Fra Olallo Valdes verso la beatificazione – Giuseppe Magliozzi o.h.

mercoledì, 19 marzo 2008

OLALLO VALDES


verso gli altari

Olallo Valdes, Scolasticato di Manila oratory 009

Sarebbe il secondo santo cubano


Apri i video: Fray José Olallo Valdés catholicnewsagency

la santa astuzia del vescovo Valdés
Avana - La Cattedrale

La Cattedrale dell’Avana

Tre secoli or sono, quando molti erano sensibili al valore della vita nascente, accadde a Cuba che la gente rimanesse costernata nell’apprendere che un neonato, gettato via dai genitori, fosse stato divorato dalle bestie. Per impedire il ripetersi di tali gesti inconsulti, l’allora vescovo dell’isola, mons. Diego Evelino Hurtado de Compostela, pensò d’aprire un orfanotrofio e chiese al Re di Spagna d’approvare il progetto. La distanza dalla madre patria e la lentezza burocratica fecero sì che la richiesta fosse accolta con Regio Decreto del 16 maggio 1705, quasi un anno dopo la morte del vescovo, deceduto il 29 agosto 1704. Al suo posto fu nominato il 15 dicembre 1705 mons. Jerónimo Valdés, un personaggio sul quale merita soffermarsi non solo perché prese assai a cuore l’iniziativa, dandole piena attuazione, ma soprattutto per l’acume che vi dimostrò[1].
Egli era nato nel 1646 ad Aramil (Siero), nelle Asturie: i suoi genitori furono Domingo de Nosti e Toribia de Valdés ed egli assunse, essendoci allora libertà di scelta, come proprio cognome principale quello della madre. Entrato giovanissimo dai Monaci Basiliani, fu ordinato sacerdote a 25 anni. Addottoratosi in Teologia, ottenne una cattedra nell’Università d’Alcalà. Nell’ambito del suo Ordine ricoprì gli incarichi di Abate e di Provinciale. Fu consacrato vescovo a Madrid il 28 dicembre 1704 nel Monastero di San Basilio Magno ed assegnato oltremare, inizialmente a Portorico, ma prima di insediarvisi fu mutata la sua destinazione ed inviato a Cuba, dove giunse il 13 aprile 1706. Con zelo e ricchezza di iniziative guidò per oltre vent’anni la diocesi, finché a l’Avana lo colse la morte alle due del pomeriggio del 29 marzo 1729 e vi fu sepolto, in ossequio alle sue ultime volontà, nella chiesa dello Spirito Santo. Nel 1760, durante alcuni lavori di ristrutturazione di tale chiesa, il sepolcro fu traslocato e se ne perse traccia, finché fu nuovamente localizzato nel 1936 e poi dignitosamente ricostituito nel sito originario nel 1961.

Quest’attenzione nella capitale cubana a mantener vivo anche ai nostri giorni il ricordo di mons. Valdés si spiega soprattutto per le sue benemerenze sociali, avendo dotato la città nel 1711 dell’Orfanotrofio, nel 1718 del Convalescenziario di Belén e nel 1722 dell’Ospedale di San Lazzaro.

