LE SORELLE DI SAN GIOVANNI DI DIO NELLA PAGINA SMARRITA O DIMENTICATA DAI FRATELLI – Angelo Nocent

Me lo sono chiesto per anni senza trovare risposta: ma perché i Fratelli Ospedalieri di San Giovanni di Dio hanno deciso di assistere nell’ospedale creato dal santo Fondatore soltanto le persone di sesso maschile? E le donne chi sono? Possibile che lui, così sensibile alle sofferenze di ogni genere in cui venivano a ritrovarsi nonne, madri, sorelle, ragazze, perfino suore… decidesse di escluderle dal suo progetto assistenziale?

Se nei secoli, dai Fratelli Ospedalieri, questo problema è stato risolto chiamando religiose di Congregazioni Femminili a svolgere l’assistenza nei reparti di degenza delle donne, ho avvertito questa soluzione come di ripiego ingiustificato.

In quell’albero così rigoglioso, riprodotto in tante stampe d’epoca, nato sul ceppo di un uomo di nome Giovanni, non ho mai notato un ramo dissecato che pulsava al femminile. E, nel labirinto delle ipotesi, la risposta non mi veniva nè dalle letture dei documenti storici da me raggiungibili, nè dalle stampe, nè dalla tradizione orale.

Senonché…

Lunedi notte (13 Ottobre 2008) mi sveglio di scatto. Convinto di essere in ritardo per il lavoro, cerco l’orologio: sono appena le quatro del mattino.

Mi alzo perché non riesco più a riaddormentarmi, mi faccio un caffè e comincio a sfogliare un vecchio libro del Padre Gabriele Russotto: “L’ORDINE OSPEDALIERO DI S. GIOVANNI DI DIO” – Anno 1950.

Guardo le foto delle distruzioni belliche che hanno colpito anche diversi ospedali dei Fatebenefratelli d’Italia, Austria, Germania, Francia…Mi soffermo più a lungo sull’Ospedale San Giuseppe di Milano: la documentazione del bombardamento aereo della notte 15-16 Agosto 1943 è desolante.

A pagina 151 mi soffermo, tra l’incredulo e lo stupito, su questo titolo: “COSTRUZIONI DELLA CARITA’ “.

Leggo: “Malgrado i danni e le distruzioni subìte e le gravi difficoltà nelle quali l’Ordine si trovò durante la tremenda parentesi bellica, tuttavia il suo cammino, guidato dalla mente illuminata e dal cuore grande del Generale P. Efrem Blandeau, non si arrestò. Durante il periodo della guerra furono fondate complessivamente altre 22 Case, come segue:

  • 2 in Italia;

  • 2 in Irlanda;

  • 5 nella Spagna;

  • 2 nel Portogallo;

  • 2 in Africa;

  • 2 in Argentina;

  • 2 nel Cuba;

  • 1 nel Perù;

  • 3 negli Stati Uniti;

  • 1 nel Venezuela.

  • In qualcuna di queste Nazioni l’Ordine è entro per la prima volta”.

Cosa pensare? L’avevo insistentemente sentito ripetere al ginnasio, dal Prof. Celli quando leggevamo ”I PROMESSI SPOSI”: “La c’è la Provvidenza!”. E’ l’espressione che il Manzoni fa dire a Renzo. E mi rendo conto che, se i frati sono da cinque secoli sui nostri percorsi, è perché non hanno mai dubitato.

Ma, se allora…, perché non ora?

Proseguo la mia curiosa consultazione, ignaro che, proprio alla pagina 179, il Padre Russotto, svegliandomi di buon mattino, mi aveva preparato quella sorpresa che son qui a riferire, tanto mi ha suscitato incredulità e interesse, perché rispondeva a quella domanda iniziale sul perché delle donne non ammesse in ospedale.

Ciò che segue – escluso il titolo che è mia deduzione – mi ha lasciato di sasso ed è fedelmente riportato.

LE SORELLE DI SAN GIOVANNI DI DIO NELLA PAGINA DIMENTICATA DAI FRATELLI

Le sorelle c’erano ma i fratelli – non ho ben capito per quali ragioni storiche – le hanno perse per strada, fino a dimenticarle per sempre.

