VITE E TRALCI

TRALCI

DI UN’UNICA VITE

  • PER PROMUOVERE LA SALUTE (coinvolgimento di tutte le componenti del popolo di Dio nella pastorale della salute) n.4

  • PER DARE VOCE ALLE CHIESE LOCALI (sostenere l’integrazione della pastorale sanitaria nella pastorale d’insieme delle comunità cristiane) n.4

  • PER EDUCARE ALLA “SPERANZA CHE NON DELUDE (progettualità…itinerari formativi) n.4

  • E’ l’ora di una nuova “fantasia della carità”… (Giovanni Paolo II in Novo millennio ineunte) “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme” (1 Cor 12,26)


  • “La compagnia autentica è quella che nasce quando uno incontra un altro che ha visto qualche cosa di giusto, di bello e di vero, e glielo dice, e siccome anche lui desidera il giusto, il bello e il vero, si mette insieme.” (Don Giussani)

  • Nella foto: Claudia Koll

NOI SIAMO CHIESA

  • Tanto si ha lo Spirito Santo,

  • quanto si ama la Chiesa.

  • “Se vedi la carità,

  • vedi la Trinità.” (S.Agostino)

“…Il primo frutto della approfondita coscienza della Chiesa su se stessa è la rinnovata scoperta del suo vitale rapporto con Cristo. Notissima cosa, ma fondamentale, ma indispensabile, ma non mai abbastanza conosciuta, meditata, celebrata. Che cosa non si dovrebbe dire su questo capitolo centrale di tutto il nostro patrimonio religioso?

  • …Non ci ha detto Gesù stesso ch’ Egli è la vite e noi siamo i tralci?
  • Non abbiamo noi davanti alla mente tutta la ricchissima dottrina di San Paolo, il quale non cessa dal ricordarci: “Voi siete una cosa sola in Cristo”?
  • e dal raccomandarci: “…che cresciamo sotto ogni aspetto verso di Lui, che è il capo, Cristo;
  • dal quale tutto il corpo…”?
  • e dall’ammonirci: “tutto e in tutti è Cristo”?

Ci basti, per tutti, ricordare fra i maestri S. Agostino:

  • “…Rallegriamoci e rendiamo grazie, non solo per essere divenuti cristiani, ma Cristo.

  • Vi rendete conto, o fratelli, capite voi il dono di Dio a nostro riguardo?

  • Siate pieni di ammirazione, godete: noi siamo divenuti Cristo. Poiché se Egli è il capo, noi siamo le membra: l’uomo totale, Lui e noi… La pienezza dunque di Cristo: il capo e le membra.

  • Cosa sono il capo e le membra? Cristo e la Chiesa”. (Paolo VI)

Dio della luce, nella notte abbiamo accolto il tuo invito, ed eccoci alla tua presenza:

  • manda il tuo Spirito santo su di noi, perché

  • attraverso l’ascolto delle Scritture riceviamo la tua Parola,

  • attraverso la meditazione accresciamo la conoscenza di Te,

  • e attraverso la preghiera contempliamo il volto amato di tuo figlio Gesù Cristo, nostro unico Signore.

  • Con Maria, rendici protagonisti del Magnificat sulla scena di questo mondo. Amen.

 

“CHE COSA CERCATE?”

“VENITE E VEDRETE…”(Gv 1, 35-39) Al pozzo di Samaria, la donna andava a prendere solo dell’acqua e invece ha incontrato Gesu’. Non si aspettava certo d’incontrarlo, ma l’ha incontrato!

”Siate  meglio  che potete,  fratelli”

“Fate bene quello che sapete fare”

“Non si è cristiani perché soltanto i cristiani giungono a salvarsi, ma si è cristiani perché la diakonia cristiana è significativa e necessaria nei confronti della storia” (Joseph Ratzingher in Introduzione al cristianesimo).

NON ABBIATE PAURA !

Aprite, anzi  spalancate le porte a Cristo! Al suo potere salvifico.

Aprite le frontiere, i sistemi economici e politici,

i vasti campi della cultura, della civilta’ e dello sviluppo!

