QUANDO LA SOFFERENZA BUSSA ALLA PORTA -

Sant'Ambrogio - La Basilica di Milano 

 La Basilica di Sant’Ambrogio – Milano

QUANDO LA SOFFERENZA BUSSA ALLA PORTA

  

A volte le famiglie sono messe a dura prova quando vengono colpite dalla malattia di un proprio caro.

I ritmi di vita subiscono stravolgimenti e le relazioni sono più tese

 Intervista a Mons. Piero  Cresseri, responsaile Caritas Diocesi di Milano

Luisa Bove

 

Come Pastorale della salute vi siete dati delle priorità?

Cresseri Mons. PieroSì, quest’anno vogliamo seguire il malato dimesso dall’ospedale che ritorna in famiglia. Questo infatti è un grande problema e stiamo valutando di promuovere una sinergia tra l’ospedale, le istituzioni pubbliche (assistenti sociali dei Comuni) e le parrocchie perché ci sembra urgente. Concretamente l’ospedale dovrebbe comunicare che un malato solo e anziano viene dimesso e farà ritorno a casa. Quando arriva la notizia l’assistente sociale del Comune dovrebbe attivarsi subito per le prime necessità e poi anche la parrocchia, in particolare una “rete” di volontari. Una volta questo non era necessario perché c’erano i vicini del cortile, ma ora occorre avere persone che vadano in casa, perché il malato potrebbe avere bisogno del pasto o di medicinali prescritti dall’ospedale e magari abita al quinto piano senza ascensore.In diocesi esistono anche esperienze per sostenere le famiglie?

Certo. Per esempio nella parrocchia di S. Ambrogio c’è una casa di accoglienza (tel. 02.72023315; www.casasantambrogio.it) per dare sollievo ai familiari ospitando in comunità per un soggiorno temporaneo gli anziani che di solito vengono seguiti dai loro cari. A volte infatti i parenti non ce la fanno a reggere. Inoltre viene offerta ospitalità anche a persone anziane sole che necessitano di un periodo di convalescenza protetta. Anche a Legnano esiste un’altra esperienza interessante: l’amministrazione ha messo a disposizione una casa che per accogliere persone per periodi brevi o a medio termine. Infine l’associazione “Seneca”, apartitica e aconfessionale, gestita da volontari offre assistenza domiciliare gratuita ad anziani e bisognosi che risiedono a Milano.

Se da una parte la medicina sta facendo passi da gigante, dall’altra l’Arcivescovo auspica «autentiche politiche della salute» cioè «non prigioniere di una prospettiva individualistica e con la preoccupazione prima del profitto»…

Intanto bisognerebbe cambiare il nome alle aziende ospedaliere, perché è improprio, se non uno scandalo. Di fronte ai problemi dell’economia nazionale si riducono al minimo le spese. Per l’esperienza che ho avuto ho notato che c’è difficoltà a mettere d’accordo il profitto dell’azienda ospedale con l’umanizzazione. La persona tante volte non viene messa al primo posto nonostante tutti i proclami, onestamente non ci siamo ancora arrivati. In questo momento storico gli ospedali si barcamenano per uscire il meno possibile dal budget che lo Stato o la Regione assegnano.

Il problema è serio, anche se dobbiamo dire che in Italia, rispetto ad altri Paesi, il sistema nazionale sanitario, che ha compiuto 30 anni, è sicuramente uno dei migliori. Però non si è ancora arrivati negli ospedali ad accogliere e ad avere un’attenzione adeguata alla dignità della persona. Siamo ancora lontani. Posso dire però che se nelle degenze la carenza è più forte, negli ambulatori e nei day hospital si sono fatti passi notevoli, non solo da parte del personale, ma anche di volontari. Una persona che deve sottoporsi alle chemioterapie riceve un’accoglienza dignitosa per il suo breve ricovero. Diventano importanti anche le piccole attenzioni come il tè, la musica per rasserenare, la stessa disposizione dei locali e delle suppellettili… su questi aspetti abbiamo insistito molto anche in ospedale.

