ISTRUZIONI VOCAZIONALI – C. M. Martini

Vorrei brevemente, quasi a modo di istruzione, rispondere a qualche domanda, espressa o inespressa sulla vocazione.



l. Quali sono i segni certi della volontà di Dio?
Oggi più che in ogni altro tempo, i giovani sono, e molto, incerti nelle loro decisioni. E’ vero tuttavia che, quando si tratta di compiere scelte definitive per la vita, la nostra creatività resta particolarmente coinvolta e non possiamo pretende­ di avere delle certezze prefabbricate.Le incertezze, dunque, da una parte sono giuste, si purificanti, ma dall’altra si devono diradare gradualmente nella misura in cui ci convinciamo che il Si­gnore vuole la nostra cooperazione libera nella vocazione. Egli desidera elaborarla con noi e in noi; attraverso le incertezze, che causano sempre soffe­renza, ci aiuta a costruire il cammino lungo il quale arriviamo alla decisione. Mi sembra perciò utile offrirvi tre criteri.

Anzitutto occorre diradare le incertezze mediante strumenti legittimi: l’ascolto della Parola, l’eserci­zio della lectio divina, il silenzio, la riflessione, il dialogo con il direttore spirituale.
Dobbiamo comunque assumerci un rischio, fatto­ ineliminabile nelle decisioni creative della nostra libertà. Chi non ama non rischia; quando, per esempio, decidiamo di dare fiducia a una persona, rischiamo. Nella scelta della vocazione, non possiamo dunque cullarci in una eterna incertezza, adducendo la scusa che non vediamo ancora chiaro.
Dobbiamo nutrire una grande fiducia in Dio, nel senso di credere, cioè, che egli dentro di me pone dei criteri e i princìpi per una scelta giusta. Non è fidu­cia in Dio il non impegnarsi per scegliere aspettando chissà quale rivelazione miracolosa! Quello che ci vie­ne chiesto è di affidarci al Dio che opera in noi. La libertà di elaborare un atteggiamento di dispo­nibilità, comporta un rischio che però si appoggia al­la fiducia.
Tuttavia, all’origine delle nostre incertezze, si trova spesso il cosiddetto senso della indegnità. Non ci sem­bra possibile di essere oggetto di una predilezione divina, non finiamo mai di convincerci che il Signore ci ama davvero. E questo vuol dire che la nostra fede è ancora debole.
Dobbiamo infatti credere che Dio ci ama, ci ama come non potremo mai immaginare, mai capire, mai pensare, mai esprimere. Siamo quindi invitati a cogliere nel Battesimo, nell’Eucaristia, nel mistero di Gesù Crocifisso, i segni visibili di questo ineffabile e infinito amore personale di Dio, siamo invitati a viverli con una più profonda coscienza.

2. Come discernere i progetti di Dio?
Un secondo interrogativo può riguardare il cosiddetto discernimento, che è qualcosa di molto serio.
Nella vita quotidiana, il discernimento è la ca­pacità di distinguere ciò che nelle mie azioni è secondo lo Spirito di Cristo e ciò che gli è contrario. Spirito di Cristo è attenzione all’umiltà, all’accettazione della prova, alla carità, alla pazienza, alla benignità, alla gioia. Spirito contrario a Cristo è volontà della rea­lizzazione di sé, gusto della mondanità, ricerca del successo, pretenziosità, malagrazia.

Il discernimento ci dà la consapevolezza di essere continuamente sotto la mozione dello Spirito santo (che ci spinge a vivere le Beatitudini) e sotto la mozione dello spirito maligno (che ci spinge all’ambizione, alla vanità, al successo, al parlar male degli altri).
Ancora, il discernimento è la capacità di non agire per impulso, di capire da dove viene quell’impulso e se produce amarezza, invidia, irritazione, oppure pace, gioia, serenità,desiderio di pregare. Questo discernimento quotidiano crea l’abitudine al discernimento vocazionale; a discernere, nell’insieme dell’impostazione della mia vita, che cosa è più conforme allo spirito di Cristo: E quando si è giunti a una scelta definitiva, pur se sofferta, ci fa cogliere subito se produce dentro di noi fiducia, letizia, consolazione dello Spirito santo.

Diventa allora facile capire se i nostri progetti corrispondono a quelli di Dio. I progetti di Dio h conosciamo dalla Sacra Scrittura; il Signore ha condotto il suo popolo fuori dalla schiavitù dell’Egitto verso la libertà della terra promessa e a poco a poco l’ha portato alla vita in Cristo, agli atteggiamenti evangelici delle Beatitudini. I nostri progetti sono dunque conformi a quelli di Dio quando corrispondono ai progetti di Cristo. Per questo è assolutamente importante l’esercizio della lectio divina, che ci permette di conoscere, giorno dopo giorno, come Gesù agiva, pensava, amava, godeva, voleva, serviva, si donava. Il comportamento di Gesù dodicenne nel tempio, per esempio, ci insegna che la giusta attenzione ai genitori non può mai impedire la realizzazione di una vocazione al presbiterato o alla verginità consacrata. Tanto più che i genitori non impediscono in genere a un figlio la scelta matrimoniale, come pure l’impegno di un lavoro, o addirittura la ricerca del successo. Naturalmente, sarà necessario giudicare caso per caso, soprattutto se i genitori sono anziani e ammalati, ma il criterio di base lo abbiamo. Nel nostro tempo la maggior parte delle famiglie, anche cristiane, non vede bene la scelta di consacrazione da parte dei figli. Vorrei però sottolineare che tale vocazione è sommamente importante nella Chiesa. Le istituzioni religiose possono cambiare, nascere e morire, e la storia lo attesta; gli Ordini e le Congregazioni possono lasciare il posto a nuove forme, ma se venisse a mancare la figura della verginità consacrata per il Regno, la Chiesa non ci sarebbe più. La Chiesa infatti esiste in quanto genera continuamente figure carismatiche di dedicazione evangelica, che costituiscono il sale e il fermento della comunítà cristiana.

