LE DOMANDE CHE PUNGONO SUL VIVO – Angelo Nocent
Posted on Dicembre 18th, 2008 di Angelo |
Le domande che pungono sul vivo
Di Angelo Nocent
Shalðm!
Sul nostro percorso incontriamo parole che confondono, altre illuminanti. L’idea che la Parola di Dio, quando raggiunge il mio Dna ne influenzi le frequenze e ne modifichi i suoi componenti può essere credibile?
E’ di questi giorni l’ultima notizia che, se attendibile, potrebbe metterci di fronte a una svolta epocale. La bomba messa in circolazione è questa: il Dna ci parla di altri universi. Stando alle ricerche di scienziati russi (Garjajev) comunicate dai tedeschi G. Gosar e F. Bludorf nel libro “Vernetze intelligenz”, sembrerebbe proprio di sì.
Questi scienziati avrebbero studiato con genetisti e linguisti per dimostrare che il Dna serve da magazzino di informazioni e per la comunicazione, avrebbe un comportamento vibratorio emettitore di frequenze e ricettore, a sua volta, di frequenze. In sostanza, parole pronunciate con il tono appropriato o suoni specifici, potrebbero influenzare le frequenze del Dna, modificando i suoi comportamenti.
Qualcuno vi ha gia letto i miracoli di Cristo: la sua voce raggiungeva il Dna. Naturalmente gli scienziati sono andati oltre questo semplice accenno. Al di là delle suggestioni di queste ipotesi, ho voluto riprendere la notizia perché mi premeva questo: sottolineare che la Parola di Dio ha davvero una forza capace di cambiarmi profondamente il cuore, ossia di andare alla radice del mio essere. Poi, sul come interagisca sulle mie cellule, ce lo faremo spiegare dagli studiosi un’altra volta.
Test sperimentale
Gesù risorto appare ai discepoli di Emmaus (Luca 24, 13-35) (vedi anche Marco 16, 12-13)
Quello stesso giorno due discepoli stavano andando verso Emmaus, un villaggio lontano circa undici chilometri da Gerusalemme.
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Lungo la via parlavano tra loro di quel che era accaduto in Gerusalemme in quei giorni.
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Mentre parlavano e discutevano, Gesù si avvicinò e si mise a camminare con loro. 16
Essi però non lo riconobbero, perché i loro occhi erano come accecati.
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Gesù domandò loro:
- Di che cosa state discutendo tra voi mentre camminate?
Essi allora si fermarono, tristi.
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Uno di loro, un certo Clèopa, disse a Gesù:
- Sei tu l’unico a Gerusalemme a non sapere quel che è successo in questi ultimi giorni?
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Gesù domandò:
- Che cosa?
Quelli risposero:
- Il caso di Gesù, il Nazareno! Era un profeta potente davanti a Dio e agli uomini, sia per quel che faceva sia per quel che diceva.
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Ma i capi dei sacerdoti e il popolo l’hanno condannato a morte e l’hanno fatto crocifiggere.
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Noi speravamo che fosse lui a liberare il popolo d’Israele! Ma siamo già al terzo giorno da quando sono accaduti questi fatti.
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Una cosa però ci ha sconvolto: alcune donne del nostro gruppo sono andate di buon mattino al sepolcro di Gesù
ma non hanno trovato il suo corpo. Allora sono tornate indietro e ci hanno detto di aver avuto una visione: alcuni angeli le hanno assicurate che Gesù è vivo.
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Poi sono andati al sepolcro altri del nostro gruppo e hanno trovato tutto come avevano detto le donne, ma lui, Gesù, non l’hanno visto.
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Allora Gesù disse:
- Voi capite poco davvero; come siete lenti a credere quel che i profeti hanno scritto!
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Il Messia non doveva forse soffrire queste cose prima di entrare nella sua gloria?
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Quindi Gesù spiegò ai due discepoli i passi della Bibbia che lo riguardavano. Cominciò dai libri di Mosè fino agli scritti di tutti i profeti.
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Intanto arrivarono al villaggio dove erano diretti, e Gesù fece finta di continuare il viaggio.
