05 – GESU’ CONOSCE DONANDO – C. M. Martini
IV. GESÙ CONOSCE DONANDO
«Signore Gesù, siamo giunti all ‘ultima meditazione e mi accorgo di non essere riuscito a dire tutto quello che avrei voluto. Sii tu, te ne prego, a dire loro le parole che veramente contano! Fa’ loro comprendere chi tu sei affinché ciascuno comprenda come tu lo ami.
Maria, madre di Gesù, insegnaci a conoscere Gesù come tu l’hai conosciuto soprattutto quando, sulla croce, ha dato tutto se stesso per noi. Tu, Maria, che sei l’aiuto dei cristiani, prega per noi. Amen».
In questa nostra ultima meditazione vorrei riassumere il segreto di tutte le cose dette precedentemente sotto il titolo: «Gesù conosce donando», ed è per questo che ho voluto affidare alla Madonna la riflessione che cercheremo di fare.
«Gesù conosce donando» significa che noi lo conosciamo quando ci accorgiamo che cosa fa per noi.
Il testo della lavanda dei piedi
Mi fermo alla lettura di un solo brano evangelico, uno dei più belli del vangelo secondo Giovanni, perché è una pagina ricchissima. Mentre io leggo cercate di seguire, come si fa davanti a un testo che vogliamo penetrare, e anzitutto vi consiglio di mettervi in una posizione che favorisca la riflessione. La parola di Dio va ascoltata per quello che è: parola di salvezza, per la nostra salvezza.
Gv 13,1-11: «Prima della festa di Pasqua, Gesù sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e che a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita». Vi confesso che leggo queste parole con particolare emozione perché, come sapete, il Vescovo, nel giovedì santo, compie lo stesso gesto in Cattedrale.
«Poi versò dell’ acqua e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me?”. Rispose Gesù: “Quello che io faccio tu ora non lo capisci ma lo capirai dopo”. Gli disse Simon Pietro: “Non mi laverai mai i piedi!”. Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Gli disse Simon Pietro: “Signore, non solo i piedi ma anche le mani e il capo”. Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo. E voi siete mondi ma non tutti”. Sapeva infatti chi lo tradiva e per questo disse: “Non siete tutti mondi”».
La comprensione del testo
1. Qual è lo scenario di questo avvenimento? Gesù si trova verso la fine della sua vita con i discepoli, i quali pensano di conoscerlo a fondo, di conoscerlo già abbastanza. L’hanno infatti sentito parlare per tre anni, hanno visto i suoi miracoli, l’hanno visto pregare e probabilmente pensano: «Ormai sappiamo tutto di lui, sappiamo chi è».
In realtà, non lo conoscono ancora perché non hanno capito che cosa Gesù è capace di fare per loro. Il simbolo della mancanza di comprensione, di conoscenza, è Pietro che si rifiuta di farsi lavare i piedi da Gesù, non lo ammette. Pietro non sa che Gesù è colui che si dona, che serve, che si dà sino in fondo: «Li amò sino alla fine».
Il racconto della lavanda dei piedi è dunque molto importante per conoscere Gesù e vi invito a rileggerlo attentamente.
Da parte mia voglio indicarvi tre punti.
- Primo: Gesù è pronto a servirmi. Sembra incredibile ma è vero. Mi ama fino a servirmi, fino a mettersi a mia disposizione.
- Secondo: Gesù è pronto a servirmi con il dono della sua vita sulla croce. Il racconto della lavanda prelude alla croce. E Pietro, che già in precedenza si era ribellato al pensiero che Gesù potesse andare incontro alla morte di croce, anche qui si ribella ad essere servito da Gesù nel gesto simbolico della lavanda.
- Terzo: Gesù si mette a mia disposizione nell’Eucaristia facendosi cibo. Mi conosce fino in fondo ed entra in me, come cibo eucaristico, come dono del suo corpo.
Noi comprendiamo bene la reazione di Pietro per::ché, pur avendo una grande voglia di essere amati, rion riusciamo a credere che qualcuno ci possa amare fino a dare la sua vita per noi!
Il testo di Giovanni sottolinea, invece, che Gesù ci conosce donandosi, donando tutta la sua vita per noi, per me.
2. Che cosa significa il donarsi di Gesù? Ora è necessario capire che cosa sta dietro alla donazione di Gesù, e mi richiamo a tre brani del Nuovo Testamento: 1 Cor 15,3; Gai 2,20; Ef 5,2. Sono tre parole di san Paolo che ci spiegano cosa vuoI dire che Gesù ci conosce fino in fondo e viene a noi donandosi.
- 1 Cor 15,3: «Vi ho trasmesso, dunque, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture».
Gesù ci ama fino a morire per i nostri peccati. Si mette al nostro posto, entra dentro di noi come se questi peccati li avesse commessi lui, assume su di sé la nostra responsabilità.
- Gal 2 ,20: «Il figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me».