L’orfanotrofio costò 16.000 pesos e sorse ufficialmente col titolo di Casa de Niños Expósitos de La Habana[2], ma la gente prese a chiamarla più semplicemente Casa Cuna[3]. Nell’atrio c’era uno sportello con una ruota nella quale, generalmente a notte inoltrata per meglio passare inosservato, qualcuno veniva a deporre in una culletta il neonato e poi spariva, non prima d’aver rigirato verso l’interno la ruota e dato un colpo alla campanella affinché il personale accorresse a prendersi cura della nuova creatura, sfuggita in tal modo all’aborto e della quale venivano assicurati non solo lo svezzamento ma anche l’educazione.
L’Istituzione ebbe come prima sede il Convento di Santa Teresa e fu affidato alla protezione di San Giuseppe, ragion per cui nella Cappella fu posto un quadro che ritraeva il Santo mentre gli appariva in sogno l’angelo dicendogli accipe puerum[4]. Nel 1852 si trasferì e fuse con la Real Casa de Beneficencia, inaugurata nel 1792 nel versante orientale del Malecon e che da allora si chiamò Real Casa de Beneficencia y Maternidad de La Habana e conservò tale denominazione, tranne ovviamente l’aggettivo Real, anche dopo la fine dell’impero coloniale spagnolo e la proclamazione della Repubblica Cubana.
Nella versione cinematografica del romanzo di Graham Greene Il nostro agente all’Avana”, interpretato da Alec Guinness nel 1959, l’edificio della Casa di Beneficenza, in quegli anni ancora in feconda attività grazie alla presenza delle Suore della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, compare in varie sequenze, dove viene però fatto passare come la scuola frequentata dalla giovane amica dell’attore. Oggi il fabbricato non esiste più, poiché al suo posto nel 1982 fu innalzato il moderno Hospital Docente Clínico Quirúrgico “Hermanos Ameijeiras”, che con i suoi 24 piani è l’edificio più alto del centro cittadino.
Solo una piccola targa ricorda oggi ai passanti la Casa Cuna, ma il ricordo imperituro è dato da quanti, nello scorrere dei secoli, vi sono stati riscattati da un destino di morte ed aiutati ad inserirsi nella società. E qui merita ricordare i vari di loro che, dopo aver beneficiato dello spirito di carità che contraddistinse la Casa Cuna, decisero di improntare la propria vita a tale spirito, riflettendolo e diffondendolo tra i bisognosi tramite la personale consacrazione al Signore quali religiosi dell’Ordine Ospedaliero dei Fatebenefratelli. Nell’albo d’oro dell’Ordine è facile riconoscerli poiché portano tutti lo stesso cognome, Valdés, il che è un dettaglio che va ad onore del vescovo Valdés.
Bisogna, infatti, sapere che nella cultura europea, e di riflesso in quella coloniale, era usuale in passato attribuire ai neonati senza genitori ufficiali un cognome di fantasia, legato alle esigenze anagrafiche, ma che purtroppo bollava per sempre questi individui, poiché era crudamente la descrizione del loro stato civile. Nel Napoletano, ad esempio, il cognome usualmente imposto loro era quello di Esposito[5], a Roma quello di Proietti e così via, a seconda del termine usato localmente per indicare i trovatelli. Mons. Valdés decise di ribellarsi a quest’atroce uso e dette disposizione che nel suo Orfanotrofio tutti i figli di nessuno assumessero per l’anagrafe lo stesso cognome Valdés che aveva lui. La generosa direttiva continuò ad essere applicata per secoli e solo con l’avvento dell’attuale regime castrista si smise di attribuire ai trovatelli della Casa Cuna il cognome del vescovo Valdés e si preferì scegliere per ognuno un cognome preso a caso dall’elenco telefonico.
Normalmente il trovatello era abbandonato nella ruota assieme ad un foglietto con scritto il giorno di nascita e l’annotazione che non era stato ancora battezzato, poiché ovviamente il Battesimo avrebbe rischiato di far individuare la famiglia. Al Battesimo si provvedeva perciò nell’Orfanotrofio ed anche qui la santa astuzia del vescovo suggerì di dare almeno due nomi di battesimo, di cui il primo per i maschietti era generalmente Giuseppe, in onore del Santo Patrono della Casa Cuna, e l’altro variava per poter distinguere gli orfanelli tra loro.
La duplicità dei nomi di battesimo era per meglio nascondere lo stato civile. Dato che nella cultura spagnola è richiesto negli adempimenti ufficiali indicare dopo il nome di battesimo sia il cognome del padre sia il cognome della madre, quando una persona indica un solo cognome, risulta evidente che è un illegittimo. Quando ci si presenta tra amici, se la persona, senza entrare in spiegazioni, fornisce tre nomi, la tendenza di chi ascolta è di ritenere che il primo sia il nome ricevuto al battesimo, il secondo il cognome paterno ed il terzo quello materno. Di questa tendenza profittavano i trovatelli che, quando nel conversare capitava di dover fornire verbalmente le proprie generalità, snocciolavano uno dopo l’altro i due nomi di battesimo ed il loro unico cognome, con la speranza che si creasse l’equivoco e che nessuno facesse domande per fugarlo.
