SAN RICCARDO PAMPURI A 80 ANNI DALLA MORTE – Serafino Acernozzi o.h.

 

SAN RICCARDO PAMPURI

A 80 ANNI DALLA MORTE

 

Serafino Acernozzi o.h.

 

Per il mondo ospedaliero ed in particolare per i Fatebenefratelli è un onore e motivo di vera gioia ricordare la figura di San Riccardo Pampuri, medico e religioso.

 Dal 1921 al 1927 fu medico condotto a Morimondo (Milano) donandosi con tanto amore agli ammalati (veniva chiamato “il dottor carità”) e collaborando con il parroco alle varie attività della parrocchia, diede vita all’Azione Cattolica, al Segretariato per le Missioni, alla Banda Musicale per i giovani, è animatore delle funzioni liturgiche e delle varie attività parrocchiali, distinguendosi in modo particolare nel condurre giovani ed uomini agli esercizi spirituali, e si distinse per la sua vita di pietà, di preghiera e di testimonianza cristiana. Nel luglio del 1927 entra nell’Ordine Ospedaliero dei Fatebenefratelli assumendo il nome di Fra Riccardo. Muore a Milano il 1 maggio 1930.

Ora riportiamo alcune testimonianze di persone che hanno conosciuto San Riccardo e depositate nel processo di Beatificazione e Canonizzazione e che sono rimasti affascinati e colpiti dalla sua santità e carità.

 Dichiarazione di fra Cesare Gnocchi (1911-1994), teste XI, nel Processo Ordinario, fu Consigliere Generale dell’Ordine, Vicario Provinciale, Priore in diverse Case della Provincia e delle opere missionarie di Chisimaio (Somaglia) e Afagnan (Togo), compagno di Noviziato di San Riccardo Pampuri e insignito dell’onorificenza “Pro Ecclesia et Pontifice” per il servizio prestato al Santo Padre Giovanni Paolo II.

 “…era di una carità serena ed eroica, egli aveva una parola buona per tutti, e gli ammalati ricorrevano a lui direi con devozione; i medici gli affidavano gli ammalati con la massima fiducia e benché sapevano che più che l’arte del medico esercitasse la missione dell’infermiere e quanto di più umile ci fosse, ciò nonostante avevano fiducia anche come medico, perché nei loro dubbi su ammalati gravi anziché, come avviene di solito, chiamare dei luminari chiedevano il parere di fra Riccardo ed egli, dopo d’aver visitato bene bene l’ammalato, con tutta semplicità ed umiltà lo dava, lasciando qualche volta i medici stupefatti. Nel servizio degli ammalati era premuroso e puntuale e sempre ci invitava alla pazienza, alla carità e alla puntualità”.

 Dichiarazione di madre Agnese Catenacci, Domenicana del S. Rosario. Conobbe il Santo fin da bambino, frequentando insieme la scuola elementare a Casorate Primo. Ancora meglio lo conobbe quando, già suora e maestra d’asilo, si recava ogni giorno da Trivolzio all’Asilo Infantile di Torrino; e poi all’Ospedale San Giuseppe dei Fatebenefratelli di Milano, dove insieme alle sue consorelle prestava servizio.  

Depose nel Processo Ordinario teste XV:

“…Laureato tornò a Torrino, ed essendo lo zio Carlo dottore se la intendeva di più che con gli altri zii e fratello. Lo zio si era ritirato dalla condotta medica a Trivolzio, ma esercitava privatamente e gratuitamente, il nipote seguiva il buon esempio e visitava, medicava quella povera gente che da tutte le parti venivano pur di risparmiare.

 Intanto cresceva la stima e la fama, in poco tempo il dottorino superava lo zio ed ebbe molte offerte di posti, scelse Morimondo, paese un po’ sperduto nei campi e con immenso dolore degli zii partì”.

