LE PAROLE DI DOM HELDER CAMARA

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Le parole di dom Helder

   

«Se do da mangiare ai poveri mi chiamano santo;

se domando perché i poveri non hanno da mangiare,

mi chiamano comunista».

 

«Se, per mettersi in cammino i cristiani aspettano sempre i vescovi e i vescovi aspettano sempre i cristiani, la Chiesa non avanzerà mai né aiuterà il mondo a procedere sul cammino della pace!»

 

«Sono convinto che noi non onoriamo sufficientemente l’intelligenza e l’immaginazione creatrice del Signore quando crediamo che egli abbia creato miliardi di astri, milioni di volte più grandi della terra, solo per brillare da lontano e fare nella notte, la gioia degli occhi degli uomini.

Il Signore, certo, ha seminato la vita in quest’universo di mondi: vita intelligente e libera a livello della nostra, a livello inferiore e a livello superiore della vita umana….

Quando i veri sbarchi cominceranno, da qualche parte, l’uomo potrà finalmente capire la sua piccolezza e l’impiego avaro e meschino che tanto spesso fa del dono della vita, dell’intelligenza e delle libertà divine alle quali gli è stato offerto di partecipare»

 «Qual’è la cosa più urgente: coscientizzare i ricchi restando uno di loro, fra loro, o vivere con i più poveri per aiutarli a svilupparsi?

Tutto è urgente.

Ma non tutto è possibile a tutti. Ciascuno deve sapere quello per cui il Signore lo ha meglio preparato e disposto. Solo chi si pone questo interrogativo può rispondere, con il consiglio di quelli che lo conoscono bene, e la sua risposta sarà valida solo per lui».
 

«Mi chiedono che importanza hanno i viaggi del Papa nei paesi a regime dittatoriale, dato che dopo la sua partenza sembra che la repressione sia rinforzata. E’ vero che gli uomini che sono al potere cercano di servirsi del papa, per esempio mostrandosi alla televisione con lui.

Ma il popolo sente quello che lui dice. Anche se in seguito la dittatura si crede pi forte, anche se aumenta la sua pressione, il Santo Padre ha seminato la speranza, ha rinnovato le ragioni di vivere, ha riunito i coraggi dispersi».
 

«La Chiesa ha tanto paura della parola “liberazione” perché forse alcuni non hanno capito la formula “teologia della liberazione”: hanno inteso dire che era marxista o qualcosa del genere.

Altri hanno compreso bene che essa era una riscoperta della forza rivoluzionaria dell’amore di Dio nella storia degli uomini, e questo gli è sembrato pericoloso. C’è quindi un grande dibattito sulla teologia della liberazione. Ma nessuno può negare che Cristo vuole che tutti i cristiani s’impegnino per la liberazione di tutti i fratelli.

La promozione umana, la lotta contro le cause delle ingiustizie, la conquista della dignità costiuiscono per gli uomini il modo di cooperare alla salvezza e alla redenzione per le quali il Signore ha dato la sua vita».
 

«Se a mio parere il Papa non dovrebbe essere più semplice nel suo modo di vestire e nel suo ambiente prima di parlare della miseria dei popoli? Le cose sono già molto diverse da come erano solo trent’anni fa. I nostri papi si sono già liberati da soli, per quanto hanno potuto della tiara, della sedia gestatoria, dei fuenrali principeschi…

Giovanni Paolo II non è più prigioniero del Vaticano. Viaggia, visita i sacerdoti e le parrocchie della sua diocesi.

Allora ho tutta la libertà di pensare e anche di sperare che domani le cose saranno ancora più diverse e che la Chiesa troverà il coraggio e il modo di liberarsi dall’ingranaggio del denaro e il papa di liberarsi dagli obblighi di un capo di Stato, con la sua guardia folcloristica, i suoi diplomatici, il suo protocollo…

io credo che anche se non troviamo questo coraggio e questo modo, perché non è facile, Dio saprà di nuovo strapparci alle abitudini della Storia!»

Da “ADESSO  on line”

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