SAN BENEDETTO MENNI – Certificato di battesimo
Cresimato il 26 Giugno 1849
Battezzato l’11 Marzo 1841
Ricorre quest’anno un duplice anniversario del nostro confratello San Benedetto Menni, poiché il 21 novembre si compiranno dieci anni dalla sua Canonizzazione ed in questo mese di giugno si compiono centocinquanta anni dal germogliare della sua vocazione.
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Specialmente quando si tratta di Santi, di persone cioè che seppero rispondere con piena generosità al piano del Signore, gli anniversari offrono il destro per rintracciare il filo sottile che la mano di Dio tesse negli avvenimenti quotidiani per far a poco a poco progredire le imprese più memorabili. Vedremo perciò di ripercorrere i noti eventi nazionali del 1859 col preciso intento di scoprire il suddetto filo.
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G. Fattori, Campo italiano dopo la battaglia di Magenta.
La II Guerra d’Indipendenza dell’Italia fu astutamente avviata da una mobilitazione di truppe sabaude sul confine lombardo, cui l’Austria reagì invadendo il Piemonte, il che giustificò, in forza dell’alleanza negoziata da Cavour con i francesi, che questi accorressero in aiuto con un contingente di 200.000 soldati, guidati dallo stesso Napoleone III.
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Fu quella la nostra prima guerra in cui ci fu un uso strategico delle ferrovie1, la cui rete aveva preso a svilupparsi. I francesi poterono rapidamente raggiungere in treno il fronte di battaglia sia da Susa, dov’erano pervenuti dal Moncenisio, sia da Genova, nel cui porto sbarcarono portandosi perfino dei vagoni. Lo scartamento dei binari era identico allora ovunque poiché il materiale rotabile era tutto d’origine inglese.
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Le truppe austriache, che si erano concentrate a Magenta, vi furono vittoriosamente attaccate da quelle francesi il 4 giugno 1859. Nel sanguinoso scontro, che impegnò centomila soldati, gli austriaci, di poco preponderanti, ebbero 1.368 morti, 4.358 feriti e 4.500 dispersi; i francesi ebbero 634 morti, 3.239 feriti e 735 dispersi; i piemontesi, intervenuti marginalmente, ebbero 4 feriti2.
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Sul campo di Magenta risultò estenuante evacuare i tantissimi feriti. Già in serata la popolazione delle vicine frazioni, avvalendosi di una cinquantina di carrette, iniziò a trasportarli verso Novara dove, oltre ai due ospedali civili, erano stati allestiti due ospedali militari grandi e quattro piccoli, per un totale di 2.500 posti letto3. Nella serata del 5 giunsero anche le ambulanze militari, che in tre giorni evacuarono oltre 600 feriti francesi ed austriaci, inviandoli a Buffalora e Novara4. Inoltre, visto che Magenta era lungo la ferrovia Milano-Novara, si cominciò ad utilizzare i vagoni che arrivavano dal Piemonte con i rifornimenti per l’esercito, facendoli tornare a Novara carichi di feriti.
Nel frattempo Milano la sera del 6 giugno venne abbandonata dalle truppe austriache, che in seguito alla sconfitta di Magenta avevano deciso di ripiegare su Lodi. La mattina del 7 le truppe francesi penetrarono in Milano da Porta Vercellina (che oggi in ricordo si chiama Porta Magenta) e con loro entrò un enorme convoglio di feriti5. La popolazione ne rimase tremendamente impressionata6 e molte famiglie accolsero feriti nelle loro case.
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La vista di quel sangue rappreso rimase indelebile nella memoria non solo dei milanesi, ma anche in Inghilterra, dove subito, grazie al telegrafo, i giornali dettero così risalto all’evento che s’iniziò a popolarmente chiamare magenta un nuovissimo colorante sintetico di tonalità sanguigna derivato dall’anilina, individuato dal chimico Emanuele Verguin in Francia, dov’era venduto col nome di fucsina7; l’appellativo magenta si diffuse, finendo internazionalmente usato per designare nella scala dei colori una tonalità cremisi scura, risultante da una particolare combinazione di rosso e di violetto8, e nel 1967 fu adottato commercialmente per indicare uno dei quattro inchiostri basici per la stampa industriale9.