Ad onor del vero, ci ha provveduto il milanese Padre Benedetto Menni che era stato inviato in Spagna da Pio IX e dal Padre Alfieri a rifondare il suo Ordine che era stato soppresso. Così, nel 1881 ha dato vita al ramo femminile delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore, particolarmente dedite all’assistenza dei malati psichiatrici che giustamente lo considerano Santo Fondatore, pur ispirandosi al Patriarca di Granada. Ma si tratta di una storia parallela che andrebbe spiegata.

Epperò…

Le Costituzioni dell’Ordine, anno 1585 per “L’OSPEDALE DI GIOVANNI DI DIO” in Granada, prescritte da Mons. Giovanni Mendez Salvatierra, Arcivescovo di Granata, furono la base delle prime Costituzioni dell’Ordine e delle altre edizioni successive. Se ne conserva copia stampata – mancante però di più pagine – nell’Archivio Generale dei Fatebenefratelli in Roma.

Il titolo intero è: Regla y Costituciones, para el Hospital de Juan de Dios desta ciudad de Granada, Por el Illustrissimo Reverendissimo Senor don Joan Mendez de Salvatierra, Arcobispo della…, del consejo de su Majestad, etc. (Granada , 1 gennaio 1585, pp. 17-18)

TITOLO XV delle COSTITUZIONI 1585: DEL MEDICO, DEL CHIRURGO E DEL BARBIERE

Prima Costituzione, che tratta delle ore in cui debbono trovarsi nel detto Ospedale, a chi spetta la loro nomina e da chi debbono dipendere dentro l’Ospedale.

1.Il medico ed il chirurgo…

2.Come debbono essere multati…

3.Dell’ordine, che devono osservare nella visita ai malati…

4.Quando il medico deve ispezionare la farmacia…

5.Della carità e diligenza, con cui debbono visitare i detti infermi…

6.Dell’ora, in cui il barbiere deve essere presente alla visita insieme col medico… “

(1587)

Queste Costituzioni – delle quali è giunto fino a noi solo il Capitolo XV – furono approvate dal primo Capitolo Generale, celebrato in Roma nei giorni 20-29 giugno 1587, e sono la documentazione scritta del metodo assistenziale introdotto nel 1537 da san Giovanni di Dio nel suo Ospedale in Granada e poi continuato fedelmente dai suoi Figli nella Spagna e nelle altre nazioni.

Il Capitolo XV° è riportato nella prima biografia del Santo – più volte citata – del P. Francesco de Castro: Vita et opere sante di Giovanni di Dio…, tradotta dallo spagnolo dal P. Francesco Bordini (Firenze, 1589) p. 196.

  • Dell’ordine che tengono li Fratelli di Giovanni di Dio in overnare li poveri infermi nelli loro spedali, estratto brevemente, et ommariamente dal Capitolo XV delle loro Costitutioni. Conviene grandemente…

  • Dell’ordine che si tiene nel ponere li poveri infermi nel letto. S’ha da procurare…

  • Del modo che si tiene nel visitare gli poveri infermi con il medico, et chirurgico. Nelle due visite…

  • Ordine che si tiene nel dar da mangiare a’ poveri infermi. Venuta l’hora…

  • Della guardia che s’ha da tenere, così nel giorno, come nella notte dell’infermeria; et la maniera che s’ha da tenere in licentiare i poveri, di poi che sono risanati. Et acciò…

  • Della gran cura che s’ha da tenere degll’infermi, che stanno nell’agonia della morte. Et perché importa…

  • Come si sepeliranno l’infermi, che sono morti nel nostro spedale, e delle messe de’ defunti ogni lunedì. Quando per voluntà di…

  • Degli esercitij spirituali, che si fanno nelle i infermarie. Nelle infermarie si dirà Messa ogni mattina,…

  • Delle sorelle del nostro habito, che hanno da medicare le povere inferme.

  • “In alcuni delli nostri spedali si ha usato, et usa ricevere donne inferme, et medicarle in luogo distinto, et separato, et lontano dalle infermarie degli huomini, servendo le sorelle del nostro habito con la carità possibile, et questo perché le donne siano rimediate come gli huomini: ha parso al capitolo che si faccia il medesimo da qui innanzi ne’ luoghi commodi, et ritirati dove si possa fare, procurando sempre di andare innanzi di perfettione, et s’intenda che non ha da essere con ogni picciola commodità; ma dove possino stare molto appartate, et raccolte, et che non possa entrare in esse niuna sotre d’huomini; eccetto che i medici, et che siano in istanze molto commode, e per questo effetto si terrà particolar cura in questo esercitio”.