Guarite i malati che trovate, e dite loro :«Il regno di Dio ora è vicino a voi».(Lc 10,9)

Karol Wojtyla

La nostra è una società spesso ripiegata su se stessa e chiusa dentro gli orizzonti immediati di un “tempo presente” da consumarsi, mentre bisognerebbe gardare oltre, oltre il “tempo presente”, verso nuovi approdi, verso nuove sfide, come ci ha educati Giovanni Paolo II.

Noi, COMPAGNIA DEI GLOBULI ROSSI,  non vogliamo rinunciare a investire sul nostro futuro ma tendere verso nuovi traguardi, puntare su alcuni grandi obiettivi per l’umanità.

Ci sta principalmente a cuore la sofferenza del mondo in tutte le sue espressioni.

CRESIMATI

Rallegriamoci e rendiamo grazie, non solo per essere divenuti cristiani, ma Cristo!

SIGNORE, è capace di andare oltre il “tempo presente” solo chi è capace di sognare, di sperare, di soffrire per un futuro migliore. Perciò, Signore,

  • donaci occhi e cuore che  guardino lontano, in una dimensione che non sia la nostra di tutti i giorni.

  • Fa che urga in noi quell’ “inafferrabile”  che non riusciamo a cogliere quando siamo presi dai nostri schemi, dalle nostre faccende, dai nostri interessi.

  • Non ci importa tanto di essere compresi o incompresi quanto invece di essere approvati da Te che scruti nel cuore e conosci i pensieri più reconditi.

  • Fa che convivano in noi Marta e Maria perchè la prima si renda conto che la seconda forse non è una brava massaia, ma rappresenta quella luce che non si può spegnere se non si vuole, prima o poi, perdere la strada.

  • Fa di noi donne e uomini che hanno nel Vangelo la loro ispirazione, testardi testimoni dell’amore per Te, o Cristo,  e quindi per l’uomo, amato proprio come Tu ci hai amati.

  • Fai di noi una Chiesa di “poveri”, saldamente radicati alla tua Parola, unica ricchezza, e donaci una volontà in fedeltà creativa al Concilio, al Magistero della Chiesa e ai segni dei tempi da discernere per mezzo del Tuo Santo Spirito.

  • Siamo nel mondo, ma non del mondo. Memori delle Tue promesse, fai di noi una cosa sola :

20“Io non prego soltanto per questi miei discepoli, ma prego anche per altri, per quelli che crederanno in me dopo aver ascoltato la loro parola.

21Fa’ che siano tutti una cosa sola: come tu, Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi. Così il mondo crederà che tu mi hai mandato.

22“Io ho dato loro la stessa gloria che tu avevi dato a me, perché anch’essi siano una cosa sola come noi: 23io unito a loro e tu unito a me. Così potranno essere perfetti nell’unità, e il mondo potrà capire che tu mi hai mandato, e che li hai amati come hai amato me.

24Padre, voglio che dove sono io siano anche quelli che tu mi hai dato, perché vedano la gloria che tu mi hai dato: infatti tu mi hai amato ancora prima della creazione del mondo.

25“Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto ed essi sanno che tu mi hai mandato.

26Io ti ho fatto conoscere a loro e ti farò conoscere ancora; così l’amore che hai per me sarà in loro, e anch’io sarò in loro”. (Giov 17, 20-26)

Benedetto XVI ci presenta il mondo per quello che è:

La fede non è una corazza fatta di certezze.

Il credente esercita la sua fede nell’oceano del nulla, della tentazione e del dubbio:

questo oceano della incertezza è il solo luogo in cui egli possa esercitare la fede.”

(Card. Joseph Ratzinger)

SAN RICCARDO PAMPURI O.H.

Il suo è “un cuore che vede“.

(Benedetto XVI, Deus Caritas est n.11)

IL GIOVANE CUORE DI SAN RICCARDO PAMPURI:

un cuore nel Cuore.

