SAN JOSEMARIA ESCRIVA’ – Govanni Paolo II
LITTERAE DECRETALES
Beato Iosephmariae Escrivá Sanctorum honores decernunturIOANNES PAULUS PP II
Servus Servorum Dei
ad perpetuam rei memoriam
Domine, ut videam! (cf Lc 18, 41), Domina, ut sit!, Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam!, Regnare Christum volumus! (cf 1 Cor 15, 25), Deo omnis gloria! (cf Canone Romano, dossologia).
In queste giaculatorie si potrebbe racchiudere l’itinerario biografico del Beato Josemaría Escrivá. Le prime due prese a recitarle appena sedicenne, quando cominciò a sperimentare i presagi della chiamata del Signore. Esse esprimevano il desiderio più profondo del suo cuore: vedere quello che Dio gli chiedeva, per cercare di vivere sempre in amoroso compimento della Sua volontà. La terza compare con frequenza negli scritti di quando era ancora agli esordi del sacerdozio e mostra come l’ardente zelo per le anime confluisse in lui con una ferma volontà di fedeltà alla Chiesa ed una profonda devozione alla Madonna. Regnare Christum volumus!: queste parole riassumono il suo costante anelito di pastore: diffondere fra tutti gli uomini e le donne la chiamata a partecipare, in Cristo, alla dignità dei figli di Dio. Figli, che vivono solo per servirLo: Deo omnis gloria!.
E tutto questo, nel contesto delle normali occupazioni della giornata. Egli potrebbe a ragione essere definito come “il santo della vita ordinaria”. Infatti, la sua vita e il suo messaggio hanno insegnato a una inmensa moltitudine di fedeli — soprattutto laici immersi nelle più svariate professioni — a trasformare in preghiera, in servizio al prossimo, in via di santità, le attività più comuni.
Il Beato Josemaría Escrivá de Balaguer nacque a Barbastro (Spagna) il 9 gennaio 1902. Divenne sacerdote il 28 marzo 1925. Il 2 ottobre 1928 il Signore gli fece vedere la missione alla quale lo aveva destinato e, quel giorno, egli fondò l’Opus Dei. Si apriva così nella Chiesa un nuovo cammino mirante a diffondere fra gli uomini e le donne — senza distinzione di razza, di ceto o di cultura — la consapevolezza della vocazione universale alla pienezza della carità e all’apostolato, ciascuno nel posto che occupa nel mondo. Nelle circostanze della vita ordinaria, infatti, si trova il luogo nel quale il Signore ci chiama e la materia in cui si articola la nostra risposta d’amore. Nel messaggio di Josemaría Escrivá, dunque, il lavoro, compiuto con il sostegno vivificante della grazia, rivela una fecondità inedita: esso diventa strumento per innalzare la Croce al vertice di tutte le attività umane, mezzo per trasformare il mondo dal di dentro secondo lo Spirito di Cristo e riconciliarlo con Dio.
L’opera svolta da Josemaría Escrivá in favore dei sacerdoti, tanto personalmente come attraverso la Società Sacerdotale della Santa Croce, cui dette vita il 14 febbraio 1943, fa di lui un fulgido esempio di zelo per la santità e la fraternità del clero.
Nel 1946 si trasferì a Roma. Qui, sospinto da un infaticabile anelito apostolico, si adoperò per estendere il messaggio cristiano nei cinque continenti, sempre in piena adesione al Romano Pontefice ed al servizio delle Chiese locali. A lui si deve la nascita di una vasta gamma di iniziative di promozione umana, dotate di ampia proiezione sociale e di forte impronta evangelizzatrice.
Da Roma il Beato Josemaría intraprese numerosi viaggi, che lo portarono a percorrere l’Europa e l’America in un’instancabile catechesi. La sua fama di santità attirava ovunque moltitudini di anime ad ascoltarlo.
Il 26 giugno 1975, a mezzogiorno, a Roma, un attacco cardiaco troncò la sua esistenza terrena. Il suo corpo è custodito nella chiesa prelatizia dell’Opus Dei, intitolata a Santa Maria della Pace, ed è meta di raccoglimento e di preghiera per fedeli provenienti da tutto il mondo.
Dopo la morte, la sua fama di santità non ha fatto che incrementarsi. All’intercessione del Beato Josemaría vengono attribuite molte guarigioni scientificamente inspiegabili e centinaia di migliaia di altri favori spirituali e materiali.
Il 17 maggio 1992 Noi stessi celebrammo la solenne beatificazione del Fondatore dell’Opus Dei in Piazza San Pietro.
Da allora si è progressivamente esteso il numero dei favori attribuito dai fedeli all’intercessione del Beato Josemaría Escrivá; fra queste grazie, gli Attori della Causa hanno scelto una sanazione asserita miracolosa e l’hanno presentata allo studio della Sede Apostolica allo scopo di consentire così che il Beato venisse annoverato nel numero dei Santi.
Nel 1994 su detta sanazione fu istruito un processo presso la Curia Arcivescovile di Badajoz; in seguito vennero espletate con esito positivo le rituali procedure presso la Congregazione delle Cause dei Santi ed il 20 dicembre 2001 fu promulgato alla Nostra presenza il relativo decreto super miro. Quindi, ricevuti i pareri favorevoli dei Padri Cardinali e Vescovi da Noi convocati in Concistoro il 26 febbraio 2002, stabilimmo che il rito della Canonizzazione avesse luogo il 6 ottobre successivo.
