PAMPURI RICCARDO & ABRAMO – Angelo Nocent

PAMPURI & ABRAMO – Angelo Nocent

ABRAMO Genesi 12

https://youtu.be/MXzmVtf-ARQ

https://youtu.be/RVWNEuC3To8

RIT. Esci dalla tua terra e và, dove ti mostrerò. (2 Volte)
Abramo non andare, non partire,
non lasciare la tua casa,
cosa speri di trovar?
La strada è sempre quella,
ma la gente è differente, ti è nemica,
dove speri di arrivar?
Quello che lasci tu lo conosci,
il tuo Signore cosa ti dà?
– Un popolo, la terra, la promessa –
Parola di Jahvè. RIT.

La rete sulla spiaggia abbandonata
l’han lasciata i pescatori,
son partiti con Gesù.
La folla che osannava se n’è andata
ma il silenzio una domanda
sembra ai dodici portar:
Quello che lasci tu lo conosci,
il tuo Signore cosa ti dà?
– Il centuplo quaggiù e l’eternità –
Parola di Gesù. RIT.

Partire non è tutto
certamente, c’è chi parte e non dà niente,
cerca solo libertà.
Partire con la fede nel Signore,
con l’amore aperto a tutti,
può cambiar l’umanità.
Quello che lasci tu lo conosci,
quello che porti vale di più.
– Andate e predicate il mio Vangelo –
Parola di Gesù. RIT.

VOCAZIONE è la proposta autorevole di una meta e di un cammino per arrivare alla libertà.

Un giorno alcuni GRECI chiesero a Filippo (uno dei dodici apostoli): “Signore, vorremmo vedere Gesù” (Gv12,20-28). Ancora oggi chi vuol vedere Gesù deve interrogare i suoi discepoli, Accanto a quelli di sempre, io ho scelto un dei nostri giorni, giovane, medico, frate e popolare. Aveva familiarità con i Vangeli e si ricordava bene di quell’ INVERNO di Gesù presente a Gerusalemme per la festa della riconsacrazione del Tempio. Mentre passeggiava nel portico di Salomone la folla degli Ebre lo circondarono e gli disse: “Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il MESSIA dillo apertamente”. Gesù rispose: “Ve l’ho detto e voi non credete. Le opere che faccioper incarico del Padre mio testimoniano a mio avore. Ma voi non credete perché non appartenete al mio gregge. Le mie pecore ASCOLTANO LA MIA VOCE e io LE CONOSCO, ed esse MI SEGUONO”(Gv 10,22-27).
Il destino del VANGELO dipende dai discepoli: “Là dove sono io, sarà anche il mio servo”. Il senso evangelico è molto chiaro: vivere è dare la vita, o in altre parole, LA VITA SI HA NELLA MISURA IN CUI LA SI DONA.

Il Pampuri ha in mente come si è mosso Gesù.

1Il Signore disse ad Abram: ‘Lascia la tua terra, la tua tribù, la famiglia di tuo padre, e va’ nella terra che IO ti indicherò.

2 Farò di te un popolo numeroso, una grande nazione.
Il tuo nome diventerà famoso. Ti benedirò. Sarai fonte di benedizione.

3 Farò del bene a chi te ne farà. Maledirò chi ti farà del male. Per mezzo tuo io benedirò tutti i popoli della terra’.

4-5 Abram partì dalla località di Carran, secondo l’ordine del Signore. Aveva settantacinque anni. Partirono con lui la moglie Sarai e il nipote Lot, figlio di suo fratello. Portarono tutti i beni che avevano acquistato e gli schiavi comperati in Carran. Si diressero verso la terra di Canaan. (Gen 12, 1-5).