  • Della infermiera maggiore, facendosi spedale di donne.

  • “Sarà una infermiera maggiore d’età di anni 40 poco più, o meno, la quale sarà religiosa del nostro habito, diligente et sufficiente per questo ministerio,

  • dove sarà obedita da tutte le altre sorelle, et farà l’infermiera maggiore, che nel spedale delle donne si osserva quell’ordine, che s’è detto nello spedale degli huomini, nella visita de’ medici, et in tutti gli altri esercitii, così spirituali, come corporali,

  • et così anco tenirà particolar cura nello spedale si viva con ogni modestia,

  • et non lasci uscire niuna fuora se non sarà sana, er licentiata dal medico,

  • et farà che tutte le cose le siano provedute, et convenienti atte:

  • di maniera che non si manchi niente di quello che dal medico fu ordinato,

  • et per quest’effetto sarà una ruota per dove le si diano tutte le cose necessarie,

  • et per la porta non entrerà se non l’inferme, et li medici quando anderanno a visitare,

  • et il fratello maggiore si troverà sempre presente alla visita,

  • et se sarà bisogno il barbiero, et lo spetiale,

  • et l’infermiera maggiore farà che si faccia la visita con ogni modestia et honestà,

  • et che alle inferme non le manchi cosa niuna, come sìè detto nella infermità degli uomini,

  • et nella porta della infermeria delle donne saranno due chiavi differenti una dall’altra,

  • et una la tenirà il fratello maggiore, et l’altra la sorella infermiera maggiore; di maniera che non possa aprire l’uno senza l’altra”.

(DA: “L’ORDINE OSPEDALIERO DI S. GIOVANNI DI DIO” – Roma – Isola Tiberina . Anno Giubilare 1950 – P. Gabriele Russotto O.H. )

 

DUNQUE…

Fin dalle origini è evidente che vi è già una fondazione religiosa al femminile, analoga a quella dei frati, sorretta dalle medesime norme:

  • “In alcuni delli nostri spedali si ha usato, et usa ricevere donne inferme, et medicarle in luogo distinto, et separato, et lontano dalle infermarie degli huomini, servendo le sorelle del nostro habito con la carità possibile, et questo perché le donne siano rimediate come gli huomini:..”

  • “Sarà una infermiera maggiore d’età di anni 40 poco più, o meno, la quale sarà religiosa del nostro habito, diligente et sufficiente per questo ministerio, dove sarà obedita da tutte le altre sorelle, et farà l’infermiera maggiore, che nel spedale delle donne si osserva quell’ordine, che s’è detto nello spedale degli huomini…”

Qui mi limito a dire che l’argomento meriterebbe almeno di di essere approfondito. E, se vi sono dei ritardi storici, andrebbero recuperati.

Sono tentato di credere che certe crisi vengano da lontano e celino l’accorato desiderio di Dio: far emergere e riconoscere nel nostro tempo quella diaconia delle donne che da sempre esse hanno esercitato, nella riservatezza tipica di Maria, la magnifica donna accogliente ed ospitale della Chiesa nascente e nei secoli.

Nulla di nuovo sotto il sole.

A costo di sembrare patetico, mi domando: e se un giorno fossero le donne, le Sorelle Ospedaliere, a prendere in mano la situazione di alcune postazioni dell’Ordine dei Fratelli Ospedalieri , ormai in gravi difficoltà di sopravvivenza, ovunque ma in Italia in particolare? Fino a prova contraria, Fatebenefratelli vuol dire anche Fatebenesorelle. O no ?

La carità di Giovanni di Dio è stata sostenuta sia dalla ricchezza delle nobildonne che dagli spiccioli della scontata fatica delle donne del popolo. E tra esse, alcune di quelle sottratte dal Santo alla schiavitù della prostituzione. Tutto fa pensare che San Giovanni di Dio, sul ruolo della donna, pur nei condizionamenti legati alla mentalità del tempo, abbia visto più lontano di noi che ci consideriamo emancipati. Del resto, la tradizione ci tramanda che proprio la Sorella Maria di Nazaret, la donna per eccellenza, lo abbia risollevato in una accidentata caduta da cavallo e lungo tutto il percorso della sua illuminata avventura, fin sul letto di morte.

