LE STAZIONI DELL’AMORE – Angelo Nocent

Da ” LE STAZIONI DELL’AMORE

di Angelo Nocent

Agli amici della COMPAGNIA DEI GLOBULI ROSSI le confidenze segrete di un grande amore per Myriam,

la Maestra e la Signora del mare di questo secolo, che lei ci fa attraversare conducendoci al cielo“. (S.Ambrogio, Exhort. ad Virgines). E’ una passione giovanile, sempre coltivata negl’anni e mai venuta meno. Una raccolta di stornelli cantati sotto il suo balcone.

Per parlare degnamente di Maria, come per dipingere le sue icone, bisognerebbe essere santi.

Ma anche i peccatori conoscono la parola tenerezza.

Sono certo che Lei saprà capire e compatire.

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LA MADONNA INNAMORATA

Certamente sei stata una donna
che ha provato la gioia, l’amore;
te lo leggo negl’occhi, Madonna:
a chi hai detto il tuo primo “ti amo!”?
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Hai vissuto anche tu la stagione
dei vivaci ritrovi festosi,
degli amici, dei suoni, di danze,
il piacere di un abito nuovo.
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Come anfora sotto le mani
del vasaio che plasma l’argilla,
sei cresciuta di dentro e di fuori,
ti sei fatta ogni giorno più bella.
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Ti guardavano tutti, attirati
da qualcosa che sa di mistero:
e’ il candore dell’occhio pulito
che riverbera luce sul corpo. (cfr Mt 6,22-23 )
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Un ragazzo di nome Giuseppe
una sera ha trovato il coraggio;
agitato, è venuto vicino
e ti ha detto: “Maria, ti amo”.
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Provi un brivido…E timida: “Anch’io”.
La penombra confonde il rossore
ma nell’iride, come faville,
brilla il cielo coperto di stelle.
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Le compagne sedute sui prati
a sfogliare con te la verbena,
non riuscivano proprio a spiegarsi
rapimenti e tanta passione.
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Ti vedevano assorta nel tempio,
estasiata cantando nel coro:
Dall’aurora ti cerco, mio Dio,
di te ha sete l’anima mia…”.
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E di sera, splendente la luna,
raccontando a vicenda le pene
che l’amore produce nel cuore,
le stupivi ogni volta di nuovo.
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Per parlare del tuo fidanzato
ti sarebbe voluta la cetra:
attingevi dal Cantico i versi
che la bocca colmava di aroma.
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Riconosco tra mille il mio uomo…
Ha due occhi che sono colombe…
Il suo petto è una piastra d’avorio…
Le sue gambe colonne di marmo.(Can.5,10 ss)
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Quell’amore di tante compagne,
come l’acqua racchiusa in cisterna,
era limpido e molto sincero
ma con scorie e detriti sul fondo.
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Non potevano proprio capire
che il tuo amore era senza fondigli
perché dove attingevi, Maria,
era il pozzo di Dio, senza fondo.
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Ti dobbiamo un po’ tutti le scuse
per aver trascurato di dire
che sei stata una donna stupenda
da qualsiasi punto di vista.
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I poeti, le chiese, i cantanti,
musicisti, pittori e scultori,
hanno espresso alla Madre di Dio
un tripudio stupendo di arte.
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Molto meno si parla di quando
trepidavi, sognavi e stupivi
nella Nazareth, con la tua gente,
nel frantume ritmato dei giorni.
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Come noi sei vissuta nel tempo,
coi vicini di casa, gli amici,
hai studiato e fatto progetti,
condiviso la gioia, il dolore.
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Lavoravi la lana, cucivi,
ti vestivi, adornavi con gusto,
cucinavi, spazzavi il soggiorno,
hai lavato e disteso il bucato.
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Più “devoti” che da innamorati,
noi t’ abbiamo eletta Regina,
segregandoti troppo nel Cielo,
preoccupati dei fiori agli altari.
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Dissociato in tema di amore
il sentire umano e divino,
troppo spesso ai nostri ragazzi
non riusciamo additarti a modello.
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Abbagliati da tanto candore,
noi ti abbiamo pensata capace
solamente di fiamme celesti,
non di fuochi terreni e scintille.
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Ma l’amore è unico e santo.
E’ dall’unico incendio che parte
ogni vampa, ogni traccia di fuoco:
la centrale è il Cuore di Dio.
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Dalle nostre modeste esperienze
non possiamo escluderti ancora.
sei maestra di come si ama
questa terra, non solo il Signore.
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Il tuo ruolo di donna e di madre
ci aiuti a capire che il fuoco
può accendere lumi di gioia
o far terra bruciata di tutto.
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Ai bambini diciamo ogni giorno:
“non si deve scherzare col fuoco!”
Per amare ma senza scottarci,
forse abbiamo bisogno di scuola.
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Tu c’insegni a trattare l’amore:
è una brace che va liberata
dalla cenere con attenzione.
Mai scossoni, altrimenti si spegne.
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Per amare bisogna imparare:
a morire, se è necessario;
a uscire, a far posto, a lasciare…,
desquamare, se c’è l’egoismo;
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Chi rispetta il destino degl’altri,
e si toglie di mezzo o ritorna…,
chi nel dare non chiede lo scambio…,
si può dire che è innamorato.
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Chi trasale a un arcano tramonto,
alla neve, al profumo del mare,
ai colori dell’arcobaleno… ,
si può dire che è innamorato.
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Se una coppia si guarda negl’occhi,
si accarezza, si stringe la mano,
e non forza i tempi dell’altro…,
si può dire che è innamorata.
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Creatore di tutte le cose,
con il Salmo Ti esprime la terra
quell’amore che poi non sa dare.
Sui Tuoi jeans , se permetti, incidiamo:
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O Signore, Tu sei il mio Dio,
dall’aurora ti cerco al tramonto:
di te ha sete l’anima mia,
come arida terra deserta”.
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Se la fresca sorgente é Maria,
non ci resta che bere alla fonte
da cui sgorga l’amore alla Vita.
Vuoi parlarci d’amore Maria?
Parlaci d’amore, Mariù…”.

