02 – GESU’ CONOSCE TUTTO E TUTTI – C. M. Martini

I. GESÙ CONOSCE TUTTO E TUTTI

martini-88055mIl titolo della prima meditazione è: «Gesù conosce tutto e tutti». Cercheremo di svolgerla secondo i tre momenti del raccogliere i testi, capirli, pregarli.

La raccolta dei testi

Vi segnalo quattro brani del Vangelo dai quali appare che Gesù conosce tutto e tutti. Naturalmente, nel vostro lavoro personale, ciascuno potrà aggiungerne altri.

1. Il primo è un testo molto bello, cui diamo il nome: «Gesù conosce Natanaele», ed è riportato dall’evangelista Giovanni. «Natanaele domandò a Gesù: “Come mi conosci?”. Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse io ti ho visto quando eri sotto il fico”»(Gv 1,48).

«Sotto il fico», indica probabilmente che Natanaele stava pregando o leggendo la Scrittura all’ombra di quella pianta. Gesù lo conosceva già e Natanaele si sente conosciuto da Gesù.

2. Il secondo testo, sempre dall’evangelista Giovanni, riporta alcune parole del dialogo tra Gesù e la samaritana. Lo indichiamo così: «La samaritana è conosciuta da Gesù». Cosa le dice, in realtà?

«Le disse: “Va’ a chiamare tuo marito e poi ritorna qui”. Rispose la donna: “Non ho marito”. Le disse Gesù: “Hai detto bene… Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito. In questo hai detto il vero”. Gli replicò la donna: “Signore, vedo che sei un profeta”» (Gv 4,16-19).

3. li terzo brano è nel vangelo secondo Matteo: «Gesù conosce i farisei». A Gesù viene portato un indemoniato e lui lo guarisce lasciando sbalordita la folla. I farisei, invece, cominciano a mormorare: «”Costui scaccia i demoni in nome di Beelzebul…”. Ma egli, conosciuto il loro pensiero, disse loro: “Ogni regno discorde cade in rovina e nessuna città o famiglia discorde puòreggersi”» (Mt 12,24-25).

Gesù conosce dunque persino i pensieri dei farisei.

4. L’ultimo testo è dal vangelo secondo Luca e possiamo chiamarlo: «Gesù conosce gli apostoli».

«Frattanto sorse una discussione tra loro, chi di essi fosse il più grande. Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un fanciullo, se lo mise vicino e disse: “Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome accoglie me”» (Lc 9,46-48).

La comprensione dei testi

Adesso dobbiamo metterci al posto dei personaggi chiedendoci come hanno vissuto la situazione descritta dagli evangelisti. Che cosa avviene in loro quando si sentono conosciuti da Gesù?

Avvengono due cose che ciascuno di noi ha sperimentato o sperimenta.

- La prima è il brivido di sentirsi conosciuto. Ma come mai tu mi conosci? Natanaele, infatti, lo chiede: «Sai davvero chi sono? E come fai a saperlo, come mai mi conosci e conosci ciò che nessuno conosce di me?».

È il brivido di scoprire che c’è qualcuno che mi conosce dentro e dall’alto, che mi conosce davvero, come mai avrei pensato di essere conosciuto. Ogni volta che noi ci accorgiamo di essere conosciuti da una persona che pensavamo ci fosse estranea, ci meravigliamo e restiamo scossi.

È questa la situazione dei personaggi dei testi. La samaritana resta stupita: «Ma come mai sa chi sono?». Gli apostoli non credevano che Gesù potesse vedere nei loro cuori.