Per chiedere grazie aL santo medico o lasciare richieste di preghiere:

AMBULATORIO http://compagniadeiglobulirossi.splinder.com

 

 

 L’amico in Cielo

(Il  primo  dei Fatebenefratelli

a dare la sua adesione alla COMPAGNIA…)

“Vi leggo sempre.

Almeno una volta tanto scrivo,
per porgere i più cordiali auguri.
[di Pasqua]“.
Fra Raimondo Fabello o.h.

http://fraraimondo.splinder.com

PIERLUIGI MICHELI

medico di Dio nella città dell’uomo

” Eccomi! Sono pronto alla chiamata.” (P.Micheli)

http://www.tuoblog.it/pierluigimicheli/

CARLO MARIA MARTINI

Arcivescovo di Milano

UNA CHIESA DI SOGNI E DI VISIONI

Premessa

 

“…Coricatomi con questa ossessione, mi sono svegliato presto e sono andato a cercare lumi dal mio maestro, il Car. Carlo Maria Martini che considero il Direttore Spirituale della Compagnia, il quale ha parole illuminanti anche su questo punto.

A tal proposito, devo, solo per un momento, aprire una parentesi. Come forse avrai letto in altro punto del sito, il Card. Martini è l’ ispiratore della COMPAGNIA DEI GLOBULI ROSSI. Intendimi bene:

  • probabilmente lui non sa nemmeno della nostra esistenza;
  • epperò, la sua paternità spirituale ci ha generati;
  • il suo zelo pastorale ha suscitato ripensamenti, voglia di ri-cominciare, ri-partire, ri [e]cuperare, ri-educare…
  • Così che, mentre alla fonte dei suoi scritti spirituali ci dissetiamo,
  • contribuiamo almeno un poco a “tenere viva e presente la grande luce di fede e di intelligenza che, nel biblista e pastore Martini, Dio ha dato alla Chiesa e alla cultura del nostro tempo“. ( Brune Forte, Arcivescovo) “
  • La nostra è una Chiesa piena di sogni e di visioni. Sono frammentari, sbiaditi talvolta, ma ricalcano il grande sogno di Dio sull’uomo.

Il sogno di Compagnia dei Globuli Rossi si è manifestato nel contesto di Chiesa Ambrosiana, alla scuola del suo arcivescovo, il Cardinale Carlo Maria Martini, metropolita della Lombardia. Egli, intervenendo al Sinodo per l’Europa, il 7 Ottobre 1999, sviluppò il seguente tema: “…se, come e quando i nostri sogni possono diventare realtà”.

La Compagnia perciò,  memorizzando il sogno del suo mite Arcivescovo per la Chiesa del futuro, nel suo piccolo, prova a trovare il suo ruolo nella Chiesa e nel Mondo, consapevole che l’antica profezia mantiene intatta la sua attualità’:

Allora Pietro si alzò insieme con gli altri undici apostoli. A voce alta parlò così: “Uomini di Giudea e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme: ascoltate attentamente le mie parole e saprete che cosa sta accadendo.

 

15 Questi uomini non sono affatto ubriachi, come voi pensate, – tra l’altro è presto: sono solo le nove del mattino. – 16 Si realizza invece quello che Dio aveva annunziato per mezzo del profeta Gioele.

17 Ecco – dice Dio – ciò che accadrà negli ultimi giorni:

  

 

 

 

  • manderò il mio Spirito su tutti gli uomini:
  • i vostri figli e le vostre figlie saranno profeti,
  • i vostri giovani avranno visioni,
  • i vostri anziani avranno sogni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  • 18 Su tutti quelli che mi servono, uomini e donne,
    in quei giorni io manderò il mio Spirito ed essi parleranno come profeti.” (Atti 2, 16-21)

Dal testo integrale ci lasciamo interrogare e provocare. Da esso possiamo attingere l’ispirazione per comporre il sogno della Compagnia già espresso da qualche altra parte del sito ma che va ripetutamente recuperato perchè si trasformi in un Magnificat di donne e uomini disposti ad essere “schiene a disposizione di Dio”, sull’esempio di Maria, di San Giovanni di Dio, di San Riccardo…

COSI’ L’ARCIVESCOVO AL SINODO

“Ho ascoltato con vivo interesse tutti gli interventi fatti fin qui, cercando di capire in che modo rispondessero alla domanda: “come Gesù Cristo vivente nella Chiesa è oggi sorgente di speranza per l’Europa’?

