, provenienti dai cinque continenti, nei documeti conclusivi ha palesemente espresso e sancito che la presenza dei laici, ai fini della missione, è necessaria ed insostituibile. 

Con un po’ più di lungimiranza e determinazione, i Padri Capitolari avrebbero dovuto sancire quanto già dieci anni fa i Gesuiti hanno espresso nel decreto 13 della Congregazione Generale 34°. L’affermazione perentoria dei figli di Sant’Ignazio è questa: “Una lettura dei segni dei tempi dopo il Vticano II indica in maniera inequivocabile che la Chiesa del terzo millennio sarà la “Chiesa del laicato”.

Ma la parte ancor più carica di conseguenze, è al n.1: “La Compagnia di Gesù riconosce come una grazia per i nostri giorni e come una speranza per il futuro che i laici “prendano parte viva, responsabile e consapevole alla missione della Chiesa in quest’ora magnifica e drammatica della storia”. Noi cerchiamo di rispondere a questa grazia ponendoci al servizio della piena realizzazione della missione del laicato, e ci impegnamo a questo scopo cooperando con i laici alla missione”. 

Come si vede, qui il concetto è capovolto: sono i religiosi, con i loro carismi, a farsi collaboratori dei laici, chiamati sulla scena da PROTAGONISTI. Responsabilmente, operazioni del genere non si portano a termine in ventiquattro ore ma con un lento e paziente cammino di  RI-CONVERSIONE che non umilia i religiosi ma li esalta e li considera guide spirituali che hanno tanto da “SVELARE” ai laici, abbandonati per secoli al loro destino di emarginati per mille motivi storici. 

Sulla cooperazione professionale non c’è molto da dire, giacché al di là di tutto, essa è sancita dai contratti di lavoro che vincolano entrambe le parti contraenti ed è tutelata dalle norme  Diritto.  

Altra cosa è la cooperazione apostolica tra Fatebenefratelli e fedeli laici. Se essa non viene considerata una mossa strategica suggerita dal bisogno di far fronte alla diminuzione delle vocazioni, ma una scelta profetica richiesta dallo Spirito Santo a tutta la Chiesa e fondata sulla nuova dottrina del Magistero, bisogna che lo si dica a chiarissime lettere, accettandone poi le conseguenze logiche. E va promossa con ogni mezzo, definendo ruoli e funzioni. Fare discorsi generici è come promuovere il cambiamento con lo stampo gattopardiano: cambiare tutto, affinché resti tutto come prima. 

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