“VANGELO E CRESCITA UMANA” – p. Alberto Maggi
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“Vangelo e crescita umana”
Se vuoi essere perfetto … (Mt 19,2)
Alberto Maggi è il relatore della 13° festa dei fidanzati svoltasi il 15 marzo 2009 presso l’Oasi dello Spirito di Montesilvano (PE) ed organizzata dall’Ufficio Famiglia dell’arcidiocesi di Pescara-Penne.
15 marzo 2009
Ttrasposizione da audioregistrazione non rivista dall’autore
Nota: la trasposizione è alla lettera, gli errori di composizione sono dovuti alla differenza fra la lingua scritta e la lingua parlata e la punteggiatura è posizionata a orecchio.
p. Alberto Maggi OSM
Buongiorno e buona domenica a tutti.
E visto che è la festa dei fidanzati, faccio un augurio. L‟augurio che facciamo, è che speriamo sia l‟effetto di questo incontro, è quello che è l‟effetto dell‟incontro con la Parola di Gesù. Normalmente quando ci si incontra con il Signore, con la sua Parola, ci si sente ancora più felici di essere nati.
E l‟unica cosa che il Signore ci chiede è: adesso fa che tutte le persone che incontri si sentano ancora più felici di essere al mondo. Allora con questo augurio iniziamo questo incontro sulla Parola del Signore che, come accennava don Cristiano, sarà sul fattore di crescita.
Cioè l‟incontro con il Signore non diminuisce la persona, ma la potenzia, perché con Gesù, e lo vedremo durante questo incontro, c‟è un cambio radicale dell‟idea, dell‟immagine di Dio, e, di conseguenza, del comportamento dell‟uomo con Dio. Quando adopererò durante questo incontro il termine „religione‟ sarà sempre negativo.
Quando si cerca la parola „religione‟, nei vangeli non c‟è e quando si accenna alla religione è sempre in maniera negativa. Per religione si intende ciò che gli uomini fanno per Dio. Un Dio che spesso è la proiezione delle proprie paure, delle proprie ambizioni, dei propri desideri e delle proprie frustrazioni.
E all‟epoca di Gesù chi era Dio? Era un Dio esigente che chiedeva sempre all‟uomo, quindi il rapporto dell‟uomo nei confronti di Dio presentava un uomo che veniva diminuito per la grandezza di Dio. Era l‟uomo – così gli veniva fatto credere – che doveva privarsi del pane per offrirlo al suo Signore, era l‟uomo che doveva fare sacrifici per l‟onore di Dio.
Quindi l‟uomo nei confronti si sentiva diminuito, schiacciato dall‟onnipotenza e dalla presenza di questo Dio. Gesù cambia radicalmente l‟immagine di Dio, ecco perché Gesù e il suo messaggio non possono essere catalogati sotto la categoria della religione, ma della fede. Se per religione si intende ciò che gli uomini fanno per Dio, con Gesù tutto questo è finito. Con Gesù inizia l‟epoca dell‟accoglienza di ciò che Dio fa per gli uomini.
Quindi non sono più gli uomini che devono offrire a Dio, ma – ed è questa l‟importante novità portata da Gesù – accogliere un Dio che si offre agli uomini. Questo è inaudito, questo non era mai successo nella storia delle religioni. Da sempre, in tutte le religioni, si presentavano gli uomini che dovevano servire Dio, e invece Gesù presenta un‟immagine di Dio completamente diversa.
Non è vero che l‟uomo deve servire Dio, ma deve accogliere un Dio che si mette a servizio degli uomini. Naturalmente questo gli ha attirato l‟ira, l‟odio mortale, della classe sacerdotale al potere, perché se cambia il concetto di Dio, per loro è la fine. Loro erano riusciti a convincere le persone che Dio era lontano, e che le persone non potevano avvicinarsi direttamente al Signore, ma avevano bisogno di passare attraverso i sacerdoti.
E in un luogo particolare, nel tempio, osservando determinati riti. Ebbene, con Gesù tutto questo viene spazzato via. Gesù presenta un Dio che chiede all‟uomo di essere accolto per fondersi con lui e dilatarne l‟esistenza.
Allora se io accolgo Dio e Dio si fonde con me non ho più bisogno di andare da un sacerdote, da un mediatore per rivolgermi a Dio. Se Dio mi è intimo, ma perché per parlare con lui devo andare in un luogo particolare, nel tempio? Se Dio si fonde con me, ma perché io per rivolgermi a lui devo osservare delle regole o delle prescrizioni scritte da altri?
Quindi capiamo il pericolo di Gesù. Gesù è una mina vagante. Noi tratteremo il vangelo di Marco, il capitolo 4, ma già in tre capitoli è successo di tutto. Gesù ha rotto con la sua famiglia, ha rotto con il popolo e quello che adesso presentiamo qui stamattina è il primo insegnamento pubblico rivolto a tutta la gente.
Cosa è successo nel frattempo? Gli scribi – che erano il magistero infallibile dell‟epoca, i teologi ufficiali – quando per la prima volta le autorità religiose che dovevano far conoscere al popolo la volontà di Dio, si trovano di fronte a Gesù, che è Dio, sentenziano che bestemmia.
La denuncia che fa l‟evangelista è terribile: attenti alle autorità religiose! Vi ingannano, perché il dio che loro stanno presentando è fatto a loro immagine e somiglianza, che serve per dominare il popolo e quando incontrano Gesù che viene a liberare da tutto questo, pur di non perdere il proprio potere, diffamano Gesù e sentenziano che Gesù bestemmia.
Quindi Gesù è stato denunciato come bestemmiatore, non è soltanto un‟accusa – il bestemmiatore è colui che poteva essere e doveva essere ammazzato – quindi dicendo che Gesù bestemmia, significa che bisogna ammazzarlo. Quando le autorità religiose si incontrano con il Signore, lo rifiutano e lo ammazzano, perché il Signore va contro le loro mire di dominio e di prestigio sulle persone.