Paolo mette al singolare la stessa affermazione della prima lettera ai Corinzi. Il figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me: potremmo meditare per ore intere su questa parola. Gesù mi vuole essere così vicino da dare se stesso per me! Talora, quando distribuisco l’Eucaristia nella Messa della Visita pastorale, mi capita di pensare: Gesù ha dato la sua vita per questa persona alla quale sto dando l’ostia, perché l’ostia è il suo corpo! Ciascuno di noi quando riceve l’Eucaristia può dire veramente: Ecco il corpo di Gesù per me. Nell’Eucaristia c’è una rivelazione altissima di Dio perchéè la prova, per così dire, fisica che mi sta dando il suo corpo, cioè che mi ama. È un segno irrefutabile dell’a- . more di Dio per ciascuno di noi.
- Ef 5,2: «Camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi».
Dal momento che Gesù ha dato se stesso per noi, noi dobbiamo amarci e camminare nella carità, essere una Chiesa della carità. Il programma pastorale che la nostra diocesi vuole vivere quest’anno è la prossimità, il farsi prossimo, l’essere Chiesa della carità. E il motivo è che Gesù ci ha amato e ha dato se stesso per noi. Questa è la radice di tutto, di tutta la vita della Chiesa. Tutto quello che io faccio come Vescovo, quello che fanno i preti, quello che si fa nelle parrocchie e nei seminari, quello che fa il Papa, ha una unica radice: il figlio di Dio ci ha amato e ha dato se stesso per noi.
Senza questa radice la Chiesa diventa incomprensibile, la vita cristiana perde il suo senso, i sacerdoti non avrebbero ragione di essere.
Non dimenticate dunque mai la fondamentalità del dono che meditiamo guardando Gesù in croce.
La preghiera sul testo
La preghiera che il racconto della lavanda suscita in noi deve essere preceduta da una domanda: Che cosa posso dare a Gesù, che cosa gli darò per ricambiare ciò che lui ha fatto per me?
1. Anzitutto cercherò di fare la visita al SS.mo Sacramento. Nella visita, infatti, posso contemplare Gesù che mi serve e mi ama dando se stesso per me: mi metto in ginocchio o compostamente seduto, e gli metto a disposizione un po’ del mio tempo. È un segno di grande riconoscenza la visita, e se ci costa, meglio ancora! «Gesù sono qui con te, sto qui con te perché tu hai fatto tutto per me».
2. In secondo luogo devo vivere la S. Messa come centro della giornata. Nella Messa io dono a Gesù tutto me stesso. È vero che la Messa è il centro della mia giornata? «Gesù, fa’ che lo sia, fa’ che lo diventi!». Penso durante il giorno alla Messa e mi rioffro al Padre con Gesù? «Gesù, fammi vivere la Messa in unione con te, come offerta al Padre!».
3. Il terzo modo per rispondere alla domanda è di chiedermi se c’è qualcosa, nella mia vita, che Gesù vuole e che mi costa dargli. Forse si tratta di una cosa molto piccola e tuttavia non mi decido a darla. «Gesù, fammi comprendere che cosa vuoi da me e, dopo avermelo fatto comprendere, dammi il coraggio di donartela così come tu hai avuto il coraggio di morire per me sulla croce».
Se, ad esempio, in questi giorni abbiamo capito che Gesù vuole una cosa particolare, questa può costituire il proposito degli Esercizi e sarà allora utile metterla per iscritto: magari un difetto che devo vincere, una ripugnanza da superare, un’antipatia o un malumore da lasciar cadere. Tutto questo può essere un dono a Gesù, un modo per rispondere a quell’ amore che il racconto della lavanda dei piedi ci ha fatto comprendere.
Il salmo 138
Possiamo, per concludere, provare a rileggere il salmo 138. L’abbiamo letto all’inizio, però adesso molte parole del salmo ci saranno più chiare avendo capito di più che Gesù ci conosce, che ci conosce illuminandoci, standoci vicino, costruendoci e perdonandoci, che ci conosce sopportando e soffrendo le nostre prove e le nostre tentazioni, che ci conosce donandoci se stesso fino alla morte di amore in croce.
Lo leggiamo lentamente per recitarlo come una preghiera nostra, che ci nasce dal di dentro e che riassume le riflessioni comunitarie e personali che abbiamo fatto.
E prima di leggerlo possiamo invocare il Signore dicendo: «Signore, noi sappiamo pregare così poco! Manda il tuo Spirito perché preghi il salmo per noi, perché ci insegni la vera preghiera. Tu che hai ispirato il salmista, ispira il nostro cuore affinché possiamo leggerlo con quell’amore con cui l’ha pregato Gesù, con cui l’ha pregato Maria. Donaci di leggerlo con quell’amore con cui l’hanno pregato i tuoi Santi: Ambrogio, Carlo, Agostino. Vogliamo pregarlo insieme con tutti i Santi del cielo e della terra, con l’intera Chiesa diocesana di Milano, con i nostri genitori, i nostri fratelli e sorelle, con i superiori del seminario, con le suore, con tutti coloro che in questo momento sono sotto lo sguardo di Dio».
«Signore, tu mi scruti e mi conosci.
Tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.
Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo agli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
Se dico: “Almeno l’oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte”,
nemmeno le tenebre per te sono oscure
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.
Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere.
Tu mi conosci fino in fondo.
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando vènivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati, quando ancora
non ne esisteva uno.
Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.
Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri:
vedi se percorro una via di menzogna
e guidami sulla via della vita».
Filed under: CARLO MARIA MARTINI Arcivescovo di Milano