LA FANTASIA DELLO SPIRITO E LA LIBERTA’ DEL CRISTIANO – Renato Farina intervista Mons. Giussani

Posted on Gennaio 13th, 2009 di Angelo | Edit

giussani-e-giovanni-paolo-ii-208x300

La fantasia dello Spirito e la libertà del cristiano   

L’Esortazione apostolica post-sinodale “Christifideles laici”

 

Commento di mons. Luigi Giussani.

 

Intervista a cura di Renato Farina

 

«È una cosa grande un movimento. Anche per noi è difficile capire cosa ci è stato dato».

Don GiussaniMonsignor Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, è ogni volta stupito quando deve por mente a quella faccenda assolutamente straordinaria che è un dono di Dio, uno di quei luoghi «dove il mistero si comunica, la potenza di Cristo si trasmette nella fragilità e nella debolezza estrema».

Nel suo piccolo studio di Milano stringe un libretto. È l’«Esortazione apostolica post-sinodale». Una brutta espressione per dire il testo di Giovanni Paolo II che offre alla Chiesa i frutti maturati nel Sinodo dei vescovi sui laici. Si intitola Christifideles laici, i fedeli laici.

Don Giussani, lei definì il Sinodo una “festa dello Spirito». Che cosa ritrova oggi in queste pagine di quell’avvenimento che suscitò in lei un entusiasmo così pieno?

Ritrovo tutto ciò che motivò il mio entusiasmo. Il messaggio cioè che la centralità di Cristo fluisce nel mondo attraverso la Chiesa e le sue istituzioni, e queste traggono vita grazie al dono dello Spirito ai singoli fedeli, dono che fiorisce normalmente in amicizie: raggruppamenti, associazioni e movimenti.

Questo è dunque per lei il cuore del documento: «la centralità di Cristo che fluisce». Di solito nel guardare questo testo il tragitto è diverso: l’ottica è rivendicazionista.

Una posizione rivendicazionista è resa impossibile da questa Esortazione apostolica. Essa valorizza tutti gli aspetti e le esigenze di una vita che voglia essere cristiana. Corrisponde troppo, per lasciar spazio alle rivendicazioni. Non ritaglia uno spazio per questo o quell’altro movimento. Ma situa i movimenti al centro stesso della vita della Chiesa. Li fa coincidere con il vivo impeto della Chiesa in cui opera lo Spirito di Cristo per la salvezza degli uomini.

E questo «vivo impeto» come lo descriverebbe?

Il documento segna – a mio avviso – l’alfa e l’omega della questione. L’alfa è il dono dello Spirito, e del Mistero di Cristo e della Chiesa attraverso il Battesimo. Qui sgorga la pienezza della personalità nella sua interezza, nella sua irriducibilità. Ed essa è per l’unico scopo: la missione, l’omega. Che conoscano te, solo vero Dio, e colui che hai mandato, Cristo. Questo dinamismo è illuminato da un passo del testo papale: «L’impegno di una presenza nella società umana che, alla luce della dottrina sociale della Chiesa, si ponga a servizio della dignità integrale dell’uomo» (n. 30). È uno dei «criteri di ecclesialità».

Per che cosa esiste un movimento se non per giungere fino a questo punto? Per corrispondere così in modo integrale e sovrabbondante alle esigenze della personalità umana.

Il suo discorso sembra così strano. Sempre più gli uomini d’oggi vedono la Chiesa come istituzione più o meno in crisi che tutela certi principi morali. Non il tramite di una risposta al problema umano. Come riguadagnare questa coscienza?

Non c’è nessun’altra via che aiutare il chiamato, ogni Christifideles, a riprendere coscienza di ciò che è il cristiano: vale a dire un protagonista nuovo nella storia. Un uomo che vede, progetta e si dedica per amore. E lo fa per l’obbedienza a una realtà presente, in cui è un’altra vita, quella di Cristo, a cui il cristiano tutto offre ed in cui tutto è destinato a ricapitolarsi. E questa ricapitolazione incomincia a manifestarsi nella via del fedele che a questa coscienza è stato richiamato. Siccome per il cristiano la solitudine è impossibile, questa ripresa di coscienza più facilmente sarà aiutata dal crescere di un’organicità sociale, innanzi tutto ecclesiale.

Un’«organicità sociale». A causa di questo palesarsi sociale del cristianesimo si accentuano le ostilità. Perché?

È proprio così. Quando la comunità ecclesiale si pone come corpo organico, luogo dove Egli è qui, dove Lui è presente, Lui, il Dio diventato uomo, l’Avvenimento assolutamente sproporzionato a tutti i progetti umani.

Quando accade questo, l’ostilità è l’ultima espressione della pretesa autonoma che ha l’uomo. Ed accade nonostante che questo Avvenimento illumini e valorizzi ogni progetto. È l’orgoglio, dunque. Ma può anche essere l’esito di una grande malinconia, la tristezza di un’umanità che non ha incontrato la presenza del Maestro.

 Forse a volte anche là dove le istituzioni esistono proprio in suo nome. Anche là molti non l’hanno trovato. L’ostilità è la reazione di gente abbandonata. È come un gregge senza pastore. Quando il Papa dice «la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali» (n. 34), credo che parli di questo. Incontrando la Chiesa deve essere possibile fare l’incontro con Cristo.

Se la risposta è il «rifarsi del tessuto cristiano», come ripararlo?