Pertanto, oggi, in Piazza San Pietro, nel corso della Santa Messa, di fronte ad un’immensa folla di fedeli, abbiamo pronunciato la seguente formula: In onore della Santissima Trinità, per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento della vita cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto, invocato più volte l’aiuto divino e ascoltato il parere di molti Nostri Fratelli nell’Episcopato, dichiariamo e definiamo Santo il Beato Josemaría Escrivá de Balaguer e lo iscriviamo nell’Albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa egli sia devotamente onorato tra i Santi. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. E ciò che abbiamo dichiarato vogliamo che abbia validità ora ed in futuro, senza alcuna deroga o eccezione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 6 ottobre 2002, ventiquattresimo anno del Nostro Pontificato.
Giovanni Paolo
Omelia del Papa Giovanni Paolo II
nel giorno della beatificazione, 17 maggio 1992
Vídeo “I giorni della Beatificazione”
1. “È necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio” (At 14, 22).
Ai due discepoli, lungo la strada per Emmaus, Gesù disse: “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24, 26).
La prima lettura, inoltre, ci ha fatto ascoltare gli Apostoli – Paolo e Barnaba – che “rianimano ed esortano i discepoli a restare saldi nella fede” (cfr At 14,22). Essi annunziano la stessa verità di cui aveva parlato Cristo sulla strada verso Emmaus; una verità confermata dalla sua vita e dalla sua morte: “È necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio”.
I discepoli di Cristo crocefisso e risorto – attraverso il succedersi delle generazioni nel corso dei secoli sceglie la stessa via che Egli aveva loro indicato. “Vi ho dato infatti l’esempio” (Gv 13, 15).
2. Oggi ci è offerta l’occasione di fissare ancora una volta il nostro sguardo su questa via salvifica – la via verso la santità – soffermandoci sulle figure di due persone, che d’ora in poi chiameremo “beate”: Josemaría Escrivá de Balaguer, sacerdote, fondatore dell’Opus Dei, e Giuseppina Bakhita, Figlia della Carità, canossiana.
La Chiesa desidera servire e professare tutta la verità su Cristo, desidera essere dispensatrice di tutto il mistero del suo Redentore. Se la via verso il Regno di Dio passa attraverso molte tribolazioni, allora alla sua fine si trova anche la partecipazione alla gloria – quella gloria che Cristo ci ha rivelato nella sua Risurrezione.
La misura di tale gloria è data dalla Nuova Gerusalemme, annunziata dalle parole ispirate dell’Apocalisse di Giovanni: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il Dio-con-loro” (Ap 21,3).
“Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5) – dice il Signore glorioso. La strada verso quella definitiva “novità” di ogni cosa passa, qui sulla terra, attraverso il “comandamento nuovo”: “che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato” (Gv 13,34).
Tale comandamento fu al centro della vita di due esemplari figli della Chiesa che oggi, nella letizia pasquale, sono proclamati beati.
3. Josemaría Escrivá de Balaguer, nato in seno a una famiglia profondamente cristiana, già nell’adolescenza percepì la chiamata di Dio a una vita di maggior donazione. Pochi anni dopo essere stato ordinato sacerdote diede inizio alla missione fondazionale alla quale avrebbe dedicato 47 anni di amorosa e infaticabile sollecitudine in favore dei sacerdoti e dei laici di quella che oggi è la Prelatura dell’Opus Dei.
La vita spirituale e apostolica del nuovo beato si fondava sul sapersi, tramite la fede, figlio Dio in Cristo. Di questa fede si alimentavano il suo amore per il Signore, il suo zelo evangelizzatore, la sua allegria costante, anche nelle grandi prove e difficoltà che dovette superare. “Avere la croce è trovare la felicità, la gioia”, ci dice in una delle sue Meditazioni; “avere la Croce è identificarsi con Cristo, è essere Cristo e, per questo, essere figlio di Dio”.
Con soprannaturale intuizione, il beato Josemaría predicò instancabilmente la chiamata universale alla santità e all’apostolato. Cristo convoca tutti a santificarsi nella realtà della vita quotidiana; pertanto, il lavoro è anche mezzo di santificazione personale e di apostolato quando è vissuto in unione con Cristo, perché il Figlio di Dio, incarnandosi, in certo modo si e unito a tutta la realtà dell’uomo e a tutta la creazione (cfr Dominum et vivificantem, n. 50). In una società nella quale la brama sfrenata del possesso di cose materiali le trasforma in idoli e in motivi di allontanamento da Dio, il nuovo beato ci ricorda che queste stesse realtà, creature di Dio e dell’ingegno umano, se si usano rettamente per la gloria del Creatore e per il servizio dei fratelli, possono essere via per l’incontro degli uomini con Cristo. “Tutte le cose della terra”, insegnava, “anche le attività terrene e temporali degli uomini, devono essere portate a Dio” (Lettera, 19.III. 1954).