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Ma quei due discepoli lo trattennero dicendo: “Resta con noi perché il sole ormai tramonta”. Perciò Gesù entrò nel villaggio per rimanere con loro.
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Poi si mise a tavola con loro, prese il pane e pronunziò la preghiera di benedizione; lo spezzò e cominciò a distribuirlo.
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In quel momento gli occhi dei due discepoli si aprirono e riconobbero Gesù, ma lui spari dalla loro vista.
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Si dissero l’un l’altro: “Non ci sentivamo come un fuoco nel cuore, quando egli lungo la via ci parlava e ci spiegava la Bibbia?”.
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Quindi si alzarono e ritornarono subito a Gerusalemme. Là, trovarono gli undici discepoli riuniti con i loro compagni.
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Questi dicevano: “Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone”.
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A loro volta i due discepoli raccontarono quel che era loro accaduto lungo il cammino, e dicevano che lo avevano riconosciuto mentre spezzava il pane.
Questa è la parabola che ci ritrae come singoli e come comunità, famiglia. Soli o in compagnia, girovaghiamo tra delusioni e sconforti. I produttori di ansiolitici e psicofarmaci fanno affari d’oro perché la domanda cresce in modo esponenziale.
Se a bruciapelo uno mi porgesse questo quesito: ma tu, come vivi il tuo rapporto col Signore? Lo senti davvero vicino a te, come una presenza viva? Oppure è un rapporto più che altro razionale, che rischia però di rimanere sterile?
Quello di stabilire un rapporto con Dio, ma di perderne la dimensione viva, vitale, personale è un rischio che corrono sia i professionisti che i consumatori del sacro, ossia tutti noi: preti e laici. Se questa domanda mi venisse posta mentre mi trovo davanti a un piatto fumante di spaghetti, la probabilità di strapparmi una risposta deludente sarebbe molto elevata. Perché ho tirato fuori gli spaghetti? Perché parliamo di famiglia e perché i discorsi più profondi sul Signore e col Signore, come ci attestano i Vangeli e lo stesso brano riportato, si fanno proprio a tavola.
Questa è una domanda che punge sul vivo, perché raramente il Signore è immediatamente percepibile. Se guardo dentro di me, con tutta onestà mi rendo conto che il rapporto con Dio non è mai garantito, non va mai dato per scontato. Talvolta il Signore lo sento lontano, come lontano da lui mi sento io quando mi rendo conto di prendere le distanze dalla missione che mi ha affidato, dalla via che mi ha indicato.
Adesso provo a rivoltare la domanda:
- dov’è il tuo Signore?
-
Ti accompagna nel cammino?
La risposta ognuno se la dia tra sé e sé.
Rimando la riflessione sul brano evangelico di Emmaus ed invito a concentrare l’attenzione su queste parole:
- 32 Si dissero l’un l’altro: “Non ci sentivamo come un fuoco nel cuore, quando egli lungo la via ci parlava e ci spiegava la Bibbia?”.
- 33 Quindi si alzarono e ritornarono subito a Gerusalemme. Là, trovarono gli undici discepoli riuniti con i loro compagni.
Mi limito a evidenziare che la parabola racchiude in sé un invito ad abbandonare l’inerzia. Anche il girare a vuoto è inerzia, anche perdersi in ore ed ore di navigazione su Internet può celare uno stato di oziosità spirituale: vorrei, ma non so, non oso, non me la sento, non vedo nulla di concreto…
Il messaggio che vorrei far passare oggi è questo: avete in mente i pipistrelli senza piume del nostro premio Nobel James D. Watson? Ebbene, si possono mettere le piume solo prendendo confidenza con la Bibbia. Così scriveva l’Arcivescovo Martini alla sua Diocesi:
- “Per un primo impatto con la fede cristiana, una ben studiata aderenza alla pedagogia del testo biblico favorisce un contatto con gli elementi essenziali della fede;
- permette itinerari diversi e complementari, sempre orientati alla centralità del mistero pasquale;
- assicura quel costante contatto con la realtà storica, che dà fondamento critico alle certezze della fede;
- assume un andamento esistenziale e narrativo, che permette di congiungere una estrema concretezza con inesauribili risorse contemplative e spunti riflessivi;
- propone una mirabile varietà di formule sintetiche, con cui la fede, senza nulla perdere della sua vastità e complessità, riesce però a dire la sua pregnante compiutezza nel giro di poche parole.”