L’ho già confessato e scritto che, ventenne, il Pampuri non era il mio “tipo” ideale, il santo a cui ispirarmi. Col tempo però mi son reso conto che non l’avevo capito. E adesso, per un inspiegabile IMPULSO, mi sento in obbligo di parlare e scrivere di lui

Residente a Trivolzio (Pavia) nella “Bassa milanese”,
orfano in tenera età, adottato dagli zii materni che abitavano a Torrino di Trivolzio, diventa il begnamino della famiglia CAMPARI, zia MARIA, nubile e zio CARLO, medico celibe.

L’ordine di partire per DESTINAZIONE IGNOTA che scoprirà cammin facendo, è analoga a quella di Abramo: “Lascia la tua terra, la tua tribù, la famiglia di tuo padre, e va’ nella terra che io ti indicherò” (Gen1). Il Dott.. Erminio Filippo (Fra Riccardo) PAMPURI, lasciati i borghi agricoli della Pianura Padana, è mandato – breve sosta a Milano – nella fiorente città di BRESCIA, per ragioni storiche definita la “Leonessa d’Italia” .

Il primo biografo Giuseppe Gornati ci dice che “La sua permanenza nella Casa di San Giuseppe in Milano fu brevissima.Quella per il PROBANDATO (postulantato) e il NOVIZIATO era allora a BRESCIA nel convento di Sant’Orsola, cosicché parti IMMEDIATAMENTE dalla metropoli lombarda.
S’iniziava così l’epoca più MONOTONA e, al tempo stesso, più NUOVA per ogni giovane che viene a CONTATTO con gli usi della VITA CONVENTUALE.

Essa rappresenta uno SCONVOLGIMENTO degli ORARI abituali e un MUTAMENTO RADICALE del tenore della vita esteriore. E’ il periodo CRUCIALE in cui insorge la TENTAZIONE contro la RINUNCIA ALLA PROPRIA VOLONTA’.
Pel Pampuri, tuttavia, nulla v’era di nuovo, essendo già TANTO ASSUEFATTO all’ordine sin da quando attendeva come medico alla CONDOTTA DI MORIMONDO, sempre feconda di SORPRESE e di SACRIFICI, e già SPERIMENTATO nella RINUNCIA alla propria LIBERTA’, poiché conosceva da tempo come sia QUESTO il pinto che rende ESEMPLARE il religioso.

Non ebbe, quindi, RIMPIANTI di sorta nell’adattarsi alla regolarità che LIVELLA le persone insieme conviventi; ANZI era proprio questo il punto che maggiormente GLI PIACEVA.

I mesi del probandato trascorsero veloci nel nuovo ambiente. Nel mese di ottobre ne informava la sorella: “Il 21 u.s. Ho fatto la VESTIZIONE CANONICA e comincio l’anno di NOVIZIATO col nuovo nome di FRA RICCARDO. Come vedi, abito nuovo. Nome nuovo per indicare IL DOVERE DI UNA VITA NUOVA”.

COME ABRAMO anche il PAMPURI PARTI’ per destinazione ignota. Non aveva famiglia da portarsi dietro, né beni, perché ciò di cui usufruiva era il patrimonio dello zio adottivo.

Senza averlo mai PROCLAMATO, il PAMPURI ne ha fatto una ragione di vita: FARE FELICI GLI INFELICI.
A partire dai luoghi natali, dall’ambulatorio di Morimondo da MEDICO CONDOTTO. E gli anneddoti non mancano. Perché ne aveva fatto una ragione di vita che è BELLA SOLO SE LA SI DONA. E lui al Dio di Abramo, Isacco e Giacbbe, al Signore GESU’, ha sempre detto di SI’. Con fatica, ma GIOIOSAMENTE. Lui, “adulto prima del tempo” per le disgrazie e sofferenze sopportate con serenità. Perché vedeva tutto in POSITIVO e sapeva ambientarsi in qualsiasi situazione.Spettacolo finale, LA VITA DA FRATE nel CONVENTO-OSPEDALE Sant’Orsola di Brescia.

