Milano, 22 febbraio 2002
Carissimi amici,
la lettera che il Santo Padre mi ha inviato in occasione del XX anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità è il gesto più decisivo della nostra storia.
Nella gratitudine per questo segno di grande paternità di Giovanni Paolo II siamo autorevolmente aiutati a riconoscere la linea unica che la nostra storia ha seguito. «Il movimento – ci ha scritto il Santo Padre – ha voluto e vuole indicare non una strada, ma la strada per arrivare alla soluzione di questo dramma esistenziale» dell’uomo che non smette mai di cercare.
«La strada… è Cristo. Egli è la Via, la Verità e la Vita, che raggiunge la persona nella quotidianità della sua esistenza».
Per questo adesso si apre per noi un nuovo inizio: dimostrare, ridimostrare l’evidenza della verità di quello che seguendo la Tradizione della Chiesa ci siamo sempre detti. Come ci ha scritto ancora il Santo Padre: «Il cristianesimo, prima di essere un insieme di dottrine o una regola per la salvezza, è l’“avvenimento” di un incontro».
Che lavoro imponente emerge da questa lettera! Siamo ancora daccapo, sempre! È una cosa nuova che deve accadere, un passo estremamente grave della nostra storia.
È un momento di responsabilità le cui movenze si palesano nel tempo, come urgenza di radicare nella nostra esistenza il giudizio dello Spirito, cui ciascuno può concorrere ordinatamente, obbediente, oppure cui può resistere come pretesa di una propria carnalità, che diventa impossibilità a difendere la serenità o a combattere contro l’apparente distruzione di ciò che accade. Tutto dipende da una obbedienza serena, e quindi costruttiva, della nostra fatica. Questa fatica è originariamente un sacrificio che segue Cristo, la Sua morte e la Sua resurrezione. Seguire Cristo, amare in tutto Cristo: è ciò che deve essere riconosciuto come la caratteristica principale del nostro cammino.
Per questo occorre domandare una chiarezza grande di fronte alla nostra responsabilità. Il singolo, infatti, è responsabile di tutta la Fraternità in cui è immerso, qualunque sia la sua condizione attuale, di salute o di malattia, di letizia o di prova. È una riflessione su questo che ci aiuta a cogliere il valore decisivo del nostro cammino, soprattutto nel lavoro della Scuola di comunità, attraverso cui ciascuno di noi abbia una ragione avveduta del miracolo della sua adesione. Ad ognuno Dio affida il suggerimento di essere un’avanguardia per la missione.
L’esempio più grande in questo senso ci è dato da coloro tra noi cui sono affidate le responsabilità più gravi; anche in campo civile, perché la novità che investe la nostra storia sia esplicitata in loro nella dedizione al proprio servizio. E questa novità non è giudicata innanzitutto dal comportamento morale del singolo, ma dal tipo di responsabilità che ciascuno avverte nel suo servizio dentro la comunità stessa in cui Dio lo chiama. In questo senso il responsabile ricerchi nella sua azione di prestare un servizio di carità, perché accettare la volontà di Dio è un fatto che deriva dal riconoscimento del Suo scopo ultimo per l’incremento della vita di tutta la comunità e della Chiesa. La carità di chi è responsabile è innanzitutto l’aiuto offerto a tutti nel loro compito verso il Mistero. Questa è la ragione di merito per ogni uomo che vuole essere fratello dell’altro uomo.
Per questo la lettera del Papa termina rilanciandoci nella missione: la forza della missione diventa forza del martirio (testimonianza). Intraprendiamo il futuro liberamente, anche se gli altri fossero portati a non accettare quello che siamo.
Preghiamo la Madonna per le nostre miserie e per quelle del mondo. Nell’avventura di ogni giorno è il permanere in una noncuranza rispetto alla fedeltà di Dio alla nostra storia: questo è il peccato più grosso. La Madonna ci urge a collaborare alla grandezza del piano di Dio di salvezza per tutti i fratelli uomini.
Innestandomi con cuore pieno di adesione e di forza, sento di essere al mio posto con voi tutti.
don Luigi Giussani
Lettera del Papa a don Giussani per l’anniversario della Fraternità di CL
Al Reverendo Monsignore LUIGI GIUSSANI,
Fondatore del Movimento “Comunione e Liberazione”
1. Con intensa partecipazione mi unisco alla gioia della Fraternità di “Comunione e Liberazione”, nel 20° anniversario del suo riconoscimento da parte del Pontificio Consiglio per i Laici come Associazione di fedeli di diritto pontificio. Già nel 1954, Ella, carissimo Mons. Giussani, aveva dato origine a Milano al movimento “Comunione e Liberazione”, che era andato poi diffondendosi in altre parti d’Italia e, in seguito, anche in altri Paesi del mondo. Di questo movimento la Fraternità costituisce il frutto maturo.
Nella felice ricorrenza ventennale, mi è particolarmente gradito ripercorrere i passi significativi dell’itinerario ecclesiale del movimento, per ringraziare Dio di ciò che Egli ha operato attraverso l’iniziativa Sua, Reverendo Monsignore, e quella di quanti a Lei si sono uniti nel corso degli anni. E’ motivo di conforto ricordare le vicende attraverso le quali l’azione di Dio si è manifestata e riconoscere insieme la grandezza della sua misericordia.
2. Riandando con la memoria alla vita e alle opere della Fraternità e del movimento, il primo aspetto che colpisce è l’impegno posto nel mettersi in ascolto dei bisogni dell’uomo di oggi. L’uomo non smette mai di cercare: quando è segnato dal dramma della violenza, della solitudine e dell’insignificanza, come quando vive nella serenità e nella gioia, egli continua a cercare. L’unica risposta che può appagarlo acquietando questa sua ricerca gli viene dall’incontro con Colui che è alla sorgente del suo essere e del suo operare.
Il movimento, pertanto, ha voluto e vuole indicare non una strada, ma la strada per arrivare alla soluzione di questo dramma esistenziale. La strada, quante volte Ella lo ha affermato, è Cristo. Egli è la Via, la Verità e la Vita, che raggiunge la persona nella quotidianità della sua esistenza. La scoperta di questa strada avviene normalmente grazie alla mediazione di altri esseri umani. Segnati mediante il dono della fede dall’incontro con il Redentore, i credenti sono chiamati a diventare eco dell’avvenimento di Cristo, a diventare essi stessi «avvenimento».
Il cristianesimo, prima di essere un insieme di dottrine o una regola per la salvezza, è pertanto l’«avvenimento» di un incontro. E’ questa l’intuizione e l’esperienza che Ella ha trasmesso in questi anni a tante persone che hanno aderito al movimento. Comunione e Liberazione, più che ad offrire cose nuove, mira a far riscoprire la Tradizione e la storia della Chiesa, per riesprimerla in modi capaci di parlare e di interpellare gli uomini del nostro tempo. Nel Messaggio ai partecipanti al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e nuove comunità, il 27 maggio 1998, ho scritto che l’originalità del carisma di ogni movimento “non pretende, né lo potrebbe, di aggiungere alcunché alla ricchezza del depositum fidei, custodito dalla Chiesa con appassionata fedeltà” (n. 4). Tale originalità, tuttavia, “costituisce un sostegno potente, un richiamo suggestivo e convincente a vivere appieno, con intelligenza e creatività, l’esperienza cristiana. Sta in ciò il presupposto per trovare risposte adeguate alle sfide e alle urgenze dei tempi e delle circostanze storiche sempre diverse” (ibid).