Questo è il motivo che nello scorrere l’elenco dei numerosi Valdés che entrarono nel nostro Ordine, scopriremo che avevano sempre doppio nome di battesimo. Naturalmente, nella loro cartella personale la certificazione fa netta distinzione tra nomi e cognomi, ma nelle relazioni interpersonali spesso la distinzione rimaneva fraintesa.
Ben due di questi nostri Valdés cubani sono ormai prossimi ad essere proclamati Beati dalla Chiesa: fra José Olallo Valdés, nato a L’Avana il 12 febbraio 1820 e morto in concetto di santità a Camagüey il 7 marzo 1889; e fra Jaime Oscar Valdés, nato a L’Avana il 6 gennaio 1891 e morto martire della fede a Valencia durante la Guerra Civile Spagnola il 7 agosto 1936.
Desta stupore che mentre il primo entrò nell’Ordine quando a Cuba esistevano due Comunità di Fatebenefratelli, di cui una proprio nella capitale, il secondo entrò in un momento di pausa di tale presenza, interrottasi con la morte appunto di fra José Olallo nel 1889 e ripresa solo nel 1941 con la costruzione di un Ospedale Psichiatrico nella capitale, seguita poi da altre due fondazioni, una nella capitale nel 1945 ed una a Camagüey nel 1992. Pare che fosse stata suor Rosa Homr[6], appartenente alle Comunità di Suore della Carità operanti nella Casa Cuna, ad indirizzare la vocazione ospedaliera di fra Jaime Oscar Valdés e del suo compagno José Angel Valdés, i quali assieme varcarono l’Oceano ed entrarono nel nostro Centro di Formazione di Ciempozuelos il 13 febbraio 1913.
Tornando a fra José Olallo Valdés, egli trascorse quasi tutta la sua vita religiosa a Camagüey, dove giunse il 13 aprile 1835 e non se ne mosse fino alla morte. Quando egli cominciò a presentarsi alle persone, la gente pensò che Olallo fosse il cognome paterno e tutti sempre lo chiamarono padre Olallo. Fu tale per ben 54 anni la sua dedizione ai malati, che quando morì, pur essendo l’ultimo sopravvissuto dell’Ordine a Cuba e non ci fossero Confratelli a rendergli gli estremi onori, l’intera popolazione si mobilitò non solo per i funerali, ma anche per erigergli un solenne monumento funebre con didascalie di commosso elogio, sulle quali spiccava la sintetica indicazione anagrafica di “Padre Olallo”.
Similmente, quando si concluse la dominazione spagnola ed il primo Consiglio cittadino nato col costituirsi della Repubblica Cubana si sentì in dovere di intitolargli la piazza dove sorgeva l’Ospedale di Camagüey, in cima alla lapide commemorativa che collocarono il 7 marzo 1901 sul portone d’ingresso dell’Ospedale posero la sintetica indicazione “Plaza del Padre Olallo”.
Negli anni seguenti a Camagüey si conservò sempre vivissimo il suo ricordo e quando si compì il centenario della morte un comitato cittadino organizzò solenni celebrazioni alle quali invitò anche i Fatebenefratelli, tornati ormai a Cuba da oltre quarant’anni. Intervenne personalmente alle celebrazioni l’allora Superiore Generale dei Fatebenefratelli, fra Brian O’Donnel, il quale acconsentendo all’esplicita richiesta del presule di Camagüey decise di promuovere l’apertura del Processo di Beatificazione, che poté iniziare già nel marzo 1990.
L’incartamento del Processo Diocesano fu spedito in Vaticano ed il primo febbraio 1991 l’Assemblea Ordinaria della Congregazione per le Cause dei Santi riconobbe la correttezza della procedura seguita. Nel verbale latino di tale seduta si parla di “Processus Servi Dei Iosephi Olallo Valdés”, ossia del Processo del Servo di Dio José Olallo Valdés, ma il fatto che José appare tradotto in latino ed invece Olallo no[7], è chiara conseguenza del fatto che tutte le testimonianze cubane parlavano di lui come padre Olallo, facendo supporre al consesso vaticano che fosse questo il cognome paterno.
Per la verità, nell’ampia biografia che la Postulazione dei Fatebenefratelli pubblicò nel 1994, non solo non viene nascosta la condizione civile di illegittimo di fra José Olallo Valdés, ma viene ampiamente precisata l’usanza di attribuire un duplice nome di battesimo ai trovatelli[8]. A tutt’oggi il Dicastero Vaticano non ha mostrato però d’averne preso nota, probabilmente perché lo stesso libro si guarda bene dall’avvalersi di tali dati per evidenziare l’inesattezza storica dell’appellativo popolare cubano, che anzi adotta come titolo di copertina.
Tanta cautela nasce dal desiderio di non creare rotture con un’ormai più che secolare consuetudine dei cubani, anche se errata, poiché é stata essa a permettere che il ricordo del frate non andasse perduto ed a giustificare l’apertura del Processo di Beatificazione.
Quando però si scrivono libri o articoli in altre lingue, credo non abbia senso adottare la stessa cautela e si debba invece dar priorità alla fedeltà storica, indicando con chiarezza il vero cognome, meglio se al contempo dando la traduzione d’entrambi i nomi di Battesimo, come già feci in un contestato articolo del 1998[9]; o quanto meno, come accettabile compromesso tra obiettività dei dati e salvaguardia della tradizione popolare, é opportuno che si lascino in spagnolo tutti e due i nomi di battesimo, identificandoli senza alcuna ambiguità come tali e magari raccontando come la santa astuzia del vedovo Valdés trasse in errore i cubani.
Fra Giuseppe MAGLIOZZI o.h.


