DON DIVO BARSOTTI E’ MORTO IERI – Fratel Carlo

Posted on Gennaio 6th, 2009 di Angelo |

Io ricordo solo un uomo che mi ha fatto sentire amato

Don Divo Barsotti è morto ieri. Molti ricordano il mistico, il teologo, il poeta, il predicatore.

Io ricordo solo un uomo che mi ha fatto sentire amato, profondamente e sempre amato…..e mi ha aperto le porte alla comprensione dell’Amore, dell’Unico Amore.

Quando penso a lui, lo penso sorridente.

Sorrideva sempre.

Sorrideva quando pregava e quando chiudeva gli occhi e andava oltre la preghiera.

Sorrideva quando a tavola ci tirava le mele da “parare” al volo ( era il suo gioco, e il nostro), sorrideva anche quando, piangendo, parlava di Lui, dell’unico grande Amore della sua vita. O quando sollevava un poco l’Ostia verso un ipotetico alto e lontano che per lui fu sempre vicino e presente.

 

Era autunno quando lo conobbi. Autunno dentro e fuori di me. Sconfitto da tante guerre perdute mi aggiravo dove nessuno passeggia, in una periferia che non ha il sapore di nulla, meditando sul posto dell’amore nella vita dell’uomo.

C’era un portone aperto, non grande ma aperto, luminoso, come un vortice ( e il ricordo si fa presenza e dolore di oggi e gioia di ieri) e lui, già  vecchio ma non troppo, parlava mentre pochi nel silenzio totale lo ascoltavano. Entrai e non so perchè. E trovai posto e lui mi vide e sorrise di più, come la farfalla che vede lontano un fiore. Ma continuò, continuò non so per quanto, e non so con quali parole, ma erano parole come rivestite di magia che medicavano e sanavano.

Era un pò chino, non dritto, occhiali fondi come vecchie bottiglie di tanto tempo fa, la talare nera dei preti, il suo sorriso, le mani lontane da lui che disegnavano tracciati musicali nell’aria. Era l’omelia di una messa e lui parlava d’amore.

Insieme al suo sorriso ricordo l’amore. L’amore era il soggetto di tutto. Mai tacque dell’amore. E non importa di cosa si parlasse, perchè qualunque argomento da meditare o da insegnare o da discutere, qualunque cosa, tutto rientrava nel grande canto d’amore che le sue labbra cantavano sempre.

Quando la Messa finì non andai via.

Non sapevo chi era ma seppi subito chi io non ero mai stato; fui come sbalzato davanti a un’immagine di me a me ignota finora. E le mie gambe tremavano a lasciare quella cappellina così “normale”, così ordinaria, trasformata dalla sua parola in un fascio di rose profumate.

Fu lui che si affacciò piano dall’uscio della sagrestia. Non si era ancora tolto tutti i paramenti.

Ma non parlò.

Sorrise.

E mi sembrò che piangesse.

Mi sembrò che l’amore aveva altre parole per me e le avrebbe pronunciate lui. Ma come, ma quando non sapevo ancora.

E andai.

E tutto fu come una pagina di Vangelo. E non fu così tutto di lui?

“Chi è lei?” -  gli dissi.

E lui mi disse il suo nome a me sconosciuto. “Come ti chiami” – aggiunse?

E gli dissi il mio nome. “Vieni con me” – mi disse. E non seppi chiedergli dove. Ma sapevo che sarei andato.

E andai.

E tutta la mia vita cambiò (perchè non riesco a trattenere il pianto?? e lo conobbi, e vissi con lui, e pregai con lui, e ascoltai ogni giorno per mesi e mesi la sua parola, ogni giorno, generosa, lieta, pura. Capii da lui che “la Parola non torna indietro senza aver compiuto ciò per cui è stata mandata”….mai udii nei miei cinquanta anni una parola così “bella”, perchè di bellezza si parla. E non era una parola elegante, farcita….ma era “bella”, come le mani della mamma che ci accarezzano senza rumore.

E parlai con lui….gli consegnai tutti i miei bagagli più pesanti…piansi mentre le mie mani stringevano le sue e le sue labbra sorridevano a trasumanare il pianto in serena letizia.

E mi sentii capito come nessuno mai prima e mai più (com’è triste ora una vita senza di lui!).

E viaggiai con lui “senza portare nulla”.. solo orecchie e cuore.

E mangiai con lui, e lavai i piatti nella sua cucina con Serafino il dolce e Silvano il mite…mentre si sceglieva per me un nome nuovo e si leggevano i Padri. Voleva chiamarmi Barsanufio (e seppi poi che ci aveva già  provato e ancora ci provò…chissà  se poi ci riuscì mai! Barsanufio…il recluso per amore!).

E lo spiai tante volte nelle notti di preghiera prima dell’alba…sentivo i suoi passi di pezza verso l’Amato e in silenzio….lo seguivo e mi abbeveravo a una Fonte sconosciuta, da lui misteriosamente riesumata ogni notte e ogni giorno.

E vidi crescere la Comunità attorno a lui, padre commosso e mai ingrato, stupito come Abramo per la scelta di Dio nella sua vita.

 

C’è un ricordo più forte di ogni altro ricordo…così forte che mai riuscii a liberarmene; anche quando lui mi accompagnò alla porta per l’ultima volta e mi indicò la “direzione” del mio cammino e mi disse: “Non devo trattenerti qui con me. Altrove il Signore ha fissato per te la dimora. E non tornare per almeno un anno. Mi mancherai”.

E qualcosa tra il sorriso e il pianto di nuovo incontrò i miei occhi.

E capii che lacrime e sorrisi, gioia e pianto non erano differenti per lui. Che la gioia era solo l’altra faccia del dolore. Che tutto era sempre e solo “segno della Presenza”, come soleva dire.

E andai.

“Un giorno, qualche mese prima della mia partenza….seduto…le sue omelie-meditazioni per noi suoi figli…..parlava del paradiso: “Dio è il nostro paradiso”….in Lui si compie e converge ogni gioia. Solo Lui è gioia, pace, ricchezza per l’anima e per il corpo – e piangeva.

Mi fissò a lungo….come se io solo fossi lì e poi mi chiese: “Ma Dio che è tuo paradiso, ha per Sè stesso un paradiso? Perchè niente è più di Dio” -  e mi guardava come una mamma che ha dietro la schiena nascosto un regalo meraviglioso.

“Qual’è il paradiso di Dio?……

“Tu” – e piangendo puntava l’indice verso di me – “Tu sei il paradiso di Dio…in te culmina il suo amore….Lui ti ha creato per amarti….e in questo amore, per te piccolo e peccatore, Dio ha scelto di vivere il suo paradiso”.

Mi consegnò questo dono che porto sempre con me. Io…sono il paradiso di Dio.

Grazie………Padre mio!

Ora te ne sei andato. E hai già  incontrato l’Amato.

Chissà se Dio, accogliendoti, ti avrà  detto: “Benvenuto….mio paradiso!”

 

fratel Carlo

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