Assiduo lettore delle Lettere di San Paolo, aveva interiorizzato la Prima Corinti: “Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione.Mi presentai a voi debole, pieno di timore e di preoccupazione. E la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza. Vi ho predicato e insegnato senza abili discorsi di sapienza umana. Era la forza dello Spirito a convincervi. Perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio” (1Cor 2,3-5).

In ogni CASA dove il Pampuri ha dimorato per un periodo più o meno lungo, ha RICEVUTO e LASCIATO un SEGNO. In ogni CASA Dio lo ha SFIORATO, TOCCATO. A tre anni, quando era ancora in braccio a mamma Angela, ultimo della nidiata, lo ha UNRIACATO di gioia e di tenerezza. Lo ha TOCCATO anche quando la TISI glie l’ha UCCISA e portata via sul pù bello, APRENDOGLI la misteriosa e provvida porta dell’ADOZIONE. Ma CASA non è solo luogo: è luogo teologico, dove accadono gli eventi decisivi della vita, dai muri all’ interiorità di chi vi abita. La CASA E’ METAFORA DELLA VITA. Tanto che l’ultimo dei comandamenti recita letteralmente così: “NON DESIDERARE LA CASA DEL TUO PROSSIMO” (Es. 2o.17) . Dove per casa s’intende LA TOTALITA’, la globalità del vivere, l’insieme delle persone e delle cose in cui ognuno investe i suoi sentimenti d’i dentità e appartenenza. La più grande metafora di CASA è MARIA per le sue caratterisiche di “casa di Dio” e luogo di accoglienza del feriale e del carnale, polifonia dell’esistenza e degli affetti.

Dove è stato MANDATO, il Pampuri ha IMPIANTATO questa dimensione spirituale senza scrivere trattati ma vivendo il quotidiano con semplicità e nauralezza, come una dilignte MASSAIA, termine un tempo di largo uso in ambiente contadino, detto di donna che come occupazione esclusiva o principale, cura l’andamento della propria casa,capace non solo nelle faccende di casa ma anche nella cura e nell’amministrazione della famiglia. E CAROLINA BERSAN, la domestica dei Campari, a cettata come una della famiglia perchè più che una fedele “COLF”. Lei che accudiva di giorno il piccolo Erminio (Miliotto) e di sera gli faceva dire le preghiere, gli fu maestra esemplare. Già frate, fece in tempo ad assisterla nelle ultime ore. Così ne parla lui stesso in una lettera alla sorella: “Il 27scorso (1928) è passata a miglior vita, a Torrino, la carissima Carolina ed il Signore nella sua infinita bontà mi ha concesso la grazia grande di assisterla nelle sue ultime ore di vita…Dopo poche ore dal mio arrivo a Torrino, dopo avermi conosciuto, parlato e datami la sua materna benedizione, è spirata. Il 29 ho potuto partecipare anche ai suoi funerali. Oh, che more serena, invidiabile e santa! Morì santamente, come santamente è sempre vissuta, e nella sua morte, come in tutta la sua vita, ci diede un grande, indimenticabile esempio di Fede tanto viva come umile e semplice e di perfetto ABBANDONO alla volontà del Signore: quando mi BENEDISSE, due sole ore prima di morire, mi sembrava che mi benedicesse già dal Cielo: quanta maestà traspariva da quella vita illibata che stava per raccogliere il frutto di tantaa sua virtù! Gli zii che l’hanno assistita come si può assistere una madre amatissima, ne hanno avuto un grande dolore, raddolcito però dal conforto della loro vivida fede”. (3 Marzo 1928).