“Benedirò il tuo nome per sempre, Dio mio, mio Re”. Questa acclamazione che abbiamo ripetuto nel Salmo responsoriale è come il compendio della vita spirituale del beato Josemaría. Il suo grande amore per Cristo, dal quale si sente affascinato, lo porta a consacrarsi per sempre a Lui e a partecipare al mistero della sua passione e risurrezione. Al tempo stesso, il suo amore filiale per la Vergine Maria lo spinge a imitarne le virtù. “Benedirò il tuo nome per sempre”: ecco l’inno che spontaneamente si sprigionava dalla sua anima, e che lo spingeva a offrire a Dio tutto ciò che era suo e tutto ciò che lo circondava. Ed effettivamente la sua vita si riveste di umanesimo cristiano col sigillo inconfondibile della bontà, la mansuetudine del cuore, la sofferenza nascosta con cui Dio purifica e santifica i suoi eletti.
4. L’attualità e l’importanza di questo messaggio spirituale, profondamente radicato nel Vangelo, sono evidenti, come mostra pure la fecondità con cui Dio ha benedetto la vita e l’opera di Josemaría Escrivá. La sua terra natale, la Spagna, si onora di questo suo figlio, sacerdote esemplare, che seppe aprire nuovi orizzonti apostolici all’azione missionaria ed evangelizzatrice. Che questa gioiosa celebrazione sia occasione propizia per animare tutti i membri della Prelatura dell’Opus Dei a una maggiore donazione nella risposta alla chiamata alla santificazione e a una più generosa partecipazione nella vita ecclesiale, essendo sempre testimoni di genuini valori evangelici; e che ciò si traduca in un ardente dinamismo apostolico, particolarmente attento ai più poveri e bisognosi.
5. Anche nella Beata Giuseppina Bakhita troviamo una testimone eminente dell’amore paterno di Dio ed un segno luminoso della perenne attualità delle Beatitudini. Nata in Sudan, nel 1869, rapita da negrieri quando era ancora bambina, e venduta più volte sui mercati africani, conobbe le atrocità di una schiavitù che lasciò nel suo corpo i segni profondi della crudeltà umana. Nonostante queste esperienze di dolore, la sua innocenza rimase integra, ricca di speranza. “Da schiava non mi sono mai disperata”, diceva, “perché sentivo dentro di me una forza misteriosa che mi sosteneva”. Il nome di Bakhita – come l’avevano chiamata i suoi rapitori – significa Fortunata e tale infatti diventò, grazie al Dio di ogni consolazione, che sempre la teneva per mano e le camminava accanto.
Giunta a Venezia, per le vie misteriose della Divina Provvidenza, Bakhita ben presto si apriva alla grazia. Il battesimo e, dopo alcuni anni, la professione religiosa tra le Suore Canossiane, che l’avevano accolta ed istruita, furono le conseguenze logiche della scoperta del tesoro evangelico, per il quale sacrificò tutto, anche il suo ritorno, da libera, nella terra natale. Come Maddalena di Canossa, anch’ella voleva vivere per Dio solo, e con eroica costanza si avviò umile e fiduciosa per la strada della fedeltà all’amore più grande. La sua fede era salda, limpida, ardente. “Sapeste che grande gioia è conoscere Dio”, soleva ripetere.
6. La nuova Beata trascorse 51 anni di vita religiosa canossiana, lasciandosi guidare dall’obbedienza in un impegno quotidiano, umile e nascosto, ma ricco di genuina carità e di preghiera. Gli abitanti di Schio, ove risedette per quasi tutto il tempo, ben presto scoprirono nella loro “Madre Moretta” – così la chiamavano – un’umanità ricca nel dono, una forza interiore non comune che trascinava. La sua vita si consumò in una incessante preghiera dal respiro missionario, in una fedeltà umile ed eroica alla carità, che le consentì di vivere la libertà dei figli di Dio e di promuoverla attorno a sé.
Nel nostro tempo, in cui la corsa sfrenata al potere, al denaro, al godimento causa tanta sfiducia, violenza e solitudine, Suor Bakhita ci viene ridonata dal Signore come sorella universale, perché ci riveli il segreto della felicità più vera: le Beatitudini.
Il suo è un messaggio di bontà eroica a immagine della bontà del Padre celeste. Ella ci ha lasciato una testimonianza di riconciliazione e di perdono evangelici, che recherà sicuramente conforto ai cristiani della sua patria, il Sudan, cosi duramente provati da un conflitto che dura da molti anni e che ha provocato tante vittime. La loro fedeltà e la loro speranza sono motivo di fierezza e di azione di grazie per tutta la Chiesa. In questo momento di grandi tribolazioni, Suor Bakhita li precede sulla via dell’imitazione di Cristo, dell’approfondimento della vita cristiana e dell’incrollabile attaccamento alla Chiesa. Nello stesso tempo desidero, ancora una volta rivolgere un accorato appello ai responsabili delle sorti del Sudan, affinché diano realizzazione agli asseriti ideali di pace e di concordia; affinché il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo – e in primo luogo del diritto alla libertà religiosa – sia a tutti garantito, senza discriminazioni etniche o religiose.
Preoccupa grandemente la situazione delle centinaia di migliaia di profughi dalle regioni meridionali, che la guerra ha costretto ad abbandonare casa e lavoro; recentemente sono stati obbligati a lasciare anche i campi dove avevano trovato una qualche forma di assistenza e sono stati trasportati in luoghi desertici ed è stato perfino impedito il libero passaggio ai convogli di soccorsi delle agenzie internazionali. La loro situazione è tragica e non può lasciarci insensibili.
Raccomando vivamente agli Enti internazionali di assistenza di volere continuare ad inviare il loro provvido, necessario e urgente aiuto.