Ma prima di esprimere qualche mio parere, vorrei fare memoria di una persona che parecchi di noi ricordano presente in quest’aula e che il Signore ha chiamato a sè il 17 giugno scorso: è il cardinale Basil Hume, arcivescovo di Westminster. Più di un intervento fatto da lui in Sinodo cominciò con le parole: “I had a dream”, “Ho fatto un sogno”.
Anch’io in questi giorni, ascoltando gli interventi, ho avuto un sogno, anzi parecchi sogni. Ne richiamo tre.

1. Anzitutto il sogno che attraverso una familiarità sempre più grande degli uomini e delle donne europee con la Sacra Scrittura letta e pregata da soli, nei gruppi e nelle comunità, si riviva quella esperienza del fuoco nel cuore che fecero i due discepoli sulla strada di Emmaus (Instrumentum laboris 27). Rimando per questo a quanto già detto da mons. Egger, vescovo di Bolzano-Dressanone. Anche per la mia esperienza la Bibbia. Letta e pregata, in particolare dai giovani, è il libro del futuro del continente europeo.

2. in secondo luogo, il sogno che la parrocchia continui ad attualizzare, col suo servizio profetico, sacerdotale e diaconale, quella presenza del Risorto nei nostri territori che i discepoli di Emmaus poterono sperimentare nella frazione del pane (IL 34,47). in questo Sinodo sono già state spese parecchie parole per evidenziare il ruolo dei movimenti ecclesiali in ordine alla vivificazione spirituale dell’Europa. Ma è necessario che i membri dei movimenti e delle nuove comunità si inseriscano vitalmente nella comunione della pastorale parrocchiale e diocesana, per mettere a disposizione di tutti i doni particolari ricevuti dal Signore e per sottoporli al vaglio dell’intero popolo di Dio (IL 47). Dove questo non avviene, ne soffre la vita intera della Chiesa, tanto quella delle comunità parrocchiali quanto quella degli stessi movimenti. Dove invece si realizza una efficace esperienza di comunione e di corresponsabilità la Chiesa si offre più facilmente come segno di speranza e proposta credibile alternativa alla disgregazione sociale ed etica da tanti qui lamentata.

3. Un terzo sogno è che il ritorno festoso dei discepoli di Emmaus a Gerusalemme per incontrare gli apostoli divenga stimolo per ripetere ogni tanto, nel corso del secolo che si apre, una esperienza di confronto universale tra i Vescovi che valga a sciogliere qualcuno di quei nodi disciplinari e dottrinali che forse sono stati evocati poco in questi giorni, ma che riappaiono periodicamente come punti caldi sul cammino delle Chiese europee e non solo europee.

Penso in generale agli approfondimenti e agli sviluppi dell’ecclesiologia di comunione del Vaticano II.
Penso alla carenza in qualche luogo già drammatica di ministri ordinati e alla crescente difficoltà per un vescovo di provvedere alla cura d’anime nel suo territorio con sufficiente numero di ministri del vangelo e dell’eucaristia (112 14).
Penso ad alcuni temi riguardanti la posizione della donna nella società e nella Chiesa (IL 48), la partecipazione dei laici ad alcune responsabilità ministeriali (IL 49), la sessualità, la disciplina del matrimonio, la prassi penitenziale, i rapporti con le Chiese sorelle dell’Ortodossia e più in generale il bisogno di ravvivare la speranza ecumenica (IL 60-61), penso al rapporto tra democrazia e valori e tra leggi civili e legge morale.

