11 – PADRE NOSTRO – IL FASCINO DEL MALE – Luca Beato oh

XI

IL FASCINO DEL MALE

( E non c’indurre in tentazione, ma liberaci dal male )

“Il fascino del male” è il titolo della Rivista CONCILIUM n. 1 del 1998 edito dalla Casa Editrice Queriniana di Brescia. Il male ha un enorme fascino, nel senso etimologico del termine: ci incanta, ci strega. San Paolo esprime bene questa realtà drammatica dell’uomo. Vedo il bene, lo approvo e poi non lo faccio. Vedo il male, lo disapprovo e poi invece lo faccio. Chi mi libererà da questo corpo di morte? ( Cfr. Rom 14,25 ).

Noi abbiamo assistito recentemente a un fatto eccezionale nella storia della Chiesa: Domenica 12 Marzo 2000 il Papa ha chiesto perdono al mondo intero per i peccati della Chiesa contro l’umanità. Egli ne ha enucleati sette, ma si tratta solo di una indicazione che non pretende di esaurirli tutti. Eccone comunque l’elenco.

  1. Deviazioni dal Vangelo. Confessione dei peccati in generale: purificare la memoria e impegnarsi in un cammino di conversione.

  2. Crociate e inquisizione. Peccati commessi nel servizio della verità: intolleranza e violenza contro i dissidenti, guerre di religione, violenze e soprusi nelle crociate, metodi coattivi nell’inquisizione.

  3. Divisioni tra cristiani. Peccati che hanno compromesso l’unità del Corpo di Cristo: scomuniche, persecuzioni, divisioni.

  4. Persecuzioni degli ebrei. Peccati commessi nell’ambito del rapporto con il Popolo della prima alleanza, Israele: disprezzo, atti di ostilità, silenzi anche durante la Shoah voluta dai nazisti.

  5. Conversioni forzate. Peccati contro l’amore, la pace, i diritti dei popoli, il rispetto delle culture e delle altre religioni, in concomitanza con l’evangelizzazione: anche durante la conquista delle Americhe.

  6. Maschilismo e schiavismo. Peccati contro la dignità umana e l’unità del genere umano: verso le donne, le razze, le etnie.

  7. Ingiustizie sociali. Peccati nel campo dei diritti fondamentali della persona e contro la giustizia sociale: gli ultimi, i poveri, i nascituri, ingiustizie economiche e sociali, emarginazione ( CORRIERE DELLA SERA, Merc. 8 Marzo 2000, pag. 5. Per un approccio teologico cfr. TESTIMONI, Ed. EDB, Bologna, n. 6, 30 Marzo 2000, pagg.7-10 ).

Questi peccati ( ed altri non elencati, ad es. Condanna del Modernismo ) hanno un comune denominatore: la violenza, cioè la violazione dei diritti umani: guerre di religione, conversioni forzate, crociate, rogo per le streghe e gli eretici, schiavismo, razzismo, antisemitismo, inquisizione, oppressione delle coscienze, oscurantismo, ricatto morale.

Eppure quando queste cose sono state fatte nel passato, quelli che le hanno fatte credevano di fare delle cose giuste, che fosse loro diritto e dovere esercitare il potere a fin di bene: per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime. E’ la sottile tentazione del potere, che, se non stai attento, ti strega e ti acceca così da scambiare il male per il bene e il bene per il male, come già a suo tempo diceva il profeta Isaia ( Is 5,20 ); ti fa credere di vedere, mentre sei cieco, come diceva Gesù alle autorità del suo tempo ( Gv 9, 41 ).

Le tentazioni di Gesù

Gesù viene presentato nei Vangeli sinottici come colui che sa resistere alle tentazioni, a differenza del popolo ebreo nel deserto, che invece aveva tentato Dio, mancando di fiducia e pretendendo dei miracoli. “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (Es 17,7 ). Nello stesso tempo Gesù diventa modello per noi cristiani come singoli e come chiesa. Matteo ha sempre davanti i problemi della chiesa del suo tempo. Le tentazioni di Gesù sono le tentazioni della Chiesa. Gesù le ha superate ma la chiesa ne è ancora soggetta.