3. In quale modo parla il Signore?
Ho l’impressione che non abbiamo sempre un’idea esatta di che cosa significa ‘ascolto dei Signore’.

a) Il primo è l’ascolto di quella parola di Dio che la Chiesa ci trasmette attraverso il Vangelo, l’Antico Testamento, la voce del Papa e dei Vescovi. Ascoltare la voce di Dio non vuol dire quindi percepire il fruscio di un’aria leggera, bensì leggere la sua Parola con disposizioni di umiltà, preghiera, obbedienza, riverenza.

b) C’è un secondo modo di ascolto. Passando dal momento della lectio di un brano biblico, di un salmo, di una pagina dell’Antico o del Nuovo Testamento, al momento della meditatio, dobbiamo applicare la parola di Dio alla nostra situazione personale, dobbiamo lasciarci interpellare dal Signore chiedendoci: come questa parola mi spiega, mi scuote, mi tocca, si realizza in me qui e adesso? Questo ascolto è molto importante per la nostra vita concreta, quotidiana.

3) Ci può essere un terzo tipo di ascolto, meno abituale, più interiore: si avverte dentro di sé una parola di Dio, una sorta di voce. Ovviamente, perché sia vera e non invece frutto della mia immaginazione, occorre sentirla ripetutamente, insistentemente, e non solo in un momento di euforia. E allora bisogna confrontarsi con il direttore spirituale. A noi, comunque, spetta anzitutto di esercitarci nella prima e nella seconda forma di ascolto, senza le quali non ci può essere mai la terza.

4. L’aridità nella preghiera
Abbiamo parlato dell’aridità vissuta da santa Teresa di Gesù Bambino. Tutti però, prima o poi, conosciamo questa aridità che può portare allo scoraggiamento, alla tristezza e addirittura alla decisione di impiegare in altro modo il tempo stabilito per la preghiera. E’ perciò utile sapere che l’aridità può sopravvenire per due ragioni.

a) La prima è quella della prova: Dio vuole purificarci, vuole farci passare a una fede più pura, vuole suscitare una ricerca nuova.

b) La seconda ragione va ricercata in noi stessi: l’aridità infatti può essere frutto di dissipazione, di pigrizia, di affettività sregolate che, a poco a poco, inducono al disgusto delle «cose del Padre».

Naturalmente non è facile discernere tra questi due tipi di aridità, occorre l’aiuto dei direttore spirituale. Ordinariamente, quando una persona, malgrado il silenzio di Dio, rimane fedele al tempo della preghiera e continua a dire: Signore, ti amo, mi dono a te; quando una persona è interiormente molto addolorata per l’aridità che sperimenta, significa che si tratta di una prova purificatrice.
Quando, al contrario, l’aridità non provoca dolore e tentiamo di giustificarla con scuse pretenziose, è frutto della nostra dissipazione.
Talora, però, la prima e la seconda forma sono mescolate insieme e per questo è necessario il consiglio del direttore spirituale.
La trattazione più scientifica e più completa sugli stati di aridità, la troviamo nella « Notte oscura » di san Giovanni della Croce, libro tuttavia che è bene leggere solo dopo aver fatto esperienze spirituali profonde.

5. Come si affretta la venuta del Regno?
Molte volte mi sento chiedere dai giovani dove e come devono esercitare l’apostolato per affrettare la venuta del regno di Dio.

Penso che per affrettare la consumazione di tutte le cose, o ‑in altre parole ‑ per fare in modo che il Signore regni in tutti i cuori, dobbiamo anzitutto pregare: Venga il tuo regno, invocazione fondamentale del «Padre nostro ».

In secondo luogo, dobbiamo crescere nella consapevolezza che il regno di Dio è già tra noi (cf Lc 17,20). Il Regno viene in ogni azione nella quale esercitiamo fede, speranza, carità, pazienza, umiltà, verità. Così affrettiamo la venuta del Regno. Se tutti, in questo momento, nel mondo, ci mettessimo d’accordo per esercitare contemporaneamente quelle virtù, noi avremmo la pace universale, la riconciliazione tra i popoli, e il Regno sarebbe consumato. Il primo apostolato, dunque, consiste nel rendere presente il Regno nella nostra quotidianità. Mentre non dobbiamo dimenticare che il Regno viene distrutto, profanato, da ogni nostro gesto antievangelico.

autore: C. M. Martini

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