Il SANTO è un PROVOCATORE, a sua volta PROVOCATO da quel Seduttore irresistibile che è GESU’ DI NAZARET: “È in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce”.(Sal 35,10).
“Alla tua luce vediamo la luce” era particolarmente legato il Rosmini che considerava il verso come la sigla della sua filosofia e della ricerca conscitiva di ogni uomo. Lo è stato anche per il Pampuri. Luogo ideale dell’incontro per vedere le stelle, per udire il silenzio con tratti di leggera brezza è IL DESERTO. Luogo che il Pampuri ha iniziato a frequentare già dal liceo “Ugo foscolo” di Pavia. Perché è qui che comincia a incontrare se stesso, a vivere il FACCIA FACCIA con Dio, a disporsi all’ASCOLTO, ad aprirsi agli altri, a consolidare le basi della sua formazione spirituale. Grazie all’ Unico Necessario, la Divina Presenza, l’uomo di fede viene riscattato dalla sua aridità, salvato dalla sua sterilità, si ritrova trasformato in giardino dell’ Eden, pronto a fiorire. Come il grembo della giovane Maria Nazaret, anch’egli diviene terra feconda: “Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Osea 2,16). Come a dire che ogni AVVENTURA SPIRITUALE passa necessariamente attraverso la prova della provvisorietà, la prova della precarietà. Perché il deserto è il luogo dove la REALTA’ viene sfrondata dell’apparenza, spogliata dell’effimero e ridotta all’essenziale, all’indispensabile:
OSEA 2
16Perciò, ecco, la attirerò a me,
la condurrò nel deserto
e parlerò al suo cuore.
17Le renderò le sue vigne
e trasformerò la valle di Acòr
in porta di speranza.
Là canterà
come nei giorni della sua giovinezza,
come quando uscì dal paese d’Egitto.
21Ti farò mia sposa per sempre,
ti farò mia sposa
nella giustizia e nel diritto,
nella benevolenza e nell’amore,
22ti fidanzerò con me nella fedeltà
e tu conoscerai il Signore.

Il DESERTO affascina e spaventa. Chi vi entra, anche se il programma è arduo, esigente NON DEVE TEMERE perché non sarà mai lasciato solo perché qualcuno lo conosce, non lo perde di vista e lo segue con trepidazione Gli israeliti nel deserto erano guidati da una nube di giorno e da una colonna di fuoco la notte. (Es, 13, 21.22). La nube è segno della presenza di Iahvé e svolge il ruolo di guida per il popolo in cammino.
E’ NUBE e FUOCO allo stesso tempo. LUCE e TENEBRE. MANIFESTA la presenza di Dio, il suo intervento, e lo “VELA” allo stesso tempo. RIVELA e NASCONDE. Una presenza CERTA ma NASCOSTA, segreta.
Per il Pampuri come per tutti noi il deserto non è un luogo geografico ma l’esistenza quotidiana che si srotola lungo la pista monotona delle occupazioni abituali, in mezzo alle solite cose, in un’atmosfera dai toni grigi. Ciò che in definitiva conta è RESPIRARE CRISTO.

Ricorrente nelle lettere del Pampuri alla sorella missionaria al Cairo è l’argomento “tiepidezza, sventatezza, disordine, pigrizia…” che, a suo dire, sarebbero il punto debole della sua via interiore. Visto da fuori, con la carica entusiastica che dimostra in ogni cosa che fa, non si direbbe ma…Ma lui forse recepisce il monito dell’apostolo Paolo ai Romani:“Se uno è in Cristo è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (Rm 14,7ss). A noi vien facile sorvolare. Ma la lettera non è stata scritta per la ristretta cerchia dei dotti ma per per tutto il popolo dei “santi e amati da Dio che era in Roma”, costituito in stragrande maggioranza da persone semplici e illetterate. Lui che si sente interpellato, destinatario della lettera, e da bravo medico diagnosta qual è, si rende conto che i sintomi parlano chiaro: deve ulteriormente svuotarsi, farsi piccolo e obbedire al Vangelo (Rm1,5), “potenza di Dio per chiunque crede”.
E’ la fase in cui il discepolo prende consapevolezza di essere coinvolto, preso misteriosamente dentro il vortice della Trinità: il donarsi e riceve a vicenda del Padre e del Figlio, dal cui giubilante abbraccio scaturisce lo Spirito, parte una scintilla di questo fuoco d’amore che raggiunge il credente, secondo la promessa: “Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto ed essi sanno che tu mi hai mandato. Io ti ho fatto conoscere a loro e ti farò conoscere ancora; così l’amore che hai per me sarà in loro, e anch’io sarò in loro” (Gv 17,25-26).