Dichiarazione del dott. Carlo Ghislanzoni, compagno del Santo all’Università di Pavia e nella vita militare, narraun episodio di sana spensieratezza goliardica dello studente Pampuri.

“Stando al 3° corso col Battaglione Studenti Universitari, richiamati dal fronte a Pavia, un giorno mentre andavamo alla lezione sul tram che portava all’Orto Botanico, essendosi allontanato un momento il tramviere, egli allegramente, si mise al posto del conducente e guidò la vettura per un certo tratto di strada. L’episodio destò ilarità in tutti. Allora era cosa rara che un giovane universitario sapesse guidare una vettura tranviaria. Oggi forse non sorprenderebbe più”.

Prof. Eugenio Curti, essendo medico nell’Ospedale Sant’Orsola dei Fatebenefratelli in Brescia, ebbe quotidiana occasione di trattare con il Santo ed ammirare le virtù e le qualità professionali. Questa sua dichiarazione è stata esibita dalla Postulazione al  Tribunale nel Processo Ordinario tra gli altri documenti probativi.

“Fra Riccardo come frate infermiere: dimentico volontariamente e per modestia, della qualità sua di medico. Sempre pronto, giorno e notte a qualunque richiesta sia dei medici, sia dei malati, incurante delle fatiche, dei disagi, del sonno pur essendo a lui ben nota la gracilità della propria costituzione, la debolezza dei propri polmoni. Incurante di sé, anche quando seppe che una grave malattia minacciava la propria esistenza. Aveva per tutti i malati una parola buona, un sorriso, una carezza di incoraggiamento.

 Sapeva essere il conforto nei momenti di dolore, sapeva portare la parola di Fede, di speranza ai malati gravi, ai moribondi presso i quali passava le notti perché loro non mancasse la parola buona, la Fede in un Dio che tutto vede, che sa premiare i buoni e perdonare i colpevoli. E tutti volevano fra Riccardo, e tutti hanno sofferto quando egli dovette lasciare l’Ospedale, tutti hanno pianto quando è morto. E anch’io ho sofferto perché mi è mancato l’aiuto prezioso, il consolatore dei miei malati, e perché no, perché a me è mancata la guida spirituale, l’Uomo a cui guardavo con ammirazione, con stima, con devozione”.

 Mons. Roberto Cerri dal 1909 al 1914 fu Padre spirituale del Collegio Sant’Agostino di Pavia e confessore del convittore Erminio Pampuri, col quale si tenne in continui paterni ed amichevoli rapporti anche quando il pio ed ottimo sacerdote venne successivamente nominato Prevosto, prima di Mirabello di Pavia, poi di Corte Olona. Fu testimone al Processo ordinario, teste XIX. 

“… Non ometteva mai il preparamento alla Confessione, che, a differenza degli altri alunni del Collegio, faceva con tanta serietà e raccoglimento che non avrei pensato che fosse lì fuori nell’anticamera ad aspettare se non avessi avvertito la sua presenza dal suo passo nel corridoio. Spesso era solo e talvolta accompagnato da un condiscepolo, che seguiva il suo esempio e condivideva la passione allo studio e l’amore alla pietà. L’abitudine però non gli faceva dimenticare che si accostava a un Sacramento. E inginocchiato davanti a me, non mi pareva un penitente, ma un piccolo santo che pregava quando, colle sue mani giunte, guardava con i suoi occhi sereni e belli il Crocifisso che gli stava innanzi.

Tutte le mattine si accostava alla mensa eucaristica e gli antichi compagni e i Superiori possono attestare con quale fervore riceveva la S. Comunione. Nessuno dei compagni vicini lo disturbava: un senso di rispetto li tratteneva. Nessuno osava distrarlo dal suo profondo raccoglimento: spesso alcuni lo guardavano stupiti e con ammirazione”.

Padre Dionisio del Beato Redento, Carmelitano Scalzo, malato all’Ospedale Sant’Orsola di Brescia, fu assistito da San Riccardo, rimanendone grandemente confortato ed edificato. La presente dichiarazione venne esibita dalla Postulazione al Processo Ordinario.