Forse la lettura dal libro del Profeta Gioele può dissipare dubbi e paure.

Cap 3, 1-5 – Il Signore manderà il suo spirito

  • “Dopo questo, io manderò il mio spirito su tutti gli uomini: i vostri figli e le vostre figlie saranno profeti, gli anziani avranno sogni e i giovani avranno visioni.

  • In quei giorni manderò il mio spirito anche sugli schiavi e sulle schiave.

  • Farò cose straordinarie in cielo e sulla terra: ci saranno sangue, fuoco e nuvole di fumo.

  • Il sole si oscurerà e la luna diventerà rossa come il sangue, prima che venga il giorno del Signore, giorno grande e terribile.

  • Ma chi invocherà il mio nome sarà salvo. Sul monte Sion e in Gerusalemme sopravvivranno quelli che io ho scelto”.

Come sembrano in atto le profezie!

Ai tempi del profeta Gioele, Maria di Nazareth non era ancora nata. Ma nella mente di Dio era presente dall’eternità. Le profezie del Magnificat di Maria, i sogni di Giuseppe ci appartengono: siamo chiamati a realizzarli.

Una ragazza che sta cercado la sua vocazione, mi ha spedito una mail proprio oggi, 21 maggio 2007, per farmi partecipe di una scoperta che ha fatto, leggendo una biografia di Don Gnocchi. La riccetta che mi ha suggerito e che volentieri metto in circolazione è ottima e cercherò di utilizzarla per primo:

“Volete diventare santi? Ecco il sistema: prima di ogni vostra azione chiedetevi sempre che cosa farebbe la Madonna al vostro posto e comportatevi come lei”.(Don Carlo Gnocchi).

Da questa mia piuttosto complicata postazione esistenziale, non sempre riesco a percepire come gira il mondo. Ma sono fortunato: vedo un succedersi di miracoli.

Vorrei chiederne uno: che i Padri Capitolari dei Fratelli Ospedalieri di San Giovanni di Dio che s’incontreranno a Fatima dal 22 ottobre al 9 novembre per celebrare il LXVIII Capitolo Generale, si accorgessere di questa pagina, operassero un discernimento ed aprissero nuovamente le porte a un ramo femminile: le Sorelle Ospedaliere di San Giovanni di Dio. Come hogià detto, in qualche modo, vi ha già provveduto San Benedetto Menni.

Nè mancano le Suore della Carità di San Giovanni di Dio (Sisters of Charity of St. John of Good (SCJD), fondate in India da Fra Fortunatus Thanhäuser o.h. Ma ci sono ancora tanti posti vacanti che attendono di essere occupati dalla fantasia della carità.

Con o senza il velo, prego il Signore della messe perché susciti una donna capace di rifarsi a San Giovanni di Dio non tanto per ammirare le virtù di questo formidabile uomo, gigante della carità compassionevole, vissuto in un certo periodo storico.

Ma per raccogliere nella sua storia le indicazioni ispiratrici per scrivre una nuova pagina dell’ hospitalitas, emanazione del “Sacramentum Hospitalitatis” quale appunto è l’ Eucaristia. Perché la profezia contenuta nel carisma originario che si è manifestato in Granada, non può perdere il suo mordente di disturbo ma deve porsi in posizione di avanguardia, di avanposto: amare come Dio ama, secondo il modello Gesù, praticato da Maria.

Mettere i piedi sulle impronte lasciate da Cristo, non è uno scherzo: richiede un ribaltamento del sistema motivazionale umano non facile da raggiungere.

“Purtroppo pensiamo ancora – scriveva ancora quindici anni fa Alessandro Manenti in Profezie di retroguardia – che per formare dei bravi religiosi basti un po’ di teologia, un po’ di esperienza pastorale, un po’ di comunità, un po’ di preghiera e il gioco è fatto.

E la effettiva libertà di vivere secondo quei valori accettati, creduti, praticati chi la favorisce? Non abbiamo capito ancora che la radice non è l’ignoranza dei valori trascendenti e neanche la presenza di patologia, ma è la naturale refrattarietà del cuore umano a fare un dono totale di sè nonostante lo si accetti a parole e non si sia impediti da turbe psichiche. Chi favorisce questo lungo e lento lavoro di assimilazione”.