[1] Il profilo biografico più attendibile di mons. Valdés è ancora quello pubblicato nel 1878 da Calcagno e disponibile in riedizione anastatica moderna: Francisco Calcagno, Diccionario Biográfico Cubano, Miami, Editorial Cubana, Inc., 1996. Per un profilo più recente cf. Jorge Le Roy y Gálvez,Fray Gerónimo Valdés. Obispo de Cuba. Su vida y su obra. La Habana, Impresos Vida Habanera, 1963.
[2] Casa dei Bambini Esposti de L’Avana.
[3] Cuna in spagnolo significa culla.
[4] Sono le parole latine del Vangelo (Mt 2,13) con le quali l’angelo invita San Giuseppe a prendere il bimbo nottetempo ed a metterlo in salvo, sottraendolo agli intenti omicidi di Erode.
[5] In pratica è l’equivalente, di memoria borbonica, del cognome spagnolo Expósito.
[6] Cf. Félix Lizaso Berruete,Jaime Oscar Valdés. Hermano de San Juan de Dios. Testimonio cubano de santidad por martirio, Barcelona, Orden Hospitalaria de San Juan de Dios – Postulación General, 2006, pp. 29-30.
[7] In latino Olallo corrisponde ad Eulalius. Sant’Eulalia fu martire a Mérida nel 304 e la sua devozione si diffuse ampiamente in Spagna, dove spesso finì popolarmente invocata come Santa Olalla e sotto tale denominazione ne fu particolarmente devoto San Giovanni Grande (cf. Salvino Leone, San Giovanni Grande. Genio e santità di un riformatore ospedaliero, Roma, Centro Studi “San Giovanni di Dio”, 1996, p. 32, nota 25).
[8] Cf. Francisco de la Torre Rodriguez, El Padre Olallo. Un Cubano Testigo de la Misericordia, Roma, Orden Hospitalaria de San Juan de Dios – Postulación General, 1994, pp. 100-109.
[9] Cf. Giuseppe Magliozzi, Il Papa e fra Giuseppe Eulalio, in «Vita Ospedaliera», LIII (1998), 3, p. 21.