Ricordo ancora l’emozione semplicissima che ho vissuto una volta a Parigi – città ancora più grande di Milano -, nella metropolitana. Nelle metropolitane delle città molto grandi ci sono moltissime persone che si affollano, si urtano senza mai salutarsi, senza avere il tempo di guardarsi. Tra l’altro, io non conoscevo nessuno a Parigi. Ad un certo punto, ecco che mi sento chiamare! Mi sembrava impossibile, non riuscivo a crederci. Si trattava di una persona che, quasi per caso, avevo conosciuto tempo prima; non ho dimenticato il senso di stupore provato in quella occasione. Pensavo di essere solo, sperduto in una grande folla, e invece c’era qualcuno che mi conosceva.

È il brivido che ha vissuto Mosè quando, nel deserto, si sentì chiamato per nome. Era solo nel deserto, abbandonato ed era certo che nessuno pensava a lui. Ad un tratto, la voce: «Mosè, Mosè!».

È il brivido di Natanaele, della samaritana, dei farisei e degli apostoli; è il brivido di capire che c’è uno, più alto di me, che sa leggere in me, nel mio cuore.

- La seconda cosa non la provano forse tutti, e vedremo più avanti il perché. L’hanno però sperimentata i personaggi di tre dei testi evangelici, non i farisei di cui ci parla il brano di Matteo. È la gioia di sapere che c’è uno che mi conosce davvero. Se siamo ben disposti ad accogliere il brivido di sentirci conosciuti, se non abbiamo paura di essere giudicati (come l ‘hanno avuta i farisei), se siamo pronti come Natanaele o la samaritana, c’è la grande gioia, una gioia immensa.

Perché c’è una gioia immensa nella scoperta di sapere che c’è uno che mi conosce davvero? Perché talora capita – almeno a me, e mi capitava spesso alla vostra età – di avere il timore di non essere conosciuti per ciò che siamo. Mi capiscono gli altri? Mi capiscono veramente? Forse mi sono comportato goffamente, forse ho detto delle cose sbagliate, non quelle che volevo dire, e il risultato è forse che non mi sono fatto conoscere.

I superiori, ad esempio, mi conoscono davvero? E i compagni? Magari pensano di conoscermi, mi hanno addirittura dato un soprannome, ma mi conoscono per per quello che io sono? E i miei genitori mi conoscono, mi capiscono? Se mi capissero non sarebbe nato quel malinteso!

Ecco la gioia di sapere che c’è uno che mi conosce fino in fondo, che conosce i miei momenti cattivi, i miei desideri, che conosce di me anche ciò che non riesco a dire, a spiegare, che non ha bisogno di parole perché mi ha già visto dentro. Quando troviamo una persona che ci conosce in questo modo restiamo sorpresi e comprendiamo che la sua conoscenza viene da Dio, è qualcosa di divino.

Gesù è quindi Dio che mi conosce così.

Un’ultima riflessione è sui farisei. Hanno rabbia di sapere che un altro li conosce, hanno timore di essere smascherati, di essere colti nella loro ipocrisia. È una situazione difficile e pericolosa, perché se ci si incaponisce nella rabbia, si rifiuta la conoscenza di Gesù, non si ammette il proprio peccato.

La preghiera sui testi

Per pregare sui brani evangelici occorre semplicemente mettersi al posto di Natanaele o della samaritana o dei farisei o degli apostoli, non per indagare sulle loro reazioni bensì per parlare con Gesù. È questo il momento più importante del nostro lavoro. Se dalla lettura del Vangelo non passiamo alla preghiera, non ricaviamo grande frutto per la nostra vita.

- Cominciamo da Natanaele. Che cosa direi io, al posto di Natanaele?

Natanaele probabilmente non era molto stimato, non era un personaggio importante. lo, allora, direi: «Grazie, Gesù, perché mi conosci davvero, perché mi hai capito e hai capito che valgo qualche cosa. Grazie perché ti preoccupi di me, pensi a me, mi stimi. Grazie, Gesù, perché vedi anche il poco bene che faccio e sai valorizzare quello che forse né i miei compagni e nemmeno i miei superiori capiscono di me. Grazie perché mi conosci più a fondo di tutti e vedi il bene che tu hai messo dentro di me».