Le tentazioni di Gesù sono messianiche, riguardano la sua missione.

Si rifanno al passato: Israele nel deserto, che non le ha superate.

Fanno riferimento alla Chiesa perché le superi, come Gesù.

Tentazioni del popolo ebreo nel deserto

1 – pane: eccessiva preoccupazione, mancanza di fede: La fame di Dio è più importante di tutto il resto.” Non di solo pane vive l’uomo…”

2 – Massa e Meriba: “C’è Dio in mezzo a noi oppure no?”. E’ volere il miracolo a tutti i costi.

3 – Mosè sul monte vede la Terra promessa. La terra come possesso, non come dono di Dio.

Adora il Signore Dio tuo…” ( Bernhard Haering, Perché non fare diversamente?, Brescia, Queriniana, 1993, pagg. 21-28 ).

Ma per non correre il rischio di false interpretazioni, ci affidiamo alla spiegazione del famoso biblista Gianfranco Ravasi ( Secondo le scritture, anno A, Ed. Piemme, 1992, pagg. 63-65 ).

«Il tentatore si accostò a Gesù e gli disse: Se sei Figlio di Dio, di’ che questi sassi diventino

pane. Ma egli rispose: Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

Il diavolo lo condusse sul pinnacolo del Tempio e gli disse: Se sei Figlio di Dio, gettati giù…

Gesù gli rispose: Sta scritto: Non tentare il Signore Dio tuo.

Il diavolo lo condusse su un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e gli disse:

Tutte queste cose ti darò se, prostrandoti, mi adorerai. Gesù gli rispose: Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto!» (Mt 4,1-11).

Il racconto delle tentazioni di Gesù è costruito da Matteo su uno spartito che sopra abbiamo cercato di mettere in luce nei suoi movimenti fondamentali: c’è una triplice tentazione diabolica a cui risponde, in contrappunto, una triplice citazione della Bibbia da parte di Gesù («Sta scritto»). Le tre scene risultanti sono accompagnate da due quinte scenografiche. La prima è nel fondale ed è il deserto che evoca allusivamente la crisi di fede di Israele pellegrino nelle steppe del Sinai. La seconda è, invece, quella dell’orizzonte palestinese, la terra promessa col «pinnacolo» ( che è lo spigolo più alto delle mura del Tempio, a strapiombo sulla valle del Cedron ) e col «monte altissimo» che la tradizione popolare ha identificato col Monte della Quarantena che incombe sulla stupenda oasi di Gerico, simbolo di prosperità e di splendore. Con questa «sceneggiatura» appare già un tema caro a Matteo: in Gesù si raccoglie il vero Israele fedele che non cede ai progetti diabolici di potenza e di trionfo. Il tentatore, infatti, fa balenare davanti al Cristo e al suo discepolo tre forme di messianismo e, se si vuole, di religiosità. La prima tentazione, quella delle pietre che diventano pani, potremmo definirla terrenista, legata alla materialità delle cose.

Certo, Cristo è stato spesso dolorosamente colpito dalla fame del mondo. Prima della moltiplicazione dei pani egli si commuove davanti alla folla degli affamati di allora e diogni tempo (Mc 6, 34). Ma, dopo averli sfamati, appena si accorge che lo scambiano per un capo di stato ideale, «sapendo che lo volevano fare re, si ritira subito sulla montagna, tutto solo» (Gv 6, 15).

La seconda forma di messianismo simboleggiata dal tentatore nel volo dal Pinnacolo potremmo definirla taumaturgica. E’ quella di una religione magica, pubblicitaria, da stella dello spettacolo sacro. Essa umilia la vera fede che, pur non essendo assurda, è rischio, è libertà, è un fidarsi della Parola divina. Gesù e Paolo al riguardo sono inesorabili: «Questa generazione adultera e perversa cerca un segno, ma nessun segno le sarà dato», si legge in Mt 16, 4, mentre nella Prima Lettera ai Corinzi Paolo scrive: «I giudei chiedono miracoli, i greci cercano la sapienza, noi proclamiamo Cristo crocifisso» (1, 22-23).