Olallo Valdes Beato

Il  Servo di Dio Fra  José Olallo Valdés

(1820-1889, Religioso cubano dell’  Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio)

Decreto Beatificazione

Venerabile José Olallo Valdes

COMUNICATO DELLA POSTULAZIONE

E’ con grande gioia che in questa Domenica delle Palme vi informiamo che ieri, sabato 15 marzo, il Santo Padre Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il Decreto per la Beatificazione del nostro Confratello, il Venerabile José Olallo Valdés (1820-1889).
Con la promulgazione di questo Decreto, si approva il miracolo attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio, e ci viene concesso di iniziare ad organizzare la cerimonia di Beatificazione di José Olallo Valdés, che avrà luogo a Camagüey (Cuba).
Fra José Olallo Valdés sarà il secondo Beato per la Chiesa cubana, e il primo ad essere beatificato a Cuba. Sarà perciò un grande avvenimento per la Chiesa cubana che, attraverso la voce dei suoi Pastori, nell’ultimo messaggio di Natale ne ha parlato come di “un avvenimento molto significativo per la Chiesa di Cuba”.
Per il nostro Ordine, avere un nuovo modello di santità costituisce un motivo di grande gioia, che ci conferma come l’esperienza profonda della nostra spiritualità di misericordia e della nostra ospitalità costituisca un cammino per la santità.
Rendiamo grazie al Signore per questo passo definitivo, mentre imploriamo l’intercessione del nostro Fondatore e degli altri nostri Santi e Beati.
Roma, 16 marzo 2008
Fra Félix Lizaso Berruete, oh
Postulatore

Olallo oratory 007

La Cappella

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Famiglia Cristiana n.4 del 4 febbraio 1998 - Home PageDai nostri inviati a Cuba

ll ricordo di padre Varela,


l’eroe dell’indipendenza

di RENZO GIACOMELLI – foto di GIANCARLO GIULIANI / AP

Il Papa in preghiera davanti alla tomba del padre Félix Varela (nella foto, sotto). La tomba si trova non in una chiesa o in un cimitero, ma nell’aula magna dell’Università de L’Avana. Perché Félix Varela, prete della prima metà del secolo scorso, quando Cuba era ancora colonia spagnola, è uno dei grandi della cultura di questo Paese. È anzi considerato, per il suo grande impulso al rinnovamento pedagogico, «colui che insegnò ai cubani a pensare». Filosofo, prete esemplare, patriota insigne, fu deputato di Cuba alla corte di Spagna, dove si battè per la liberazione degli schiavi nelle colonie latino-americane, e questo sessant’anni prima dell’abolizione della schiavitù. Infaticabile fautore dell’indipendenza di Cuba, per sfuggire alla persecuzione del potere spagnolo, che lo condannò a morte, fuggì negli Stati Uniti dove morì nel 1853. Durante il trentennale esilio, fu parroco a New York, impegnatissimo nella pastorale per gli immigrati, per i quali aprì scuole, ospedali, asili. Nel 1985 è stata introdotta la causa di beatificazione del padre Varela.Il Papa in preghiera davanti alla tomba del padre Félix Varela.

Dopo la preghiera sulla tomba del grande patriota, il Pontefice ne ricorda l’impegno politico, con chiari riferimenti alla realtà attuale di Cuba. Il padre Varela, dice il Papa, «è

stato il primo a parlare di indipendenza in queste terre. Ha parlato anche di democrazia, considerandola il progetto politico più consono con la natura umana». Varela cercava Dio in tutto e soprattutto. «Ciò lo portò a credere nella forza di quel che è piccolo, nella efficacia dei semi di verità, nella convinzione che i cambiamenti devono avvenire con la dovuta gradualità verso le grandi e autentiche riforme». Riforme che portino «ad una società più giusta, più libera, più umana e più solidale».

Il Papa ricorda poi un altro “padre della patria”, lo scrittore e poeta José Martí, continuatore delle idee di Varela, e afferma: «Sono convinto che questo popolo ha ereditato le virtù umane, di matrice cristiana, di questi due uomini». Perciò è necessario continuare nel «dialogo culturale fecondo».

Il Papa conclude esprimendo la fiducia che «in futuro, i cubani raggiungano una civiltà della giustizia e della solidarietà, della libertà e della verità, una civiltà dell’amore e della pace». A sorpresa, ad ascoltare il Pontefice è venuto anche Fidel Castro. E pure lui applaude a lungo e con calore l’augurio di una società cubana più giusta e più libera. Nel futuro.

r.g.

