L’ANZIANO NELLA COSTRUZIONE DEL PIANO DIVINO DI SALVEZZA – Gianfranco Ravasi Arcivescovo

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L’ANZIANO NELLA

COSTRUZIONE DEL PIANO

DIVINO DI SALVEZZA

Gianfranco Ravasi


Abbiamo scelto come soggetto del nostro itinerario biblico una presenza importante nelle sacre scritture, quella dell’anziano, una delle cosiddette “emergenze” nella società attuale, mentre nel passato (compreso quello biblico), egli era considerato un simbolo e una risorsa.

Certo, come ricorderanno coloro che ci seguono con assiduità, nella precedente puntata della nostra rubrica abbiamo delineato il profilo realistico e fin negativo che la vecchiaia comporta, a livello fisico, mentale ma anche morale. Tuttavia il ritratto del vecchio non comprende solo questi lineamenti e soprattutto agli occhi di Dio certi giudizi umani possono essere ribaltati.

Non dobbiamo, infatti, ignorare che la logica di Dio non procede necessariamente secondo le nostre vie, anzi le sue scelte possono essere paradossali come afferma Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Dio sceglie le realtà stolte per confondere i sapienti, le realtà deboli per confondere i forti, le realtà ignobili, disprezzate, che sono nulla per confondere le cose che sono” (1, 27-28).

Come Cristo ha optato per le anime sole, bruciate dal male, emarginate, così Dio può operare una svolta nella storia della salvezza proprio attraverso la fragilità dei corpi deboli e anziani. È il meraviglioso parallelo di due coppie vecchie, Abramo e Sara per l’Antica Alleanza, e Zaccaria ed Elisabetta per la Nuova.

Con la prima il germe insperato della vita nasce da un grembo sterile e morto, dato che “era cessato a Sara ciò che sogliono avere le donne” (Genesi 18, 11), e la storia dei credenti prende il suo avvio.

Al riso dubbioso di Abramo (Genesi 17, 17: “Abramo si prostrò fino a terra e rise dicendo in cuor suo: Potrebbe forse nascere un figlio ad un uomo di cento anni?”) e a quello di Sara (18, 12:“Rise Sara dentro di sé, pensando: “Dopo essere invecchiata, proverò ancora io il piacere?”) si sovrappone, potente e grandioso, il riso di Dio incarnato nel nome del figlio Isacco che in ebraico significa “Il Signore ha riso” e che ricorderà all’umanità la potenza di Dio “il quale fa rivivere i morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono” (Romani 4, 17).

E San Paolo, continuando nella sua meditazione sulla figura di Abramo, suggerisce l’impegno di fede per essere strumenti di salvezza col proprio carisma senile: “ripensando al suo corpo morto (egli era quasi centenario) e all’utero quasi morto di Sara, Abramo non vacillò nella fede… ma si fortificò nella fede dando gloria a Dio, ben sapendo che quanto Egli promette ha anche il potere di effettuarlo” (4, 19-21).

Come da una radice spenta era sorto il popolo dell’alleanza, così da un grembo ugualmente morto inizia la nuova storia con Elisabetta e Zaccaria, i genitori del Battista: “…il Signore Dio d’Israele ha visitato il suo popolo… e tu, o bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo poiché andrai innanzi al Signore per preparare le sue vie” (Luca 1, 68.76). È la risposta all’interrogativo dell’anziano che ritiene ormai esaurite tutte le sue capacità di donazione nella costruzione del piano divino di salvezza. Aveva, infatti, domandato Zaccaria all’angelo Gabriele: “In qual modo riconoscerò questo? Io infatti sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni” (1, 18).

Dalla coscienza della propria fragilità può nascere, allora, un impegno nuovo perché, “quantunque il nostro uomo esteriore vada deperendo, quello interiore però si rinnova di giorno in giorno” (2Corinzi 4,16) e la dignità della vecchiaia e del suo carisma può ancora essere chiamata a operare nel Regno di Dio. Perciò, come osservava lo scrittore Giovanni Arpino (1927-1987), “niente è più umano dell’invecchiare, niente è più naturale. Bisogna, però, saperlo, accettarlo, sorreggerlo senza cadere in giovanilismi schiocchi e pericolosi, senza pretendere di truccare le carte del gioco, senza fingere in positivo o in negativo”.