Ospedale Fatebenefratelli – Porta Nuova
Ancor più feriti arrivarono a Milano nei giorni seguenti poiché i vagoni, invece di puntare sulla ormai satura Novara, dirottarono sul tronco Magenta-Milano, che era entrato in funzione da ottobre e che in solo 25 km raggiungeva la Stazione di Porta Nuova10. Qui prese perciò a giungere un vero fiume di feriti e tantissimi giovani milanesi accorsero a dare una mano, aiutando a scendere dal treno ed a raggiungere ambulanze e carrozze coloro che non erano in grado di farlo da soli.
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Tra quei volenterosi c’era anche il diciottenne Ercole Angelo Menni. Era nato a Milano l’11 marzo 1841 e nel 1857, conclusa la quinta classe nel Regio Ginnasio di Porta Nuova, aveva trovato lavoro in Banca, ma se n’era presto licenziato per non piegarsi a pratiche truffaldine che gli venivano richieste e che erano incompatibili con la rettitudine insegnatagli in famiglia. In attesa d’un lavoro migliore, profittò che era libero da impegni per andare quotidianamente non solo a far scendere i feriti dai vagoni, ma ad accompagnarli al vicino Ospedale di Porta Nuova, nel quale noi Fatebenefratelli avevamo messo a disposizione 200 letti per loro, e restandovi poi per l’intero giorno11 come volontario, pronto ad offrire ogni possibile aiuto ai feriti che ne avevano bisogno.
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Presto cominciarono ad arrivare nell’Ospedale dei Fatebenefratelli anche i feriti della successiva ancor più sanguinosa battaglia di Solferino, combattuta il 24 giugno e nella quale gli austriaci ebbero 2.292 morti, 10.837 feriti e 8.638 dispersi; gli avversari ebbero 2.313 morti, 12.102 feriti (di cui 3.572 italiani) e 2.776 dispersi12.
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Al cessare l’8 luglio le ostilità per l’armistizio di Villafranca, le Autorità di Milano vollero fare un bilancio numerico dei militari smistati nei ventun luoghi di degenza, in gran parte provvisori, che erano stati organizzati in città. Secondo il prospetto13 compilato l’8 luglio 1859, all’inizio della giornata i ricoverati risultavano 5.774, di cui 3.123 francesi, 895 italiani e 1.926 austriaci; nel corso della giornata ne morirono 27, ne furono dimessi 493 e ne furono ricoverati 302, per cui il numero complessivo dei ricoverati era sceso a mezzanotte a 5.526. Per quanto riguarda l’Ospedale dei Fatebenefratelli, all’inizio della giornata vi figuravano degenti 107 militari, ossia 105 francesi (dei quali 13 erano ufficiali) e 2 austriaci; a mezzanotte erano scesi a 94, essendoci stati tra i francesi 13 trasferimenti, un deceduto ed un nuovo ricovero.
Vespri d’Organo diffusi nelle stanze dell’Ospedaledale Fatebenefratelli 1990, dopo il restauro dell’organo costruito da “Natale Morelli” nel 1853.
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Quando Napoleone III venne a sapere che i ricoverati del nostro Ospedale milanese erano quasi tutti francesi, volle venirvi a confortare i suoi soldati e rimase ammirato per lo zelo con cui erano assistiti dai frati, tanto che si staccò dal petto l’onorificenza della Legion d’Onore e seduta stante ne insignì il Priore, fra Girolamo Conti14.
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La vecchia Stazione Centrale (1864-1931)
La Stazione Centrale dal lato città con il grande emiciclo del piazzale antistante, visto dai Bastioni a fine Ottocento, prima della realizzazione degli anelli tranviari. (cartolina Publicards)
Ancora più memorabile fu la reazione del giovane Menni, anche lui colpito dall’ardore con cui i frati, spinti dal loro peculiare Voto di Ospitalità, sapevano trasformarsi in araldi dell’amore e della premura di Dio per ogni sofferente. Si ripeté in qualche modo per Menni quanto era successo nel 1538 al Fondatore dei Fatebenefratelli, San Giovanni di Dio, che proprio in occasione di una sconvolgente esperienza nell’Ospedale Reale di Granada si sentì sfidato a consacrare la propria vita ai malati, specie i più abbandonati.