3. Occorre ritornare a Cristo, Verbo di Dio incarnato per la salvezza dell’umanità. Gesù di Nazaret, che ha vissuto l’esperienza umana come nessun altro avrebbe potuto, si pone quale traguardo di ogni aspirazione umana. Solo in Lui l’uomo può giungere a conoscere pienamente se stesso.
La fede appare in tal modo come un’autentica avventura della conoscenza, non essendo un discorso astratto, né un vago sentimento religioso, ma un incontro personale con Cristo, che dà nuovo senso alla vita. L’opera educativa che, nell’ambito delle vostre attività e comunità, tanti genitori e insegnanti hanno cercato di svolgere, è consistita proprio nell’accompagnare fratelli, figli, amici, a scoprire dentro gli affetti, il lavoro, le più differenti vocazioni, la voce che porta ciascuno all’incontro definitivo con il Verbo fatto carne. Soltanto nel Figlio unigenito del Padre l’uomo può trovare piena e definitiva risposta alle sue attese intime e fondamentali.
Questo dialogo permanente con Cristo, alimentato dalla preghiera personale e liturgica, è stimolo per un’attiva presenza sociale, come testimonia la storia del movimento e della Fraternità di Comunione e Liberazione. La vostra è, in effetti, storia anche di opere di cultura, di carità, di formazione e, nel rispetto della distinzione tra le finalità della società civile e della Chiesa, è storia anche di impegno nel campo politico, un ambito per sua natura ricco di contrapposizioni, in cui arduo risulta talora servire fedelmente la causa del bene comune.
4. In questi vent’anni la Chiesa ha visto sorgere e svilupparsi al suo interno tanti altri movimenti, comunità, associazioni. La forza dello Spirito di Cristo non smette mai di superare, quasi di rompere, gli schemi e le forme sedimentate della vita precedente, per urgere a inedite modalità espressive. Questa urgenza è il segno della vivace missione della Chiesa, in cui il volto di Cristo si delinea attraverso i tratti dei volti degli uomini di ogni tempo e luogo della storia. Come non stupirsi dinanzi a questi prodigi dello Spirito Santo? Egli compie meraviglie e all’alba di un nuovo millennio spinge i credenti a prendere il largo verso frontiere sempre più avanzate nella costruzione del Regno.
Anni fa, in occasione del trentennale della nascita di Comunione e Liberazione, ebbi a dirvi: ” Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace, che si incontrano in Cristo Redentore” (Roma, 29 settembre 1984, n. 4). All’inizio del terzo millennio dell’era cristiana, con forza e gratitudine vi affido di nuovo lo stesso mandato. Vi esorto a cooperare con costante consapevolezza alla missione delle diocesi e delle parrocchie, dilatandone coraggiosamente l’azione missionaria sino agli estremi confini del mondo.
Il Signore vi accompagni e fecondi i vostri sforzi. Maria, Vergine fedele e Stella della nuova evangelizzazione, sia il vostro sostegno e vi guidi sul sentiero di una sempre più audace fedeltà al Vangelo.
Con tali sentimenti, volentieri imparto a Lei, Mons. Giussani, ai suoi collaboratori e a tutti i membri della Fraternità come pure agli aderenti al movimento una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 11 Febbraio 2002, festa della Beata Vergine Maria di Lourdes.
Tradizione presente
Anche se può sembrare banale, penso che sia utile una comparazione tra la lettera inviata dal Santo Padre per il ventesimo anniversario del vostro “riconoscimento” e gli analoghi documenti degli ultimi anni. Anzi si può già sottolineare che venti anni non è un traguardo gratulatorio abituale nella Santa Sede (25 e 50 è la norma). Nel contenuto vi è un’analisi profonda; una motivazione di positività dettagliata e calda; un’approvazione non generica della genesi e dei contenuti.
Né può sottovalutarsi la sottolineata messa in evidenza, nel preambolo, della iniziale attività promossa da don Luigi a far tempo dal 1954.
Nel testo sottolineo in particolare l’accenno all’inserimento di Cl nella tradizione che è qualcosa di molto diverso da una brillante novità di formule e di intenti. Forse proprio questa essenzialità e questo aggancio alle radici più antiche e più genuine della Chiesa cattolica costituiscono il titolo di onore e di cristiana gloria del movimento.
È un documento che fa molto meditare e che arreca al mondo CL grande gioia spirituale.
Grazie per avermelo fatto conoscere.
Giulio Andreotti
Assimilarci a Cristo
Carissimo don Giussani,
ti scrivo due righe per congratularmi con te per la bellissima lettera che ti ha indirizzato il Santo Padre a motivo del XX anniversario del riconoscimento dello Statuto di Comunione e Liberazione.
Penso che dietro a questa lettera ci sono tanti anni di sofferenza e combattimento contro il comune nemico. Calunnie, incomprensioni, amici che tradiscono… ma ecco il nostro vero vanto: “assimilarci a Cristo Crocefisso”.
Ancora sento vivo nel mio animo la volta che abbiamo mangiato insieme con il gruppo più fidato dei tuoi collaboratori a Milano. Sono rimasto impressionato dalla tua bontà, umiltà e amore verso di me, che non lo merito. Spero di poter tornare a Milano per vederti di nuovo e consolarci in Cristo a vicenda.
Prega la Santa Vergine perché interceda per me che sono un peccatore.
Kiko Argüello, fondatore del movimento dei Neocatecumenali
La strada
Nel messaggio inviato a monsignor Giussani per i vent’anni del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione, il passaggio-chiave mi sembra il riconoscimento dell’impegno posto da Cl nel mettersi in ascolto dei bisogni dell’uomo oggi. Giussani ha capito che l’uomo (nel dolore come nella gioia) non smette mai di cercare. Ma non cade nel relativismo di certa teologia, e arriva a una conclusione che lo pone in comunione con Karol Wojtyla: l’unica risposta che può appagare l’uomo in questa ricerca gli viene dall’incontro con Cristo. Per questo Cl, riconosce il Pontefice, vuole indicare non una strada qualunque, ma proprio quella strada che ambisce ad arrivare alla soluzione del dramma esistenziale dell’uomo in perenne ricerca. La fede per Giussani non è infatti un discorso astratto e nemmeno un vago sentimento religioso. Il Papa apprezza di Giussani soprattutto una cosa: invece di offrire cose “nuove” e “alla moda”, punta a far dialogare la tradizione e la storia della Chiesa con gli uomini del nostro tempo. Il Vangelo va predicato in modo da parlare e interpellare l’umanità, ma non va stravolto con letture politicizzate come quella offerta dalla teologia della liberazione.