Ebbene, i farisei e gli erodiani, questo lo abbiamo visto ieri sera nell‟incontro che abbiamo fatto a Pescara, quando Gesù nella sinagoga restituisce la salute a un invalido,a anziché rallegrarsi, decidono di ammazzare Gesù. E questo episodio che adesso vedremo, c‟è un momento tragico, la madre e i parenti di Gesù, visto tutto questo, Gesù che è considerato un bestemmiatore, Gesù che è considerato un emissario di Belzebù, uno stregone, Gesù sul quale pende questo ordine di cattura per ammazzarlo, ebbene, il clan familiare da Nazaret parte per andare a Cafarnao, dove Gesù si ritrova, e prende una decisione drastica: bisogna catturarlo perché è andato fuori di testa.
Quindi è il momento della massima solitudine per Gesù. I suoi stessi familiari non credono in lui,ma pensano che sia impazzito. Allora poco prima del brano che adesso vedremo, c‟è il momento drammatico. Arriva il drappello dei parenti di Gesù, con la madre, ma non riescono a catturare Gesù perché Gesù è circondato dalla folla.
Il termine greco adoperato dall‟evangelista per „folla‟ indica che è una folla mista di pagani, di miscredenti. Allora i parenti di Gesù non vogliono contaminarsi, non vogliono compromettersi con quella gentaglia. Sapete a quell‟epoca si credeva che il contatto fisico con l‟abito di un pagano, rendesse impuri. Allora loro, stando fuori, lo mandano a chiamare.
E Gesù ha parole tremende. Dicono a Gesù “tuo madre e i tuoi fratelli là fuori ti vogliono”. E Gesù obietta “chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?” Cioè quelli là fuori, quelli che si vergognano di me, del matto di casa? E, volgendo lo sguardo attorno, quindi non vede la madre e non vede i fratelli e dice “Ecco mia madre, ecco i fratelli. Chiunque compie la volontà di Dio questo è mio padre, mia madre, fratello e sorella.”
Ecco, dopo questo Gesù – e questo è l‟argomento di questa mattina – fa il primo insegnamento pubblico che è fondamentale per la comprensione di tutto il vangelo. L‟abbiamo scelto sia perché qu3est‟anno è l‟anno liturgico di Marco, sia perché è il vangelo che più degli altri parla del fattore della crescita. Quando si accoglie la parola del Signore, questa non rimane neutrale nella nostra esistenza, ma incomincia a trasformarci e a modificarci nel modo di pensare e nel modo di agire.
Ebbene, l‟episodio, il capitolo 4 nel vangelo di Marco, conosciuto come la parabole del seminatore o dei quattro terreni. Allora leggiamo e commentiamo questa parabola, e vediamo che cosa vuol dire per la nostra vita.
“Di nuovo cominciò a insegnare vicino al mare”. Ecco una prima indicazione che può essere utile a chi si appassiona del vangelo. Quando si legge il vangelo, occorre sapere che il messaggio degli evangelisti è un messaggio figurato. Noi già poco capiamo della geografia di quei luoghi, ma poi gli evangelisti di complicano le cose. Qui l‟evangelista scrive “mare”, invece poi vediamo dalla geografia che non si tratta di un mare, ma è il lago di Galilea. 5
Allora, benedetto evangelista, noi già abbiamo la testa confusa, tu ci confondi ancora di più. Perché parli di mare? In questo brano per ben 3 volte appare il termine “mare”. Perché l‟evangelista non adopera il termine “lago”, che per noi sarebbe più comprensibile, ma “mare”? Perché l‟evangelista non vuol raccontare un fatto, ma trasmettere della verità. L‟evangelista non fa cronaca, ma teologia, e perché allora anziché lago parla di mare?
Il mare raffigura il Mar Rosso, il mare che gli ebrei hanno dovuto attraversare per sfuggire dalla schiavitù egiziana e andare verso la libertà. Allora il cammino di Gesù è una proposta continua al popolo di andare verso la libertà. Ecco perché l‟evangelista presenta Gesù che è vicino al mare.
E il termine “mare” verrà ripetuto tre volte, quando nel mondo ebraico c‟è la cifra 3 o qualcosa viene ripetuto 3 volte significa che è qualcosa di definitivo. Quindi, la prima indicazione che Gesù ci dà è che il suo messaggio conduce alla piena libertà. Vedete il fascino della religione, da allora e da sempre, è questo: la religione ti priva della libertà, però ti dà sicurezza, ti priva della libertà perché quando stai all‟interno di un sistema religioso non puoi comportarti secondo i tuoi pensieri, quindi rinunci alla tua libertà, però hai sicurezza, perché devi soltanto ubbidire.
Ci sarà un‟autorità che tu riconosci, che ti dirà cosa devi credere, come devi credere, quando fare questo e quando non farlo. La religione mantiene le persone infantili. Chi è la persona infantile? Quella che ha sempre bisogno di un grande, di un papà o di una mamma che gli dica come fare. La religione ha il terrore chele persone diventino adulte.
La persona adulta è quella che non dipende più dal padre, dai genitori, ma che ragione agisce secondo il proprio comportamento. Allora Gesù alle persone che sono sotto la religione, offre un‟alternativa. La religione, ripeto, toglie la libertà, ma ti da sicurezza, perché da quel momento tu devi soltanto obbedire, ma non c‟p persona più nefasta e più pericolosa di una persona che obbedisce.
Quando una persona obbedisce – voi sapete che i grandi criminali della storia, quelli che hanno commesso le stragi più orrende, come si difendono? Ho eseguito gli ordini – Non c‟è nulla di più pericoloso di una persona obbediente, perché la persona obbediente non ragiona con la propria testa, ma diventa soltanto un esecutore. Gesù non vuole persone del genere.
Allora Gesù propone una piena libertà, che ti toglie la sicurezza della religione, ma ti rende pienamente adulto, consapevole delle tue azioni e del tuo pensiero. Ecco il perché vedete già da una parolina, il mare, quanti significati.
Il messaggio di Gesù conduce alla piena libertà. Se una persona non è pienamente libera, non c‟è lo Spirito, dirà San Paolo in una delle sue lettere. Là dove c‟è lo Spirito, c‟è la libertà. E‟ la condizione indispensabile per avere lo Spirito, cioè l‟energia del Signore, la libertà. Libertà cosa significa? Non avere nessuno al di sopra.
