DOCUMENTO FINALE CONVEGNO IPS 1988 – Rina Monteverdi
Posted on novembre 26th, 2009 by Angelo
DOCUMENTO FINALE DEL CONVEGNO
Letto durante la S. Messa
RINA MONTEVERDI Segretaria del Congresso
Scopo del Convegno
In questi giorni ci sia mo dedicati ad approfondire e arricchire i nostri rapporti reciproci che ci devono aiutare ad offrire un servizio sempre più qualificato, un’assistenza professionalmente sempre più adeguata, umanizzata e umanizzante a favore dei nostri assistiti.
Questo nostro Convegno si è inserito, inoltre, e in parte ne è già un frutto! in un cammino di rinnovamento, dì umanizzazione e di proposta nella prospettiva del terzo millennio, cammino iniziato in risposta al Concilio Vaticano 110 e intensificato in questo decennio che l’intero Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio sta trascorrendo.
In questo nostro convegno abbiamo cercato insieme di riscoprire la nostra identità per vivere oggi la nostra missione e testimoniare i valori di cui siamo porta tori con modalità nuove e significative per ‘servire insieme l’uomo, Figlio di Dio e nostro fratello”.
Il Carisma dell’ospitalità
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Il Carisma dell’Ospitalità è un dono dello Spirito alla Sua Chiesa e, attraverso San Giovanni di Dio, affidato all’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio.
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I Religiosi Fatebenefraltelli sono garanti e responsabili di questo dono,
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I Collaboratori laici dell’Ordine, i cappellani e le suore, partecipano secondo il loro stato alla realizzazione dello stesso Carisma.
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Il dono del Carisma impegna i Fatebenefratelli quali continuatori dell’opera di San Giovanni di Dio e rinnovano nella loro vita e nelle loro opere gli atteggiamenti di Cristo compassionevole e misericordioso del Van gelo che passò per questo mondo facendo del bene a tutti.
L’Ospitalità all’alba del terzo millennio:
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conserva la sua urgenza e attualità;
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facilita i religiosi ad essere guide morali, anticipatori, ricercatori negli ambienti in cui vivono;
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invita i Laici e i Collaboratori a farsi carico di questa spiritualità:
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possa continuare ad essere attuale il comando del Signore: “Curate infirmos” (prendetevi a cuore i malati).
Vocazione e professionalità
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Occupare del tempo per umanizzare l’assistenza al malato non è solo necessario ma doveroso e questa assistenza umanizzata inizia dal momento dell’accettazione del malato, continua durante la degenza in ospedale, prosegue nella sua dimissione e nel suo reinserimento sociale.
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Per educare gli operatori sanitari ad umanizza re la loro assistenza al malato è necessaria la formazione permanente da attuarsi in occasione e momenti ricavati nello spazio destinato all’aggiornamento professionale, del resto già previsto dai contratti di lavo ro. Particolare attenzione va posta nell’assunzione e nell’avviamento al lavoro dei nuovi collaboratori i qua li devono sapere che è richiesto loro di operare in linea con la filosofia dell’Ordine.
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La maggior gratificazione professionale che un operatore possa ricevere è la gioia del malato che è futuro di un gesto di comprensione, di una prestazione eseguita con tecnica ed affetto. Gioia the può essere data al malato se tra gli operatori c’è serenità, collaborazione e tanto desiderio di servire insieme.
L’esercizio della propria professione trae gratificazione anche quando è data la possibilità di contribuire in qualche modo alla programmazione delle attività del proprio ospedale.
Nuova e diversa visione del malato
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Nella prospettiva della globalità del malato lo stato di malessere non è solo un fatto biologico organico; esso traduce lo squilibrio della persona nel suo rap porto con il mondo, includendo elementi spirituali, psicologici, sociali, economici, noi crediamo a questa globalità, ma molti ostacoli si frappongono nella coerenza quotidiana a questa visione di unitarietà. Molti elementi si inseriscono per frammentare nuovamente la persona, in particolare la persona malata.