Pierluigi Battista editorialista de La Stampa
Sguardo aperto
Immagino la gioia che può avere procurato un messaggio così limpido, forte e amorevole. Non mi permetto di commentarlo. Posso forse dire una parola come uno che, in vent’anni, ha incontrato spesso quelli dell’incontro. Mi è parso sempre sorprendente che chi viveva un avvenimento in ultima analisi così esclusivo, avesse tuttavia uno sguardo aperto all’altro e fosse anzi disposto a pensare che chi cerca in qualche modo ha già trovato. Una fede palesemente poco incline a compromessi con il linguaggio comune, poco disposta a farsi veicolare dall’etica corrente e condivisa, eppure sorridente al mondo. Nelle opere che Comunione e Liberazione ha generato in campo sociale e politico risuona l’eco di questo nucleo spirituale. Chi ha orecchi per sentire la sente e non si meraviglia che questa eco spesso si ritrovi in luoghi e con interlocutori apparentemente disparati e inusuali; il fatto è (questo è anche l’augurio!) che chi ha trovato continua tuttavia a cercare ed è capace ogni giorno, dialogando, di stupirsi e di stupire.
Pierluigi Bersani responsabile delle Politiche economiche dei Ds
In missione
«L’uomo non smette mai di cercare: quando è segnato dal dramma della violenza, della solitudine e dell’insignificanza, come quando vive nella serenità e nella gioia, egli continua a cercare. L’unica risposta che può appagarlo, acquietando questa sua ricerca, gli viene dall’incontro con Colui che è alla sorgente del suo essere e del suo operare».
Permettetemi di iniziare da questa frase, che ben descrive l’ansia del cristiano chiamato a cercare non una strada ma la strada, l’avvenimento che ha stravolto il mondo, ribaltando la logica del potere, del denaro, per privilegiare il povero, i puri di spirito, gli ultimi. È una ricerca che, per il credente, non deve conoscere sosta. In questa chiave penso vada letta l’esperienza di don Giussani: una continua ricerca, con i giovani e per i giovani.
Il messaggio del Santo Padre alla Fraternità di Comunione e Liberazione è un invito a proseguire questo impegno e questo cammino; a essere, con la Chiesa e per la Chiesa, in missione vicino all’uomo di oggi, là dove vive e lavora. Andate per il mondo, dice ancora il Papa, cooperate con costante consapevolezza alla missione delle diocesi e delle parrocchie, dilatandone coraggiosamente l’azione missionaria sino agli estremi confini del mondo.
Questo è il terreno anche di una collaborazione tra le varie espressioni presenti nella Chiesa: comunità, movimenti, associazioni, che qui possono trovare un rinnovato stimolo anche per il dialogo tra loro. Credo che in questi anni il desiderio di comunione anche tra le diverse aggregazioni della Chiesa sia cresciuto; sia cresciuta la stima reciproca; siano cresciute la volontà e l’esigenza di conoscersi e di camminare insieme, nel rispetto delle proprie diversità.
È un motivo di fiducia, all’inizio di questo millennio; è una responsabilità nuova che ci sollecita con forza.
Paola Bignardi presidentessa di Azione Cattolica
I miei amici
Per me l’incontro con Cl è stato subito un incontro tra adulti. Ed è stato subito un incontro con una persona di una tal forza che non si fatica a dichiararlo un “avvenimento”. Questa persona fu Giovanni Testori. Ma speciale e quasi destinale fu il secondo incontro che “dovetti” vivere, quello con don Giussani da cui Testori subito mi portò. Dall’incontro con don Giussani fui certo di aver perso molto incontrando il movimento soltanto nella mia età adulta. Ma, si sa, l’importante è gioire quando si incontra il proprio destino, senza recriminare. L’amicizia, ecco, l’amicizia che si affranca nella Compagnia. La Compagnia che te la ricorda sempre l’amicizia. E i miei amici di Fraternità furono e sono: Emanuele Banterle e Gianmaria Bandera e il nipote di Testori… Frangi e Cesana e Vittadini e Intiglietta e Bonacina con le loro mogli e i loro figli e figlie e… Cristo.
Franco Branciaroli, attore
Suggestivo e convincente
Ho conosciuto personalmente nel corso di questi anni diversi aderenti al movimento di Comunione e Liberazione e ho potuto riconoscere il volto di Cristo attraverso le mille facce di giovani entusiasmanti che hanno animato il Meeting di Rimini e le Giornate Mondiali della Gioventù.
Ho potuto così verificare la profonda verità delle parole del Santo Padre quando afferma che l’originalità del movimento «costituisce un sostegno potente, un richiamo suggestivo e convincente a vivere appieno con intelligenza e creatività l’esperienza cristiana».
Agli auguri migliori per questo bellissimo anniversario aggiungo la considerazione che la stima e l’affetto reciproci sono segno dell’unità in Cristo e un evidente dono dello Spirito Santo.
Giuseppe Corigliano, direttore dell’Ufficio Informazioni della Prelatura dell’Opus Dei in Roma
L’avventura della conoscenza
Ciò che colpisce nella lettera del Papa a don Giussani è il richiamo all’ascolto dei bisogni dell’uomo d’oggi. Il fondatore di Comunione e Liberazione è stato ed è uno straordinario cercatore, per strade impervie, a volte impossibili. Ha illuminato il cammino di chi ha ricevuto il dono della fede, ma ha reso meno oscuro, con il suo esempio di vita e la sua parola, il cammino, incerto e sofferto, di molti laici, tra i quali il sottoscritto. Mi rammarico di non aver partecipato a quegli incontri di Gs, di averli guardati persino con sospetto se non irritazione. Ma ho la fortuna di aver rivisto molti di quei mattinieri e silenziosi partecipanti e di aver ricevuto in dono da loro affetto, consigli e cure. Grazie don Giussani, anche da chi non appartiene al suo gregge. Bisogna saper ascoltare, ma anche comunicare quello che si impara e si prova. Altrimenti l’avventura della conoscenza darà magari molti brividi intellettuali, ma pochi frutti sprituali e sociali.
Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera
Divina disinvoltura
Monsignor Giussani può essere particolarmente soddisfatto per la speciale benedizione apostolica impartita da Giovanni Paolo II alla Fraternità da lui iniziata nel ’54. Non solo per motivi che si spiegano da sé. Anche per un’altra ragione. Il Papa riconosce al carisma particolare di Comunione e Liberazione una capacità di nutrire la «vivace missione della Chiesa» perfino nell’ambito controverso della politica, «in cui arduo risulta talora servire fedelmente la causa del bene comune».
Oggi si parla molto di società civile, concetto che sta tra l’economia, la sociologia e la storia. Se una cosa è riuscita a monsignor Luigi Giussani, è proprio questa: irrompere con una certezza di fede avventurosa, l’incontro personale con Cristo, concepito come avvenimento e non come generica inclinazione a credere, in quei pezzi di mondo secolare in cui la sua Fraternità ha lasciato un segno del proprio operare. Con coraggio, con sprezzo del pericolo, con quella che a me laico e miscredente è sempre parsa una divina disinvoltura, una ispirata capacità di stare nelle contraddizioni del mondo.
Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio
Incontro esistenziale
Il pontificato di Giovanni Paolo II è uno dei più grandi nella storia della Chiesa. Per molti aspetti l’opera di don Giussani ne è la prefigurazione. Il messaggio del pontificato del Santo Padre, e certamente tutta la sua vita, è stato un pellegrinaggio verso l’incontro con Cristo, la Vera Presenza, il vero Dio, il vero uomo, il centro reale dell’umana esistenza. Come dice, con gratitudine, lo stesso Santo Padre, il movimento di Comunione e Liberazione indirizza tutti verso un incontro esistenziale con Cristo, contenuto e sostanza della nostra vita. Il movimento ha dato concretezza al messaggio di papa Leone XIII sulla dignità del lavoro, il quale partecipa intimamente dell’opera redentrice di Cristo, perché nostro Signore faceva l’opera del Padre sia quando faticava nella falegnameria di san Giuseppe, sia quando chiamò i suoi discepoli affinché lo seguissero.
David Forte, professore di Legge alla Cleveland State University
Carica dirompente
Vent’anni di “ufficialità”, fino a che punto hanno segnato Comunione e Liberazione? È difficile rispondere, se non altro perché a festeggiarli – per la gioia di tutti noi – è ancora lo stesso Papa da cui nel 1982 venne il riconoscimento alla Fraternità ciellina. Si tratta, in effetti, di un Pontefice capace da sempre di esprimere il primato della fede rispetto alla stessa dimensione istituzionale della Chiesa.
Ecco, un uomo come Karol Wojtyla non poteva certo provare timore di fronte all’eccentricità, alla carica dirompente di un movimento talvolta visto con sospetto dalla gerarchia ecclesiastica. Vi ha accompagnati nell’età adulta, forse ha vinto una certa diffusa tentazione all’autosufficienza, fornendo della Chiesa una visione al tempo stesso tradizionalista e capace di lasciarsi destabilizzare da un riferimento a Cristo implicante una continua ricerca delle proprie radici, e un severo riconoscimento delle proprie mancanze.
La speciale sintonia tra Giovanni Paolo II e il movimento fondato da don Luigi Giussani attende ora la verifica di una stagione nuova, le incognite di una seconda fase. Ma in fondo la lettera, che avete ricevuto dal vecchio Papa sotto la guida del quale siete cresciuti, contiene al suo interno l’indicazione: rimanete giovani, aperti agli interrogativi dell’oggi. Non è facile, ma lì si trova il senso dello stare insieme.
Gad Lerner, giornalista de La7
L’avvenimento per eccellenza
Come rappresentante di un’altra realtà ecclesiale carismatica, plaudo alla gioia di monsignor Giussani nel 20° anniversario del riconoscimento della Fraternità di Comunione e Liberazione. So, infatti, cosa significa per un fondatore una parola del Santo Padre, di questo Santo Padre Giovanni Paolo II, che passerà alla storia anche per aver compreso, sostenuto, benedetto e approvato i nuovi movimenti ecclesiali e le nuove comunità. Nello stesso tempo lodo Dio per il carisma di cui è stato dotato monsignor Giussani e, per lui, quanti figli e figlie lo seguono nel mondo. È esso un dono sublime, tutto concentrato, mi sembra, nell’avvenimento per eccellenza da lui per primo sperimentato: l’incontro personale con Gesù, sorgente di vita spirituale intensa e di tanta meravigliosa vita, di tante opere concrete. Lode allo Spirito Santo che non smette di far bella la Chiesa preparandola, di secolo in secolo, ad affrontare le sfide ricorrenti e a darle vittoria.
Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolari
Fratelli della Fraternità
Partecipiamo con sentimenti di fraterna amicizia alla gioia della Fraternità di Comunione e Liberazione per la ricorrenza del ventesimo anniversario del riconoscimento pontificio, resa ancora più significativa dalla splendida lettera del Santo Padre Giovanni Paolo II, inviata a monsignor Luigi Giussani.
«L’uomo non smette mai di cercare». Questa affermazione del Santo Padre ci rinnova nella mente le conversazioni serali con il nostro fondatore e padre nella Fede, don Didimo Mantiero.La sua strada era la strada della Verità e passava attraverso la carità della sua persona.
Quando don Didimo morì, rimanemmo fedeli al suo carisma, ma trovammo in monsignor Giussani, nella sua intuizione dell’“incontro”, nella sua umiltà, nel segno della mendicanza, nei suoi libri, nei suoi discepoli, l’aiuto di un rinnovato vigore di meditazione culturale nella Fede.
La Dieci, il Comune dei Giovani, la Scuola di Cultura Cattolica sono figli del carisma di don Didimo, ma don Giussani è anche nostro. E noi siamo fratelli della Fraternità, perché camminiamo con lo stesso Cristo, quello del primo capitolo di san Giovanni.
Sergio Martinelli e Giovanni Scalco, movimento de la “Dieci”
Compagnia e compassione
Con viva ammirazione, anch’io mi unisco alla vostra gioia nel ventesimo anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. Ho letto con attenzione il messaggio augurale inviatovi dal Santo Padre Giovanni Paolo II e il suo pressante invito a coltivare, con ogni sforzo, l’esperienza personale e comunitaria d’incontro con Gesù vivo. In un tempo che attende sovente segni di redenzione – incapace di fare memoria dell’“avvenimento” di Cristo nel tempo, “macchiato” dall’infedeltà all’eterna presenza di Cristo nella storia c’è un’umanità che attende di essere “lavata” e “rigenerata” dalla Sua compassione, di essere immersa nel mistero della Sua presenza operante, che sola dà speranza. Abbiamo bisogno di seminare, creativamente, la compassione di Gesù: solo chi compatisce, sa comprendere l’uomo e la storia! «Comprendere l’uomo», significa essere capaci – e il prezzo è quello del morire – di “abbracciarlo” a partire da ciò che “non è ancora”, alla maniera di Gesù, il compassionevole. Possa la Fraternità di Comunione e Liberazione godere dell’intimità con il cuore di Gesù, per sentire e risentire le ragioni dell’amore insoddisfatto che è nel cuore di chi si fa nostro prossimo. Voglia lo Spirito Santo Paraclito effondere su di voi la “consolazione divina”, perché possiate aiutare il mondo a vincere ogni deriva di solitudine che attenta alla compagnia del nostro Signore Gesù. Auguri vivissimi.