Ed ecco in crescendo la tentazione più forte, quella del messianismo politico. E’ la religione del potere e del benessere, un’ idolatria implacabile che dal suo fedele esige una totalità assoluta in dedizione, simile a quella che lega il fedele autentico al Dio vivo e vero: «Non potete servire a Dio e a mammona. O odierai l’uno e amerai l’altro o ti affezionerai all’uno e disprezzerai l’altro» (Lc 16, 13). Gesù non si compromette col potere politico, il suo non è un progetto di dominio e di possesso ma di amore e di donazione.

La «tentazione dei pani» si risolve, allora, nell’adesione al progetto di Dio che è più grande dei sistemi economico-sociali. La «tentazione del Tempio» si risolve nel rifiuto della pseudo-religione che, anziché servire Dio, pretende di servirsi di Dio. La «tentazione del monte» si risolve nel rifiuto del potere oppressivo ed egoistico e nell’adesione all’unica signoria, quella di Dio. Ora, Gesù replica alle tre sfide di Satana con un’unica arma, quella della Parola di Dio. Non usa nessuna parola sua ma solo quella «scritta» nella Bibbia. Anche il cristiano, che cammina nella foresta dantesca della vita, popolata dalle provocazioni sottili o plateali del benessere, del successo e del potere, deve avere come guida la Parola di Dio che è «come fuoco che brucia e come martello che spacca la roccia» del male (Ger 23, 29)”.

Bernhard Haering, grande moralista, spiega le tre tentazioni che Gesù ha superato, con chiaro riferimento alla Chiesa, che invece sovente non è riuscita a superarle.

Gesù ha superato le tre tentazioni come progetto subito dopo il Battesimo, inteso come consacrazione a Dio per la missione messianica, da svolgere non con la potenza e la gloria, ma con la non violenza e lo spirito di servizio, come era indicato nei quattro Canti del Servo di JHWH ( Isaia ). ( Cfr. Bernhard Haering, Perchè non fare diversamente?, Queriniana, Brescia 1993, pagg. 20 ss. ).

  1. - La religione come articolo di consumo. Il miracolo come scorciatoia per risolvere il problema dei generi di prima necessità. Chi entra nel Regno di Dio trova la soluzione di questo problema mediante la condivisione dei beni.

  2. - Comportamento sacralizzato pieno di ostentazione e di supponenza, accompagnato da pie massime in luoghi sacri. Gesù ha smascherato questo tipo di religione con il proprio esempio di religiosità vera. Egli gioisce per il fatto che il Padre rivela ai piccoli quanto rimane nascosto ai sapientoni, agli specialisti della religione, che si credono saggi e dotti ( Lc 10,21-22 ). E’ la strumentalizzazione della religione per il proprio tornaconto.

  3. - Religione al servizio del potere: appellarsi al nome di Dio, a idee e posizioni religiose per acquisire così potere sugli altri. La religione al servizio del potere, cioè della schiavizzazione e dello sfruttamento è una tentazione satanica, un inganno diabolico.

Lo stile di vita di Gesù

Le tre tentazioni di Gesù nel deserto, mentre si preparava a cominciare la sua vita pubblica, sono delle anticipazioni di quanto Egli farà effettivamente durante lo svolgimento della sua missione di Messia.

Gesù non ha simpatia per i ricchi, i potenti, le autorità religiose, economiche e politiche del suo tempo. A queste categorie di persone Gesù rivolge una serie di “guai a voi” ( Mt 23, 14-39; Lc 6,9 ). Gesù vuole la Legge a servizio dell’uomo e non l’uomo schiavo della Legge ( Mc 2,27-28 ). Gesù vuole il Tempio come casa di preghiera e non un centro commerciale ( Mc 11,15 ss ). Gesù vuole una Religione che favorisca la fraternità e non fine a se stessa ( Mt 5,23-24 ). Amore di Dio e amore del prossimo devono stare strettamente uniti. Non si può essere religiosi, compiere atti di culto a Dio e poi essere crudeli con gli uomini. La persona umana è al centro delle attenzioni di Gesù. Quindi la sua premura, la sua attenzione, la sua compassione, le Beatitudini sono rivolte a quelli che soffrono. Il popolo semplice e ignorante, i poveri, i bambini maltrattati, le donne oppresse, i malati “oppressi dal diavolo”, i peccatori pubblici scomunicati, esclusi dalla sinagoga e dal Tempio.