Non pochi di questi temi sono già emersi in Sinodi precedenti, sia generali che speciali, ed è importante trovare luoghi e strumenti adatti per un loro attento esame. Non sono certamente strumenti validi per questo le indagini sociologiche, nè le raccolte di firme, nè i gruppi di pressione. Ma forse neppure un Sinodo potrebbe essere sufficiente. Alcuni di questi nodi necessitano probabilmente di uno strumento collegiale più universale e autorevole, dove essi possano essere affrontati con libertà nel pieno esercizio della collegialità episcopale, in ascolto dello Spirito e guardando al bene comune della Chiesa e dell’umanità intera.

Siamo cioè indotti ad interrogarci se, quaranta anni dopo l’indizione del Vaticano II, non stia a poco a poco maturando, per il prossimo decennio, la coscienza dell’utilità e quasi della necessità di un confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni dei temi nodali emersi in questo quarantennio. V’è in più la sensazione di quanto sarebbe bello e utile per i Vescovi di oggi e di domani, in una Chiesa ormai sempre più diversificata nei suoi linguaggi, ripetere quella esperienza di comunione, di collegialità e di Spirito Santo che i loro predecessori hanno compiuto nel Vaticano II e che ormai non è più memoria viva se non per pochi testimoni.

Preghiamo il Signore, per intercessione di Maria che era con gli apostoli nel Cenacolo, perché ci illumini per discernere se, come e quando i nostri sogni possono diventare realtà.

MATURITA’ SPIRITUALE

(Dall’Omelia di S.E.R. il card. C.M. Martini nella celebrazione eucaristica
di apertura per la XI Convocazione Nazionale del RnS [Rimini 22 aprile 1988], in Rinnovamento nello Spirito Santo, luglio/agosto 1988).

“[...] Sorge qui la domanda: in che consiste questa maturità spirituale? Che cosa è richiesto dal cammino ormai quindicennale del Rinnovamento nello Spirito?

Questo è il segreto di Dio e ve lo dirà il Signore.Ma noi possiamo chiederci ugualmente, partendo dai testi delle Scritture, quale sia il modo di santità a cui sono chiamati, oggi, anche i più semplici e umili tra noi. E io, con le stesse parole delle Scritture e con il coraggio che mi viene soltanto dalla parola di Dio, lo esprimerei sinteticamente così:

  • la maturità spirituale è crescere nella carità con tutti i suoi frutti.
  • Nel linguaggio giovanneo, è crescere nella coscienza di tralcio attaccato alla vite; come tralcio che è parte della vite, che cresce dalla vite, nella vite e con la vite.
  • Guai al tralcio che o si stacca dalla vite o si blocca nella sua crescita (cfr. Gv 15,1-6)!

Questo comporta due aspetti:

a ) il primo, negativo, è di non bloccarsi nella crescita, di non restare al di qua del guado di Cafarnao;

b) il secondo, positivo, è di crescere con la vigna, nella vigna, dalla vigna, insieme alla vigna intera [...].

1. Crescere anzitutto nella conoscenza e nell’amore della vigna che è lo stesso Gesù morto e risorto, nostra vita e Signore delle nostre vite.

2. Crescere nella conoscenza, amore e stima di quella vigna che Dio stesso ha piantato e per la quale Gesù è morto, cioè la santa Chiesa visibile, unita attorno al Papa, sotto la guida dei vescovi, amando ognuno e ciascuno dei più piccoli fratelli di essa.

3. Crescere nella conoscenza della Parola di Dio, studiata e approfondita secondo i criteri della Dei Verbum (capitoli III e VI), imparando a prendere la Scrittura come un insieme, come la rivelazione di un unico disegno di Dio sulla Chiesa e non come una semplice raccolta di parole staccate.

4. Crescere nell’interiorità della fede e della preghiera, imparando a fare una graduale economia dei segni esteriori e sensibili a favore di una preghiera interiore, di una adorazione umile e silenziosa.

5. Crescere nella forza evangelizzatrice che non viene dal gridare “Signore, Signore” ma, anzitutto, dal fare la volontà del Padre che è nei cieli: “Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (cfr. Mt 5,16: questa è la prima evangelizzazione!).