Salvatore Martinez, coordinatore nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo
Gratuità
La lettera di Giovanni Paolo II a monsignor Luigi Giussani è un gesto di grande affetto, tanto personale, verso una realtà rilevante nella Chiesa del nostro tempo. È il punto d’arrivo di un cammino intrapreso da Giovanni Paolo II, quando, sino dall’inizio del suo pontificato, volle incontrare in maniera personale i cristiani sulle vie nuove che percorrevano: «La forza dello Spirito di Cristo – ha scritto a don Giussani – non smette mai di superare, quasi di rompere, gli schemi e le forme sedimentate della vita precedente, per urgere a inedite modalità espressive». Con questo spirito il Papa ha incontrato Comunione e Liberazione e ha seguito la sua storia. Giovanni Paolo II ha subito colto l’intuizione centrale di don Giussani: «Il cristianesimo, prima di essere un insieme di dottrine o una regola per la salvezza, è pertanto l’“avvenimento” di un incontro». Alla Vigilia della Pentecoste 1998, il Papa ha parlato della maturità dei movimenti e delle nuove comunità. Questa maturità si esprime nella responsabilità verso la missione della Chiesa e nella capacità di rappresentare, pur nella diversità, uno spazio di amore fondato sul dono, in una società che ha smarrito il senso della gratuità. Anche il dono di questo messaggio del Papa a Comunione e Liberazione, rappresenta una bella occasione per unirmi ai suoi sentimenti e inviare i migliori auguri a don Giussani che ha tanto camminato «sul sentiero di una sempre più audace fedeltà al Vangelo».
Andrea Riccardi, iniziatore della Comunità di Sant’Egidio.
La rotta più sicura
Se Gesù dice, Io sono la Via, la Verità e la Vita, che insegnamento vuol impartirci? La Via è pratica religiosa antica, il Tao e il Buddha ce la additano. Ma la Verità? Viviamo in tempi in cui, penso all’Italia soprattutto ma non solo, la Verità sembra ridotta a una forma differente della Menzogna. Il cinismo e il sarcasmo correnti sembrano suggerire questa lettura del reale: la vostra sola identità sia la parte, l’interesse, il guadagno breve dell’oggi. Il Bene è indicato come una forma diversa, e inferiore, del Male. Gli Angeli Maledetti di Milton calcolano l’audience, con soddisfazione. Il premio Nobel Elie Wiesel, sopravvissuto ad Auschwitz, postula: alla lunga il Bene trionfa sul Male perché il Male è radicato sulla menzogna e la menzogna deve, di necessità, di logica, cedere davanti alla verità. Questa è, nella colorata cecità dell’oggi, la rotta più sicura, quella a cui, con determinazione, affidiamo il nostro passaggio precario di Vita e verso la Vita. E di questo mi pare, nella sua accorta sofferenza, parli papa Wojtyla nell’epistola a don Giussani.
Gianni Riotta, condirettore de La Stampa
Un incontro per la vita
Quando mi avete chiesto di scrivere alcune note di commento alla splendida lettera del Papa a don Giussani, ho provato emozione e paura. Mi è sembrato così difficile commentare un testo profondo e autorevole senza dire banalità. Ho avuto paura del giudizio su di me dei lettori di Tracce, che so essere molto più “grandi” di me nella fede. Poi, ho pensato che io mi fido delle persone e della storia del movimento, che ho incontrato da piccola (quasi trent’anni fa!) e che mi sono state vicine anche quando avevo deciso di allontanarmene. Avevo creduto di riuscire ad approfondire l’esperienza umana della vita, o dello studio e del lavoro, attraverso l’uso dell’etica e dell’intelligenza. Solo poco tempo fa, grazie agli amici incontrati nel movimento, ho riscoperto «la fede come un’autentica avventura della conoscenza… che dà nuovo senso alla vita» (e riprendo qui un passaggio della lettera). Non ero riuscita da sola a vivere questa dimensione. Inoltre penso che il Papa abbia fatto emergere questo carisma profondo, questa originalità che Comunione e Liberazione porta con sé. Grazie, anche da parte mia, per tutto questo, e per avermi accolta.
Marina Salamon, imprenditrice .
Nuovo Israele
È davvero meraviglioso! Sono poche le organizzazioni cattoliche, con cui io sia venuto in contatto, che mantengono, con tanta sincera chiarezza, il rigore della fede cattolica e, al tempo stesso, comprendono il moto intuitivo dello Spirito e le libertà dell’io, che sono implicite in questo cammino di unificazione con Dio, che voi chiamate Cristo. In un’epoca in cui l’io è essenziale – e spesso è eccessivamente accentuato in contrasto con l’eccessivo collettivismo del passato – Comunione e Liberazione rappresenta una voce autentica del cattolicesimo, da cui ogni religione può trarre insegnamento, particolarmente incisiva e significativa per la gioventù di oggi, vale a dire per il futuro. I miei omaggi a tutti voi e a monsignor Giussani. Voi per me siete il nuovo Israele, anche se a molti questa frase può suonare sgradevole. Con grande amore fraterno
Michael Shevack, rabbino di New York
Un metodo
Chi se lo sarebbe mai aspettato? Addirittura al tramonto del secolo di Prometeo l’intellighenzia cristiana si trova restaurata, restituita a se stessa in modo così semplice, così splendido! La lettera di riconoscimento del Papa al mezzo secolo di lavoro di monsignor Giussani ci fa vedere, più che l’accordo, l’incontro, l’avvenimento dell’incontro di due degli uomini più intelligenti dei nostri tempi, insieme al centro dello stesso prodigio: la restituzione delle facoltà di pensiero all’uomo comune… Più che mai, qui si avvera l’impronta del Santo Spirito, annunciata da Isaia! Perché mi sembra ovvio che la novità del genio di Giussani sta nel dono da lui fatto a tutti di un “metodo” per capire, cioè, per «vivere appieno, con intelligenza e creatività, l’esperienza cristiana» nelle stesse parole del Pontefice. E ha ragione il Santo Padre: don Giussani, uomo di cultura, ha trovato la chiave, la via, il modo di fare scoprire a ognuno che la pienezza della sua intelligenza è inseparabile dall’esperienza della fede vissuta. Lo sapevamo già da sant’Agostino, ma adesso abbiamo tutti quanti i mezzi per provarlo in ogni momento, in ogni operazione del pensiero impegnato: crediamo per capire… Il metodo di Descartes, spostando verso l’uomo l’asse dell’universo intelligibile, ha messo tre secoli per condurlo dall’orgoglio intellettuale alla disperazione, dalla nausea sartriana al nulla esistenziale… Scommetto che fra tre generazioni il metodo di don Giussani avrà spazzato via tutta quell’amarezza… Per aspettare Godot bisogna “diventare” Vladimir o Estragon; invece, per ritrovare Cristo basta seguire le tracce di don Gius… Alleluia!
Bruno Tolentino, poeta brasiliano
Frutto maturo
Una lettera di quasi due pagine, alla quale per di più il Papa ha annesso una tale importanza da farla recapitare personalmente a monsignor Giussani attraverso un suo diretto collaboratore, non è cosa di tutti i giorni. Non possiamo quindi fare a meno di vedere in questo gesto una corrispondenza eccezionale a un servizio ecclesiale altrettanto eccezionale.