Gesù era di condizioni modeste, non aveva titoli di studio. Egli si è circondato di gente semplice. Gli Apostoli erano quasi tutti pescatori: gente semplice e ignorante. Egli ha messo in guardia i suoi discepoli dalla tentazione del potere ed ha insegnato loro con l’esempio e la parola lo spirito di servizio reciproco.

Il discepolato dice dipendenza spirituale verso l’unico Signore e Maestro, Gesù Cristo. Ma i discepoli, tra loro, hanno un rapporto di fraternità che chiama non al potere dell’uno sull’altro, ma al servizio reciproco. La parola più usata per indicare questo servizio è la diaconia, una parola profana che significa in senso stretto il servizio a tavola. E’ a tavola che risalta maggiormente la differenza tra il padrone, che siede a mangiare con gli amici, rivestito di vesti ampie e lunghe, e i servi che si affaccendano in vesti succinte nel servizio della mensa. “Chi tra voi vuol essere grande, sia il vostro servitore a tavola; e chi tra voi vuol essere il primo, sia lo schiavo di tutti ( Mc 10,43 s ).

Questa sentenza ricorre ben sei volte nei Sinottici. Giovanni inoltre la rincara con la narrazione della lavanda dei piedi, fatta da Gesù ai suoi discepoli nell’ultima cena ( Gv 13,1-17 ). Gesù ha compiuto questo gesto per insegnarci che i nostri rapporti vicendevoli devono essere improntati al servizio reciproco, umile, profano, modesto, richiesto dalle situazioni anche banali della vita di ogni giorno. Non era nelle intenzioni di Gesù darci l’indicazione di una cerimonia da farsi in Chiesa una volta l’anno, ma indicarci lo spirito di servizio che deve animare i rapporti interpersonali. Chi poi viene posto in autorità, deve avere uno spirito di servizio maggiore, perché si allargano i confini della sua carità.

Quindi la Chiesa voluta da Gesù non è la Chiesa del “potere sacro”, del “sapere sacro”, della “sacra dignità”, ma la Chiesa del grembiule, la Chiesa del servizio.

Le tentazioni storiche della Chiesa

Purtroppo la storia della Chiesa sta a dimostrare che il popolo di Dio nel suo cammino lungo i secoli spesso non ha saputo imitare il suo Maestro, ma è caduto nella tentazione più allettante ed ammaliante: quella del potere politico-religioso.

Fino al 313 d.C. i cristiani erano una minoranza sparuta nell’ambito dell’impero romano e subivano persecuzioni da parte dello stato pagano. Ma una volta acquistata la libertà, e diventati più numerosi e più forti degli altri, hanno cominciato a perseguitare i più deboli: gli ebrei e i pagani. Ci si aspetterebbe un rimprovero da parte delle autorità religiose, invece Sant’Ambrogio elogia i cristiani che vanno a incendiare le sinagoghe degli ebrei. ( Cfr. CONCILIUM,op. cit. pag. 37 ). E come lui fanno tanti Padri della Chiesa. Questo è solo l’inizio di una spirale di violenza che è andata sempre più sviluppandosi, man mano che aumentava il potere della Chiesa di Roma.