Mentre saluto la delegazione della Chiesa del Sudan, presente a questa celebrazione, rivolgo un affettuoso pensiero, accompagnato dalla preghiera, a tutta la Chiesa in quel Paese: ai Vescovi, al Clero diocesano e Missionario, ai laici impegnati nella pastorale, ed anche ai catechisti, collaboratori generosi e necessari per la propagazione della Verità, della Parola e dell’Amore di Dio. Le popolazioni del Sudan sono sempre presenti nel mio cuore e nelle mie preghiere: le affido all’intercessione della nuova Beata Giuseppina Bakhita.
7. “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 34-35). Con queste parole di Gesù si conclude il vangelo della Messa di oggi. In questa frase evangelica troviamo la sintesi di ogni santità; della santità che ha raggiunto, per strade diverse ma convergenti nella stessa ed unica mèta, Josemaría Escrivá de Balaguer e Giuseppina Bakhita. Essi hanno amato Dio con tutta la forza del loro cuore ed hanno dato prova di una carità spinta fino all’eroismo mediante le opere di servizio agli uomini, loro fratelli. Perciò la Chiesa li eleva oggi agli onori degli altari e li presenta come esempi nell’imitazione di Cristo, che ci ha amato e ha donato sé stesso per ognuno di noi (cfr Gal 2, 20).
8. “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui” (Gv 13,31): il mistero pasquale della gloria. Attraverso il Figlio dell’uomo questa gloria si estende a tutto il visibile e l’invisibile:”Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno” (Sal 145/144, 10-11). Ecco il Figlio dell’uomo: “Non bisognava che… sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. Ecco coloro che di generazione in generazione hanno seguito Cristo: “Attraverso molte tribolazioni, essi sono entrati nel regno di Dio”.
“Il tuo regno è regno di tutti i secoli” (Sal 145/144, 13).
Amen.
Preghiera
San Josemaría Escrivá
Fondatore dell’Opus Dei
PREGHIERA
O Dio, che per mediazione di Maria Santissima concedesti a San Josemaría, sacerdote, innumerevoli grazie, scegliendolo come strumento fedelissimo per fondare l’Opus Dei, cammino di santificazione nel lavoro professionale e nell’adempimento dei doveri ordinari del cristiano, fa’ che anch’io sappia trasformare tutti i momenti e le circostanze della mia vita in occasioni per amarti e per servire con gioia e semplicità la Chiesa, il Romano Pontefice e tutte le anime, illuminando i cammini della terra con la fiamma della fede e dell’amore. Concedimi, per intercessione di San Josemaría, la grazia che ti chiedo:… (si chieda). Amen.
Padre nostro, Ave Maria, Gloria.
San Josemaría è il mio intercessore preferito
Pierluigi Bartolomei è soprannumerario e ha cinque figli. Racconta come ha conosciuto l’Opera e descrive il suo lavoro all’Elis come Preside della Scuola Professionale, a contatto con ragazzi spesso con situazioni difficili. Pierluigi ha raccolto le loro storie in un libro “I ragazzi di Via Sandri” edito nei mesi scorsi dall’editrice Ares.
Discorso rivolto da Giovanni Paolo II
ai partecipanti alla canonizzazione di
Josemaría Escrivá
PIAZZA SAN PIETRO, LUNEDì 7 OTTOBRE 2002
Al termine della messa di ringraziamento per la canonizzazione del fondatore dell’Opus Dei, il Papa Giovanni Paolo II concesse un’udienza agli intervenuti. Pubblichiamo di seguito il testo del discorso del Romano Pontefice.
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. Con gioia vi rivolgo il mio cordiale saluto, all’indomani della canonizzazione del beato Josemaría Escrivá de Balaguer. Ringrazio S.E. Mons. Javier Echevarría, Prelato dell’Opus Dei, per le parole con cui si è fatto interprete di tutti i presenti. Saluto con affetto i numerosi Cardinali, Vescovi e sacerdoti che hanno voluto prendere parte a questa celebrazione.
Questo festoso incontro unisce una grande varietà di fedeli, provenienti da tanti Paesi e appartenenti ai più diversi ambiti sociali e culturali: sacerdoti e laici, uomini e donne, giovani e anziani, intellettuali e lavoratori manuali. E’ questo un segno dello zelo apostolico che ardeva nell’anima di San Josemaría.
2. Nel Fondatore dell’Opus Dei spicca l’amore per la volontà di Dio. Esiste un criterio sicuro di santità: la fedeltà nel compiere la volontà divina fino alle ultime conseguenze. Su ciascuno di noi il Signore ha un progetto, ad ognuno affida una missione sulla terra. Il santo non riesce neppure a concepire se stesso al di fuori del disegno di Dio: vive soltanto per realizzarlo.
San Josemaría fu scelto dal Signore per annunciare la chiamata universale alla santità e per indicare che la vita di tutti i giorni, le attività comuni, sono cammino di santificazione. Si potrebbe dire che egli fu il santo dell’ordinario. Era infatti convinto che, per chi vive in un’ottica di fede, tutto offre occasione di un incontro con Dio, tutto diviene stimolo alla preghiera. Vista così, la vita quotidiana rivela una grandezza insospettata. La santità si pone davvero alla portata di tutti.