Quanto al contenuto del messaggio, è motivo di gioia e di soddisfazione per ogni fedele cristiano constatare che il Papa parla di «frutto maturo» dopo vent’anni di vita di un movimento che, «in ascolto dei bisogni dell’uomo d’oggi» percorre e indica non “una” strada ma “la” strada; l’unica strada possibile: lo stupore gioioso davanti all’avvenimento dell’incontro personale con Cristo. E last but not least, per dirla all’inglese, credo valga la pena sottolineare particolarmente l’esortazione che il Papa rivolge al movimento nella parte finale del messaggio, a «cooperare con costante consapevolezza alla missione delle diocesi e delle parrocchie».
Miguel Ángel Velasco, direttore di Alfa y Omega, supplemento settimanale del quotidiano ABC (Spagna)
Dalle omelie ad alcune messe celebrate per il ventennale della Fraternità
CARLO MARIA MARTINI, Arcivescovo di Milano
Anzitutto mi unisco anch’io, come il Santo Padre nel suo messaggio di ieri a monsignor Giussani, mi unisco «alla gioia della Fraternità di Comunione e Liberazione nel XX del suo riconoscimento da parte del Pontificio Consiglio per i Laici» e insieme col Papa ringrazio – cito ancora dalla sua lettera – «Dio di ciò che Egli ha operato attraverso l’“iniziativa” di don Giussani e di quanti si sono uniti a lui nel corso degli anni», e conclude il Papa: «È bello e giusto riconoscere insieme la grandezza della misericordia di Dio!». È bello e giusto riconoscerlo qui insieme in tanti, tantissimi come siete voi questa sera, con tanti sacerdoti, con tanti fedeli. È bello riconoscerlo insieme nell’adorazione, nel canto, nel silenzio, nella contemplazione del Mistero di Dio.
(…) Questo è lo scopo di tutte le aggregazioni intermedie nell’unico Corpo del Signore: inserire vitalmente e profondamente ciascuno nell’unico popolo di Dio, e la qualità di questa inserzione è metro e misura di ogni aggregazione nella Chiesa.
(…) Questo diventa ancora più bello quando tutta una comunità, come la vostra grande Fraternità, si pone in ascolto della parola e si rende obbediente a essa. Allora è motivo di grande gioia ed è un grande aiuto il pensiero di essere noi tutti, voi tutti legati a Gesù e quindi legati fra noi e tra voi con legami più forti di quelli di sangue. Mi sarete fratello e madre.
(…) Questo vostro traguardo ventennale, per il quale rendiamo grazie a Dio, vi invita a guardare dunque ancora di più al di là di voi stessi, a guardare verso la Chiesa intera, in vista della quale vi sono stati dati questi doni di cui siamo giustamente grati a Dio. La celebrazione dei vent’anni è un’occasione per crescere nella maturità, per farsi cioè carico sempre di più non solo dello sviluppo delle opere da voi iniziate, ma per prendersi a cuore la Chiesa intera e le sue necessità.
Al termine della Messa, prima della benedizione finale
Vorrei esprimere ancora una volta la mia vivissima gratitudine per avermi invitato a presiedere questa celebrazione. L’ho fatto con tanta gioia e pensando con tanto amore a ciascuno di voi. Vi ringrazio vivamente per gli auguri che mi avete fatto per il mio 75° compleanno, che è una data significativa per tanti motivi, anche perché mi fa intravedere un poco quel sogno di Gerusalemme, finalmente in pace, al quale penso da tanto tempo. In ogni caso vorrei dire che sono molto vicino a ciascuno di voi.
Comprendo bene lo sforzo, il cammino, la fatica e la gioia di tutti voi preti, laici, soprattutto le famiglie e tutti coloro che servono il Regno di Dio. Vi voglio molto bene, molto più di quanto forse non immaginiate, perché vi sento profondamente nel mio cuore e nel cuore di Cristo. Desidero davvero che si attui per voi l’ideale di piena e perfetta santità e di presenza profonda nel cuore della Chiesa che si augura anche don Giussani con queste parole molto commoventi con le quali ci ha raggiunto in questo momento. Chiedo dunque al Signore di benedire di cuore ciascuno di voi e tutta la nostra Chiesa.
Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna
Un inno di riconoscenza si eleva al Signore – e diventa in voi un canto di pura esultanza – per una “storia”: una storia che vi è stata donata e, attuandosi nella vostra quotidiana vicenda, si è fatta in voi principio di originale identità e di caratteristica appartenenza. Certo, è un’identità che non è altra cosa dall’identità cristiana, che radicalmente avete ricevuto nel Battesimo, ma nel movimento è divenuta in voi più marcata, più precisa, più incontestabile. Certo, è un’appartenenza che non è altra cosa dall’appartenenza alla santa Chiesa cattolica (rinsaldata ogni volta che partecipate al sacrificio del “Corpo dato” e del “Sangue versato”), ma ha ricevuto una consapevolezza nuova, più concretamente operosa, più feconda di bene.
La vostra storia parte da lontano; addirittura dagli anni dell’adolescenza di don Luigi Giussani.
(…) Anche per me è ragione di personale compiacimento il rievocare nella mia Cattedrale una storia che nella realtà delle cose ha avuto inizio in quel seminario di Venegono, il cui magistero di fede, di vita, di amore alla verità è stato anche per me determinante, e resta indimenticabile. L’amicizia che fin da quegli anni mi lega a don Giussani spiega e giustifica la mia odierna emozione e la letizia dell’ora che sto vivendo con voi. Il mio primo auspicio è che non vi stanchiate mai di fare appassionata memoria del Signore Gesù, nel quale ogni scintilla di umanità, ogni fremito, ogni aspirazione, ogni istante dell’esistere acquista senso e valore.
(…) In troppi ambienti della cristianità oggi il nome di Cristo è divenuto un’etichetta estrinseca e la sua menzione una scusa per parlare d’altro. Nella vostra Fraternità non sia mai così.
(…) Il mio secondo auspicio è che dalla comunione ecclesiale, concepita non come una mera denominazione ideologica ma come una realtà coinvolgente e saziante, abbiate a desumere ogni ispirazione e ogni regola di comportamento. Il Signore vi aiuti a saper cogliere – con gli occhi radioscopici della fede – la bellezza incantevole della Sposa del Re, al di là di tutte le chiacchiere teologiche e di tutti i travisamenti mondani. E sappiate sempre guardare a ogni uomo che incontrerete – anche il più lontano e diverso – come a un’icona viva di Cristo, che attende di essere liberata dalle scorie e restaurata nella sua somiglianza al divino Archetipo, dalla vostra invincibile capacità di amare.
Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze
Siamo qui a lodare e ringraziare il Signore per il dono che ha fatto a tutta la Chiesa e, in particolare, anche alla nostra Chiesa fiorentina. Vorrei meditare con voi un tema che è centralissimo nell’esperienza di Comunione e Liberazione: il tema della presenza di Cristo. «La fede – sottolinea con forza don Giussani – è riconoscere l’avvenimento di una presenza. Dio reso presenza che continua nella storia, dentro la presenza di una comunione, di gente che si riconosce unita nel suo nome».