San Bernardo di Clairvaux, da tutti conosciuto come il cantore della Vergine Maria, si rivela sul nostro argomento un fanatico sostenitore della violenza in nome della Religione. Nel libro “A lode dei nuovi soldati” i Templari (1128-1136 ) fa una vera apologia delle Crociate e afferma categoricamente: “Uccidere un nemico per il Cristo è guadagnarlo a Cristo; morire per il Cristo è guadagnare il Cristo per sè”. Quando il soldato di Cristo uccide un malfattore non è un omicida ma un “malicida” e quindi compie un atto altamente meritorio.( AA.VV. Dio, la violenza e la pace, in: SERVIZIO DELLA PAROLA, Queriniana, Brescia n. 304 Gennaio 99 pagg.20-21 ).

I missionari Gesuiti in Brasile applicano alla lettera il testo di Luca 14,23: “Spingili ad entrare”. “Per questo tipo di persone non c’è predica migliore della spada e della verga di ferro” ( CONCILIUM, op. cit. pag. 74 ).

Le popolazioni indigene dell’America erano considerate di razza inferiore ai bianchi conquistatori, per ragioni di natura o di sangue, secondo dati desunti da Aristotele. Gli indios non discenderebbero da Adamo, come i bianchi europei.

L’autorità del Papa in questo tempo è totale, è come Dio in terra. “…nella presunzione di una sovranità vera e propria di ordine economico-politico…Alessandro VI assegnerà ai re di Spagna, per mano di Colombo, tutte le isole trovate o da trovare, scoperte o da scoprire con tutti i loro domini, città, castelli, luoghi e ville, giurisdizioni e pertinenze” e a Colombo darà il compito di indurre queste popolazioni alla professione della fede cattolica ( Ernesto Balducci, Il razzismo nella storia, in: RELIGIONE e SCUOLA, Ed. Queriniana, Brescia, n. 3 , Nov.1990, pag. 31 ).

Come mai è penetrata nel cristianesimo la sete del potere, del dominio, dello sfruttamento? come mai la Chiesa ha finito per organizzarsi in una maniera totalmente opposta all’insegnamento di Gesù e alla prassi della chiesa primitiva? quali strumenti ha adoperato, quali giustificazioni ha portato?

Il modello è quello della società civile dell’impero romano, dove l’autorità dell’imperatore veniva divinizzata. Le giustificazioni bibliche vanno cercate nell’Antico Testamento, dove vigeva quel sistema politico-religioso che va sotto il nome di Teocrazia. Gesù aveva fortemente criticato quel sistema, facendo eco alle voci dei profeti. Questo è stato uno dei capi di accusa che hanno portato Gesù sulla croce.

Quanto al metodo, siccome si tratta di cose giuridiche, per cui vale il principio: “Il diritto sta scritto”, ogni tanto si fanno scoprire nelle biblioteche dei testi giuridici, attribuiti a gente importante del passato, che creano un qualche diritto nuovo. La critica posteriore ha scoperto che si tratta di falsi storici ( Lorenzo Valla, sec. XV ). Ma intanto sono serviti allo scopo di fondare un nuovo diritto.

Lo Pseudo-Dionigi ( sec.VI ) crea la Chiesa gerarchica del Clero in contrapposizione al popolo. ( H. Kueng. Cristianesimo, Essenza e storia, Ed. Rizzoli, 1997, pag.322. Ivi si parla anche di “falsificazioni simmachiane”: prima sedes a nemine iudicatur: il Papa non può essere giudicato da nessuno ).

La “donatio Constantini” ( sec. VIII ) crea il diritto al potere temporale del Papato. ( Id. pag. 352 ). Il Papa Zaccaria consacra re Pipino il breve “gratia Dei” e questi trasforma la falsa donazione di Costantino ( 756 ) in donazione di Pipino.

Le decretali pseudo-Isidoriane ( sec. IX ) rafforzano il potere dei Vescovi e per conseguenza quello del Papa ( Id. pagg. 363-372. Di queste cose si è occupato il XVI Congresso internazionale delle scienze storiche, Stoccarda 1985: dove è emerso chiaramente l’intento di rafforzare sempre più il potere di Roma con qualsiasi mezzo, anche illecito, pag. 369 ).