Mentre si dava ai fratelli come medico sempre a disposizione, RICCARDO si rendeva conto che doveva darsi a Gesù sulla via della croce e dell’obbedienza. Solo uscendo da se stesso avrebbe potuto andare avanti con tutto il desiderio di appartenergli. Così accresce sempre più in lui lo spirito di PICCOLEZZA PER AMORE che è grazia, dono del Natale.
“Quanto fortemente dovrebbe ravvivarsi l’amore nostro riconoscente verso il Divino Redentore che, nella sua infinita bontà e misericordia ha voluto ABBASSATSI, UMILIARSI, fino alla nostra miseria, per INNALZARCI fino a Lui” (! Dic. 1922)

Prega adunque il Banbino Gesù che mi conceda la grazia di saper ASCOLTARE con vera UMILTA’, quella UMILTA’ che può solo farmi comprendere TUTTA LA REALTA’ DELLA MIA MISERIA e ottenermi dal Signore la grazia di potervi rimediare nel miglior modo”. (Alla sorella – 10 Dic.1925)

Preghiera d’abbandono
Lasciami, Signore,
seguire ciecamente i tuoi sentieri,
non voglio cercare di capire le tue vie:
sono figlia tua.
Tu sei il Padre della Sapienza
e sei anche mio Padre,
e mi guidi nella notte:
portami fino a te.
Signore, sia fatta la tua volontà:
“Sono pronta”,
anche se in questo mondo
non appaghi nessuno dei miei desideri.
Tu sei il Signore del tempo,
il momento ti appartiene,
il tuo eterno presente lo voglio fare mio,
realizza ciò che
nella tua sapienza prevedi:
se mi chiami all’offerta nel silenzio,
aiutami a rispondere,
fa che chiuda gli occhi
su tutto ciò che sono,
perchè morta a me stessa,
non viva che per te.
Edith Stein

San Riccardo Pampuri: un santo medico per il popolo

San Riccardo, hai camminato un tempo per le strade della nostra terra, hai pregato nel silenzio delle nostre chiese, hai servito con amore e intelligenza gli ammalati nelle nostre case, sei stato accogliente verso ogni persona che ti ha cercato. Oggi, come un tempo i tuoi malati, anch’io ti cerco e mi rivolgo a te perché tu mi aiuti a guarire nel corpo e nello spirito e mi ottenga dal Signore la tua stessa fede”.
di Simone Baroncia
Questa è la preghiera che ogni fedele che visita la parrocchia dei santi Cipriano e Cornelio martiri, dove è conservato il corpo di san Riccardo Pampuri, recita per ottenere una ‘grazia’. Erminio Filippo Pampuri, nella vita religiosa, frà Riccardo, nacque (decimo di undici figli) il 2 agosto 1897 a Trivolzio (Pavia) da Innocenzo e Angela Campari, e fu battezzato il giorno seguente. Orfano di madre a tre anni, venne accolto dagli zii materni a Torrino, frazione di Trivolzio.
Nel 1907 gli morì a Milano il padre. Compiute le scuole elementari in due paesi vicini, e la prima ginnasiale a Milano, fu alunno interno nel Collegio Sant’Agostino di Pavia. Dopo gli studi liceali, si iscrisse alla facoltà di medicina nell’Università di Pavia, laureandosi con il massimo dei voti, il 6 luglio 1921. Nel 1927 entrò a Brescia nel noviziato dei Fatebenefratelli e vi emise la professione religiosa il 24 ottobre 1928. Gli venne affidato il gabinetto dentistico. Purtroppo nella primavera del 1929 la sua salute peggiorò per la tubercolosi. Il 18 aprile 1930 fu trasferito nell’Ospedale del Fatebenefratelli di Milano dove morì il primo maggio. Proclamato beato da Giovanni Paolo II il 4 ottobre 1981, è stato canonizzato nella festività di Tutti i Santi, 1° novembre 1989.
Il miracolo che lo ha reso Santo riguarda la guarigione di un bambino di 10 anni, Manuel Cifuentes Rodenas, che rischiava di perdere un occhio, perché il piccolo si era ferito gravemente con un ramo di mandorlo, mentre era nell’orto col papà. Riportato a casa, il bambino soffriva e nessuna medicina sembrava dargli sollievo. In quel frangente, il padre del bambino si ricordò di aver trovato, tempo prima, un’immaginetta di Fra’ Riccardo Pampuri e decise di invocare la sua intercessione, come Santo e come medico. Pose, dunque, l’immaginetta sotto la benda che copriva l’occhio di Manuel, senza nemmeno sapere che Pampuri era stato proclamato beato, solo qualche mese prima, il 4 ottobre del 1981. Manuel guarì completamente.

