0002 – REGOLA DI VITA DELLA COMPAGNIA

 

SCHIENE A DISPOSIZIONE DI DIO

 SCHIENE A DISPOSIZIONE DI DIO San Giovanni di Dio 694edd8f3fdd0f3988b0ed1f35c11dc1
  
 
 
LA MIA  
 
  
 
REGOLA  DI VITA
  
. 
  
Ed
izioni Gribaudi 2000
Gesù e sua Madre icona_artefede_02
     
  
è GESU’
  
  
  
di Nazareth  
 
 
detto il CRISTO 
 
(Gv 15, 15)

GIOVANI_GIOIA 07-Giovani_gioia“Vi ho chiamati amici,

perché tutto ciò che ho udito dal Padre

l’ho fatto conoscere a voi”

 

Glicine brachokaPREMESSA

Domani ( 28 Agosto 2008 ) si celebra festa liturgica di Sant’Agostino, Vescovo d’Ippona e Dottore della Chiesa.

Fra la mole dei suoi scritti, ve n’è uno di poche pagine, titolato ”Regula ad servos Dei”, un progetto di vita adottato nei secoli da tanti Ordini e Congregazioni religiose.

In tale circostanza oso proporre alla COMPAGNIA DEI GLOBULI ROSSI, una REGOLA equivalente, scritta dal Card. Carlo Maria Martini ad usum Christifideles laici del nostro tempo, nello spirito della tradizione patristica.  Pensata per i giovani, è piena di sapienza e va benone anche per chi ha i capelli grigi ma ha perso lo smalto degli ardori giovanili.
San Riccardo Pampuri  1179235202285Anche San Riccardo Pampuri, da giovane medico condotto, scrivendo alla sorella missionaria al Cairo esprimeva il bisogno di avereva di una “regola” per non perdersi. Questo è il motivo per cui s’è fatto religioso dei Fatebenefratelli che vivono secondo il modello di vita comunitaria proposto da Sant’Agostino.
Il vescovo e monaco non ha inventato niente; si è rifatto semplicemente agli Atti degli Apostoli che descrivono la comunità di Gerusalemme:
  • Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere”.
  • “La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune.
  • Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia”.

Anche oggi la tentazione subdola è quella di dire: “Ma non basta il Vangelo?. Certo che basta. Ma la REGOLA giova ancora. E’ uno strumento con una precisa funzione pedagogica:

  • impedirmi  di smarrirmi in un cristianesimo solitario, individualista, fantastico,
  • farmi sentire di non camminare da solo ma in Compagnia…ossia di appartenere all’Ekklesìa, il Popolo di Dio, a una Fraternità di amici: “Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15, 15).

Gesù- Volto_di_cristo_apparizioni -GiottoDunque, Fraternità di “pietre vive” che si tramandano le ardenti parole dell’Amico. Le stesse che l’Arcivescovo Martini ci propone, con lo sguardo sempre rivolto a Gerusalemme e attento alla primitiva comunità descritta dall’evangelista Luca.

Spirito Santo Vetrata tn10370_485577993e11eSuscita sempre nella tua Chiesa, Signore,
lo spirito che animò il tuo vescovo Agostino,
perché anche noi, assetati della vera sapienza,
non ci stanchiamo di cercare te,
fonte viva dell’eterno amore. (Dalla Liturgia)
 
Martini il pastore 5fafb037536986ecb1e9b32618bd1e31E concedi un giorno al Pastore,
estensore di questa REGOLA,
la vita eterna,
premio delle fatiche apostoliche
nella Chiesa Ambrosiana
per la fede cattolica. AMEN.
 

 


 PRESENTAZIONE

 

new-5Nel 1996 l’Arcivescovo, Cardinale Carlo Maria Martini, indirizzava ai fedeli della sua diocesi la lettera pastorale “Parlo al tuo cuore” che aveva come sottotitolo “per una regola di vita del cristiano ambrosiano”.
I contenuti di quella lettera pastorale vengono ora ripresi in una nuova edizione e presentati come “regola di vita del  cristiano”.
(Nella foto al centro il Dr. Pierluigi Micheli tra il Card. Martini e il Card.Saldarini).
L’intenzione è di affidare questa “regola” soprattutto ai giovani, ai diciottenni, agli adolescenti cresimati e cresimandi, a tutti coloro che aprendosi alla vita con scelte ricercate e volute, sentono l’importanza dell’indicazione di una via per accogliere la Parola di Gesù e vivere in comunione con Lui.
È significativo che ciò avvenga oggi, all’inizio del nuovo millennio, in un clima sociale dove si ha l’impressione che le domande creino smarrimento e dove sembra forte la paura di prendere decisioni impegnative per la propria vita.
Questa “regola di vita” prende sul serio gli interrogativi dell’uomo.