Siamo al tempo della creazione del Sacro Romano Impero con Carlo Magno, incoronato imperatore dal Papa Leone III nel Natale dell’800, che rappresenta l’affermazione della superiorità di Roma sulla Chiesa d’Oriente, legata all’impero romano d’Oriente che ancora esisteva ( Id. pag. 353 ).

Con Nicolò I ( 858-867 ) mediante i falsi storici su indicati si afferma l’autorità assoluta e suprema del Papa, che la riceve da direttamente da Dio e ne comunica una parte all’Imperatore. Il Papa nomina i Vescovi conferendo l’investitura del Feudo ecclesiastico e questi nominano i preti dando loro la Parrocchia. L’imperatore concede i feudi con l’investitura laica a Vassalli, Valvassori e Valvassini. E’ la società feudale, dove l’autorità piove dall’alto; il criterio di scelta è la fedeltà, sotto giuramento. Il metodo di governo è l’imposizione. Su questa linea si organizza la famiglia e tutta l’educazione della gioventù a casa e a scuola.

Questa mentalità di violenza e di dominio è rimasta intatta, a tutti i livelli, nella società civile fino alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ( 1948 ) e nella Chiesa fino al Concilio Vaticano II (1961-1964 ). Nel mio soggiorno a Milano negli anni 60, subito dopo il Concilio, ho fatto a tempo a conoscere un vecchio esponente della lotta di piazza dei giovani cattolici contro gli anticlericali all’inizio del nostro secolo. Era soprannominato “Trovamala”, il che è molto significativo. Si gloriava, tra l’altro, di essere andato a fischiare la prima della Butterfly di Puccini alla Scala di Milano e di averla fatta cadere, perché esaltava il suicidio.

Veramente il nostro Papa nel suo recente viaggio in Egitto ha compiuto un gesto di coraggio profetico, dopo quello di Papa Paolo VI, quando rinunciò alla Tiara, simbolo del potere temporale, alla chiusura del Concilio. Ai rappresentanti della Chiesa Copta egiziana e di quella Ortodossa d’Oriente ha dichiarato che, se per l’unità delle Chiese occorre mettere in discussione l’autorità del Papato, egli è disposto a farlo radunando a questo scopo teologi e vescovi rappresentanti delle varie chiese. L’unità della Chiesa universale non si fa nella sottomissione a Roma, ma nella comunione della varie chiese sorelle. E’ la chiesa come comunione fortemente voluta dal Concilio Vaticano II, altrimenti detto principio della collegialità nell’esercizio dell’autorità. Il Papa ora ha accanto a sè il Sinodo dei Vescovi; i Vescovi hanno il consiglio pastorale e il consiglio presbiterale; i parroci hanno il consiglio pastorale e la commissione dei beni economici. Certo il cammino è ancora lungo, ma è stata imbroccata la via giusta e si sono fatti anche dei passi importanti, che fanno ben sperare per il futuro.

Quando parliamo dei peccati della Chiesa, di richieste di perdono, di necessità di conversione, di abbandono della mentalità di violenza, non pensiamo sempre agli altri, o alla Curia di Roma, ma a noi stessi: ognuno di noi deve diventare mite e umile di cuore come Gesù, non violento, tollerante, paziente come il Servo di YHWH.

La quarta tentazione di Gesù

L’ultima tentazione di Gesù, non è quella inventata da Scorzese nel film che porta questo titolo, cioè la tentazione del sesso. Ma è la tentazione di Gesù nell’Orto del Getsemani, quella di evitare l’insuccesso, l’umiliazione, la passione e la morte di croce. E’ la paura di essere abbandonati da Dio ( Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? ). Gesù ha vinto anche questa tentazione. ( Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu. Mc 14,36 ) Egli ha affrontato la condanna a morte perdonando ai suoi crocifissori ( Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno Lc 23,34 ) e mantenendo la piena fiducia nel Padre suo ( Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito Lc 23,46 ).