Non dover rendere conto a nessuno, non dover obbedire a nessuno. Neanche a Dio, perché Dio non chiede obbedienza. Nel mondo religioso l‟obbedienza era una virtù, gli uomini dovevano obbedire a Dio e obbedivano a Dio obbedendo ai suoi rappresentanti. Ebbene, è interessante notare nei vangeli che il verbo „obbedire‟ non appare mai. Mai Gesù chiede di obbedire a Dio, mai! Mai Gesù chiede obbedienza a se stesso, figuratevi se chiede obbedienza a uno dei discepoli.
Perché l‟obbedienza presuppone sempre una persona superiore che comanda e una inferiore che obbedisce. Allora Gesù non chiede l‟obbedienza, ma la somiglianza. Il credente per Gesù non è colui che obbedisce a Dio osservando le sue leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo.
Allora Gesù incomincia a insegnare vicino al mare, “ma si congregò attorno a lui una folla grandissima”, nonostante le autorità religiose, le massime autorità religiose, quelle che quando parlavano si credeva fosse dio stesso che parlava, avessero condannato Gesù come un bestemmiatore meritevole di morte, le folle sentono in Gesù la risposta al desiderio di pienezza di vita che ognuno di noi porta dentro.
Vedete, le autorità religiose avevano imposto una dottrina, ma non avevano convinto la gente. La forza del messaggio di Gesù è che la sua parola è la risposta al desiderio di pienezza che ogni persona si porta dentro. Ecco perché Gesù mai impone, mai obbliga, lui offre. Sa che il suo messaggio è quello chela gente attende. Allora, nonostante Gesù sia stato considerato pazzo dalla famiglia, bestemmiatore dall‟autorità religiosa, considerato un emissario di Belzebù, le folle lo seguono, perché sentono in Gesù la risposta al loro desiderio di pienezza di vita.
“Egli allora salì su una barca e si mise seduto in mare”. Quindi la folla va verso Gesù e Gesù li porta verso il mare, verso la libertà. Ma ecco il primo inciampo “ma tutta la folla rimase a terra di fronte al mare”. C‟era resistenza, la libertà mette paura. A gente che è stata sempre serva, a gente che è stata sempre schiava e, soprattutto, a gente che è stata ingannata e alla quale è stato fatto credere che essere servi è la migliore delle condizioni possibili, la libertà fa paura. 7
Allora Gesù li porta verso il mare, ma loro rimangono a terra. Non si fidano. Allora “Gesù si mette a insegnare con parabole”, vedremo dopo che Gesù insegna con parabole. “Nel suo insegnamento disse loro «Ascoltate!»” – è un invito molto chiaro per tutte le persone e c‟era nel credo di Israele l‟espressione „ascolta Israele‟, Gesù lo fa al plurale, ascoltate e omette Israele. Questo messaggio è rivolto a tutti. Il Dio che Gesù presenta, la novità che Gesù presenta, è che non è un Dio che discrimina tra meritevoli e no, puri e impuri, peccatori e no, è un Dio che è amore e il suo amore l‟ha offerto a tutti quanti.
Quindi, ascoltate tutti quanti, qualunque sia la vostra condizione, qualunque sia la vostra condotta, qualunque sia il vostro comportamento, questa è un‟offerta d‟amore che Dio fa a tutti.
“Ecco uscì il seminatore a seminare. Accadde che, seminando, una parte cadde lungo la strada, vennero gli uccelli e la divorarono”. “Per strada” non si intende la nostra strada, il sentiero di campagna dove il seminatore passa gettando il seme; alcuni di questi semi cadono dove lui sta passando, dove sta calpestando, non nel terreno arato. Allora il seme non fa in tempo ad arrivare per terra che subito gli uccelli lo mangiano.
“Un‟altra parte cade nel terreno roccioso, dove non aveva molta terra, e subito spuntò poiché la terra non era profonda. E quando sorse il sole bruciò per mancanza di radici”. Un‟altra parte del seme è caduta nel terreno roccioso e, quando il sole spunta, e il sole è un fattore vitale, la piante senza il sole non può crescere, quindi quello che doveva essere un fattore vitale, si trasforma invece in una azione mortale.
La colpa non è del sole che spunta, la colpa è del seme che non aveva radici profonde, e quindi la calura lo ha subito seccato.
“Un‟altra cadde fra i rovi, spuntarono i rovi, la soffocarono e non arrivò a dar frutto”. Qui la terra è buona, la terra è profonda, ma ci sono le spine, ci sono i rovi, allora è cresciuta la pianta, ma sono cresciuti i rovi e l‟hanno soffocata. “Altri caddero nella terra buona e, germinati e cresciuti, diedero frutto, producendo …” – e qui Gesù ha esagerato.
A quell‟epoca, da un chicco di grano il raccolto normale, nella spiga, producevano massimo 13-15 chicchi. In annate eccezionali, ma si ricordavano negli anni, da un chicco di grano si produceva una spiga con ben 30 chicchi. Ebbene, quello che è considerato eccezionale, che è considerato straordinario, per Gesù è normale ed è soltanto l‟inizio. “Producendo 30 per uno, 60 per uno, 100 per uno”. 8
Quindi da un chicco di grano una spiga – esagerata l‟espressione di Gesù – con ben 100 chicchi. Perché? Il numero 100 indica la benedizione di Dio, la benedizione divina. “E aggiunse «Chi ha orecchie per udire, ascolti!»”
Gesù ha parlato a tutti, ma sa che non tutti comprendono, perché quando si è educati alla religione, quando si vede la libertà come un attentato alla propria sicurezza, quando si è incapaci di agire secondo il proprio pensiero, ma bisogna sempre domandare a un capo, a un‟autorità religiosa “Posso fare questo?” “E‟ permesso fare questo?” “E‟ peccato questo o quello?”, non si è pienamente liberi.
E se non si è pienamente liberi, non si può comprendere il messaggio di Gesù, tanto è vero che non l‟avevano capito neanche quelli che stavano con lui. “Quando rimase solo lo interrogavano quelli che stavano attorno a lui con i dodici sulle parabole”.