Abbiamo finora illustrato l’aspetto realistico della terza età, quello che faceva dire al tragico greco Euripide: “O vecchiaia, ognuno vuole a te arrivare; ma, quando ti ha trovato, si pente”. O faceva ironizzare un altro classico greco, Aristofane, che nella commedia Le nuvole dichiarava senza mezzi termini che “i vecchi sono due volte fanciulli”. Ora, invece, vorremmo esaltare l’aspetto positivo dell’anzianità, che ha in sé un suo valore e persino una sua bellezza, se è vero che il poeta inglese del Seicento John Donne, parlando del volto di sua moglie, come lui anziana, affermava che “nessuna bellezza primaverile o estiva ha una tale grazia quale ho visto in un volto autunnale”.

Nella Bibbia l’anziano è l’emblema del sapiente e del maestro e la sua testimonianza è vividamente presentata nella scena esemplare della celebrazione pasquale di Esodo 12, ove la generazione antica trasmette la risposta di Dio all’interrogativo della giovane generazione, riunita attorno alla tavola del pasto pasquale: “Voi osserverete tutto questo; è un decreto per te e per i tuoi figli per sempre… E quando i vostri figli domanderanno: Che cosa significa questo rito che state facendo?, voi risponderete: È il sacrificio della Pasqua per il Signore, che passò oltre le case d’Israele, percorse gli Egiziani e liberò le nostre case” (12, 24.56). Il tema della comunicazione della fede da parte della generazione anziana alla nuova discendenza è costante nella Bibbia: “Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato, non lo terremo nascosto ai loro figli ma diremo alla generazione futura le meraviglie che Dio ha compiuto” (Salmo 78,3-4).

L’anziano diventa, così, maestro di fede. Egli è radice anche dell’autentica sapienza: “Quanto si addice agli anziani saper consigliare! Quanto si addice la sapienza ai vecchi, il consiglio e la prudenza agli uomini venerandi! L’esperienza è corona degli anziani, la loro gloria è il timore di Dio” (Siracide 25, 4-6). Speriamo, perciò, che le nostre comunità abbiano sempre, come auspicava Paolo nella sua Lettera a Tito (2,2-5), questi “vecchi sobri, dignitosi, assennati, sani nella fede, nella carità, nella pazienza…, queste donne d’età che abbiano un santo decoro nel loro comportamento…che siano maestre nel bene, che sappiano insegnare alle giovani ad amare i loro mariti e i propri figli, ad essere prudenti, caste, affezionate alla casa, buone…”.

Certo, lo sguardo rivolto al passato può diventare facilmente conservatorismo chiuso, velleità nostalgica, pedanteria: sono rischi non ignorati anche dal messaggio biblico. Il vecchio può giungere a forme esasperate di orgoglio quando trasforma la sua esperienza in infallibilità. È il caso dell’ansiosa e tormentata vecchiaia di Saul la cui violenza diventa incubo, intolleranza e follia (“lo Spirito del Signore partì da Saul e uno Spirito cattivo, venuto da parte del Signore, lo teneva agitato”, (1Samuele 16, 14), o quello degli orgogliosi spettatori della scena dell’adultera (Giovanni 8, 1-11) che “incominciando dai più vecchi” dimostrano la reale miseria nascosta dietro la superba facciata “imbiancata” (Matteo 23, 27) del loro perbenismo. La polemica del Cristo contro ipocrisia e intolleranza deve richiamare l’anziano a una continua e coraggiosa autocritica che lo trasformi nel generoso padre della parabola del figlio prodigo (Luca 15), infinitamente più grande e aperto del giovane ed egoista figlio maggiore. O lo renda paziente e comprensivo come David anziano nei confronti del suo ribelle e turbolento figlio giovane Assalonne (2Samuele 18-19). O lo accomuni agli intelligenti e tolleranti consiglieri anziani di Roboamo, figlio di Salomone, contrapposti ai fanatici cortigiani giovani (1Re 12, 6-11).

Fermiamoci per ora qui con questo appello a ritrovare la dote che dovrebbe essere propria di chi ha molto vissuto (e anche molto sbagliato), cioè la sapienza. Essa non comprende che una parte di intelligenza: è, invece, soprattutto capacità di guidare, di insegnare, di dar gusto alle cose. Non per nulla il verbo latino che sta alla base è sàpere che significa “aver sapore”. È con questa passione di vita, con questo equilibrio saggio che l’anziano diventa maestro agli altri. È ciò che approfondiremo nella prossima puntata di questo particolare viaggio nel mondo della vecchiaia.


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