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Umanizzazione delle nuove tecnologie che devono essere a servizio dell’uomo, perché non siano causa di rottura dell’equilibrio globale della persona.
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Nella nostra società in cui coesistono un umanesimo paganeggiante che risponde solo ai bisogni “più superficiali dell’uomo” ed un umanesimo cristiano che dà una risposta “integrale” ai bisogni esistenziali della persona, è necessario che gli operatori sanitari si propongano come “mobilitatori di risorse umane”, quali i familiari, i volontari, le assistenti sociali, i responsabili amministrativi, politici, ecc., perché la responsabilità della cura globale del malato venga condivisa da tutti.
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L’emergenza di nuovi disagi e di nuove malattie, quali tossicodipendenza, etilismo, malattie menta le, AIDS, vecchiaia, richiede particolare attenzione, come particolare impegno comporta la soluzione del problema del reinserimento del melato non autosufficiente il quale spesso, al momento della dimissione, si ve de rifiutato non solo da case di riposo e pensionati, ma anche dai familiari stessi: in una parole dalla società.
L’Ospitalità dei Fatebenefratelli nell’azione pastorale
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È in atto in tutte le nostre comunità una verifica che riguarda la comunione tra noi, tra i Fatebenefratelli, i cappellani e i laici perché si instauri tra i membri della comunità una reale volontà che si traduca in atti concreti di accettazione e di amore.
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Tutti sono unanimi nel ritenere che il laico sia responsabile in prime persona della propria immagine e di quelle dell’ospedale, in quanto impegnato direttamente nell’Ospitalità. La funzione del religioso dovrebbe essere anche quella di affiancare il laico nella quotidianità ed essere strumento di confronto.
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Valori come solidarietà, fratellanza, umanità, amicizia, disponibilità, attenzione sono valori dell’uomo che ben si esprimono nelle Ospitalità, come pure il coraggio di andare sempre avanti aiutandosi.
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Superare gli ostacoli, vivere e beneficiare dei va lori citati prima favorisce un valido raccordo tra gli operatori e la componente religiosa.
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Vivere il proprio ruolo nella dimensione del servizio e non in funzione del potere.
Conclusioni
Abbiamo raccolto con giusto e meritato riconosci mento le testimonianze delle esperienze positive dei luoghi in cui quella parola “insieme” già si attua con impegno, umiltà e creatività, aggettivi usati dal P. Generale Fra Pierluigi Marchesi nel suo saluto ai partecipati al Convegno.
Con questa esperienza torniamo ai nostri posti di lavoro per proporla e attuarla secondo le sagge paro le del P. Generale che recuperiamo ancora dal suo sa luto. Ci dice: “Questo lavorare insieme non si improvvisa ma va preparato con discernimento, con piani br m con capacità progettuale e con l’umiltà di chi sa sbagliare e, nello stesso tempo, verificare e correggere”.
In conclusione i partecipanti al convegno esprimono le seguenti proposte:
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Consideriamo molto importante non disperdere quanto in questo convegno à stato da tutti donato. Abbiamo l’impressione che ci sia una potenzialità non ancora sufficientemente conosciuta nella sua disponibilità, competenza, generosità.
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È necessario un maggior colloquio verticale ed orizzontale in modo che ognuno possa dare il suo con tributo a migliorare l’assistenza del malato, a rendere più cordiali i rapporti, a partecipare, sia pure in modo discreto, alla programmazione e all’evoluzione in atto nei nostri ospedali.
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Riteniamo che l’Ordine debba essere sostenuto dai laici a continuare nelle azioni fatte in questi anni che sono la continuazione delle motivazioni di S Giovanni di Dio.
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Crediamo necessaria una maggiore presenza fi sica dei religiosi tra i malati e gli operatori per creare più possibilità di incontro e di ascolto reciproco.
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E giusto, alfine, di essere “Insieme per servire”, far conoscere anche all’estero le. scelte di Ospitalità dei ( Fatebenefratelli, oggi maggiormente impegnative, ma prioritarie per una risposta sanitaria e assistenziale adeguata alle necessità e alle aspettative della popolazione.
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