03 GESU’ CONOSCE SOPPORTANDO – C.M. Martini

GESÙ CONOSCE SOPPORTANDO

«Ti ringraziamo, Signore Gesù, perché ci chiami davanti a te. Tua è la parola che ascoltiamo e non parola di uomini; tu parli al nostro cuore. Sei tu che ci parli con amicizia, è a te che diciamo grazie perché ci hai dato tante cose. E noi, Gesù, che cosa daremo a te?
Fa’ che oggi sappiamo darti qualcosa di importante, fa’ che ti conosciamo come tu ci conosci perché possiamo essere veramente tuoi amici, così come tu sei amico nostro.
Maria, madre di Gesù, sede della sapienza e aiuto dei cristiani, prega per noi. Amen».

Abbiamo visto come Gesù conosce tutto e tutti, abbiamo compreso che Gesù ci conosce illuminando e separando in noi la luce dalle tenebre. Forse qualcuno di voi avrà anche pensato che la prima grande illuminazione che Gesù ha fatto nella nostra vita – l’illuminazione che resta fondamentale – è il Battesimo. Nel Battesimo ci ha chiamato per nome e ci ha dato il dono della fede, della speranza e dell’amore.

Sarebbero molti i temi sulla conoscenza che Gesù ha di noi, sul come Gesù ci conosce, e tuttavia io mi devo limitare a suggerirvi quattro meditazioni in tutto. Vorrei però çhe voi continuaste, terminati questi giorni di ritiro spirituale in comune, a cercare altri titoli. Ad esempio, sarebbe bello approfondire la tesi: «Gesù ci conosce perdonandoci». Quando Gesù ci perdona nel sacramento della Confessione, ci perdona dal di dentro, come uno che ci conosce e ci ama a fondo.

Il perdono è uno dei modi migliori per diventare amici! Ci sono amicizie che nascono dal trovarsi bene insieme, e ce ne sono altre che nascono da un perdonarsi sincero dopo aver litigato: questo secondo tipo di amicizie è certamente più forte. Non so se ricordate il grande gesto di perdono eroico che il figlio di Vittorio Bachelet ha avuto nei riguardi dei terroristi che avevano ucciso suo padre, o il gesto eroico di perdono di Maria Fida Moro: da questi gesti è nata una profonda amicizia tra il figlio di Bachelet e i terroristi, tra Maria Fida Moro e i terroristi. Il perdonare è segno di amicizia. Confido quindi che voi saprete riflettere su altri modi con cui Gesù ama ciascuno di voi.

In questa terza meditazione vorrei svolgere il titolo: «Gesù mi conosce sopportando». Non vuol dire che Gesù mi conosce sopportando la mia pigrizia, la mia svogliatezza, il mio poco impegno! Si tratta di qualcosa di molto più profondo: Gesù mi conosce vivendo delle prove e delle tentazioni simili a quelle che vivo io, Gesù mi conosce facendosi simile a me nelle prove. Svolgiamo il titolo attraverso i tre momenti che ormai avete certamente imparato.

La raccolta dei testi

Sono tre i testi evangelici che ho pensato di suggerire.

1. Le tentazioni di Gesù: Mt 4,2. Gesù dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ha avuto fame e allora il tentatore gli si avvicina. Mi fermerò soltanto sul significato delle seguenti parole: «Gesù ebbe fame».
È una fame diversa da quella che si può avere dopo aver giocato tutta la mattina, dopo essersi impegnati a fondo in una gara sportiva. La fame che Gesù prova si avvicina alla grande fatica di coloro che fanno, ad esempio, lo sciopero della fame. Per quaranta giorni e quaranta notti aveva vissuto con pochissimo – un po’ d’ acqua da una pozzanghera, qualche erba -; è stanco, affaticato, con la testa vuota e non ha più voglia di niente. Gesù prova la tentazione di pesantezza che noi sentiamo nella vita quotidiana quando tutto ci è difficile e ci dà disgusto: facciamo fatica a vedere i compagni, facciamo fatica ad alzarci e a rispondere al richiamo della campana.Gesù ci conosce perché ha provato anche lui queste cose.

2. Il secondo testo è il racconto del Getsemani: Mt 26,38. Gesù prende con sé Pietro e i due figli di Zebedeo (Giacomo e Giovanni) e va con loro nel podere chiamato Getsemani. Poi dice loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Da ragazzo questo brano mi faceva molta impressione e mi chiedevo: «Come è possibile che Gesù provi tristezza e angoscia fino alla morte? Come è possibile che Gesù provi le tristezze che posso sentire io, i momenti di ansietà che talora vivo?». Gesù mi conosce anche in quei momenti di turbamento e di angoscia che nessun altro forse conosce.