Con una disponibilità totale al Vangelo. Quella che fece dire a Gesù: «La tua fede, ti ha salvato». Un’invocazione appassionata e una disponibilità totale, continuamente rinnovata al dono dello Spirito di Cristo. Perché è Grazia, non può trattarsi di progetti fatti dall’uomo. È un’immaginazione cui solo lo Spirito dà origine e forma.

Il Papa sottolinea la necessità di rievangelizzare e demolisce un certo delicato ottimismo diffuso anche ecclesiasticamente sulla salute spirituale dell’Occidente. Il Papa dice: da noi si vive «come se Dio non esistesse».

La posizione del Papa non mi pare negativa dinanzi ad una certa ripresa di sensibilità per i valori spirituali. Ma non vuole che sia illusoria. Non c’è nessuna scaltrezza di progettualità dettata da buona volontà che possa compiere il bene così come l’uomo ne sente il bisogno, perché esso ha una dimensione infinita. Solo lo Spirito lo può.

Due anni fa in un’intervista a “30 Giorni”, parlò di un potere «più radicalmente ostile» al cristianesimo che non               l’ «impero romano dei primi secoli». Questo ha meritato a lei le critiche della “Voce repubblicana”. Ridirebbe oggi il medesimo giudizio?

Sì. Lo riconfermo con la volontà di corrispondere umilmente alla passione con cui il Papa continua a ripetere questa valutazione. Del resto il tipo di mentalità che propagano i mass media e i contenuti sistematici dell’educazione scolastica non possono che indurmi a confermare quel giudizio. Si arriva fino a tali culmini di permissività, si giunge fino a giustificare il delitto aperto e conclamato, compreso l’aborto.

Non è un giudizio cattivo sul mondo, ma di allarme appassionato perché il mondo sia felice in modo più sicuro. C’è amarezza in me. Vorrebbe essere quella che era negli occhi di Cristo quando, nel vangelo di Marco, dal lago vide la folla ed «ebbe compassione di loro».

L’aspetto più acuto di quest’amarezza è quando si vedono persone – che hanno avuto dalla vita la facilità di poter accostare il contenuto cristiano, di poterlo studiare, viverci anche egregiamente dal punto di vista economico – ergersi a confondere ulteriormente, con presunzione ribelle di stampo illuministico, il gregge dei fedeli. Penso alla contestazione dei teologi del Nord Europa.

Questo documento papale è destinato a togliere spazio alla confusione.

Certo. E una delle parti più chiare credo sia quella sui «criteri di ecclesialità».

Vorrei sottolineare la prospettiva dei carismi concepiti come sorgente di vita dell’istituzione (parrocchie, diocesi) e dall’altra parte l’esuberanza che i doni dello Spirito sempre portano, e la gioia creativa che sempre innestano, sentite nella prospettiva del sacrificio e di una cordiale dipendenza dai vescovi.

Sì, i vescovi: «principio visibile e fondamento della unità della Chiesa», come il documento cita dalla Lumen Gentium. È qui centrato il mistero del dono di sé che il Padre fa attraverso lo Spirito di Cristo all’uomo, come fonte di gioia, di creatività, di luce; e di sacrificio, di obbedienza.

Oggi i rapporti tra istituzioni e movimenti come sono?

Per la lineare e persuasiva insistenza dei documenti del Magistero vedo che in molte Chiese si sta camminando con una serenità senza paragoni con anni trascorsi.

È un po’ paradossale che lei dica questo, dopo che negli ultimi mesi c’è stato un battage su presunte difficoltà tra l’episcopato italiano e il suo movimento.

Chi ha sensibilità al gioco politico e conosce i suoi mezzi di propaganda può spiegare molte cose.

A proposito: si parla molto del dovere dei laici cristiani di impegnarsi in politica. Nonostante il subbuglio di quest’ultimo anno, non si sente di frenare gli adulti di CL in questo campo?

Mi sento soltanto di richiamarli continuamente al fatto che lo scopo della vita è la santità; che impegnarsi con gli altri è un aspetto della santità; e che l’alveo della concezione deve sempre guardare e riferirsi al Magistero.

Come vanno i rapporti con gli altri movimenti ed associazioni?

L’apertura a una conoscenza e a una collaborazione diventa sempre più, come dire?, ovvia.

Nella vita di CL lei sta accentuando l’importanza dei segni di carità come strumento per comunicare Cristo. È un riflusso rispetto all’impegno politico?

La carità è il contenuto di ogni autentico impegno politico. Che cos’è la politica se non l’aiuto alla condivisione e alla soddisfazione degli umani bisogni? L’azione di carità è un atto politico, nel senso nobile del termine. Non ci sono per nulla affatto due classi di impegno: uno caritativo l’altro politico. È stato papa Montini, mi pare, a parlare della «politica come forma suprema di carità».

Da molte parti, anche sui giornali ecclesiali, si fa rilevare la compresenza di due anime nel movimento di CL. Un’anima milanese ed una romana.

Dico, con convinzione ammirata, che tra noi gli uni sono edificazione degli altri. È un’emulazione grande nella missione. La Compagnia delle opere è a Milano, e ad essa appartengono anche tutte le grandi opere che ci sono a Roma. Viviamo, per grazia di Dio, come una cosa sola.

Come desidera che il movimento di CL intenda e faccia suo questo documento del Papa?


Intervista a cura di RENATO FARINA


© Il Sabato, 11/2/1989

Luigi Giussani, Renato Farina 11-02-1989 (Su SensoReligioso.it dal 23-06-2005) Il Sabato, 11/2/1989

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.