A sostenere la fede e a garantire l’Eucaristia agli ammalati che lo richiedono, oltre ai sacerdoti ci sono anche i ministri straordinari, tanto raccomandati anche dall’Arcivescovo…

Come Servizio di pastorale sanitaria puntiamo molto sulla costituzione delle cappellanie composte non solo dal sacerdote, ma anche da religiose, diaconi e volontari. Questo permette di avere una comunità ospedaliera capace di affrontare tutti i problemi che sorgono. In particolare i ministri straordinari sono preziosissimi, specie per la difficoltà dei cappellani soli a raggiungere tutti i reparti, senza contare che molti non sono in ospedale a tempo pieno.

Il ministro straordinario che va tutti i giorni oppure il sabato, la domenica e durante le feste per incontrare il malato, fa anche da “ponte” con il sacerdote. E questo vale anche per il servizio nelle case. Io dico infatti ai parroci che devono aumentare il numero di questi ministri straordinari della Comunione ai malati. Poi è significativo farli andare dagli ammalati subito dopo la Comunione e non quando è finita la messa. È un segno bellissimo perché per loro la messa continua nelle case leggendo la Parola di Dio, recitando una preghiera, dando la Comunione e ascoltando il malato.

Luisa Bove

La malattia in famiglia

Medici al capezzale 01La famiglia ama e serve la vita anche nel promuovere la cura della salute e nel sostenere la prova della sofferenza. Considerando l’importanza della salute nella vita concreta di una famiglia, penso immediatamente alle innumerevoli situazioni di malattia e di sofferenza che incontro tra la gente. […]

Il bene della salute è prezioso e la sofferenza coinvolge subito, immediatamente, tutti coloro che vivono accanto al malato. A volte questo parlare è spontaneo, quasi un bisogno irresistibile del cuore; altre volte già l’affrontare la “questione malattia” costituisce una difficoltà, comporta una fatica, suscita un non lieve imbarazzo. È quanto normalmente avviene nelle nostre famiglie. […]

Medici al capezzale 02Quando è raggiunta dalla fragilità e dalla sofferenza, la famiglia in forza della sua soggettività sociale ha il diritto e il dovere, certo di portare il proprio necessario contributo, ma insieme anche di esigere dalla società delle autentiche politiche della salute, che pongano al primo posto il benessere della persona nel suo contesto familiare, non dunque politiche prigioniere di una prospettiva individualistica e con la preoccupazione prima del profitto. […] La famiglia quando incontra la realtà dolorosa della malattia viene messa duramente alla prova. È costretta a cambiare ritmi di vita e ad assumere nuove e gravi responsabilità. Muta la qualità delle relazioni, al suo interno anzitutto, e verso l’esterno. Penso in particolare ai molti modi con cui la sofferenza bussa alla porta di una famiglia e insieme dell’intera società. Anzitutto, la sofferenza di tanti anziani, spesso vissuta con grande dignità e con preoccupazione per non essere di peso agli altri; la malattia inattesa e grave, che in breve o brevissimo tempo rapisce alla vita e agli affetti un familiare, spesso giovane; la sofferenza di natura psichica, tutt’altro che rara nei nostri contesti che sottopongono le persone a stress, ad un vissuto che logora e non concede tregua; la sofferenza del diversamente abile e del lungodegente; quella dei piccoli, dei bambini, che in massimo grado ci interpellano sul “perché” e sul “senso” del dolore innocente.

 

Un corso in decanato

L’Ufficio diocesano di Pastorale sanitaria organizza nei decanati che lo richiedono il corso intitolato “La relazione, pastorale d’aiuto”. L’itinerario formativo prevede 10 serate oppure incontri il sabato con tempi e orari da concordare.

Il numero dei corsisti non dovrebbe superare le 20 unità anche per permettere di lavorare in gruppo. L’iniziativa è rivolta a operatori pastorali, ministri dell’Eucaristia, operatori sanitari e volontari.

Ogni decanato concorderà con gli organizzatori le modalità di svolgimento in base alle proprie esigenze. Per info: don Gian Maria Comolli (tel. 02.92416338 oppure gimacomo@msn.com).

Da www.chiesadimilano.it

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