VIENI A PRENDERE IL TE’

A CASA MIA

Tu per sempre risiedi sul trono
della gloria, Regina del Cielo,
coronata di dodici stelle,
l’universo prostrato ai tuoi piedi.
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Tanto tempo è passato da quando
e’ venuto a riprenderti il Figlio
per portarti nel Regno di Dio,
decretata per sempre Sovrana.
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Torneresti a farti un bel giro
sulla terra che è tanto cambiata,
tra la gente, le nuove contrade,
a giocare coi nostri bambini?
.
Non hai più nostalgia del paese,
del profumo di pane, di agnello,
della torta di mandorle e fichi
che piaceva a Giuseppe, al Bambino?
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Ti chiediamo però di venire
senza il manto e le insegne regali,
ma vestita com’eri una volta
per narrarci le tue tradizioni.
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Sei l’orgoglio, il vanto di Dio
sei l’onore del genere umano.
Per un giorno però con noi sfoglia
le tue foto di moglie, di madre.
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Dio sa quanto noi siamo curiosi
di sentirti narrare la storia
della tua esistenza terrena
sulla quale è calato il sipario.
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Pur essendo di stirpe regale,
hai vissuto una vita comune,
fatta proprio di cose essenziali,
vera donna coi piedi per terra.
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Tu sentivi la voce di Dio
e nell’estasi Lui ti rapiva
ma per farti tornare, rinata,
agli obblighi del quotidiano.
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Sinagoga, famiglia, lavoro,
come tutti i vicini di casa;
stesso pozzo per l’acqua da bere
o mortaio per battere il grano.
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Se hai provato le umane fatiche,
un sospetto fondato ci viene:
che la nostra penosa giornata
non sia proprio soltanto banale.
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Hai avuto anche tu i tuoi problemi:
di salute, di soldi, di spese;
rattoppare i vestiti, filare,
inventare la cena con niente.
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Hai passato momenti di crisi
nei rapporti con lui, tuo marito,
hai spiato anche tu tra le pieghe
tumultuose ed oscure del Figlio.
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Come tutte le donne hai sofferto
di non essere sempre compresa
o temuto di avere deluso
i due amori più grandi che avevi.
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Con due uomini simili in casa,
taciturni, assorti e pensosi,
solitudine hai certo provato,
ma sfociava in comune preghiera.
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Senz’aureola, a capo scoperto,
come stavi, vediamo, Maria?…
La follia di toglierti il velo
solo tu puoi capirla davvero.
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Eri bella, bellissima, guarda…!
Con la treccia di neri capelli,
stavi bene; che dolce profilo…
E quegl’occhi, quei teneri occhi…
.
Graziosissimo volto ti ha dato
Chi voluta ti ha Genitrice…
il tuo corpo, purissimi raggi,
un tutt’ uno con l’anima tua.
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Se spegnamo i fari puntati
sull’immensa, regale grandezza,
dietro l’ombra di questa tua carne
ritroviamo sorgenti di luce.
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Hai avuto i tuoi giorni felici,
gioie caste e senza malizie;
le amarezze non sono mancate:
ne hai patite di tutti i colori.
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Torna ancora sul nostro pianeta,
inquinato ma bello, ospitale;
passa a prendere un tè in ogni casa:
tanta gente vorrebbe incontrarti.