Lo interrogano sia perché … “ma perché parli in parabole?” e poi “perché questa parabola?” Ed ecco la spiegazione di Gesù. “Ed egli disse loro: «A voi è stato comunicato il segreto del Regno di Dio. Ad essi, invece, quelli di fuori»” – quelli di fuori, ricordate, sono la madre e tutto il clan familiare che erano andati a rapirlo – “«tutto questo lo stanno ricevendo in parabole”, cioè a voi è stato comunicato il segreto del Regno»”, quindi a voi io posso parlare liberamente, ma quelli lì fuori, vista l‟esperienza di Gesù che ha parlato e agito liberamente e la conclusione qual è stata? L‟ordine di cattura, l‟ordine di ammazzarlo.
Allora Gesù parla in parabole, lo racconta in modo che, chi è in sintonia con il messaggio di Gesù, lo afferra, chi è in cammino gli mette una pulce nel‟orecchio, chi è refrattario non capisce niente. Ma cos‟è questo mistero del Regno di Dio? Il mistero del Regno di Dio è una cosa inaudita. Quello che era inconcepibile era che l‟amore di Dio è universale. A noi questa parola potrà andare pure bene, ma a quell‟epoca era uno shock.
L‟amore di Dio non era universale, l‟amore di Dio era per il suo popolo, ma neanche per tutto il popolo, era per i puri, per i meritevoli. L‟amore di Dio, secondo la religione, bisognava meritarlo con i propri sforzi. C‟era una legge, chi la osservava meritava l‟amore di Dio, chi non la osservava o la trasgrediva era fuori dell‟amore di Dio. Ebbene, il segreto dell‟amore di Dio è che queste immagini di Dio che vi è stata presentata è falsa!
Il Dio che guarda i meriti, il Dio che premia, il Dio che castiga, il Dio che chiede l‟osservanza della sua legge, è un‟immagine falsa. L‟amore di Dio è universale. Non c‟è un individuo, qualunque sia la sua condotta, qualunque sia il suo comportamento, che possa sentirsi escluso dall‟amore di Dio. Il Dio di Gesù non si presenta come un premio per la 9
buona condotta, da ricevere, ma come un regalo. Il premio dipende dai meriti di chi lo riceve, il regalo dipende dalla generosità del donatore. E, prima che Gesù pronunciasse queste parole, ci sono stati almeno quattro episodi dove il segreto è venuto via via, svelandosi.
Il primo è quando Gesù ha purificato il lebbroso. Il lebbroso era considerato un maledetto da Dio, un colpito da Dio per i suoi peccati, e Gesù gli dimostra la falsità di questo. Ma non è vero che Dio ti esclude è la religione che ti ha fatto credere questo. Dio è un Padre e un Padre non esclude nessuno dei suoi figli, anzi! Più i figli sono bisognosi e più l‟amore del Padre si sente attratto da loro, perché il Dio di Gesù non è il Dio che guarda i meriti, ma è il Dio che guarda i bisogni.
Meriti non tutti li possono avere, bisogni li hanno tutti. Quindi Gesù purificando il lebbroso, dimostra la falsità di una religione che diceva che alcuni erano condannati per i loro peccati ed esclusi da Dio. Per il perdono dei peccati c‟era un cerimoniale ben preciso: bisognava andare al tempio, fare l‟offerta, recitare determinate preghiere. Gesù nulla di tutto questo. L‟accoglienza di Gesù cancella il passato peccatore.
E, per dimostrare ancor più la verità di questo, Gesù invita a far parte del suo gruppo, una persona intoccabile, i paria dell‟epoca, gli esattori del dazio, che loro ricevevano in appalto. Questo mestiere li rendeva degli imbroglioni, e soprattutto per essere al soldo dei romani, erano considerati impuri.
La loro presenza rendeva impura la casa e le persone con le quali si trovava ad aver contatto. Ebbene Gesù, per dimostrare che nessuno, qualunque sia la sua condizione, la sua condotta, si può sentire escluso dall‟amore di Dio, non va ad invitare proprio uno di questi? A Levi, il pubblicano, dice “vieni e seguimi”, esattamente come l‟ha detto ai primi discepoli.
E infine la trasgressione del sabato. Ecco questi sono i quattro passi che indicano il segreto del Regno di Dio. Qual è il segreto del Regno di Dio? Non c‟è una sola persona al mondo che, qualunque sia la sua condizione e il suo comportamento, la sua condotta, possa sentirsi esclusa dall‟amore di Dio. E‟ la religione che lo emargina, è la religione che lo esclude, ma non Dio. Dio è contro la religione. La religione separa gli uomini da Dio, e quindi Dio e religione non si possono tollerare.
L‟uno esige la scomparsa dell‟altro. E continua Gesù “perché da quanto vedono”, sta parlando di quelli di fuori, “non percepiscono, per quanto ascoltino, non capiscono, a meno che si convertano e vengano perdonati”. Per quelli che stanno fuori, i suoi familiari, il popolo, non 10
c‟è speranza? Sì bisogna che si convertano, che cambino orientamento mentale. Allora Gesù, ecco che spiega lui la parabola. “Disse loro inoltre «Non avete capito questa parabola?»” Gesù si meraviglia che i suoi discepoli, quelli che lo stavano seguendo, non capiscono questa parabola. “«Allora come comprenderete le altre parabole?»”
Questa non è una parabole qualunque, è la parabola che, se è compresa, fa comprendere tutto il messaggio di Gesù, ecco perché oggi abbiamo scelto questo brano importante. Quindi Gesù dice “se non comprendete questa parabola, come comprenderete tutto il resto?” E vediamo allora, è Gesù stesso che la spiega, noi suggeriremo soltanto l‟approfondimento di questa spiegazione.
“Il seminatore semina la parola”. Il termine che traduciamo con „parola‟, in greco, è entrato anche nella lingua italiana è Logos, da cui teologo, geologo, che significa „studio‟, significa un parola che ha un contenuto. Il seminatore semina il messaggio, e qual è il messaggio? Dio è amore.
Non è il Dio della religione, il Dio giudice, il Dio che castiga, il Dio che ti esclude, Dio è amore. L‟amore non si offende, ricordate quando una volta si credeva che il peccato offendesse Dio? Il peccato offende l‟uomo che lo fa. Dio è amore, questa è la parola.