  • Non intende offrire risposte facili, invita piuttosto ad un cammino spirituale, interiore e aperto, che domanda innanzitutto di creare lo spazio per lasciare parlare il Signore;
  • aiuta ad affinare lo sguardo per “vedere” Dio vicino all’uomo con diversi segni e molti doni;
  • incita alla testimonianza feconda per la quale ognuno, insieme con tanti fratelli, può essere portatore della speranza che viene da Dio e di un seme di vita in questo mondo.

È certamente una “regola” da meditare lungamente. 

Don Gianni Zappa   


 INTRODUZIONE

Martini il pastore 5fafb037536986ecb1e9b32618bd1e31La “regola di vita” del cristiano è già tutta nel Vangelo ed è resa vivibile dal dono dello Spirito Santo, che ci è dato nel battesimo e negli altri sacramenti.
Il Signore, però, ha voluto salvarci non isolatamente, ma come popolo radunato intorno ai Pastori e chiede loro di interpretare i segni e i bisogni dei tempi. Pertanto, stimolato dall’esempio di chi mi ha preceduto nel servizio della Chiesa di Milano e dai tanti figli di questa Chiesa che sono stati modelli sulla via della santità, ho pensato di stilare questo breve testo perché possa aiutare chi ha intrapreso il cammino difficile e meraviglioso della fede a progredire in esso in obbedienza alla volontà del Padre.
Ciò che vi chiedo è allora semplicemente di meditare questa Regola. Essa parte dalle domande che sono nel cuore di ognuno di noi (Interrogatio) e si sforza di indicare un itinerario credibile e percorribile di risposta nella sequela di Gesù, attraverso il triplice momento della Traditio (i doni a noi trasmessi nella Chiesa ambrosiana), della Receptio (l’accoglienza e la coltivazione di questi doni) e della Redditio (il ridistribuire questi doni
ad altri).

Ascoltami, ti prego, con lo stesso cuore aperto con cui ti parlo, cominciando dalle domande che entrambi abbiamo dentro.

Capitolo primo

INTERROGATIO:
L’INQUIETUDINE DEL CUORE

 

1. Ascoltare le domande vere

Vorrei farmi tuo compagno di strada: ascoltare le domande vere del tuo cuore, confessarti le mie. Questo è importante: non è possibile trovare e dare risposte, se non si sono riconosciute le domande. Una “regola di vita” vorrebbe anzitutto essere un tentativo di dare risposte a domande vere (o forse, più modestamente, l’indicazione di un tracciato, lungo il quale cercare e incontrare risposte vere).

2. La domanda radicale: la morte

Provo a mettere in gioco fino in fondo me stesso, ad aprire il mio cuore: se vi guardo dentro, trovo tante gioie e dolori e tante domande aperte, che forse sono anche le tue.
Come stanno insieme i dolori e le gioie della vita? Quando si pensa a tante sofferenze della gente Ce me ne giungono gli echi ogni giorno e ogni ora), qualunque godimento, anche il più legittimo e semplice, sembra scolorire, appare come stonato. Perché invece ha senso? come si conciliano le gioie autentiche di questo mondo con le prospettive di morte? perché la morte nel mondo? perché, se è vero che Dio ci ha salvato, non ci ha liberato dalla necessità di morire? e, dietro la morte, tutti i dolori e le angosce dell’esistenza umana: perché questo immenso cumulo di violenze, ingiustizie e solitudini? Sembra che il non senso l’abbia vinta su tutti i fronti: fare i conti con la miseria che copre la terra significa riconoscere la grande difficoltà che tutti incontriamo nel renderci padroni della complessità, nel trovare ragioni che giustifichino la fatica di vivere.

3. Il silenzio di Dio

Perché il Signore sembra tacere? perché Lui, che è l’Onnipotente, non si manifesta con lo splendore della Sua verità e lo sfolgorio della Sua onnipotenza? perché quella Sua apparente indifferenza davanti alla quotidiana commedia e tragedia della nostra vita? è proprio vero che Gli stiamo a cuore? che siamo importanti per Lui? tutti e ciascuno? Non stupirti che sia anch’io a farmi queste domande: me le porto dentro e ogni giorno inquietano la mia fede e mi rendono pensoso e in ricerca. Anche nel cuore del Vescovo abitano gli interrogativi che ci fanno umani, così fragili davanti alla vita, alla malattia, alla morte.

4. Dall’interrogare all’essere interrogati

A pensarci bene, tutte le domande che ho ricordato sono rivolte a Dio: è per noi quasi spontaneo chiederGli conto e ragione di questo mondo.
Se Dio c’è, è Lui che lo ha voluto, così come esso è. E tuttavia, non è forse la critica smaliziata del pensiero moderno che si è abituata a chiamarLo in giudizio davanti alla clamorosa smentita che il dolore del mondo darebbe della Sua provvidenza e del Suo amore? In questo siamo un po’ tutti figli dell’epoca moderna, della sua ragione cosiddetta “adulta ed emancipata”. E se provassimo a capovolgere la domanda, a passare dall’interrogare all’essere interrogati? e se consentissimo a Dio di porci Lui le Sue domande?