Di bellezza temiamo parlare.
E’ pudore? E’ambigua la carne?
E’ l’effimero che ci depista
dai sentieri che portano a Dio?
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Se il Tuo umano splendore ci attrae
e’ perché la bellezza rifulge
nel segreto mistero d’ Iddio,
nostalgia che l’uomo conserva.
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La bellezza è dono di Dio
seminato qua e là sulla terra:
nelle vette innevate, nei boschi,
nella forza furente del mare.
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Se natura è un’opera d’arte,
ogni corpo è un capolavoro:
l’armonia in un corpo di donna… ,
Il visino di un cucciolo umano… !
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La bellezza terrena è un seme
destinato a fiorire nel cielo.
Il viandante la incontra, la vede
e sospira, bramando l’Eterno.
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Noi vogliamo ammirarti, Maria,
come icona che rende in visione
l’invisibile volto di Dio:
l’Umiliato che in te è Splendore.
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Elegante, d’intensa bellezza,
ma discreta, tutt’acqua e sapone,
espressiva, di sguardo profondo,
s’intuisce il tuo mondo interiore.
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O sorella dei giorni terreni,
riservata, di poche parole,
tu sei donna protesa all’ascolto,
afferrata da un’altra Parola.
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E’ rimasto nei Santi Evangeli
il tuo modo di dire le cose;
un linguaggio essenziale, pregnante:
tanti “sì”, ora un  “fiat”o un “amen”…
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Poetessa dal cuore ispirato,
hai cantato i prodigi di Dio
con l’antica sapienza dei padri,
acquisita leggendo i profeti.
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La tua vita è un’ attesa d’orante
fecondata da lunghi silenzi;
fidanzata in attesa, all’inizio,
e poi madre in attesa, alla fine:
.
in attesa dell’ uomo, Giuseppe,
in attesa del Bimbo promesso,
in attesa che esca di casa,
in attesa che adempia il mandato…
.
Cento attese altrettanto struggenti
nell’arcata dei giorni mortali;
sostenuta da quelle promesse
sul Calvario firmate col sangue.
.
E’ importante in presenza di un dramma,
poter cogliere gesti d’amore;
ma ci vogliono antenne capaci
di capire, captare i bisogni.
.
Se le avevi, adesso più ancora.
Tu precedi le nostre richieste,
intuisci, ci leggi nel cuore
e ti accosti a chi ti scantona.
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Non richiesta, hai fatto i bagagli
e deciso di metterti in viaggio
su pei monti di Giuda e portare
un aiuto all’anziana cugina.
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Prevenendo anche a Cana un disagio,
hai forzato la mano del Figlio
ottenendone il primo prodigio
per la gioia di umili sposi.
.
Nella notte in cui fu tradito,
hai accolto il disagio di Pietro;
sulla spalla hai permesso lo sfogo,
quell’amaro tristissimo pianto.
.
Chissà quanto ha battuto il tuo cuore
presagendo il suicidio di Giuda;
sei uscita invano a cercarlo,
mentre lui, disperato, vagava.
.
Una vita normale, vissuta
a captare i segnali dei tempi ,
sempre attenta al silenzio di Dio,
eloquente linguaggio d’amore.
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Tutta sola davanti alla roccia,
sei rimasta a vegliare la notte
per vedere risorgere il Figlio,
primo sguardo sull’Uomo-Glorioso.
.
Vieni ancora, ridacci la mano
senza attendere nostre richieste;
col tuo esempio ci rendi capaci
di far nostri i problemi degl’altri.
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Emigrata tu stessa in Egitto,
sai benissimo cosa vuol dire
non avere diritto d’asilo,
mendicare un tozzo di pane.
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Hai provato ed ora conforta
il dolore di madri che figli
hanno visto uscire di casa,
scomparire per sempre nel nulla.
.
Le tempeste si fanno frequenti
per diversi svariati motivi:
c’è la strada che uccide, la guerra,
le passioni, il denaro, la droga…
.
Quella Donna “vestita di sole,
con la luna, sgabello ai suoi piedi,
coronata di dodici stelle”,
è una nostra concittadina.
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Grazie, Madre, d’averci sfogliato
il tuo album di tanti ricordi.
Eri dolce, eri buona, eri bella,
eri proprio una santa, Maria.
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Torna ancora sul nostro pianeta;
c’e’ la guerra, il dolore, la fame…
Passa a prendere un te’ nelle case,
metti dentro la testa, Maria !