“…La presenza di Fra Riccardo al mio letto era per me un balsamo. Sentivo vero sollievo nei miei atroci dolori, solo a sentirmelo vicino. La sua dolcezza, il suo garbo, la sua umiltà, gli davano un fascino eccezionale.

Umile così da nascondere la perizia della sua professione medica, nello stesso tempo che la faceva valere in pratica in favore dell’ammalato. Paziente, anche quando la pazienza era messa a duraprova. Portava con il refrigerio materiale, il conforto spirituale: parlando di cose sante e rivelando un gusto spiccato d’intrattenersi in tali discorsi. Alcuni miei Confratelli: anziani e altri, che allora erano studenti conservano ancora il ricordo di fra Riccardo, anche per averlo visto una sola volta”.

Mainetti Angelo, ragioniere, era Podestà – ossia Sindaco – di Besate (Milano) al tempo in cui il dott. Pampuri era medico condotto di Morimondo, che include anche Fallavecchia. Questa è la sua testimonianza:

 “…Visitava gratuitamente i poveri. Potendo portava loro anche le medicine. Diceva a tutti di aver fiducia in Dio. Benché la condotta fosse vasta, composta tutta di cascinali,

con strade tutte di campagna, egli si recava a visitare i poveri, anche sotto le intemperie, svolgendo la sua opera come una missione, portando a tutti una parola di fede e di speranza. Non aveva rispetto umano nel professare pubblicamente la sua fede in qualunque parte ed in qualunque ambiente, specialmente in quei primi anni di lotta tra fascisti e socialisti”.

 Prof. Antonio Tunesi, radiologo dell’Ospedale Sant’Orsola dei Fatebenefratelli di Brescia, conobbe il Santo nell’ultimo suo anno di vita e ne ammirò specialmente la carità verso i malati e la grande ed edificante serenità cristiana durante la malattia che lo condusse precocemente alla morte.

Il Prof. Tunesi depose nel Processo Apostolico ed esibì al Tribunale come documento la presente dichiarazione scritta.

 “… Ho conosciuto fra Riccardo dott. Pampuri nell’ultimo anno della sua vita quando faceva servizio nel reparto di Chirurgia dell’Ospedale Sant’Orsola di Brescia: nella mia qualità di radiologo in questo stesso Ospedale ho avuto modo di collaborare con lui e ho potuto così personalmente vedere di quanto scrupolo e di quanta dedizione fosse animata la sua opera: non vi era grave operazione in cui egli non prestasse il suo aiuto di diligente collaborazione ai Primari Chirurghi che più di una volta ho sentito dire che quando Fra Riccardo si era assicurato della sterilizzazione dei ferri ed aveva preparato l’altro materiale chirurgico non c’era da dubitare sulla possibilità di una negligenza o di una disattenzione.

Esemplare anche il suo spirito di Carità verso i malati ai uali prestava con amorevole disinteresse le sue cure. Ho avuto poi il modo di vederlo a più riprese durante la sua malattia e ricordo che egli voleva ogni volta osservare nelle radiografie praticategli il progresso del male che inesorabilmente lo portava alla fine; non ho mai udito parole di recriminazione ma solo le espressioni di una rassegnazione che stupiva i Medici curanti e tutti quanti lo avvicinavano: in questo ultimo periodo della sua vita egli ha dimostrato, secondo me, una forza di carattere e una convinzione di un superiore destino che facevano porre il dott. Pampuri molto al di sopra di chiunque altro avesse dovuto superare il suo doloroso calvario”.

 Si è voluto mettere in luce i tratti concreti del santo, la statura umana e spirituale, anche se ha avuto i suoi limiti. Ed è provvidenziale e molto importante per i nostri giovani di oggi vedere che 33 anni sono sufficienti per andare in cielo se vengono utilizzati bene.

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.