3. Il terzo testo è la terribile tentazione di Gesù sulla croce: Mt 27,40. I passanti insultano Gesù crocifisso e gli dicono: «Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se sei il figlio di Dio, scendi dalla croce!».

La comprensione dei testi

Abbiamo già detto sufficientemente della prima tentazione, quella della fame, della stanchezza infinita provata da Gesù.

- Pensando all’angoscia del Getsemani dovremmo approfondire la riflessione leggendo, sempre al c. 26 del vangelo secondo Matteo, là dove si dice che «tutti i discepoli fuggirono» (v. 56). Gesù si sente solo e nessuno dei suoi gli dà più retta, nessuno sta più dalla sua parte. La tristezza giunge fino all’esperienza della solitudine, del sentirsi abbandonato. Talora ci capita di sentirci soli, anche se abbiamo intorno i compagni di scuola, i superiori del seminario, se ci sono con noi i genitori e gli amici. È una sensazione che non riusciamo a spiegare, che ci fa soffrire, che ci toglie ogni gioia. Gesù ha già vissuto tutto questo e l’ha voluto provare per me, per darmi la certezza che lui conosce tutto di me e sempre mi è vicino, mi ama.

- Nel terzo testo, Gesù viene tentato in ciò che gli sta più a cuore: «Se sei il figlio di Dio, scendi dalla croce». Ma Gesù è figlio di Dio e l’insulto vuol costringerlo a scegliere la via del potere, del trionfo, lasciando la via dell’obbedienza e dell’umiltà. È quindi tentato sulla sua strada, sulla sua vocazione. Spesso vi sarà capitato o vi capiterà che altri dicano: Ci sono tante cose da fare per la Chiesa e perché tu scegli la via del seminario, una via di sacrificio, di rinuncia? Perché scegli la via del sacerdozio, una via povera e difficile?
La fame e la fatica, la tristezza fino alla solitudine, la tentazione sulla vocazione, sono tre esempi attraverso i quali vediamo che cosa Gesù sopporta per noi.

- Comprendere i tre testi vuol dire approfondire la domanda: Perché, Signore Gesù, tu che non avevi bisogno di viverle, sei passato per queste prove così dure? E Gesù ci risponderà: Per esserti vicino, per conoscere e sperimentare quello che tu puoi provare e provi.
Sarebbe utile che ciascuno di voi, personalmente, cercasse di leggere un altro brano della Scrittura, che si trova nella lettera agli Ebrei – forse la più difficile di tutto il Nuovo Testamento -: «Gesù doveva rendersi in tutto simile ai fratelli per diventare un sacerdote misericordioso e fedele… Infatti, proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (Eb 2,17-18).
Leggendo e rileggendo questi versetti sono certo che, con la grazia del Signore, potrete capire meglio che cosa significa che Gesù ci conosce sopportando e che non situazione nella quale non possa darci una mano, anche se il demonio tende a suggerirci: «TI Signore ti ha abbandonato, nessuno più pensa a te!».

La preghiera sui testi

Sono cinque le domande che vi aiuteranno a pregare insieme con Gesù.

Prima domanda: Quali sono le mie tentazioni? Ciascuno dovrà naturalmente rispondere personalmente e potrà poi parlarne con il confessore o con il direttore spirituale.
Sarà forse la fatica di pregare, la svogliatezza, oppure la tentazione degli alti e bassi, il cambiamento di umore con passaggi dalla gioia alla malinconia, voglia di piangere, tristezza… Altre tentazioni possono riguardare la nostra vita, la nostra fantasia, il nostro corpo, i nostri progetti, il nostro futuro. Pensare a quelle che mi toccano più da vicino chiedendo al Signore: «Gesù, tu che hai sofferto tante prove per me, fammi capire quali sono adesso le mie prove». Perché ci sono prove che non riusciamo a cogliere e sarà importante forse fare un elenco, per iscritto, delle più decisive.

Seconda domanda: Mi spavento delle prove? Mi fanno paura? Quando, ad esempio, abbiamo l’impressione di vivere una prova che nessuno può capire, sopravviene il timore. Ricordo il grande bene che mi ha fatto il Diario di Giovanni XXIII, là dove parla delle difficoltà e delle prove che ha passato quando era un giovanissimo seminarista, delle prove avute con la famiglia, dei suoi difetti, dei problemi che ha dovuto affrontare da prete, da delegato apostolico in Turchia, in Bulgaria, e poi da Papa. Mi ha fatto bene perché ho capito che prima o poi passiamo tutti per le stesse tentazioni, le stesse difficoltà. Tra l’altro Giovanni XXIII ne parla con tale semplicità da aiutarmi a ridere un po’ sulle mie prove.
Il demonio invece cerca di farci paura mettendoci in mente che la nostra è la prova più grande di tutte, che nessuno l’ha mai vissuta, che è meglio non parlarne perché non saremmo capiti, ecc.