Al parroco, don Paolo Serralessandri, abbiamo chiesto di spiegarci perché egli è un santo popolare: “San Riccardo, al secolo Erminio Filippo, è popolare non nell’accezione di famoso, ma in quella di proveniente dal popolo. Il popolo cristiano educato alla fede nella appartenenza alla Chiesa cattolica.
Pampuri fin da bambino, poi come studente, in guerra, come medico condotto, come religioso tra i Fatebenefratelli è sempre stato in mezzo al popolo segno potente,nella quotidianità, del volto misericordioso di Gesù. E il popolo ha considerato sempre san Riccardo come uno di loro, un Santo certo ma a cui poter rivolgersi con fiducia e insieme familiare confidenza. Tanto che si può dire che è  diventato Santo per la stima e la considerazione che di lui aveva il popolo”.
Quali sono le qualità ‘terapeutiche’ della preghiera?
“La preghiera guarisce soprattutto dalla presunzione che abbiamo di poter essere noi il signore della nostra vita e  dalla paura di essere soli,determinati dalle nostre fragilità. Ci fa invece invocare Colui dal quale la nostra vita dipende e del cui amore la nostra vita consiste. E’ una invocazione che diventa giudizio,presa di coscienza della verità della nostra vita”.
Nella chiesa è sepolto san Riccardo Pampuri: perchè è importante pregare  i santi?
“Nella nostra chiesa è custodito in una urna,visibile ai pellegrini,il corpo di San Riccardo. E’ importante pregare i santi per la comunione che ci lega a loro,in virtù della quale come segno di amicizia possono farsi carico delle nostre domande al Signore. E poi perché la preghiera ci avvicina a loro per imparare da loro ad affrontare con più serenità la vita e a vivere il rapporto con Dio”.
Le malattie o calamità possono considerarsi ‘castigo di Dio’?
“No. Sicuramente Dio non castiga nessuno. Le calamità possono invece diventare opportunità perché guardiamo alla nostra vita e ci chiediamo per cosa valga la pena vivere e cosa sia più essenziale e determinante per il nostro bene”.
Il 1^ maggio dello scorso anno si è aperto il giubileo ‘pampuriano’, che si chiude il prossimo 1^ maggio: in questo periodo di coronavirus in quale modo poterlo vivere?
“Il Giubileo continua sicuramente fino al 1 maggio anche in questa condizione semplicemente pregando San Riccardo. Era già previsto che gli ammalati potessero ottenere l’ indulgenza plenaria pregando da casa o dai luoghi di cura. Comunque molti attraverso i vari mezzi di comunicazione si fanno presenti con le loro domande e le loro richieste di grazie. Credo che sia una Grazia che il giubileo sia coinciso con questo periodo di sofferenza dove ci può soccorrere e aiutare l’esempio e la intercessione di san Riccardo”.

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