3. Escrivá de Balaguer fu un santo di grande umanità. Tutti coloro che lo frequentarono, di qualsiasi cultura o condizione sociale, lo sentirono come un padre, completamente dedito al servizio degli altri, poiché era convinto che ogni anima è un tesoro meraviglioso; in effetti, ogni uomo vale tutto il Sangue di Cristo. Questo atteggiamento di servizio è evidente nella sua dedizione al ministero sacerdotale e nella magnanimità con cui diede impulso a tante opere di evangelizzazione e di promozione umana a favore dei più poveri.
Il Signore gli fece comprendere profondamente il dono della nostra filiazione divina. Egli insegnò a contemplare il volto tenero di un Padre nel Dio che ci parla attraverso le più diverse vicissitudini della vita. Un Padre che ci ama, che ci segue passo a passo e ci protegge, ci comprende e attende da ognuno di noi la risposta dell’amore. La considerazione di questa presenza paterna, che lo accompagna ovunque, dà al cristiano una fiducia incrollabile; in ogni momento deve confidare nel Padre celeste. Non si sente mai solo e non ha paura. Nella Croce – quando si presenta – non vede un castigo, bensì una missione affidata dal Signore stesso. Il cristiano è necessariamente ottimista, poiché sa che è figlio di Dio in Cristo.
4. San Josemaría era profondamente convinto che la vita cristiana richieda una missione e un apostolato: siamo nel mondo per salvarlo con Cristo. Amò il mondo appassionatamente, con “amore redentore” (cfr Catechismo della Chiesa cattolica, n. 604). Proprio per questo motivo i suoi insegnamenti hanno aiutato così tanti fedeli a scoprire la forza redentrice della fede, la sua capacità di trasformare la terra. Questo messaggio ha implicazioni numerose e feconde per la missione evangelizzatrice della Chiesa. Promuove la cristianizzazione del mondo “dall’interno”, mostrando che può non esserci contrasto fra la legge divina e le esigenze di un autentico progresso umano. Questo sacerdote santo pensava che Cristo dovesse essere l’apice di tutta l’attività umana (cfr Gv 12, 32).
Il suo messaggio esorta i cristiani ad agire nei luoghi in cui si plasma il futuro della società. Dalla presenza attiva del laicato in tutte le professioni e presso le frontiere più avanzate dello sviluppo può derivare soltanto un contributo positivo al rafforzamento di quell’armonia fra fede e cultura che è una delle necessità più importanti del nostro tempo.
5. San Josemaría Escrivá ha speso la sua vita al servizio della Chiesa. Nei suoi scritti, i sacerdoti, i laici che seguono le vie più diverse, i religiosi e le religiose trovano una fonte stimolante d’ispirazione. Cari Fratelli e Sorelle, imitandolo con apertura di mente e di cuore, nella disponibilità a servire le Chiese locali, voi contribuite a dare forza alla “spiritualità di comunione” che la Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte indica come uno degli obiettivi più importanti per il nostro tempo (cfr nn. 42-45).
Sono lieto di concludere con un appello alla festa liturgica odierna della Beata Vergine Maria del Rosario. San Josemaría scrisse un bell’opuscolo intitolato Il Santo Rosario, che s’ispira all’infanzia spirituale, disposizione d’animo propria di coloro che vogliono giungere a un totale abbandono alla volontà divina. Di tutto cuore, affido alla protezione materna di Maria tutti voi, come pure le vostre famiglie, il vostro apostolato, ringraziandovi per la vostra presenza e benedicendovi con affetto.
6. Ringrazio ancora una volta tutti i presenti, specialmente quelli venuti da lontano. Vi invito, carissimi Fratelli e Sorelle, a recare dappertutto una chiara testimonianza di fede, secondo l’esempio e l’insegnamento del vostro santo Fondatore. Vi accompagno con la mia preghiera e di cuore benedico voi, le vostre famiglie e le vostre attività.
Vídeo “I giorni della Beatificazione”
Ai due discepoli, lungo la strada per Emmaus, Gesù disse: “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24, 26).
La prima lettura, inoltre, ci ha fatto ascoltare gli Apostoli – Paolo e Barnaba – che “rianimano ed esortano i discepoli a restare saldi nella fede” (cfr At 14,22). Essi annunziano la stessa verità di cui aveva parlato Cristo sulla strada verso Emmaus; una verità confermata dalla sua vita e dalla sua morte: “È necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio”.
I discepoli di Cristo crocefisso e risorto – attraverso il succedersi delle generazioni nel corso dei secoli sceglie la stessa via che Egli aveva loro indicato. “Vi ho dato infatti l’esempio” (Gv 13, 15).
2. Oggi ci è offerta l’occasione di fissare ancora una volta il nostro sguardo su questa via salvifica – la via verso la santità – soffermandoci sulle figure di due persone, che d’ora in poi chiameremo “beate”: Josemaría Escrivá de Balaguer, sacerdote, fondatore dell’Opus Dei, e Giuseppina Bakhita, Figlia della Carità, canossiana.
La Chiesa desidera servire e professare tutta la verità su Cristo, desidera essere dispensatrice di tutto il mistero del suo Redentore. Se la via verso il Regno di Dio passa attraverso molte tribolazioni, allora alla sua fine si trova anche la partecipazione alla gloria – quella gloria che Cristo ci ha rivelato nella sua Risurrezione.
La misura di tale gloria è data dalla Nuova Gerusalemme, annunziata dalle parole ispirate dell’Apocalisse di Giovanni: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il Dio-con-loro” (Ap 21,3).
“Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5) – dice il Signore glorioso. La strada verso quella definitiva “novità” di ogni cosa passa, qui sulla terra, attraverso il “comandamento nuovo”: “che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato” (Gv 13,34).
Tale comandamento fu al centro della vita di due esemplari figli della Chiesa che oggi, nella letizia pasquale, sono proclamati beati.
3. Josemaría Escrivá de Balaguer, nato in seno a una famiglia profondamente cristiana, già nell’adolescenza percepì la chiamata di Dio a una vita di maggior donazione. Pochi anni dopo essere stato ordinato sacerdote diede inizio alla missione fondazionale alla quale avrebbe dedicato 47 anni di amorosa e infaticabile sollecitudine in favore dei sacerdoti e dei laici di quella che oggi è la Prelatura dell’Opus Dei.
La vita spirituale e apostolica del nuovo beato si fondava sul sapersi, tramite la fede, figlio Dio in Cristo. Di questa fede si alimentavano il suo amore per il Signore, il suo zelo evangelizzatore, la sua allegria costante, anche nelle grandi prove e difficoltà che dovette superare. “Avere la croce è trovare la felicità, la gioia”, ci dice in una delle sue Meditazioni; “avere la Croce è identificarsi con Cristo, è essere Cristo e, per questo, essere figlio di Dio”.
Con soprannaturale intuizione, il beato Josemaría predicò instancabilmente la chiamata universale alla santità e all’apostolato. Cristo convoca tutti a santificarsi nella realtà della vita quotidiana; pertanto, il lavoro è anche mezzo di santificazione personale e di apostolato quando è vissuto in unione con Cristo, perché il Figlio di Dio, incarnandosi, in certo modo si e unito a tutta la realtà dell’uomo e a tutta la creazione (cfr Dominum et vivificantem, n. 50). In una società nella quale la brama sfrenata del possesso di cose materiali le trasforma in idoli e in motivi di allontanamento da Dio, il nuovo beato ci ricorda che queste stesse realtà, creature di Dio e dell’ingegno umano, se si usano rettamente per la gloria del Creatore e per il servizio dei fratelli, possono essere via per l’incontro degli uomini con Cristo. “Tutte le cose della terra”, insegnava, “anche le attività terrene e temporali degli uomini, devono essere portate a Dio” (Lettera, 19.III. 1954).
“Benedirò il tuo nome per sempre, Dio mio, mio Re”. Questa acclamazione che abbiamo ripetuto nel Salmo responsoriale è come il compendio della vita spirituale del beato Josemaría. Il suo grande amore per Cristo, dal quale si sente affascinato, lo porta a consacrarsi per sempre a Lui e a partecipare al mistero della sua passione e risurrezione. Al tempo stesso, il suo amore filiale per la Vergine Maria lo spinge a imitarne le virtù. “Benedirò il tuo nome per sempre”: ecco l’inno che spontaneamente si sprigionava dalla sua anima, e che lo spingeva a offrire a Dio tutto ciò che era suo e tutto ciò che lo circondava. Ed effettivamente la sua vita si riveste di umanesimo cristiano col sigillo inconfondibile della bontà, la mansuetudine del cuore, la sofferenza nascosta con cui Dio purifica e santifica i suoi eletti.
4. L’attualità e l’importanza di questo messaggio spirituale, profondamente radicato nel Vangelo, sono evidenti, come mostra pure la fecondità con cui Dio ha benedetto la vita e l’opera di Josemaría Escrivá. La sua terra natale, la Spagna, si onora di questo suo figlio, sacerdote esemplare, che seppe aprire nuovi orizzonti apostolici all’azione missionaria ed evangelizzatrice. Che questa gioiosa celebrazione sia occasione propizia per animare tutti i membri della Prelatura dell’Opus Dei a una maggiore donazione nella risposta alla chiamata alla santificazione e a una più generosa partecipazione nella vita ecclesiale, essendo sempre testimoni di genuini valori evangelici; e che ciò si traduca in un ardente dinamismo apostolico, particolarmente attento ai più poveri e bisognosi.
5. Anche nella Beata Giuseppina Bakhita troviamo una testimone eminente dell’amore paterno di Dio ed un segno luminoso della perenne attualità delle Beatitudini. Nata in Sudan, nel 1869, rapita da negrieri quando era ancora bambina, e venduta più volte sui mercati africani, conobbe le atrocità di una schiavitù che lasciò nel suo corpo i segni profondi della crudeltà umana. Nonostante queste esperienze di dolore, la sua innocenza rimase integra, ricca di speranza. “Da schiava non mi sono mai disperata”, diceva, “perché sentivo dentro di me una forza misteriosa che mi sosteneva”. Il nome di Bakhita – come l’avevano chiamata i suoi rapitori – significa Fortunata e tale infatti diventò, grazie al Dio di ogni consolazione, che sempre la teneva per mano e le camminava accanto.
Giunta a Venezia, per le vie misteriose della Divina Provvidenza, Bakhita ben presto si apriva alla grazia. Il battesimo e, dopo alcuni anni, la professione religiosa tra le Suore Canossiane, che l’avevano accolta ed istruita, furono le conseguenze logiche della scoperta del tesoro evangelico, per il quale sacrificò tutto, anche il suo ritorno, da libera, nella terra natale. Come Maddalena di Canossa, anch’ella voleva vivere per Dio solo, e con eroica costanza si avviò umile e fiduciosa per la strada della fedeltà all’amore più grande. La sua fede era salda, limpida, ardente. “Sapeste che grande gioia è conoscere Dio”, soleva ripetere.