“Quelli lungo la strada sono coloro nei quali si semina la parola, ma mentre l‟ascoltano, arriva il satana e toglie loro la parola seminata”. Abbiamo visto l‟esempio che Gesù ha fatto del seme gettato nella strada e adesso Gesù spiega che “quelli lungo la strada, mentre l‟ascoltano,”, quindi stanno ascoltando la parola, “questa parola non arriva in loro perché non fa in tempo ad essere pronunziata che subito il satana la rapisce”. Chi è questo satana?
Dio è amore che si fa servizio degli uomini, satana è il potere che domina le persone.
Allora la denuncia che fa l‟evangelista, il monito da terne presente è questo: quelli che appartengono, in qualunque forma, alla sfera del potere, sono completamente refrattari alla parola del Signore. Quindi, quelli che detengono il potere, quelli che ambiscono al potere, ma la categoria più tragica è la terza, quelli che sono sottomessi al potere, per questi non c‟è‟ speranza.
La parola di Dio non può niente contro la sfera del potere. Perché? Quelli che detengono il potere, vedono l‟annunzio di Gesù come una minaccia al proprio dominio, perché Gesù è l‟amore di Dio che si mette a servizio, chi intende dominare gli altri non accetterà mai un messaggio che è di servizio. E lo stesso questa parola di Gesù sarà vista come una minaccia alle ambizioni di coloro che non hanno il potere, ma ci vogliono arrivare. 11
Quindi, quelli che detengono il potere vedono una minaccia nella parola di Gesù, come hanno fatto scribi e farisei che hanno deciso d‟ammazzarlo; ma anche quelli che ambiscono, gli stessi discepoli di Gesù. I discepoli di Gesù lo seguono perché hanno sbagliato persona. Loro credono che Gesù sia il Messia, sì, ma il trionfatore, che va a Gerusalemme a conquistare il potere.
Siamo in quaresima, tra poco vedremo quell‟equivoco che noi festeggiamo, la domenica delle palme. Attenti! Perché quella folla che ha accolto Gesù osannante, “Osanna al Figlio di David”, attenti, sono tutti assassini. Perché, quando si sono resi conto di avere sbagliato persona, che Gesù non è il Figlio di Davide, cioè colui che, con il potere, va a conquistare Gerusalemme, quando si accorgono di aver sbagliato persona, la stessa folla che ha gridato “Osanna al Figlio di David”, è la stessa che poi griderà “crocifiggilo!”
Quindi attenti la domenica delle palme a dire “Osanna al Figlio di David”, perché non porta bene. Quelli che hanno osannato Gesù come il figlio di Davide, sono quelli che poi hanno detto “crocifiggilo!” E il problema Gesù ce l‟ha nel suo gruppo. Più volte, in questo vangelo Gesù parla e l‟evangelista dice “essi però non comprendevano la parola e avevano timore di chiedergli spiegazioni perché per la via avevano discusso tra di loro chi era il più grande”.
L‟ambizione, il desiderio di avere il potere, fa vedere la parola di Gesù come una minaccia. E questo rende sordi e ciechi all‟insegnamento di Gesù. C‟è nel vangelo di Marco un episodi che è tragicomico; Gesù per la terza volta, visto che i discepoli non hanno capito – ricordo il numero tre significa quello che è totale – spiega loro “avete capito cosa stiamo andando a fare a Gerusalemme?”
Gerusalemme ormai si vedeva, erano nei pressi. “A Gerusalemme vado ad essere ammazzato. Cro-ci-fi-sso. E‟ chiaro? Avete capito tutti?”
“Sì, sì”. Il tempo di dirlo e due discepoli, di nascosto degli altri, Giacomo e Giovanni lo prendono da parte e gli dicono “Ah, mi raccomando sor Messia, quando sei a Gerusalemme, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra!” Cioè, dacci i posti più importanti!
Vedete, è l‟azione del satana. Gesù ha parlato, ma è arrivato il satana e ha preso la parola. Ma la categoria più tragica è la terza. Abbiamo visto che chi detiene il potere vede la parola di Gesù come una minaccia al proprio dominio, chi ambisce ad ottenere il potere lo vede come un attentato alle proprie aspirazioni, ma la categoria più tragica sono i sottomessi al potere.
Vedete, il potere ha tre armi: 12
- La prima – per potere si intende il dominio di una persona sulle altre, è la paura. Io ti domino perché tu hai paura di quello che ti posso fare. Ti posso nuocere, ti posso togliere la vita
- La seconda è la ricompensa. Io ti domino perché so che tu sei ambizioso e che posso darti titoli, onori, carriere e soldi.
- Ma dove il potere vuole arrivare è la persuasione. Io ti domino perché sono riuscito a convincerti che, per te essere schiavo ed essere servo è la migliore delle situazioni possibili.
Mentre chi viene dominato per paura, in un atto di coraggio si può ribellare, mentre chi viene dominato per l‟ambizione, in uno attimo di orgoglio può sfuggire a questo, la terza categoria no, quelli che credono che per loro è un bene essere servi, che per loro è bene essere schiavi, vedranno l‟offerta di libertà di Gesù come un attentato alla propria sicurezza.
Più la luce splende e più si rintanano nelle tenebre!
Questo è il satana. Quindi, attenzione, coloro che gravitano in qualche maniera nella sfera del potere, sono refrattari alla parola del Signore. La potranno anche annunziare, ma senza capirla.
“Quelli seminati in terreno roccioso, sono coloro che, quando ascoltano il messaggio, subito lo accolgono con gioia. Ma non getta radici in loro, sono incostanti. Per questo, appena sorge una difficoltà o persecuzione a causa della parola, vengono meno”.
Cosa vuol dire Gesù? Quelli seminati nel terreno roccioso sono quelli che ascoltano il messaggio, è un messaggio bello, è un messaggio che entusiasma, dice “mi piace questo messaggio”, e lo accolgono con gioia, ma poi si accorgono quali sono le conseguenze di questo messaggio. Quando si accoglie questo messaggio e questo messaggio trasforma l‟esistenza dell‟individuo, scatena immediatamente la persecuzione.