Una corona per la Patrona di Cuba

Ogni discorso del Papa in terra cubana è terminato con l’invocazione alla Virgen de la Caridad del Cobre. È la patrona di Cuba, venerata fin dall’inizio del secolo XVII. Il santuario che le è dedicato sorge su una collina in un’area un tempo ricca di rame (cobre), a 25 chilometri da Santiago de Cuba, nella parte orientale dell’Isola. Questo luogo di pellegrinaggi, alle pendici della Sierra Maestra (dove incominciò la guerriglia di Fidel Castro e di Che Guevara), è intimamente legato alla storia patria: qui pregò e si impegnò per l’indipendenza di Cuba il “padre della patria”, Carlos Manuel de Céspedes; qui, nel luglio di cent’anni fa, fu celebrata la messa di ringraziamento per la fine della colonizzazione. Giovanni Paolo II non è salito al celebre santuario, per ragioni logistiche e di tempo, ma ha incoronato la piccola statua della Madonna “meticcia” (nella foto) durante la messa celebrata la mattina del 24 gennaio a Santiago.Giovanni Paolo II incorona la piccola statua della Madonna "meticcia".

Con la Madonna sono scesi a Santiago gli abitanti del villaggio di El Cobre, guidati dal parroco, padre Jorge Palma, che è anche rettore del santuario. «Al Cobre si tocca con mano, forse più che altrove, la grande crescita della religiosità negli ultimi anni a Cuba», dice il parroco. «Ogni domenica vengono al santuario dai 3 ai 4 mila pellegrini. L’8 settembre, festa della Virgen del Cobre, i pellegrini sono decine di migliaia: circa 60 mila se è giorno lavorativo, il triplo se è festivo. Chiedono di tutto: la guarigione dalle malattie, la pace in famiglia, il miglioramento del loro lavoro. Anche dalla visita del Papa il popolo si attende miracoli. Spera che ne segua maggiore benessere e che cadano molte barriere tra i cubani. Io spero che si proceda nella strada di maggiore tolleranza e rispetto per la religione intrapresa qualche anno fa e percorsa a grandi passi in occasione della visita del Santo Padre. Come ha detto il Papa, i credenti non chiedono privilegi. Chiedono di poter partecipare attivamente alla costruzione della nostra società».

r.g.

155° video – CUBA – Giornata storica a Cuba, la prima Beatificazione di Fra Olallo

Beato Giuseppe Olallo Valdes Religioso Fatebenefratelli

Radio Vaticana
29/11/2008 13.41.03

Giornata storica a Cuba per la prima Beatificazione nell’isola
caraibica: fra Olallo all’onore degli altari

Cuba sta vivendo una giornata storica: proprio in questo momento, nella città di Camagüey, il cardinale José Saraiva Martins, prefetto  emerito della Congregazione delle Cause dei Santi, sta presiedendo a nome del Papa la Messa per la Beatificazione di fra José Olallo Valdés, religioso professo dellOrdine Ospedaliero di San Giovanni di Dio vissuto nel 1800. Fra i presenti anche presidente cubano  Raul Castro.

Il servizio di Sergio Centofanti.

E la prima volta che nell’Isola caraibica si svolge un rito di Beatificazione. Il cardinale Saraiva Martins, che ha portato il saluto e la benedizione del Papa, ha affermato che quella di oggi è una “pietra miliare” per la Chiesa in Cuba e per tutto il popolo cubano, una tappa memorabile, che segue di dieci anni un altro evento storico, la visita di Giovanni Paolo II nell’isola.


Fra Olallo, ha detto il porporato con la sua dedizione ai malati, ci insegna, in un tempo pervaso da una cultura materialistica che esclude  i deboli e gli indifesi, che ogni uomo è voluto e amato da Dio e possiede  una singolarità e una bellezza irripetibili. Fra Olallo, abbandonato alla nascita  dai genitori, che mai conobbe, era il padre dei poveri come ha spiegato ai microfoni di Roberto Piermarini lo stesso cardinale Saraiva Martins:

R. Sì, viene definito il padre dei poveri ed anche il campione della carità, che è la stessa cosa, perché lui ha vissuto una vita tutta dedicata ai poveri, ai malati. Questo era il suo ideale, essere a servizio dei poveri, dei malati, soprattutto dei malati più abbandonati. Allora lui andava sempre rincorrendo questi poveri e malati e diceva: Questi sono i miei fratelli, i miei figli prediletti.
Quindi è un esempio vivo della carità di Cristo. Fra Olallo ha avuto sempre  presente, come principio di vita, le parole di Gesù: Tutto ciò che avrete fatto ad uno dei più piccoli dei miei fratelli, lo avete fatto a me.