6. La nuova Beata trascorse 51 anni di vita religiosa canossiana, lasciandosi guidare dall’obbedienza in un impegno quotidiano, umile e nascosto, ma ricco di genuina carità e di preghiera. Gli abitanti di Schio, ove risedette per quasi tutto il tempo, ben presto scoprirono nella loro “Madre Moretta” – così la chiamavano – un’umanità ricca nel dono, una forza interiore non comune che trascinava. La sua vita si consumò in una incessante preghiera dal respiro missionario, in una fedeltà umile ed eroica alla carità, che le consentì di vivere la libertà dei figli di Dio e di promuoverla attorno a sé.
Nel nostro tempo, in cui la corsa sfrenata al potere, al denaro, al godimento causa tanta sfiducia, violenza e solitudine, Suor Bakhita ci viene ridonata dal Signore come sorella universale, perché ci riveli il segreto della felicità più vera: le Beatitudini.
Il suo è un messaggio di bontà eroica a immagine della bontà del Padre celeste. Ella ci ha lasciato una testimonianza di riconciliazione e di perdono evangelici, che recherà sicuramente conforto ai cristiani della sua patria, il Sudan, cosi duramente provati da un conflitto che dura da molti anni e che ha provocato tante vittime. La loro fedeltà e la loro speranza sono motivo di fierezza e di azione di grazie per tutta la Chiesa. In questo momento di grandi tribolazioni, Suor Bakhita li precede sulla via dell’imitazione di Cristo, dell’approfondimento della vita cristiana e dell’incrollabile attaccamento alla Chiesa. Nello stesso tempo desidero, ancora una volta rivolgere un accorato appello ai responsabili delle sorti del Sudan, affinché diano realizzazione agli asseriti ideali di pace e di concordia; affinché il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo – e in primo luogo del diritto alla libertà religiosa – sia a tutti garantito, senza discriminazioni etniche o religiose.
Preoccupa grandemente la situazione delle centinaia di migliaia di profughi dalle regioni meridionali, che la guerra ha costretto ad abbandonare casa e lavoro; recentemente sono stati obbligati a lasciare anche i campi dove avevano trovato una qualche forma di assistenza e sono stati trasportati in luoghi desertici ed è stato perfino impedito il libero passaggio ai convogli di soccorsi delle agenzie internazionali. La loro situazione è tragica e non può lasciarci insensibili.
Raccomando vivamente agli Enti internazionali di assistenza di volere continuare ad inviare il loro provvido, necessario e urgente aiuto.
Mentre saluto la delegazione della Chiesa del Sudan, presente a questa celebrazione, rivolgo un affettuoso pensiero, accompagnato dalla preghiera, a tutta la Chiesa in quel Paese: ai Vescovi, al Clero diocesano e Missionario, ai laici impegnati nella pastorale, ed anche ai catechisti, collaboratori generosi e necessari per la propagazione della Verità, della Parola e dell’Amore di Dio. Le popolazioni del Sudan sono sempre presenti nel mio cuore e nelle mie preghiere: le affido all’intercessione della nuova Beata Giuseppina Bakhita.
7. “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 34-35). Con queste parole di Gesù si conclude il vangelo della Messa di oggi. In questa frase evangelica troviamo la sintesi di ogni santità; della santità che ha raggiunto, per strade diverse ma convergenti nella stessa ed unica mèta, Josemaría Escrivá de Balaguer e Giuseppina Bakhita. Essi hanno amato Dio con tutta la forza del loro cuore ed hanno dato prova di una carità spinta fino all’eroismo mediante le opere di servizio agli uomini, loro fratelli. Perciò la Chiesa li eleva oggi agli onori degli altari e li presenta come esempi nell’imitazione di Cristo, che ci ha amato e ha donato sé stesso per ognuno di noi (cfr Gal 2, 20).
8. “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui” (Gv 13,31): il mistero pasquale della gloria. Attraverso il Figlio dell’uomo questa gloria si estende a tutto il visibile e l’invisibile:”Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno” (Sal 145/144, 10-11). Ecco il Figlio dell’uomo: “Non bisognava che… sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. Ecco coloro che di generazione in generazione hanno seguito Cristo: “Attraverso molte tribolazioni, essi sono entrati nel regno di Dio”.
“Il tuo regno è regno di tutti i secoli” (Sal 145/144, 13).
Amen.
|
Discorso rivolto da Giovanni Paolo II
ai partecipanti alla canonizzazione di
Josemaría Escrivá
PIAZZA SAN PIETRO, LUNEDì 7 OTTOBRE 2002
Al termine della messa di ringraziamento per la canonizzazione del fondatore dell’Opus Dei, il Papa Giovanni Paolo II concesse un’udienza agli intervenuti. Pubblichiamo di seguito il testo del discorso del Romano Pontefice.
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. Con gioia vi rivolgo il mio cordiale saluto, all’indomani della canonizzazione del beato Josemaría Escrivá de Balaguer. Ringrazio S.E. Mons. Javier Echevarría, Prelato dell’Opus Dei, per le parole con cui si è fatto interprete di tutti i presenti. Saluto con affetto i numerosi Cardinali, Vescovi e sacerdoti che hanno voluto prendere parte a questa celebrazione.