(…) Ora, è attraverso la Chiesa che Cristo continua a farsi presente nella storia. La Chiesa è il suo corpo, il suo prolungamento vivo, comunitario e, in certo modo, visibile, in virtù dello Spirito Santo.
(…) Il Signore Gesù mediante il suo Spirito guida e vivifica sempre la sua Chiesa «con diversi doni gerarchici e carismatici», conferendole due dimensioni, gerarchica e carismatica, ambedue “coessenziali” e “complementari” (Giovanni Paolo II, Pentecoste ’98). Voi siete di Comunione e Liberazione, e siete qui stasera, perché siete stati raggiunti dal Signore attraverso un carisma, il carisma donato a don Giussani. Siete stati investiti da una potenza generatrice di vita, che ha acceso in voi entusiasmo e passione per Cristo e per l’uomo.
Il Signore vi ha attirato in una bellissima esperienza educativa fino alla maturità della vostra fede e della vostra umanità. Vi ha resi suoi testimoni coraggiosi per portare la sua presenza in ogni ambiente e uomini liberi e responsabili, solidali, creativi e operosi per far crescere la società civile. La Fraternità di Comunione e Liberazione è “il vertice e il cuore” del movimento. Ne è l’attuazione più piena e sicura. Offre agli adulti, educati e cresciuti nel movimento, un aiuto per crescere ancora nella vita cristiana verso la santità, «perché ognuno cammini di fronte a Cristo», come si esprime don Giussani.
Nella Fraternità la preghiera, l’obbedienza e il contributo alle necessità comuni sono esperienza, particolarmente intensa e concreta, di carità reciproca e di fede nella presenza del Signore «dove due o tre sono riuniti nel suo nome». È l’esperienza della Fraternità e di tutto il movimento di Comunione e Liberazione che stasera ci porta a rinnovare la nostra commossa meraviglia e gratitudine per il Mistero “fatto uomo” nel grembo di Maria e reso presente nella Chiesa. «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore».
Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Genova
Vogliamo rendere grazie a Dio perché noi siamo stati chiamati a vivere la vita cristiana con il carisma e la pedagogia propri del movimento di don Giussani.
(…) Cristo non è semplice nome, non è personaggio del passato: è quanto di più concreto, di più reale e vitale esiste; è Persona viva in possesso di una “singolarità” unica e irriducibile.
(…) Su di lui soltanto si fonda e si alimenta quella “identità cristiana”, che è uno dei doni più preziosi che ci è stato dato con il Battesimo e una delle sottolineature più forti e qualificanti di don Giussani, vorrei dire della scuola teologica del seminario milanese di Venegono, dove il giovane prete ha insegnato e dove io stesso ho avuto la grazia di studiare e di insegnare Teologia per tanti anni (tra parentesi dico: non ho mai avuto don Giussani come docente; solo lo vedevo passare nei corridoi con passo deciso o uscire dall’aula scolastica quasi sempre proseguendo la lezione, immancabilmente pronto ad asserire, discutere e spiegare con ardore i più diversi problemi a partire e in riferimento alla “pretesa cristiana”).
Ora il riferimento a Cristo non è conoscenza astratta, anche se paludata di scienza storica: è “conoscenza” nel ricchissimo contenuto che riceve dalla Bibbia, e dunque è comunione di amore e di affidamento pieno e di dipendenza liberante; è esperienza umana e ragionevole che investe e requisisce la totalità della persona e la sua relazionalità, e quindi tutta la trama dei rapporti quotidiani nel tessuto sociale; è stupore ed esultanza spirituale che non riescono mai a spegnersi nel sentirsi immensamente amati e salvati, e insieme consegnati a una missione nella Chiesa e nella società.
(…) Il vostro carisma e la vostra pedagogia sono un bene ecclesiale: un bene vostro, certo, ma anche di tutta la Chiesa. Dovete allora nel profondo offrirlo anche agli altri. Così come, nell’economia ecclesiale della reciprocità, dovete stimare e accogliere gli altri carismi, che provengono dell’unico e medesimo Spirito e che sono alla base delle varie aggregazioni ecclesiali.
(…) Sì, per amore della Chiesa, per l’innamoramento che ci lega a Cristo. Riascoltiamo una parola di don Giussani, che prendo dal libro All’origine della pretesa cristiana: «Riconoscere e seguire Cristo (fede) genera un atteggiamento esistenziale caratteristico per cui l’uomo è un camminatore eretto e infaticabile verso una meta non ancora raggiunta, certo del futuro perché tutto poggia sulla Sua presenza (speranza); nell’abbandono e nell’adesione a Gesù Cristo fiorisce un’affezione nuova a tutto (carità), che genera un’esperienza di pace, l’esperienza fondamentale dell’uomo in cammino».
Severino Poletto, Arcivescovo di Torino
Impossibilitato a partecipare alla messa (che è stata celebrata dal vicario generale della diocesi di Torino, monsignor Mino Lanzetti), il cardinale ha inviato questa lettera:
La vostra è un’associazione ecclesiale di cui mi piace evidenziare, in felice sintonia con il nostro Piano Pastorale diocesano, «l’impegno missionario come educazione al senso della cattolicità della Chiesa e come scelta vocazionale» (art. 4 dello Statuto), tenuto conto del dichiarato impegno a essere «strumenti di ausilio e di completamento nella vita diocesana e parrocchiale, in comunione col Vescovo e in dialogo e collaborazione con altre associazioni e movimenti ecclesiali» (ivi).
I Vescovi italiani, negli Orientamenti pastorali per questo decennio, hanno voluto significativamente intitolare il cammino delle comunità cristiane “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” e anch’io, nella mia Lettera pastorale “Costruire insieme” ho intenzionalmente messo alla base di ogni nostra riflessione e attività il fatto che «dov’è c’è la Chiesa, ivi è la missione», per attuare quella rinnovata «prima evangelizzazione» nella quale ognuno ha un suo dono da portare.
La vostra celebrazione (…) sia occasione di più generoso e intenso slancio missionario fondato sulla preghiera e su una santità autenticamente “moderna”, capace cioè di consacrare l’ordinario svolgersi della vita, usando tutti i mezzi che il nostro tempo mette a disposizione dei credenti per ricomporre l’ordine dei valori primari.
Carlo Caffarra, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
«Voi siete il sale della terra; voi siete la luce del mondo». Ciò che colpisce immediatamente in questa “definizione” che il Signore dà del suo discepolo è che questi è mandato alla «terra-mondo»: a tutta l’umanità, a tutta la realtà. Non sale di una regione della terra; non luce di una parte del mondo. Nessuno e nulla è estraneo al sale della parola di Cristo di cui il discepolo è testimone.
(…) Questa consapevolezza di portare il carico dell’umanità intera della propria persona e di ogni persona è possibile solo se il cristiano custodisce intatta la propria identità.
(…) La scelta di Cristo genera nell’uomo una nuova identità e una consapevolezza nuova sorgente di giudizio e di opere vere. (…) Quando la fede non genera cultura, un modo cioè specifico di porsi dentro all’esistenza, è già luce posta sotto il moggio.