6. Crescere nell’attenzione al contesto sociale, culturale e politico in cui la Chiesa opera, favorendo sempre più i gesti di prossimità concreta verso i più bisognosi

7. Crescere nella delicatezza delle espressioni delle preghiere private e pubbliche, non in commotione Domini. Crescere cioè nella dolce sensibilità del tocco leggero e soave della preghiera e dei gesti, nella delicatezza delle espressioni corporee, nella gioia intima e profonda, pudica e rispettosa, che non si esibisce ma, piuttosto si nasconde ed effonde soltanto una minima parte del suo ricchissimo tesoro interiore. Così sarà più facile far percepire ad altri, dal tenue profumo, la ricchezza del fiore nascosto e coltivarlo con attenzione anche nel proprio cuore.

8. Crescere nel dolore dei propri peccati; piangere per i peccati del mondo; contemplare senza sosta Cristo crocifisso; entrare nelle sue ferite e in quelle dell’umanità ferita e farsene carico come il buon Samaritano.

Se frutto del Rinnovamento nello Spirito sarà, anzitutto, il suscitare nella Chiesa intera, fino agli strati più semplici del popolo di Dio, presso tutti i laici, la gioia della lode, la lode spontanea, gratuita, nata dalla contemplazione del Signore crocifisso e risorto, e dalla misericordia di Dio per l’umanità perduta, tale lode potrà invadere tutte le Chiese e le parrocchie della terra quanto più sarà semplice, composta, rispettosa, autentica. Essa, allora, contagerà sempre più e cresceranno le comunità capaci di spezzare il pane con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Il Signore aggiungerà alla comunità un sempre maggior numero di salvati (cfr. At 2,46-48).

Ma la gioia della manna, l’alimento che “manifestava la dolcezza di Dio verso i suoi figli” (cfr. Sap 16,21), è dunque da lasciare cadere del tutto in vista di una lode puramente spirituale? Gesù non ha condannato la manna del deserto, anzi ha moltiplicato lui stesso i pani; però ci ha insegnato, nel discorso di Cafarnao, a cercare e gustare, a partire dalla manna e al di là di essa, quel frutto dello Spirito che è “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22).

  • Gesù ci insegna a capire come il vero pane del Cielo è lui.
  • Sei tu, Signore, il pane del Cielo,
  • sei tu che dai lo Spirito,
  • il Pane e lo Spirito che effonde nei cuori la carità

A queste cose occorre anzitutto aspirare. Sono esse che hanno una irradiazione gioiosa e contagiosa.

Gli altri carismi sono tappe intermedie, oasi nel deserto, stazioni di passaggio, aiuti per il cammino, manifestazioni per l’utilità; ma non sono un punto di arrivo, non sono la Terra Promessa, non sono lo stesso Cristo Signore, unico premio di coloro che lo cercano [...]“.

SCUOLA DI PREGHIERA – 23 GENNAIO 2004

6º incontro

Senza di me non potete far nulla” – La preghiera dà equilibrio

Ringraziamo Dio per questa scuola di preghiera.

Io ringrazio voi per la pazienza la costanza di quasi tutti voi. Come dicevo l’altra volta non bisogna disperdere il patrimonio. Perché possa fruttare vi consiglio di prendervi del tempo, però tutto insieme, per rileggere o i sussidi o gli appunti che avete preso o entrambi. Ricordare l’esperienza del venerdì fare memoria, è un ottimo modo per non disperdere. Sul sussidio di stasera trovate semplicemente come si fa la lectio divina. E’ infatti quella che faremo un venerdì al mese da febbraio in poi. Le date le ho già stabilite, sono 4 venerdi sera adesso sto cercando qualche persona che le venga a fare. Ieri un giovane diceva “innamorato della lectio divina” non sapendo prima cos’era.

Il card. Martini ha puntato tutto sulla lectio divina considerata il metodo migliore per far parlare la Bibbia, per attualizzarla, per conoscerla, per una vera spiritualità cristiana. Posso testimoniare che da 22 anni faccio ogni giorno la lectio divina, instancabilmente, nel senso che mai me ne stanco, che preparo le omelie con la lectio e che ogni volta lo Spirito mi suggerisce molte cose, alcune delle quali dico. Anche in questo caso è vincente il principio della costanza.