Questo festoso incontro unisce una grande varietà di fedeli, provenienti da tanti Paesi e appartenenti ai più diversi ambiti sociali e culturali: sacerdoti e laici, uomini e donne, giovani e anziani, intellettuali e lavoratori manuali. E’ questo un segno dello zelo apostolico che ardeva nell’anima di San Josemaría.
2. Nel Fondatore dell’Opus Dei spicca l’amore per la volontà di Dio. Esiste un criterio sicuro di santità: la fedeltà nel compiere la volontà divina fino alle ultime conseguenze. Su ciascuno di noi il Signore ha un progetto, ad ognuno affida una missione sulla terra. Il santo non riesce neppure a concepire se stesso al di fuori del disegno di Dio: vive soltanto per realizzarlo.
San Josemaría fu scelto dal Signore per annunciare la chiamata universale alla santità e per indicare che la vita di tutti i giorni, le attività comuni, sono cammino di santificazione. Si potrebbe dire che egli fu il santo dell’ordinario. Era infatti convinto che, per chi vive in un’ottica di fede, tutto offre occasione di un incontro con Dio, tutto diviene stimolo alla preghiera. Vista così, la vita quotidiana rivela una grandezza insospettata. La santità si pone davvero alla portata di tutti.
3. Escrivá de Balaguer fu un santo di grande umanità. Tutti coloro che lo frequentarono, di qualsiasi cultura o condizione sociale, lo sentirono come un padre, completamente dedito al servizio degli altri, poiché era convinto che ogni anima è un tesoro meraviglioso; in effetti, ogni uomo vale tutto il Sangue di Cristo. Questo atteggiamento di servizio è evidente nella sua dedizione al ministero sacerdotale e nella magnanimità con cui diede impulso a tante opere di evangelizzazione e di promozione umana a favore dei più poveri.
Il Signore gli fece comprendere profondamente il dono della nostra filiazione divina. Egli insegnò a contemplare il volto tenero di un Padre nel Dio che ci parla attraverso le più diverse vicissitudini della vita. Un Padre che ci ama, che ci segue passo a passo e ci protegge, ci comprende e attende da ognuno di noi la risposta dell’amore. La considerazione di questa presenza paterna, che lo accompagna ovunque, dà al cristiano una fiducia incrollabile; in ogni momento deve confidare nel Padre celeste. Non si sente mai solo e non ha paura. Nella Croce – quando si presenta – non vede un castigo, bensì una missione affidata dal Signore stesso. Il cristiano è necessariamente ottimista, poiché sa che è figlio di Dio in Cristo.
4. San Josemaría era profondamente convinto che la vita cristiana richieda una missione e un apostolato: siamo nel mondo per salvarlo con Cristo. Amò il mondo appassionatamente, con “amore redentore” (cfr Catechismo della Chiesa cattolica, n. 604). Proprio per questo motivo i suoi insegnamenti hanno aiutato così tanti fedeli a scoprire la forza redentrice della fede, la sua capacità di trasformare la terra. Questo messaggio ha implicazioni numerose e feconde per la missione evangelizzatrice della Chiesa. Promuove la cristianizzazione del mondo “dall’interno”, mostrando che può non esserci contrasto fra la legge divina e le esigenze di un autentico progresso umano. Questo sacerdote santo pensava che Cristo dovesse essere l’apice di tutta l’attività umana (cfr Gv 12, 32).
Il suo messaggio esorta i cristiani ad agire nei luoghi in cui si plasma il futuro della società. Dalla presenza attiva del laicato in tutte le professioni e presso le frontiere più avanzate dello sviluppo può derivare soltanto un contributo positivo al rafforzamento di quell’armonia fra fede e cultura che è una delle necessità più importanti del nostro tempo.
5. San Josemaría Escrivá ha speso la sua vita al servizio della Chiesa. Nei suoi scritti, i sacerdoti, i laici che seguono le vie più diverse, i religiosi e le religiose trovano una fonte stimolante d’ispirazione. Cari Fratelli e Sorelle, imitandolo con apertura di mente e di cuore, nella disponibilità a servire le Chiese locali, voi contribuite a dare forza alla “spiritualità di comunione” che la Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte indica come uno degli obiettivi più importanti per il nostro tempo (cfr nn. 42-45).
Sono lieto di concludere con un appello alla festa liturgica odierna della Beata Vergine Maria del Rosario. San Josemaría scrisse un bell’opuscolo intitolato Il Santo Rosario, che s’ispira all’infanzia spirituale, disposizione d’animo propria di coloro che vogliono giungere a un totale abbandono alla volontà divina. Di tutto cuore, affido alla protezione materna di Maria tutti voi, come pure le vostre famiglie, il vostro apostolato, ringraziandovi per la vostra presenza e benedicendovi con affetto.
6. Ringrazio ancora una volta tutti i presenti, specialmente quelli venuti da lontano. Vi invito, carissimi Fratelli e Sorelle, a recare dappertutto una chiara testimonianza di fede, secondo l’esempio e l’insegnamento del vostro santo Fondatore. Vi accompagno con la mia preghiera e di cuore benedico voi, le vostre famiglie e le vostre attività.
Filed under: Don Escrivà - Opus Dei