(…) Questa celebrazione eucaristica vuole essere ringraziamento al Padre per il dono fatto alla Chiesa del carisma di Comunione e Liberazione. Ringraziamento che è per me fonte particolare di emozione e di gioia per l’amicizia profonda che mi lega al suo fondatore. Carissimi, penso che in questa occasione il Signore non poteva farci dono di una parola più adeguata per una profonda comprensione del vostro carisma. Esso infatti si qualifica come presenza dentro alla vita umana di un avvenimento: l’avvenimento di un incontro con Cristo, che afferma e realizza la persona umana secondo tutte le sue capacità, contro tutti i poteri che hanno cercato di diminuirne la misura. Siete luce, siete sale perché testimoniate che questo avvenimento è accaduto, accade, e quindi è possibile. Siate fedeli al dono che vi è stato fatto, dentro alla Chiesa umilmente sempre stupiti della bellezza della Sposa di Cristo.
Alessandro Maggiolini, Vescovo di Como
Credo che la Chiesa da voi aspetti soprattutto due cose. La prima è che abbiate a richiamare il fatto che il cristianesimo non è semplicemente una dottrina, non è semplicemente una morale, ma coincide con il Signore Gesù, Verbo Incarnato morto e risorto,
(…) questo vuol dire che non si dà nulla al di fuori del Signore Gesù, cioè dovessimo togliere, scardinare Cristo dal piano di salvezza, non tornerebbero nemmeno le tabelline, non tornerebbe nemmeno la tavola pitagorica, in fondo non ci sarebbe nulla; questo vuol dire che non c’è lembo di bellezza che non sia in Cristo. La seconda cosa: vi chiedo di ricordare alla Chiesa di oggi che questo deve diventare concretezza nella vita di ciascuno, nella famiglia, nella comunità,
(…) la Chiesa è spazio in cui il Signore Gesù vibra, pulsa, è centro di attrazione, è centro di irradiazione. Qualche volta lo dico, e mi perdonate se torno sui concetti: se uno è innamorato o se uno ha il mal di denti non riesce a occultarlo, in fondo lo si vede. Ecco, quando dovessimo parlare di Cristo alla lontana e non dovessimo renderlo visibile attraverso dei volti umani, attraverso dei gesti umani, faremmo del vaniloquio religioso e ancor più del vaniloquio missionario, terribile. Guardate che ormai vi si osserva come il domani della Chiesa, anche nelle diocesi in cui inizialmente avete incontrato delle difficoltà.
Antonio María Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid
Il ventennale del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione è una data nella quale il Signore ci invita a rendere grazie per questo avvenimento, che ha significato per la Fraternità la sua entrata visibile e universale nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. La Chiesa visibile in tutto il mondo ha accolto e posto in evidenza il valore ecclesiale della Fraternità di Cl attraverso il gesto di Giovanni Paolo II. È la garanzia che vivete nella Chiesa.
(…) Nulla vi è di più cattolico di quanti si dispongono a vivere il cammino della propria vita come cammino verso la santità. Appartenere alla Chiesa significa (…) essere la luce, essere il sale della terra. Ciò non accade in virtù di alcun potere, di alcuna sapienza di uomini, di alcuna forza che nasca dall’uomo che si crede capace di dominare il mondo e se stesso, e a volte perfino tentato di impadronirsi di Dio o di fabbricarlo, modellarlo, ridurlo a una propria idea o esperienza; mentre è nella Chiesa che riceve il Verbo fatto carne, lo annuncia con tremore – come fa Paolo – e con la forza dello Spirito Santo, con la Grazia, i doni e i carismi dello Spirito Santo, il cui fine ultimo è l’annuncio della sapienza di Dio.
(…) Avete compiuto il cammino della vostra vita cristiana attraverso la Fraternità di Comunione e Liberazione perché siete consapevoli che in questo modo vivete la vostra vocazione di membri e figli della Chiesa, o per usare un termine di san Paolo, di membra del Corpo di Cristo; perché siete consapevoli che il Signore vi chiede che lo facciate in questo modo, affinché nelle vostre vite, attraverso le vostre vite, si manifesti la luce, la Chiesa sia vista come una città sopra il monte, le buone opere brillino fra gli uomini e nella società, la più vicina e la più lontana.
Ancora, siete consapevoli che in questo modo voi siete fedeli alla Grazia e al dono dello Spirito Santo, ciascuno personalmente e insieme nella vostra comunione, secondo la forma e la modalità con cui la Chiesa vi ha riconosciuto e con la quale, seguendo la traccia del fondatore e iniziatore di Cl, monsignor Luigi Giussani, lo avete imitato. E non per un caso, ma perché la storia, le circostanze della storia del mondo e della Chiesa lo chiedevano.
Javier Martínez Fernández , Vescovo di Córdoba
L’aspetto forse più illuminante per me dell’incontro con Comunione e Liberazione è stato il comprendere, attraverso quanti erano stati educati da monsignor Giussani, che il disegno di Dio coincide con la pienezza della vita umana; che quello che Dio desidera per gli uomini non è qualcosa di “accanto” alla vita: Dio desidera che l’uomo sia pienamente se stesso, che raggiunga la pienezza per la quale è stato creato. Il disegno di Dio, e così la Sua opera, e l’opera della Chiesa, è che gli uomini vivano. La gloria di Dio è la felicità dell’uomo. Crescere in questa certezza mi ha molto aiutato a comprendere meglio la vita e la morale cristiana, e la missione della Chiesa. Sì, la vita cristiana coincide con la vita umana nella sua verità.
(…) Il fatto è che non possiamo realizzare questo da noi stessi. Solo quando l’uomo si incontra con l’amore infinito di Dio, rivelato in Cristo e reso per noi tangibile nella comunione della Chiesa, scopre che quello è ciò che ha desiderato tutta la vita, che quello è ciò che fa sì che la vita abbia un senso. Cristo non è venuto perché noi compiamo determinati gesti di culto, o per imporre determinate regole alla nostra vita; Cristo è venuto perché (…) ciascuno possa riconoscere che la vita ha un significato positivo. Questo è forse l’aspetto più decisivo che ho compreso e vissuto nel condividere questa esperienza ecclesiale. Se Cristo è venuto “perché l’uomo viva”, il centro della Chiesa, che prosegue nella storia l’incarnazione di Cristo, sta al suo confine, là dove essa si incontra con il mondo.
(…) Perché lì sta accadendo la redenzione; Cristo è venuto perché questo accada, e la Chiesa, la Scrittura, i Sacramenti, esistono solo perché questo accada.
(…) Quindi la missione della Chiesa avviene nei luoghi di lavoro, nelle singole abitazioni, con i vicini, in negozio, al bar, o a una festa di compleanno. Lì è dove il cristiano può far vedere Cristo, e il suo significato per la vita, nell’unico modo in cui Cristo può essere mostrato, attraverso la testimonianza di uomini e donne che, vivendo gli stessi problemi e le stesse fragilità di tutti gli altri uomini, vivono la vita con gratitudine e speranza.
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