Poi a me ha colpito sempre molto, in questo servizio di carità, il fatto che fra Olallo esercitava questo suo ministero con un entusiasmo incredibile: era sempre vicino ai malati ma come un fratello, come un padre, un padre gioioso perché vedeva in quel servizio la sua vocazione pienamente realizzata. Ecco perché, certamente, è il campione dei poveri, è il padre dei poveri, è un modello anche per coloro che oggi, seguendo le parole di Gesù, dedicano la loro vita a questo ministero dei malati. Non soltanto una lezione per i membri dei fratelli dellOrdine di San Giovanni di Dio di cui lui, Olallo era membro, ma per tutti coloro che oggi lavorano nelle cliniche e negli ospedali, hanno qui un esempio bellissimo da seguire e da imitare: donarsi, senza riserve ai poveri e con gioia, con entusiasmo, perché la gioia e lentusiasmo fanno parte della fede cristiana. Una fede cristiana, se è vissuta senza gioia, non è fede cristiana; un servizio ai poveri che non è fatto con gioia, non è un servizio cristiano. Fra Olallo l’ha capito molto bene e ne era così convinto che lui era disposto a dare la vita per difendere i poveri.

D. Fra Olallo è molto amato a Cuba. Quale eredità ha lasciato la sua opera alla Chiesa cubana?

R. Certamente ha lasciato un grande entusiasmo tra i cubani. E molto ben  voluto, fra Olallo e per loro è come un padre. Perciò, l’eredità che ha lasciato ai cubani, è proprio questo entusiasmo di vivere la propria fede, il non scoraggiarsi mai anche in mezzo alle difficoltà perché fra Olallo ha avuto sempre molte difficoltà  le ha superate sempre coraggiosamente, pensando a Cristo, servitore dei poveri.


Allora, questa è leredità principale secondo me che lui ha lasciato ai cubani: vivere la fede, vivere la solidarietà che noi cristiani chiamiamo carità, e sapere  sempre che noi non siamo delle monadi ma siamo dei membri di una comunità.

La carità, per noi credenti, è una legge necessaria, non è facoltativo ma è un’esigenza, un dovere stringente: esattamente quello  che ha fatto fra Olallo.

http://www.oecumene<WBR>.radiovaticana.<WBR>org…

Canto:

Virgen de la Caridad Patrona di cuba
Santuario del Cobre
Santiago de Cuba

IN PELLEGRINAGGIO

CON IL PADRE OLALLO

Santuario del Cobre
Santuario del Cobre
Entrada del Santuario
Entrada del Santuario
La Virgen del Cobre
La Virgen del Cobre
Ofrendas
Ofrendas
Nicho de la virgen
Nicho de la virgen
La Virgen de la Caridad del Cobre
La Virgen de la Caridad del Cobre
Santuario por detrás
Santuario por detrás
Interior del Templo
Interior del Templo
La Virgen del Cobre y la Bandera Cubana
La Virgen del Cobre y la Bandera Cubana
Altar
Altar
Altar
Altar
La Virgen del Cobre
La Virgen del Cobre
Santuario por detrás
Santuario por detrás
Las Minas
Las Minas
La Hosteleria
La Hosteleria
La Virgen del Cobre
La Virgen del Cobre
Agradeciendo a la Virgen
Agradeciendo a la Virgen
Agradeciendo a la Virgen
Agradeciendo a la Virgen
La Virgen de la Caridad del Cobre
La Virgen de la Caridad del Cobre
Monumento al Cimarrón
Monumento al Cimarrón
Camino al Santuario
Camino al Santuario
Capilla de la Virgen
Capilla de la Virgen
Fondo del Santiuario
Fondo del Santiuario
Hospedería del Cobre
Hospedería del Cobre
Lateral
Lateral
Fondo del Santuario del Cobre
Fondo del Santuario del Cobre

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