Lo Spirito suggerisce solo a chi lo interpella continuamente. L’icona biblica di stasera è – tanto per cambiare – bellissima. Senza di me non potete far nulla. E’ tratta dal Vangelo di Gv precisamente dal discorso sulla vite e i tralci.

Cap 15, 1-11. E’ uno di quei brani sui quali tenere sempre un segno perché costituisce una ricchezza enorme per la vita interiore. Semplicemente e in forma un minimo solenne ve ne rileggo alcune parti, alcune frasi che dovete semplicemente ascoltare

  • Io sono la vera vite………..

  • Rimanete in me e io in voi………..

  • Io sono la vite, voi i tralci………..

  • Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto……….

  • Ogni tralcio che porta frutto, il Padre lo pota perché porti più frutto………

  • Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato……….

  • Senza di me non potete far nulla!

Un metodo che suggerisco e suggerirò è quello di registrare su una cassetta alcuni semplici brani della Parola, anche un salmo, così lentamente. Poi riascoltarli nel silenzio. È ‘ un modo per imprimere dentro la Parola. Il Signore dice proprio così: nulla.

Dobbiamo guardare severamente al Vangelo e chiederci: cosa conterà alla fine dei tempi? Nel momento del giudizio finale? Evitare di pensare che saremo giudicati con un metro umano, la mente di Dio è molto più grande. Però un criterio serve. Uno dei criteri è evidenziato da Giovanni: Dio ci chiede di portare frutto. Di essere un albero non secco, potato si, ma non secco. Non da buttare.

E’ da ricordare anche l’immagine del fico seccato in Mt 21,18. Gesù è molto severo. Qui sappiamo da Lui che la condizione per non arrivare al nulla è di stare con Lui. E’ terribile questo nulla. Ci sono vite che portano al nulla. Non immaginiamo le vite dei depressi, dei malati psichici, nel senso di un nulla del pensiero, della mente, di un nulla inteso come malattia, dunque anche delle malattie fisiche che impediscono la mobilità o come pensavano certe correnti ebraiche di nulla nel senso della non fruttuosità efficiente della vita. Questi sono criteri umani. Che cos’è un nulla di fronte a Dio? Se non possiamo dire esattamente cosa è possiamo certo dire che se le cose non si fanno con Lui sono uguali al nulla. In questo senso la formula finale della preghiera eucaristica: per Cristo, con Cristo, in Cristo.

Per, con , in. Il primo è un per finale: io faccio le cose per Te. Il secondo è un complemento di compagnia: io faccio le cose insieme a Te. Il terzo è intraducibile, è di San Paolo. Fare le cose in Cristo è più o meno quello che dice qui Gv. Rimanendo in Lui. E per capire Gv ci offre la metafora del tralcio che non può fare  nulla senza la linfa della vite. Dunque è nulla tutto quello che non è alimentato da questa linfa della vite. E non si può dire: ma io come posso dire che questa cosa la faccio per Dio e quest’altra per me?

Non è il problema di distinguere cosa da cosa o di ammantare tutte le cose di una falsa spiritualità. Bisogna vivere una vita in Cristo, alimentarla con Cristo, modificarla con Cristo ( è Lui che la modifica quando fa la potatura) e allora si capisce bene che non andiamo verso il nulla. Anche se non possiamo fare grandissime cose,anche se ci confrontiamo con risultati di altri e vediamo che i nostri sono scarsi, quello non sarà il nulla davanti a Dio. Togliamoci dalla testa l’idea di un Dio che pesa i risultati con una bilancia.