Ad una famiglia qualsiasi che decide di muovere i primi passi, farei due considerazioni:
- Tu hai “fame di Parola”, noi abbiamo “fame di Parola”.
- Non è sufficiente che io ti regali una Bibbia,
- non basta che tu ce l’abbia nella tua vetrina, bella, elegante, illustrata,
- non è sufficiente che qualcuno metta nelle tue mani il testo delle Scritture,
- non è sufficiente che tu l’ascolti nella lingua volgare.
- Bisogna che tu sia abilitato a tale ascolto, attraverso la frequenza a conferenze, a scuole della Parola, a sussidi, incontri con competenti che prevedano l’apprendimento delle metodologie della lettura, della meditazione e dell’attualizzazione della Bibbia.
Per evitare di farne una lettura letteralistica e mitica, uno deve acquisire la capacità di accostare la Bibbia, libro di sua natura complesso, perché comprende generi letterari diversi, dovuti al fatto di essere stata composta lentamente attraverso i secoli e conclusasi con l’Apocalisse. Suggerirei di iniziare affrontando alcuni temi biblici particolarmente significativi che avranno certamente una ricaduta anche sulla tematica familiare che ci siamo dati come obiettivo:
- misericordia,fedeltà, peccato, liberazione
Una buona provocazione spirituale può venire dai seguenti testi:
- Luca 4, 16-30 con i salmi 46, 72 e il canto d’Isaia 61;
- Luca 23, 32-54 con il salmo 31;
- Luca 6, 20-38 con i salmi 27, 73,131;
- Luca 12, 13-34 con i salmi 130, 136, 133;
- Giovanni 13, 1-17 con i salmi 130, 136, 133
Meriterebbe affrontare da subito la parabola dei talenti (Mt 25, 14-30) che non va letta in modo moralistico. I talenti non sono le nostre qualità personali, bensì i grandi doni che ci sono stati annunciati:
- il Cristo,
- il Regno,
- la Parola,
- le Beatitudini,
- la libertà,
- l’abbandono,
- l’agàpe, cioè l’amore gratuito.
Il Regno costituisce il vero punto di partenza di una famiglia in cammino. Se non viene colto il senso, si finisce in breve tempo in un vicolo cieco.
La Bibbia nella famiglia – Ascoltatori smemorati
Il Card. Carlo Maria Martini nella lettera al clero e ai fedeli sul tema: “La parola di Dio nella liturgia e nella vita” così scriveva a proposito della Bibbia nella famiglia:
“[23] Dobbiamo, purtroppo, collocare la famiglia tra gli ambiti di difficile penetrazione della Parola di Dio. La famiglia, di per sé, dovrebbe essere un luogo di intensa comunicazione non solo della parola di Dio, ma anche di quelle fondamentali parole umane che introducono al senso profondo della vita. In realtà la famiglia vede molto compromessa, nella società attuale, la sola insostituibile funzione educativa. Alcuni sintomi allarmanti denunciano la crisi profonda di quei valori umani, di cui la famiglia è portatrice in modo specifico e costitutivo.
Per esempio, il rapporto uomo-donna tende a perdere la sua specifica caratteristica di dedizione incondizionata e definitiva, per uniformarsi ad altri rapporti umani a breve scadenza, fondati sull’interesse, sull’arbitrio, su quello che di volta in volta appare come utile e piacevole, senza il coraggio della libera scelta irrevocabile.