- Cosa direi al posto della samaritana?

«Grazie, Signore, perché conosci quanto poco valgo, perché conosci le mie sconfitte e le conosci con amore. Grazie perché conosci tutte le mie negligenze, le mie vigliaccherie che quasi nessuno conosce. Grazie perché conosci i miei peccati, le mie pigrizie, la mia sonnolenza, le mie chiacchiere, le mie arrabbiature, i miei litigi: tu però li conosci con amore, non te ne spaventi e mi resti vicino egualmente, li conosci e mi vuoi migliorare. Gesù, tu vedi in che situazione sono! Certe volte non so proprio da che parte voltarmi; sono come la samaritana, una povera donna senza cultura e senza istruzione; sono incapace di uscire dalla situazione in cui mi sono venuto a trovare. Tu mi conosci, Gesù, e questo mi basta».

La conoscenza di Gesù ci dà una grande calma, ci mette la pace nel cuore. Quando siamo arrabbiati perché siamo stati capiti male, quando ci sentiamo trattati ingiustamente, un po’ calunniati, forse derisi, oppure ci sentiamo incapaci a fare qualcosa e ne proviamo vergogna, è il momento di appellarci alla conoscenza che Gesù ha di noi.

«Gesù, tu mi conosci e questo mi basta; sai che sono così e mi vuoi bene così, mi aiuti a camminare così, anche quando zoppico, anche se non sono il più bravo della classe. Tu mi aiuti sempre, anche se non sono il primo davanti agli altri, mi vuoi bene lo stesso. Sono contento di sapere che mi conosci così».

Come dicevo, questa conoscenza di Gesù è fonte di grande pace e non solo per voi. È fonte di pace per gli adulti, per i preti, per il Vescovo, per il Papa. Ci sono le critiche, ci sono tante cose da fare e non si riesce, e tuttavia c’è Gesù che ci conosce, che conosce la nostra povertà, che perdona i nostri peccati.

- Cosa direi al posto degli apostoli?

Qui la preghiera si fa più difficile perché bisogna accettare che Gesù conosce e capisce anche quello che io non capisco di me. Gli apostoli, quando discutevano chi fosse tra loro il più grande, non si comprendevano e non riuscivano a capire tutti i movimenti di superbia che avevano nel cuore. Gesù li conosce più di quanto loro non si capiscono e la loro preghiera, una volta che si sono un po’ calmati, potrebbe essere: «Grazie, Signore, perché sai anche quello che io non so di me».

È importante sapere che Gesù conosce ciò che io non capisco di me stesso.

A me capitava, quando avevo la vostra età e anche dopo, di non capire, ad esempio, perché in certi momenti ero tanto entusiasta e poi, improvvisamente, diventavo triste, mi irritavo, provavo sentimenti che non avrei voluto avere. È difficile capire se stessi, e occorrono molti anni per giungere a conoscersi abbastanza bene: dico abbastanza perché, in realtà, ci sono sempre delle sorprese amare e là dove credevamo di essere forti ci siamo comportati da deboli, là dove pensavamo di essere coraggiosi siamo stati vigliacchi, là dove ci sentivamo tenaci e perseveranti ci siamo scoperti fiacchi!

«Tu però, Gesù, mi conosci e mi capisci! Stando con te, adagio adagio capirò meglio anche me. il mio modo di discutere era sbagliato, come era sbagliato il modo di discutere degli apostoli, e sono lieto di sapere che tu mi conosci meglio di me, che conosci ciò che faccio fatica a chiarire a me stesso. Signore, io mi affido a te!».

- Ancor più difficile è mettersi al posto dei farisei perché sono chiusi, non accettano di essere conosciuti da Gesù, anzi ritengono che Gesù non li conosca affatto. Non c’è quindi preghiera ma rifiuto. Non ci interessa questa conoscenza di Gesù, sappiamo bene ciò che noi siamo e ciò che vogliamo.