Possiamo chiederci un’altra cosa: ma c’è il rischio dell’illusione? Noi ci diciamo credenti e poi pensiamo che solo per questo motivo le nostre cose saranno approvate da Dio. Questo è quello che ci rimproverano molti potenziali non credenti. Certo il rischio c’è. Per questo la preghiera è il criterio determinante. Se è vero che lo scopo della vita è conoscere Dio, e se è vero che ci saranno richiesti i frutti della vita, è così vero che solo chi prega costantemente è in Cristo e si salva dal rischio del nulla. Su questo punto io sono un po’ rigido. I cosiddetti atei o non praticanti che sono meglio dei praticanti, dal punto di vista morale è vero. Ma chi rifiuta di conoscere Dio avendone avuto la possibilità credo che sarà valutato nel nulla. Molti sostituiscono a Dio il pensiero, l’intelligenza o l’azione sociale. Sono tutte cose importanti ma non possono esser fatte valere la posto della fede.

E lo dico senza presunzione ma semplicemente perché il Vngelo è molto chiaro. A maggior ragione dico che è sciocco che un credente consapevole continui a ripetere questo ritornello quasi per autosqualificarsi. Se tu hai la grazia di credere e di volere conoscere Dio pensa a migliorare questa via e non ripetere che l’ateo è meglio di te. mi sembra davvero una cosa un pò stupida.

Quanto al fatto che uno possa dire davanti a Dio: è tutta colpa della chiesa che ho conosciuto, anche su questo non punterei ( se fossi ateo) molto. E questo naturalmente non è un modo per giudicare alcuno. Non è questione di giudicare, solo di essere consapevoli. Noi dobbiamo dunque salvarci dal nulla soprattutto da quel nulla mascherato da vita fruttuosa. Certo chi ha raggiunto grandi obiettivi nella vita, nel suo lavoro, nel potere deve assolutamente fare molta attenzione.

Anche però chi non ha raggiunto questi scopi e si è mantenuto più modesto non deve pensare che tutto sia fatto. Perché esiste anche la mediocrità, il culto di sé attraverso magari i propri fallimenti. Ovvero nessuna vita può fermarsi nel percorso verso Dio.

L’ultima cosa che ci chiediamo deriva dal titolo che abbiamo dato: la preghiera dà l’equilibrio. E’ una provocazione perché la parola equilibrio non compare mai nella Bibbia. E’ una parola del linguaggio della fisica entrata però nel linguaggio normale. A me molto cara. Henry Noween un autore di spiritualità che consiglio molto parla della sua amicizia con un gruppo di artisti del circo. Ha osservato il loro equilibrio, il perfetto coordinamento dei movimenti. Dio gli ha ispirato che quel tenersi per mano, quell’abbracciarsi nell’aria senza alcun appoggio fosse la metafora del nostro rapporto con Dio. Il trapezista si abbandona certo che se l’altro non ha precisamente coordinato il suo movimento potrà cadere.

Ma a Dio ci si può solo abbandonare. Gv stasera parla di rimanere in.

E’ un’immagine che richiama molto l’equilibrio. Rimanere è un verbo che indica la staticità nel senso della saldezza. Che cos’è dunque questo equilibrio?

Non è la perfezione. E’ ovvio. Non è nemmeno la sintesi tra il modo di fare dell’uno e il modo di fare dell’altro. Richiede ovviamente una consapevolezza delle proprie debolezze e ricchezze che spesso si acquisisce con una psicoterapia che non è assolutamente contraria alla fede.

Ma penso che senza una vera spiritualità la terapia non basti. L’ho visto su di me e su altri. Direi che l’equilibrio della preghiera (e della fede) è quella capacità di essere totalmente di Dio essendo nel mondo. Mi sembra un bellissimo obiettivo.

Oggi l’accezione più comune di equilibrio dice equilibrio=relax. Si moltiplicano le tecniche, prevalentemente di origine orientale. Nulla va ignorato ma non è questo l’equilibrio della fede. Gesù sapeva che i suoi dovevano essere nel mondo, non fuggirne. Ma voleva che rimanessero suoi. Voleva che stessero con Lui. Questo è il vero equilibrio. Possiamo anche essere stanchi, non rilassati ma non perdere il nostro equilibrio.

Dio ce lo consenta.

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