Si scatena immediatamente l‟incomprensione, non dai nemici della fede, ma proprio dagli uomini della religione. Sono questi che perseguitano, perché vedono questo qualcosa di nuovo come una attentato alle proprie sicurezze. Allora Gesù dice che se questo messaggio non getta radici in loro, ma rimane in superficie, al momento della persecuzione vengono meno. 13
Abbiamo detto che, quando spunta il sole, e la pianta si secca, la colpa non è del sole. Il sole ha un‟azione vitale, se la pianta si secca è perché non ha radici profonde, non ha da attingere nell‟umidità del terreno. Allora Gesù sta mettendo in guardia le persone che vogliono accogliere il suo messaggio: attenti perché se questo messaggio che adesso accogliete non mette radici in voi, modificando nel profondo la vostra mentalità e il vostro comportamento, verrà il momento inevitabile in cui di fronte a una difficoltà, di fronte a un‟incomprensione, di fronte all‟ostilità, ignorerete questo messaggio.
Allora questo fa capire che il messaggio di Gesù non è come la legge di Mosè. Non c‟è un codice esterno che l‟uomo deve osservare, ma una realtà profonda che modifica il comportamento dell‟uomo. Possiamo fare subito una prova per vedere se questo messaggio ha messo radici in noi. Se, per amare, per perdonare, ci dobbiamo rifare a Gesù e al suo messaggio, attenzione che questa è una spia d‟allarme che significa che questo messaggio non ci ha convinto. E‟ rimasto qualcosa di superficiale.
E‟ come quelli che dicono “ti perdono per carità cristiana”, cioè, se fosse per me capirai, manco morto. Attenzione, quando nel comportamento, quando nell‟azione ci si deve rifare al messaggio di Gesù, ci si deve rifare al Vangelo, non è un fatto positivo. Significa che questo messaggio non l‟abbiamo fatto nostro. Quando io, per amare, mi devo far forte del messaggio di Gesù “Ti amo perché il Signore dice che ci dobbiamo voler bene”, quando io per perdonare ti perdono perché il Signore l‟ha detto, attenzione non è un fatto positivo.
Ma è un fatto allarmante. Significa che se tu ti rifai a questo messaggio come qualcosa di esterno, questo non ha messo radici in te. Non ti amo perché me l‟ha detto Gesù, ti amo perché ormai è diventata la mia natura volerti bene. Ma non ti perdono perché l‟ha detto Gesù, ti perdono perché non posso stare perdonarti.
Quindi attenzione, se il messaggio non radica profondamente nell‟individuo, quando arriva il momento della persecuzione, ecco che si manda via.
Questo momento della persecuzione viene espresso con la formula della croce. Siccome siamo in Quaresima e in Quaresima, nonostante ormai 50 dal rinnovamento liturgico, affiorano le vecchie idee dello stupidario religioso, della mortificazione, delle penitenze, dei sacrifici, tutti vocaboli assenti nel messaggio di Gesù. Mai Gesù invita a fare penitenza, mai Gesù invita a fare sacrifici, tutto il contrario!
Misericordia voglio e non sacrifici, questa è l‟immagine nefasta della religione, ma ce l‟abbiamo nel DNA e affiora. Una di queste immagini che affiorano è l‟idea della croce. Voi 14
sapete che, nel parlare comune, quando capita qualcosa, le persone pie, che sono sempre le più pericolose e vanno evitate accuratamente, quando capita nella vita, capita un rovescio, una malattia, un lutto, una disgrazia, attenti alle persone pie! Tenetele a distanza di sicurezza, perché sono quelle che sanno tutto. Ne sanno una più del Padreterno e ti vengono a dire che è la volontà di Dio, è il Signore che t‟ha dato la croce.
Dice “ma io non la voglio”; “attento a te! Come non la vuoi, attento che se rifiuti questa croce ce n‟è una più grande pronta per te”. Quindi questo Padreterno che fa le croci, questo Padreterno carnefice, ognuno ha la sua croce. E poi la più idiota di tutte, perché il Padreterno fa la croce secondo le spalle delle persone, prende le misure.
L‟ultima che ho sentito – perché sto raccogliendo tutto questo … lo chiamo lo stupidario religioso – è davvero geniale: c‟era una signora che vive il dramma di tanti, divorziata, risposata, ecc. che si lamentava con la sua guida spirituale di questa esclusione dalla chiesa, ecc. e il suo padre spirituale le diceva “è la croce che il Signore ti ha dato”, dice “ma io non la potrei alleggerire un po‟ questa croce?” Dice “No perché sai a cosa servirà questa croce che il Signore ti ha dato? Nel momento del giudizio, quando ti troverai di fronte al Signore, tra te e il Signore ci sarà un burrone, ebbene, tu metterai giù la croce ed è la misura esatta della distanza che ti separerà dal Signore”.
Pensate che sfiga! Se taglia cinque centimetri di questa croce, crolla giù con tutta la croce. E‟ il massimo della stupidaggine!
Mai Gesù parla della croce abbinandola al dolore, alle sofferenze, alle malattie. Cinque volte c‟è nei vangeli l‟invito di Gesù a caricarsi la croce, ma sempre rivolto ai discepoli, alla folla, come condizione per seguirlo. Mai Gesù dice che ognuno ha la sua croce, mai Gesù dice di accettare la croce, al croce va sollevata. A cosa si riferisce Gesù?
Quando il condannato veniva portato a questo supplizio, doveva mettersi sopra le spalle in tribunale l‟asse orizzontarle, l‟asse verticale era sempre conficcato nel luogo dell‟esecuzione, doveva caricarsela sulle spalle e poi passare tra due ali di folla, andare fuori della città nel luogo del supplizio, ed era il momento più tremendo. Perché?
Era un obbligo religioso che gli stessi familiari e gli amici insultassero e malmenassero il condannato, questa era la croce. Allora la croce significa la solitudine totale, la perdita della reputazione. Questo significa. 15
Allora dice Gesù “Attenti che se questo messaggio non radica in voi, quando arriva il momento di perdere la reputazione, vacillerete, perché ci terrete al vostro nome, ci terrete al vostro nome, ci terrete alla vostra reputazione più del seguire il Signore”.