“Gesù non è solo il Messia tentato, ma passa attraverso la tentazione del Messia. Si tratta della tentazione a pensare la sua missione secondo le attese predisposte in antecedenza allo svolgersi effettivo degli eventi pasquali, si tratta di vivere la propria missione secondo una logica di potenza che non lascia nelle mani di Dio la propria missione e il proprio destino. Per questo vanno segnalati i tre luoghi dove appare quest’ultima tentazione: essa è quella decisiva.

A metà del cammino verso Gerusalemme la tentazione di Pietro: il rimprovero a Gesù del primo apostolo dopo la confessione di Cesarea ( Mc 8,31-33; Mt 16,21-23 ) viene bollato con le stesse parole rivolte al diavolo: «Va’ via, dietro a me, satana! ». Si tratta della tentazione di pensare lo stile della missione di Gesù, non secondo Dio, ma secondo le attese umane, di prefigurarla secondo uno schema di potenza.

Poi al Getsemani ( Mc 14,32-42; Mt 26,36-46; Lc 22,39-46) Lc stesso presenta l’episodio incorniciandolo entro una duplice esortazione: «Pregate (Levatevi) per non entrare in tentazione» (vv. 40b. 46b.).

Similmente la sfida e lo scherno davanti alla croce ( Mc 15,29-32; Mt 27,39-44; Lc 23,35b-39) riprendono alla fine della missione di Gesù le tentazioni dell’inizio: «Ha salvato altri, salvi se stesso se è il Cristo di Dio, l’eletto» (Lc 23,35; «se sei Figlio di Dio» Mt 27,40). Il Cristo, il figlio di Dio deve salvare se stesso: questa è la suprema tentazione, questo è il nostro desiderio, questa è la lotta che gli uomini sotto il potere del principe di questo mondo ingaggiano dinanzi alla rivelazione della morte di croce. Gesù, però, non fa valere se stesso neppure col pretesto di essere il rappresentante ultimo della verità di Dio, ma si affida in radicale abbandono al Padre suo, assumendo e portando persino la violenza ed il rifiuto peccaminoso degli uomini. E’ proprio tale rifiuto che genera la morte di Gesù. E’ come se noi dicessimo: se c’è Dio – in tal modo pensano i capi del popolo, ma forse anche Giuda, e in misura diversa gli altri, la gente, il popolo, le donne, i discepoli, Pietro, noi stessi – non può agire così, non può abbandonare Gesù, deve sostenere la sua pretesa, deve dar ragione a Gesù, deve confermare lo stile della sua missione…

Il rifiuto di Dio si colloca allora nel cuore della sua manifestazione. Noi non vogliamo accettare Dio così come è in se stesso, come si rivela, vogliamo quasi insegnare il mestiere a Dio. Ma questo non pone in crisi il disegno di Dio, non lo mette in difficoltà, così che Dio debba ripensarlo e rifarlo. Dio, attraverso la dedizione di Gesù, abbraccia, perdona, salva dal di dentro il nostro rifiuto e la nostra negazione. Egli non scambia il nostro rifiuto e il nostro peccato con l’innocenza di Gesù, «facendo pagare» a Lui ciò che dovremmo pagare noi. Come è pericoloso questo linguaggio di scambio! Il Padre assume il nostro rifiuto, lo porta su di sè; mandandoci il Figlio, viene Egli stesso come il Padre suo e ci perdona, ci guarisce, ci circonda, ci fascia le ferite, ci raggiunge là a Gerico, dove ci siamo cacciati lontani da Lui, dove lo abbiamo rifiutato perché ci eravamo costruiti una maschera di Dio

La tentazione del Messia

Tutto questo, però, noi lo sappiamo perché Gesù ha superato l’estrema tentazione. Infatti, c’è un momento (oltre ai gesti e ai detti profetici di Gesù) dove questa domanda trova una spiegazione luminosa: è l’ultima cena. Nel contesto di una comunione particolarmente intima con i suoi, Gesù offre la comunione ultima e definitiva al regno di Dio, attraverso il corpo dato e il sangue versato, cioè attraverso la sua persona, proprio quando è prevedibile che egli venga tolto di mezzo in modo violento.