Terza domanda: Mi sento solo nelle mie prove? Sentirsi solo è già una prova. Le prove più dure sono quelle che non vogliamo esprimere nemmeno nella preghiera, dicendo a noi stessi che Gesù non può aiutarci, che siamo fatti così e non c’è altro da fare. E, naturalmente, il demonio si accanisce a farci credere che siamo davvero soli.

Quarta domanda: Mi faccio aiutare da Gesù nella preghiera, dalla Madonna, da una visita al SS.mo Sacramento, da una lettura del Vangelo, soprattutto da un colloquio con il direttore spirituale? Oppure penso che posso cavarmela da me? In questo secondo caso cadremmo in una grandissima tentazione.

Quinta domanda: Mi difendo? Bisogna, infatti, imparare a difendersi nelle tentazioni. In questi giorni, trovandomi con voi, mi sono venute in mente abbastanza chiaramente le prove e le tentazioni che ho avuto da ragazzo e per questo vi dico: è estremamente importante non che il Signore ci tolga le prove o tentazioni bensì che ci aiuti a saperci difendere, a saper resistere. Le prove hanno una grande utilità nel nostro cammino: senza di esse non si riesce a crescere, a diventare maturi e io ringrazio il Signore per tutti i momenti difficili attraverso i quali sono passato e ancora passerò. Tuttavia dobbiamo imparare a difenderci. Come ci si difende?

1. Non indugiare nei pensieri che ci vengono, non rimuginare sul perché e sul come. Se indugiamo, ad esempio, nelle prove depressive – scoraggiamento, malinconia – ne rimaniamo avvolti come ci avvolge un serpente quando attacca. Bisogna interrompere con decisione il corso dei pensieri.

2. Fare qualche cosa, qualche attività: cantare, correre, ascoltare una bella musica, leggere un salmo, dedicarci a una cosa che ci interessa. Se non si reagisce fortemente, ci deprimiamo sempre di più.

3. Per difenderci dalle tentazioni che riguardano la fantasia, la curiosità, i sensi, occorre saperci chiaramente disciplinare, cioè rendere ferma la nostra attenzione sui pensieri o sulla curiosità. Se ci lasciamo prendere dalla curiosità, sarà difficile vincere le distrazioni. Un esempio pratico è quello della televisione: la televisione sempre accesa costituisce un grosso danno. Come pure il manovrare la televisione passando continuamente da un canale all’altro, da un’immagine all’altra, perché è fonte di divagazione. Se dunque mi accorgo di essere distratto nella preghiera e non mi decido a dare un taglio netto alla televisione e alla curiosità, non potrò controllare i pensieri inutili durante la preghiera.

Quando ero ragazzo io, la televisione non c’era e però mi piaceva moltissimo il cinematografo: uno dei miei sogni era, una volta diventato grande, di comprarmi la tessera del cinema in modo da poter andare sempre senza fare la coda per il biglietto! Ad un certo punto ho compreso chiaramente che dovevo fare un passo decisivo, che dovevo troncare con l’abitudine del cinema e con i sogni della tessera. Forse il mio fu un taglio un po’ duro, un po’ rigido, e tuttavia sincero e coraggioso. Da quel momento ho avuto un grande giovamento nella preghiera.

Credo quindi che una decisione possa vincere le tentazioni di distrazioni, di curiosità, di fantasia, di incapacità a pregare assai più che non tanti consigli buoni. Per difendersi è allora necessario conoscere le proprie tentazioni e le proprie prove e applicare per ciascuna i rimedi giusti. Il direttore spirituale è la persona più adatta per aiutare, con la sua esperienza, ad applicare i rimedi giusti.

Poco per volta ci lamenteremo sempre meno delle prove. Le prove ci saranno, ma diventeranno occasione di crescita e potremo ricordarle come i momenti più belli della nostra vita, i momenti della lotta e del coraggio, i momenti in cui abbiamo sentito davvero che Gesù ci conosce e che noi lo conosciamo sopportando le prove e le tentazioni, lo conosciamo come amico che ha condiviso le nostre difficoltà e le nostre sofferenze, come amico vero.

«Signore, fa’ che ti conosciamo nelle nostre prove. Fa’ che ti ringraziamo per le nostre prove».

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