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La stazione di Porta Nuova (1840) – La stazione è stata fino al 1849 il capolinea della linea per Monza ed è ancor oggi esistente. Il fronte dell’edificio, parallelo al rettifilo per Monza e al Naviglio della Martesana (oggi via Melchiorre Gioia) si trova pertanto perpendicolare alla circonvallazione della città, lungo cui viaggia il tram ‘33′. La seconda stazione di Porta Nuova (1849) è anch’essa esistente ed è oggi sede della Guardia di Finanza.
Dopo averci riflettuto a lungo nella preghiera ed aver consultato un santo eremita, Menni decise di fare altrettanto. Acquistata come corredo una borsetta di ferri chirurgici15, l’11 febbraio 1860 chiese ai Fatebenefratelli di riceverlo nel loro Istituto. Dato che n’avevano già apprezzato lo zelo con i malati, l’accettarono subito in prova come Postulante e chiesero d’avere sia il consenso scritto del papà, che lo firmò il 15 marzo, sia certificati e referenze del suo Parroco, che parimenti in data 15 marzo attestò l’impegno del giovane in Parrocchia e la sodezza della sua vocazione alla vita religiosa. Allo scadere del trimestre di prova la sua richiesta d’ammissione in Noviziato, che aveva firmato il 19 aprile, fu approvata all’unanimità sia dalla Comunità locale, sia dai Consigli Provinciale e Generale, per cui prese l’abito di Novizio domenica 13 maggio 1860, ricevendo in religione il nome di fra Benedetto.
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Porta Nuova, dove sorgeva l’antico ospedale Fatebenefratelli
Quel frate era destinato a grandi cose e nella trama predisposta per lui dalla Provvidenza i feriti del 1859 tornarono di nuovo a giocare un ruolo importante, però stavolta in tempi lunghi, come vedremo.
Henry Dunant
Se a Magenta l’evacuazione dei feriti fu agevolata dalla ferrovia, a Solferino fu molto più difficile e le tremende sofferenze dei tanti rimasti sanguinanti sul campo, mossero a pietà uno svizzero che casualmente passava nella zona. Si chiamava Henry Dunant e non solo si prodigò con gruppi di contadini a prestare qualche primo soccorso, ma redasse un sofferto libro di memorie, che pubblicò nel 1862 col titolo “Un ricordo di Solferino”. Con quel libro e con un’incessante opera di propaganda riuscì a convincere vari governi europei che andava assolutamente organizzata l’assistenza ai feriti di guerra propri ed altrui, affidandola ad un apposito corpo neutrale di infermieri volontari. Fu così che, con un accordo iniziale di 16 Stati, nacque nel 1863 la Croce Rossa, da allora presente in ogni guerra.
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In Spagna la Croce Rossa fu introdotta dal medico militare Nicasio de Landa nella sua città nativa di Pamplona il 5 luglio 1864 ed ebbe il battesimo di fuoco nella battaglia di Oroquieta del maggio 1872 durante la guerra civile carlista16.
Nel 1873 a Marsiglia padre Benedetto Menni ebbe modo d’incontrarsi col dott. Landa, in quel momento Ispettore Generale della Croce Rossa spagnola, e gli si offrì volontario indifferentemente “per soccorrere i feriti del campo repubblicano o carlista, poiché la nostra missione caritativa è superiore a qualsiasi fazione politica o ideologica”17. Landa accettò l’offerta di Menni e da Pamplona gli spedì a Marsiglia il 20 giugno 1873 un salvacondotto per aggregarsi all’esercito carlista sotto il vessillo della Croce Rossa ed usandone le insegne18.
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Bisogna sapere che Menni fin dal 1867 era stato inviato dal suo Superiore Generale, padre Giovanni Maria Alfieri, a Barcellona per restaurare l’Istituto, estintosi in Spagna per le leggi eversive di trent’anni prima. Grazie ad un certo afflusso di vocazioni native, Menni poté aprire a Barcellona una Comunità di Fatebenefratelli che assistevano gratis i bambini rachitici e tubercolotici in quello che, dal punto di vista della Storia della Medicina, fu il primo Ospedale Pediatrico fondato in Spagna19. Dopo la proclamazione della Repubblica nel 1873, ci furono a Barcellona vari tumulti contro i cattolici e Menni rischiò ripetutamente d’essere linciato ed in ultimo gli intimarono di abbandonare il suolo spagnolo. Egli fu perciò costretto ad imbarcarsi per Marsiglia, ma il suo cuore era in Spagna e fu ben felice di potervi tornare come volontario della Croce Rossa.