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PREGHIERE

Santa Maria, compagna di viaggio

DIARIO

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S
anta Maria,
Madre tenera e forte,
nostra compagna di viaggio sulle strade della vita,
ogni volta che contempliamo
le cose grandi che l’Onnipotente ha fatto in te,
proviamo una così viva malinconia per le nostre lentezze,
che sentiamo il bisogno di allungare il passo
per camminarti vicino.
Asseconda, pertanto, il nostro desiderio di prenderti per mano,
e accelera le nostre cadenze di camminatori un po’ stanchi.
Divenuti anche noi pellegrini nella fede,
non solo cercheremo il volto del Signore,
ma, contemplandoti quale icona della sollecitudine umana
verso coloro che si trovano nel bisogno,
raggiungeremo in fretta la “città”
recandole gli stessi frutti di gioia
che tu portasti un giorno a Elisabetta lontana.
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Santa Maria, Vergine del mattino,
donaci la gioia di intuire,
pur tra le tante foschie dell’aurora,
le speranze del giorno nuovo.
Ispiraci parole di coraggio.
Non farci tremare la voce quando,
a dispetto di tante cattiverie e di tanti peccati
che invecchiano il mondo,
osiamo annunciare che verranno tempi migliori.
Non permettere
che sulle nostre labbra il lamento prevalga mai sullo stupore,
che lo sconforto sovrasti l’operosità,
che lo scetticismo schiacci l’entusiasmo,
e che la pesantezza del passato
ci impedisca di far credito sul futuro.
Aiutaci a scommettere con più audacia sui giovani,
e preservaci dalla tentazione di blandirli
con la furbizia di sterili parole,
consapevoli che solo dalle nostre scelte di autenticità e di coerenza
essi saranno disposti ancora a lasciarsi sedurre.
Moltiplica le nostre energie
perché sappiamo investirle
nell’unico affare ancora redditizio sul mercato della civiltà:
la prevenzione delle nuove generazioni
dai mali atroci che oggi rendono corto il respiro della terra.
Da’ alle nostre voci la cadenza degli alleluia pasquali.
Intridi di sogni le sabbie del nostro realismo.
Rendici cultori delle calde utopie
dalle cui feritoie sanguina la speranza sul mondo.
Aiutaci a comprendere
che additare le gemme che spuntano sui rami
vale più che piangere sulle foglie che cadono.
E infondici la sicurezza di chi già vede l’oriente
incendiarsi ai primi raggi del sole.
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Santa Maria, Vergine del meriggio,
donaci l’ebbrezza della luce.
Stiamo fin troppo sperimentando
lo spegnersi delle nostre lanterne,
e il declinare delle ideologie di potenza,
e l’allungarsi delle ombre crepuscolari
sugli angusti sentieri della terra,
per non sentire la nostalgia del sole meridiano.
Strappaci dalla desolazione dello smarrimento
e ispiraci l’umiltà della ricerca.
Abbevera la nostra arsura di grazia nel cavo della tua mano.
Riportaci alla fede che un’altra Madre, povera e buona come te,
ci ha trasmesso quando eravamo bambini,
e che forse un giorno abbiamo in parte svenduto
per una miserabile porzione di lenticchie.
Tu, mendicante dello Spirito,
riempi le nostre anfore di olio
destinato a bruciare dinanzi a Dio:
ne abbiamo già fatto ardere troppo
davanti agli idoli del deserto.
Facci capaci di abbandoni sovrumani in Lui.
Tempera le nostre superbie carnali.