5. L’invadenza dell’Io

Mi chiedo allora quali potrebbero essere le domande di Dio: se penso al Suo
giudizio, se mi immagino davanti a Lui, al Suo sguardo penetrante e creatore, non posso non riconoscere come il mio cuore sia mosso tante volte da motivazioni spurie, o, per dirla tutta,
da un’invadenza dell’Io, che vuole stare al centro e misurare su di sé tutte le cose, e perfino l’agire di Dio! Anche per un’epoca come la nostra, che non percepisce la consistenza e la drammaticità del peccato, non dovrebbe essere difficile riconoscere le conseguenze di questa invadenza nella vita degli uomini: penso alla fatica che tutti facciamo ad uscire dalle pastoie delle nostre motivazioni egoistiche; penso alla facilità con cui ci lasciamo prendere da logiche particolaristiche, incapaci come siamo di guardare al di là del nostro piccolo calcolo. Le domande che Dio ci fa sono spirito e vita, perché ci invitano a riconoscere le ragioni del nostro disagio di vivere e della nostra mancanza di felicità e di pace anzitutto in noi stessi, nella fatica e nella paura di amare che ci portiamo dentro, nel sospetto di non essere amati, nella diffidenza di fronte a ogni atteggiamento di amore gratuito.

6. La perdita dell’ingenuità

È così che capisco la verità su me stesso: è come un prendere coscienza del proprio egoismo e della propria fragilità, che fa cadere l’ingenua magia di pensare che bastino le buone intenzioni per cambiare il mondo e la vita. C’è veramente una differenza stridente fra l’altezza dei buoni propositi e la presenza del male e dell’egoismo in ciascuno di noi: forse è questo ciò che Dostoievski chiamava “l’abisso dei doppi pensieri”. Fai qualcosa di bene e t’accorgi che dentro il tarlo del tuo lo non ti abbandona. T’accorgi che è sempre grande la potenza del peccato. Gli alti e i bassi si susseguono con un’impressionante frequenza: e non solo sul piano psicologico, ma su quello più profondo delle scelte del cuore, degli orientamenti della vita.

7. La via più difficile

Certo, occorre imparare a convivere con noi stessi, ad accettare questa permanente instabilità psicologica e spirituale. Ma ciò esige di capirne il perché, domandandoci come anche attraverso questo cammino contorto Dio ci ami e voglia farci suoi figli. Accettare che dalla morte venga la vita ci ripugna: eppure deve essere proprio così, se il Signore ci lascia in questa lotta, che sembra pervadere l’universo intero. Forse, però, è proprio questa ripugnanza ad accettare e scegliere la via dell’amore fino alla morte che mostra al tempo stesso la condizione tragica del peccato e il bisogno che noi tutti abbiamo di imparare ad amare con un aiuto che ci venga dall’alto: in questo senso, la fatica a credere che un Dio sia morto in croce è la riprova della necessità di questa morte. Il cristianesimo non è la risposta banale alla domanda del dolore e della morte, una risposta che giustifichi tutto o tutto copra sotto l’incomprensibile giudizio divino. Il cristianesimo è la “lectio difficilor”, la via più difficile, che prende sul serio la condizione universale di morte e di peccato, e proprio così annuncia la compassione di un Dio che si fa carico di questa morte e di questo peccato per sollevare e salvare ciascuno di noi.

8. Il Dio “sofferente” e la legge della Croce

Il passo ulteriore è dunque arrivare a intuire che Dio sta dalla nostra parte e partecipa al dolore per tutto questo male che devasta la terra. Egli non se ne sta come uno spettatore disinteressato o un giudice freddo e lontano, ma “soffre” per noi e con noi, per le nostre solitudini incapaci di amare, perché Lui ci ama. La “sofferenza” divina non è incompatibile con le perfezioni divine: è la sofferenza dell’amore che si fa carico, la “com-passione” attiva e libera, frutto di gratuità senza limiti. Sempre più, nel cammino della vita, sotto i colpi di luce del Vangelo, il Dio di Gesù Cristo mi è apparso come il Dio capace di tenerezza e di pietà fino al punto da “soffrire” per i peccati del mondo. Un Dio tenero come un Padre e una Madre, che non rinnega mai i suoi figli. Un Dio umile, che manifesta la Sua onnipotenza e la Sua libertà proprio nella Sua apparente debolezza di fronte al male. Un Dio che per amore accetta di subire il peso del nostro peccato e del dolore che esso introduce nel mondo. Proprio così, però, nella morte di Gesù sulla croce, Dio ci insegna a t

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