Questa categoria che adesso presentiamo è anche tragica. “Altri sono quelli che vengono seminati tra i rovi, sono coloro che ascoltano la parola”, quindi questi ascoltano la parola, il terreno è buono, no ci sono pietre, la parola mette radici e ci si aspetta frutto, ma attenzione al crescendo – e questa è la festa dei fidanzati e credo che sia molto indicato, specialmente nei primi anni della formazione della famiglia, perché è quello che può mettere a rischio anche il nucleo famigliare, sentite Gesù con che finezza psicologica descrive il fallimento della sua parola – “ma le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e desideri di tutto il resto, penetrano poco a poco, soffocano la parola e rimane senza frutto”.
Gesù si sta riferendo a quella che è l‟esperienza di noi tutti. Siamo in condizioni economiche precarie, abbiamo un desiderio da realizzare e diciamo “Eh, se avessi un aumento di stipendio! Se vincessi al lotto potrei fare questo e quello!” Quindi la preoccupazione del mondo ci fa vedere la soluzione nella ricchezza.
Ma cosa succede? Io credo che questa è un‟esperienza che tutti quanti abbiamo fato o possiamo fare. Desideriamo qualcosa, legittimamente, e ci impegniamo per ottenerla, e l‟otteniamo attraverso il denaro. Quando poi l‟abbiamo ottenuto, dopo un po‟ suscitano nuovi desideri. E allora ci troviamo di nuovo in preoccupazioni economiche che ci fa vedere nella ricchezza la soluzione di questo.
Una volta riusciti a entrare in questa nuova condizione, di nuovo nascono nuovi desideri. Perché pensiamo che la felicità consista nell‟avere tanto, e non, come dice Gesù, nel dare tanto.
Questa è la categoria più tragica, perché? Per Gesù la persona vale se è generosa. Una persona che tutta la vita è in preoccupazioni economiche, non sarà mai una persona generosa. Allora Gesù dice “Attenti che se non mettete un limite allo stile della vostra vita è la fine, perché poco a poco i desideri entrano dentro di voi e soffocano questa parola”.
Quindi quello di Gesù è un monito da tenere ben presente ed osservare. Questa è una categoria che poteva portare frutto, ma non lo ha fatto perché ha visto nel denaro la soluzione ai suoi problemi. 16
Quindi ricordo, la preoccupazione del mondo fa vedere nella ricchezza la soluzione, arriva la ricchezza, nascono nuovi desideri e si ritorna di nuovo da capo.
E lo vedremo dopo nella conclusione, nella seconda parte, nell‟episodio del ricco, come è il fallimento.
Ma finiamo in bellezza. “E quelli seminati nella terra buona, sono coloro che ascoltano la parola, l‟accolgono e producono frutto”. Sono tre verbi: ascoltare, ma non basta ascoltare, accogliere, ed accogliere significa che questa parola deve mettere radici, ma non basta neanche accogliere, bisogna che questa parola si trasformi in atteggiamenti vitali.
Quindi sono tre gli atteggiamenti di fronte all‟annuncio di Gesù: ascolto, naturale, accoglienza, far sì che questo diventi parte della nostra vita, e poi la trasformazione in gesti concreti.
“Producono frutto, trenta per uno”, ricordate che era considerato un raccolto eccezionale, per Gesù è la base, non è che qualcuno fa trenta, altri sessanta, altri cento. No, è un processo di crescita senza fine. “Poi sessanta per uno, e cento per uno”. Ma come si fa ad arrivare a questo cento? Lo dice Gesù a conclusione della parabola, dicendo “Attenzione a ciò che state per ascoltare. La misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi, anzi vi sarà aggiunto in più.”
La parole del Signore ha bisogno, per manifestarsi, della nostra collaborazione. Noi per realizzarci pianamente abbiamo bisogno della sua parola, ci deve essere questa fusione tra la parola e l‟uomo. La parola diventa l‟uomo e l‟uomo diventa parola. Quando c‟è questo si innesca un processo di crescita progressivo, totale e traboccante. Quindi trenta, sessanta, cento, che corrisponde a quello che Gesù dà.
La misura con la quale misurate è il trenta, noi accogliamo questa parola e ne produciamo trenta; a chi produce vita, Dio regala vita. Quindi quando si vive per il bene degli altri, perché di questo si tratta, quello che si dà non viene perso, ma viene raddoppiato, quindi tu dai trenta e subito, dice Gesù, sarete misurati anche voi, e ti dà un altro trenta, e arrivi a sessanta. Ma Dio è generoso e non si lascia vincere in generosità.
“La misura che misurate sarete misurati, ma vi verrà dato in aggiunta”, ecco il cento per uno. “Vi sarà aggiunto in più”. Cosa vuol dire il Signore? Più noi diamo agli altri e più riceviamo da lui. Dare non è perdere, ma è guadagnare. Chi orienta la propria vita per il bene degli altri, non la perde, non ci rimette e questo è il segreto – e l‟augurio che vi facciamo perché penso che tutti quanti desideriamo essere felici – della felicità. 17
Gesù l‟ha detto negli Atti degli Apostoli, c‟è maggior gioia – beati, letteralmente – nel dare che nel ricevere, questo è l segreto della felicità in questa vita. Siamo chiamati ad essere pienamente felici in questa vita; la gente pensa che la felicità consista nell‟accaparrare, nel prendere per sé. Gesù dice il contrario: la felicità non consiste in quello che tu prendi, ma in quello che dai.
Quindi l‟invito di Gesù nell‟accoglienza di questa parola, è una parola che viene accolta, viene fatta propria, e poi, nella misura in cui si traduce in atteggiamenti che comunicano vita agli altri, c‟è una esplosione, una crescita incredibile, traboccante, nella vita di ogni persona.
Questo è il messaggio di Gesù, nella seconda parte esamineremo il fallimento di questo messaggio che è proprio l‟attaccamento alla ricchezza.
Nella parabola di Gesù abbiamo visto che la stessa parola viene seminata in quattro terreni, su tre il fallimento è completo, ma in quello che accoglie, la prende e la produce, c‟è una trasformazione che va al di là di ogni possibilità per l‟uomo perché c‟è lì l‟azione divina.