Egli propone un gesto sconvolgente in cui sembra tolto colui che è donato. L’ultima cena allora, prima di lasciarci un gesto in sua memoria, spiega il lato oscuro della croce. Forse proprio qui si ritrova l’abisso ineffabile di come Gesù ha compreso e spiegato la sua morte: il morire di Gesù, e il morire di croce, è il luogo di una dedizione incondizionata di sè, di una solidarietà assoluta che si realizza precisamente nel non far valere che egli è il Messia. Gesù lascia nelle mani di Dio la sua identità, perché sa che Dio è il Padre suo. E offre ai suoi discepoli il modo con cui continueranno ad entrare in comunione con il mistero di Dio, anche se in maniera così oscura. Gesù non fa valere in questo mondo, davanti agli uomini, il suo amore e la sua carità neppure con il pretesto di essere il Figlio unico; lascia tutto nelle mani di Dio e si espone ad essere frainteso e rifiutato dagli uomini.

Il Messia tentato vince la tentazione del Messia. Questo si rivela nell’eucaristia di Gesù: lì c’è un amore senza condizioni, neppure la condizione che sia accolto come l’amore di Dio. Con la morte di croce, prefigurata nel gesto della cena, egli mostra che il Regno di Dio si realizza superando tutti gli schemi, secondo un disegno che solo il Padre conosce. Possiamo così concludere che la tentazione superata alla fine della vicenda di Gesù è forse il cuore della tentazione vinta già nella lotta con satana all’inizio del ministero di Gesù. Questo spiega la scarna notizia di Marco, ma illustra ugualmente il senso della triplice tentazione di Matteo e Luca” ( Fr.G.Brambilla, Il Messia tentato, in: SERVIZIO DELLA PAROLA n. 275, Brescia, Queriniana, Marzo 1996, pagg. 16 – 19 ).

Quanto sia difficile accettare il messia crocifisso, ce lo fa capire San Luca nell’episodio dei discepoli di Emmaus ( Lc 24,25 ss : Schiocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? Cfr. v.46 ).

Sullo sterminio degli Ebrei è stato fato un film dal titolo provocatorio: “ Quel giorno Dio non c’era”. Anche noi di fronte a qualche disgrazia improvvisa e straordinaria diciamo: “ Come è possibile che Dio permetta queste cose?

La redenzione di Cristo non elimina la sofferenza. La forza dell’amore la trasforma. La risurrezione di Cristo non elimina la sua passione e morte, ma le conferisce il suo significato vero, che prima rimaneva nascosto.

La morte di croce di Gesù è scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per i credenti è potenza e sapienza di Dio ( 1 Cor 1,23 s ). Perciò San Paolo predica il Cristo crocifisso e risorto. Il risorto conserva i segni della passione non solo nelle apparizioni ai discepoli, ma anche presso il Padre celeste per intercedere a nostro favore.

La sorte dei discepoli non può essere diversa da quella del maestro. Anche noi dobbiamo abbracciare la nostra croce quotidiana e seguire Gesù.

Ma le tentazioni sono solo quattro?

Il Vangelo ci parla di queste, perché sono le più eclatanti. Ma ce ne sono altre!

Ricordiamo, per esempio, l’elenco dei vizi capitali:

1 – Superbia, 2 – Avarizia, 3 – Lussuria, 4 – Ira, 5 – Gola, 6 – Invidia, 7 – Accidia.

Noi possiamo diventare schiavi di ciascuno di questi idoli, se non superiamo la nostra vita istintiva, mediante l’uso della ragione per raggiungere la maturità umana e mediante il dono dello Spirito Santo che ci rende nuove creature capaci di vivere da figli di Dio e da fratelli tra di noi.

Gesù Cristo, crocifisso e risorto, che ha vinto per sè e per noi il peccato e la morte, ci conceda lo spirito di fortezza per resistere alle tentazioni, al fascino del male e per seguire Lui, Signore e Maestro, sulla la via della passione e della croce, per potere partecipare alla gloria della risurrezione nel suo Regno eterno.

Non lasciarci cadere nella tentazione, ma liberaci dal male”

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