Molte vie sbagliate della nostra vita sono dovute al rifiuto della conoscenza di Gesù ed è necessario riflettere sull’atteggiamento dei farisei.

Prima di lasciarvi al lavoro personale, all’esercizio di raccolta dei testi, di comprensione e di preghiera, concludo con una breve invocazione: «Ti chiedo, Signore, come san Paolo, di saper apprezzare talmente la conoscenza di te da desiderarla sopra tutte le cose. Donami, Padre, la conoscenza di Gesù! Te lo chiedo per Gesù Cristo nostro Signore. Amen».

Vivere per Gesù e con Gesù

(omelia nella S. Messa del 4 marzo)

Ascoltando il brano del vangelo secondo Matteo (6,7-18) avrete già notato che parla della conoscenza che il Padre ha di noi, quella conoscenza che comunica a Gesù, perché Gesù è una sola cosa con il Padre.

Possiamo partire dalla parola finale del brano: «Il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà» (6;18). Il Padre vede là dove nessuno vede, nel segreto del mio cuore. Anzi, il Padre non soltanto vede nel segreto ma è nel segreto (6,18). Quando sono in camera, da solo, o in qualunque luogo io mi trovi solo, e nessuno può vedermi, lui è là. Il Padre è. Pensiamo all’esperienza di chi, trovandosi nella solitudine di un deserto, può dire: Dio, il Padre è qui, è con me. Il Padre è nel momento più nascosto della mia vita, nel bene e nel male.

Sono due affermazioni: «vede nel segreto», «è nel segreto», che corrispondono alla tesi svolta nella meditazione: Gesù conosce tutto e tutti.

Ci domandiamo: chi sono coloro che non credono che Dio vede nel segreto ed è nel segreto? Chi sono coloro che magari lo credono a parole e però non a fatti? Come si chiamano queste persone?

Gesù dà loro il nome di «ipocriti». Ipocrita è chi non crede che Dio vede nel segreto e quindi ha sempre bisogno di farsi vedere dagli altri, credendo che sia questa la cosa importante. Ipocrita è chi recita, chi si mette la maschera, chi vive recitando una parte per farsi applaudire, approvare, lodare dai superiori, dai compagni, dagli amici.

L’ipocrisia significa essere contenti che gli altri ci stimino ed essere tristi quando gli altri ci trascurano o pensano male di noi.

La vera vita, ci insegna Gesù, consiste invece nel vivere davanti al Padre, per il Padre e con il Padre, per Gesù e con Gesù.

È una sorte terribile quella di chi si lascia prendere dalla mania dell’ipocrisia, del fare cioè ogni cosa pensando a quello che gli altri potranno dire. È una vera e propria schiavitù che ci toglie la libertà, che ci impedisce il coraggio nelle convinzioni. È una mancanza di libertà anche nel bene. Infatti Gesù prende in giro coloro che assumono l’aria malinconica, che si sfigurano il volto per mostrare agli uomini di aver digiunato!

È veramente libero chi si preoccupa del Padre che vede nel segreto, chi vive, come Abramo, davanti a Dio e cammina davanti a lui.

«Gesù, fa’ che noi camminiamo sempre solo davanti a te! Tu lo sai che abbiamo paura del giudizio degli altri, che quando gli altri ci deridono ci rattristiamo e ci arrabbiamo. Però, quando pensiamo a te, ci accorgiamo che la sola cosa importante è il giudizio che tu hai di noi, è ciò che tu ci dici.

Aiutami, Signore, a vivere questi giorni di Esercizi nel segreto, facendo quindi silenzio, pregando, non per farmi notare dai compagni, non per farmi lodare, bensì perché so che tu mi conosci. Fa’ che io conosca il modo meraviglioso con il quale tu mi conosci, perché allora non sarò mai un ipocrita, non sarò triste; sarò una persona libera e piena di gioia».

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