La risposta dell’autore era rivolta a una domanda provocatoria derivante dalle ricerche di Padre Luigi Rulla pubblicate in Antropologia della vocazione cristiana (Piemme, Casale Monferrato 1986) che evidenziava un quadro disastroso. In essa venivano forniti i seguenti dati:

  • religiosi maturi 16%

  • immaturi 45%;

  • quando si considerano anche i seminaristi, i maturi sono 11%

  • e gli immaturi 45%.

  • Religiose mature 11%

  • immature 64%

  • Laiche mature 5%,

  • immature 71%

Nel 2012 la situazione è diversa?

 

Il carmelitano Bruno Secondin, ordinario di teologia spirituale all’Università Gregoriana di Roma, scriveva: “L’invecchiamento molto esteso nel nostro mondo occidentale dei membri degli istituti religiosi è un’altra ragione di difficoltà e di smarrimento. I giovani si sentono molto a disagio nell’associarsi con gruppi e istituti formati da persone quasi tutte sopra i sessant’anni, stanche e impaurite per il collasso delle opere e dell’organizzazione. D’altra parte, se non entrano giovani, ancor meno la capacità di adeguamento al presente e di nuove iniziative si può affacciare. E’ quasi un circolo vizioso”.

Circolo vizioso che solo Dio può spezzare.

Se è utopico pensare che imponenti istituzioni plurisecolari si trasformino completamente e rapidamente, qualcuno sostiene che va profilandosi un modo diverso di entrare nel mondo dei consacrati: fare, sì una scelta di consacrazione, ma rimanendo nel mondo, senza essere nè suore, nè preti.

A Mariapia Bonanate, giornalista che ha scandagliato quel mondo poco conosciuto delle religiose, riferito nel suo libro “SUORE”, è stato chiesto: “C’è un settore in cui ritiene dovrebbero impegnarsi in modo particolare le congregazioni religiose femminili?“

La sua risposta: “Fermo restando il fatto che i campi della loro azione sono molteplici, sarebbe auspicabile la loro presenza là dove non c’è nè istituzione civile, nè religiosa. Una donna può arrivare dove non arriva un uomo e una suora dove non arriva un prete. Fra i diseredati, fra gli ultimi la presenza di una religiosa produce degli effetti straordinariamente positivi. Oggi il luogo privilegiato della teologia sono i poveri. Lo si può vedere nelle frontiere del mondo dalle favelas agli slum, ma anche nelle nostre città. Mi sentirei di indicare in questo senso e con tutte le varianti legate ai singoli carismi il modello delle Piccole sorelle di Charles de Foucauld”.

Un san Giovanni di Dio al femminile, nei bassifondi o a questuare bussare alla porta dei palazzi di ricchi e benestanti, a insegnare la lingua agli stranieri in qualche sottoscala, su una cattedra universitaria, in camice bianco in ospedale o nel ruolo di psichiatra psicoterapeuta…non dispiacerebbe neanche a lui che non è mai stato geloso della concorrenza. Madre Teresa di Calcuta non è che un esempio moderno. Ben venga, dunque. Ma non è opera d’uomo. E’ dono dello Spirito che non disdegna di essere invocato, strattonato, sollecitato, con insistenza.

Anni fa il carmelitano cardinale di Torino Anastasio Balestrero, sulla crisi delle vocazioni religiose, sulle tante interpretazioni, forniva questa: “Sono dell’idea che la vita religiosa non abbia trovato ancora un assetto postconciliare. E questo spiega, a mio parere, la carestia delle vocazioni.

Ma a me preme soprattutto ricordare che di fronte alla scarsità delle vocazioni, il Signore ci comanda di pregare perché il Padre mandi operai nella sua messe. Wuesto comando deve essere ricordato da tutti, deve essere inculcato nel Popolo di Dio. Pregare. La soluzione è dall’alto, perché Dio solo chiama e da Dio solo provengono le vocazioni. I problemi umani esistono, i problemi sociali ci sono, le crisi delle famiglie e dei giovani sono reali. Ma la potenza e la misericordia di Dio non sono davvero raccorciate da queste povertà e da queste lentezze umane“.

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.