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Menni restò al fronte per tre anni, rimanendo memorabile la sua eroica dedizione sui monti di Lumbier o nel trasferimento dei feriti dall’ospedale da campo di Gomilar a quello di Santa Agueda, sfidando il crepitio del fuoco nemico20. Il dott. Landa gli espresse la sua gratitudine rilasciandogli il 10 settembre 1876 un attestato di benemerenza della Croce Rossa21 per essersi “consacrato a prestar continuamente negli ospedali il soccorso spirituale e corporale ai feriti, senza distinzione di provenienza e con uguale amore e cristiana carità con quelli dell’uno e l’altro campo”.
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Non solo i belligeranti, ma tutta la popolazione della Navarra apprezzò moltissimo la dedizione di Menni e dei suoi confratelli e molti chiesero di indossarne l’abito. Grazie a quel fiorire di vocazioni, appena nel 1876 tornò la pace Menni poté moltiplicare le fondazioni, ricostituendo nel 1884 la Provincia Spagnola dei Fatebenefratelli, di cui rimase alla guida fino al 1903, avendo la gioia di dare l’abito a quasi un migliaio di candidati. Tra Spagna, Portogallo e Messico lasciò fondati ben 15 Ospedali per ogni specie di infermi, soprattutto però dementi e fanciulli storpi, i più trascurati allora dall’assistenza pubblica.
Poiché tali Ospedali erano solo maschili, Menni nel novembre 1880 si sentì inspirato a fondare per l’assistenza alle donne le “Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù”, che nel 1881 ottennero l’approvazione diocesana e nel 1901 quella Pontificia: egli affidò loro otto Ospedali in Spagna, uno in Portogallo, uno in Francia e due in Italia, a Viterbo e Nettuno. Le Suore oggi sono in 25 nazioni.
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La Chiesa ha riconosciuto Menni come Santo nel novembre 1999 e per il decennale di tale proclamazione ci proponiamo di ritornare a parlare di lui, ma per intanto c’è sembrato opportuno accennare a come gli eventi della II Guerra d’Indipendenza furono utilizzati dalla Provvidenza per dapprima guidarlo nel nostro Istituto e poi per trasformarlo in luminoso modello dei volontari, dei quali ben meriterebbe22 essere designato Patrono Universale.
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Fra Giuseppe Magliozzi o.h.
Il Gamba in uscita dal depositi di Corso Vercelli
La storia del Gamba de Legn’ (questa sarebbe la corretta ortografia milanese) inizia il 9 settembre 1878, con l’atto di concessione per la costruzione di una tramvia a vapore tra Milano e Magenta, di circa 23 km di lunghezza, con una diramazione da Sedriano a Càstano Primo. Un anno più tardi venne inaugurato il primo tratto della linea da Milano a Sedriano, cui seguì in breve tempo il completamento del percorso.
Per l’epoca si trattava di un mezzo di trasporto tecnologicamente molto avanzato, se confrontato con i tram a cavalli milanesi gestiti della SAO, in grado di trasportare una decina di persone, o con lo stesso tram di Monza, che restò ippovia per altri vent’anni, fino al 1900. Il Gamba de Legn’, invece, poteva trasportare molti più passeggeri in diverse carrozze, ad una velocità commerciale di una decina di chilometri all’ora.
QUI IL CERTIFICATO DI BATTESIMO
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MILANO : SANTUARIO di Santa Maria alla FONTANA Added MILANO : SANTUARIO di Santa Maria alla FONTANA La Parrocchia nella quale ha ricevuto il battesimo e che lo ha formato. Qui ha origine la marcata spiritualità mariana del Menni san bebedetto menni Il sedicenne ragioniere, da poco assunto in un Istituto Bancario di Milano, si auto-licenzia, lasciando di stucco il Direttore che gli aveva “girato” delle operazioni di Banca poco pulite, non in linea con l’ortodossia della sua etica… I “conti” per Angelo Ercole Menni, dovevano inanzitutto quadrare con la propria coscienza. Sono i sintomi di un carattere allergico al “compromesso”: una nota che emergerà nell’azione del futuro amministratore.
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