Fa’ che la luce della fede,
anche quando assume accenti di denuncia profetica,
non ci renda arroganti o presuntuosi,
ma ci doni il gaudio della tolleranza e della comprensione.
Soprattutto, però, liberaci dalla tragedia
che il nostro credere in Dio
rimanga estraneo alle scelte concrete di ogni momento
sia pubbliche che private,
e corra il rischio
di non diventare mai carne e sangue
sull’altare della ferialità.
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Santa Maria, Vergine della sera,
Madre dell’ora in cui si fa ritorno a casa,
e si assapora la gioia di sentirsi accolti da qualcuno,
e si vive la letizia indicibile di sedersi a cena con gli altri,
facci il regalo della comunione.
Te lo chiediamo per la nostra Chiesa,
che non sembra estranea neanch’essa
alle lusinghe della frammentazione,
e della chiusura nei perimetri segnati dall’ombra del campanile.
Te lo chiediamo per la nostra città,
che spesso lo spirito di parte riduce così tanto a terra contesa,
che a volte sembra diventata terra di nessuno.
Te lo chiediamo per le nostre famiglie,
perché il dialogo, l’amore crocifisso,
e la fruizione serena degli affetti domestici,
le rendano luogo privilegiato di crescita cristiana e civile.
Te lo chiediamo per tutti noi,
perché, lontani dalle scomuniche dell’egoismo
e dell’isolamento,
possiamo stare sempre dalla parte della vita,là dove essa nasce, cresce e muore.
Te lo chiediamo per il mondo intero,
perché la solidarietà tra i popoli
non sia vissuta più come uno dei tanti impegni morali,
ma venga riscoperta come l’unico imperativo etico
su cui fondare l’umana convivenza.
E i poveri possano assidersi, con pari dignità,
alla mensa di tutti.
E la pace diventi traguardo dei nostri impegni quotidiani.
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Santa Maria, Vergine della notte,
noi t’imploriamo di starci vicino
quando incombe il dolore,
e irrompe la prova,
e sibila il vento della disperazione,
e sovrastano sulla nostra esistenza il cielo nero degli affanni
o il freddo delle delusioni,
o l’ala severa della morte.
Liberaci dai brividi delle tenebre.
Nell’ora del nostro Calvario,
tu, che hai sperimentato l’eclisse del sole,
stendi il tuo manto su di noi,
sicché, fasciati dal tuo respiro,
ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà.
Alleggerisci con carezze di madre
la sofferenza dei malati.
Riempi di presenze amiche e discrete
il tempo amaro di chi è solo.
Spegni i focolai di nostalgia nel cuore dei naviganti,
e offri loro la spalla perché vi poggino il capo.
Preserva da ogni male i nostri cari che faticano in terre lontane
e conforta, col baleno struggente degli occhi,
chi ha perso la fiducia nella vita.
Ripeti ancora oggi la canzone del Magnificat,
e annuncia straripamenti di giustizia a tutti gli oppressi della terra.
Non ci lasciare soli nella notte a salmodiare le nostre paure.
Anzi, se nei momenti dell’oscurità ti metterai vicino a noi
e ci sussurrerai che anche tu,
Vergine dell’avvento,
stai aspettando la luce,
le sorgenti del pianto si disseccheranno sul nostro volto.
E sveglieremo insieme l’aurora.
Così sia.
.

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( Tonino Bello, “Maria, donna dei nostri giorni” )

L


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