Così la tipicità del rapporto genitori-figli viene intaccata sia dal fatto che il figlio tende ad essere visto come un fenomeno accessorio o addirittura fastidioso del rapporto coniugale, sia dal fatto che altre e contraddittorie figure di adulti, che si presumono autorevoli, impongono se stesse ai figli, non in collaborazione con l’autorevolezza dei genitori, ma spesso in sottile o clamoroso contrasto, rendendo ancora più difficile il dialogo familiare, già disturbato dall’ingigantito “salto generazionale”.
La conseguenza di tutto ciò è una grave riduzione del rilievo sociale e culturale della famiglia. Il senso pregnante di quelle fondamentali parole a cui uno deve far riferimento per orientarsi nella vita – come amore, lavoro, amicizia, apertura al mistero, nascita, morte, dolore, onestà sociale ecc. – non è più determinato dall’ambito familiare, con la sua carica di vita vissuta, di sapienza tradizionale, di affetto rispettoso, ma tende a essere influenzato sempre più da mille altre voci extra-familiari, spesso caratterizzate da superficialità, da distorsioni, da intenti di strumentalizzazione e di cattura psicologica. Anche i tempi del dialogo familiare e dell’intimità post-lavorativa vengono invasi dai mezzi di comunicazione sociale, che condizionano pesantemente la vita intellettuale e affettiva della famiglia.
Occorre aiutare la famiglia a ritrovare il gusto e la responsabilità di quei valori umani originali, che in essa vengono celebrati a beneficio delle persone e, a lungo andare, dell’intera convivenza sociale.
Se la famiglia riuscisse a raccogliere se stessa, intorno alla parola di Dio, o riandando a ciò che fu proclamato in chiesa, durante la liturgia, o leggendo direttamente e organicamente le pagine bibliche, troverebbe una fonte inesauribile di messaggi preziosi circa la vita stessa della famiglia, circa le vicende che i familiari attraversano nelle diverse stagioni della vita, circa gli avvenimenti che succedono nel mondo d’oggi. Allora fatti e situazioni entrerebbero nella famiglia, non più in forma grezza e incombente, ma attraverso quel filtro di sapienza e di serenità che è la parola di Dio. Questa Parola, inoltre, potrebbe stimolare le famiglie a inventare una socialità nuova, superando, anche a prezzo di tempo e di fatica, le aggregazioni istintive e discriminanti, fondate sulla comune estrazione sociale e culturale.
Le parrocchie si impegnino a preparare sussidi opportuni, utilizzando il bollettino parrocchiale, prevedendo nel programma di catechesi dei ragazzi qualche parte da svolgere in famiglia con i genitori, educando le famiglie più sensibili a una meditazione comune dei testi biblici almeno nei tempi forti dell’anno liturgico.
La visita annuale alle famiglie (trovando ad esempio anche il tempo di leggere insieme un Salmo e attualizzandolo brevemente) sarà un tempo propizio per stimolare questa apertura della comunità familiare alla parola di Dio.”
Il fatto che un gruppo di persone abbia pensato di sviluppare queste tematiche che vivono per prime come meglio possono nelle rispettive famiglie, è un tentativo in atto di aprire la comunità familiare alla Parola di Dio.
L’amore di Gesù si esprime anche con gli ammonimenti. Eccone uno:
- “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11, 28).
- Giovanni 13, 17:“Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica” .
- San Giacomo esorta a non essere “come un ascoltatore smemorato” (Giac 1, 25).
I verbi da memorizzare:
- ascoltare la Parola,
- vivere la Parola, c
- ustodire la Parola,
- praticare la Parola.
Per non perdere il contatto con la parabola, una sottolineatura: quelli che erano tornati a Emmaus per mettere fine al loro peregrinare, per rinunciare alla loro missione, capiscono che il cammino deve proseguire; e il loro cammino riceve una nuova direzione. Non è più il cammino mesto e rassegnato di chi se ne torna a casa con le pive nel sacco, ma il cammino gioioso di chi sfida la notte e i suoi pericoli per correre alla città santa e annunziare agli altri discepoli la buona notizia della risurrezione del Cristo.
Ecco un miracolo della Parola operato in persone sfiduciate. Esso è destinato a ripetersi, ripetersi, ripetersi…
Angelo Nocent
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