Ma abbiamo visto che la categoria più tragica è il terzo terreno, quello in cui la terra era buona, il seme mette radici, spunta, ma poco a poco i frutti soffocano e Gesù diceva che questo terreno tragico è quello dove le preoccupazioni della vita fanno vedere nel denaro, nella ricchezza, la sua soluzione, ma poi dopo il denaro porta ad altri desideri.
E dicevamo, questa è un‟esperienza che abbiamo fatto tutti quanti, quante volte abbiamo detto “quando avrò finalmente un aumento di stipendio, finalmente potrò realizzare questo!” Poi arriva l‟aumento di stipendio, realizzi quello che era il sogno, ma di lì a poco tempo ecco che subentra già un nuovo desiderio. Allora la persona si trova sempre in condizioni economiche precarie e fa vedere nel denaro la soluzione.
Una persona che sta sempre in preoccupazioni economiche non può essere una persona generosa. Ebbene per Gesù il valore della persona sta nella generosità. O una persona è generosa o non vale niente.
Allora adesso vediamo la seconda parte, è un racconto amaro, drammatico nel vangelo. Gesù che è riuscito a risuscitare i morti, Gesù che ha purificato i lebbrosi, Gesù che ha liberato gli indemoniati, l‟unico grande fallimento lo fa con questo tipo che adesso vedremo. 18
Allora per chi vuole seguire, leggiamo il vangelo di Marco, capitolo 10, versetto 17. “Essendo uscito per la strada”, quando leggiamo il vangelo, l‟interpretazione ce la dà già lo stesso evangelista.
Ricordate la strada? Dov‟è che era venuta fuori la strada? Il seme seminato per strada. Abbiamo visto che era il seme seminato in persone che sono refrattarie e dicevamo quelli appartenenti al potere. Allora l‟evangelista, parlando di strada, ci sta dando già un‟indicazione: guarda, qui la semina sarà infruttuosa.
E vediamo. “Un tale gli corse incontro”. In oriente no esistono i tempi convulsi nostri e il mondo è tutto vissuto con più calma, e non esiste la fretta. Il correre è disonorevole, non si corre mai. Una persona che corre perde la propria reputazione, allora qui c‟è una persona che corre, una persona che,in qualche maniera, si disonora e chi ha corso, in questo vangelo, è stato soltanto l‟indemoniato, una persona impura. Quindi il fatto che corre ci fa capire che è una persona posseduta da una forza che non lo rende libero.
“E, inginocchiatosi”; finora chi si è inginocchiato davanti a Gesù? Soltanto il lebbroso. Il lebbroso non era considerato un ammalato, ma un castigato da Dio. Quindi l‟indicazione che ci dà l‟evangelista è: attenzione che sarà un fallimento il seme gettato non verrà accolto, perché abbiamo una persona che è posseduta da una forza che non la rende libera e una persona che è esclusa da Dio.
“Gli chiede”, vediamo cos‟era questa angoscia che lo ha spinto a correre, a inginocchiarsi. “Maestro buono, che devo fare per ereditare la vita eterna?” Ecco quello che lo angosciava. La vita eterna era un concetto relativamente nuovo all‟epoca di Gesù, era stata una creazione teologica dei farisei che pensavano che la vita eterna sarebbe stata un premio nel futuro soltanto per i giusti.
Si credeva, a quell‟epoca, all‟epoca di Gesù, che, quando si moriva, si finiva tutti buoni e cattivi, nella caverna sotterranea che era il regno dei morti, ma poi i farisei crearono questa nuova teologia, parlando di una risurrezione, all‟ultimo giorno, dei giusti.
Allora, questo individuo è preoccupato per questa risurrezione, anche perché i farisei non la facevano mica facile. Per appartenere al gruppo dei farisei, per essere considerati giusti, non bastava osservare alcuni precetti, loro avevano estrapolato dalla legge di Mosè ben 613 comandamenti da osservare. 365 proibizioni e 248 precetti. Allora costui si rivolge a Gesù per sapere cos‟è che deve essere sicuro di fare per ottenere la vita eterna. 19
E la risposta di Gesù lo fredda. “Perché mi dici buono? Nessuno è buono se non Dio”. Cioè lui non deve andare alle dottrina dei farisei e neanche a Gesù, perché Gesù non è venuto ad indicare una maniera migliore o superiore per entrare nella vita eterna, a Gesù non interessa l‟aldilà, Gesù è venuto a inaugurare il Regno di Dio, la trasformazione di questa società qui. Quindi dice “perché lo chiedi a me, rifatti a Dio?”
Quindi “staccati da questa teologia dei farisei, e rifatti a Dio”. E gli dice “I comandamenti conosci”. Quindi Gesù lo richiama alla legge originaria, ma quello che è sorprendente è che Gesù adesso non enuncia tutti i comandamenti di Mosè, ma fa una scelta e sceglie soltanto i comandamenti per la vita.
Visivamente i comandamenti di Mosè erano raffigurati su due tavole che non erano di uguale importanza; nella prima c‟erano i tre obblighi assoluti verso Dio e questi erano il distintivo di Israele, perché erano i comandamenti che soltanto Israele aveva. Nell‟altra c‟erano i sette doveri verso gli uomini che erano comuni nelle culture dell‟epoca. Ebbene Gesù gli dice che, per avere la vita eterna, deve osservare i comandamenti, ma in maniera provocatoria in quel mondo, in maniera insultante per un pio ebreo, Gesù non annuncia gli obblighi verso Dio.
Per ottenere la vita eterna non importa se hai creduto o meno in Dio, come ti sei comportato o meno nei confronti della divinità, ma soltanto come hai agito nei confronti dell‟altro. Allora Gesù gli enuncia i cinque comandamenti che sono tutti in relazione alla vita: “Non uccidere”, non ammazzare fisicamente una persona, “non commettere adulterio”, l‟uccisione del matrimonio, “non rubare”, se togli le sostanze a un altro è come ammazzarlo, “non testimoniare il falso”, e testimoniare il falso non è la bugia, la bugiola che si può dire; la testimonianza falsa era quella che mandava a morte l‟imputato, come quando al processo di Gesù cercavano qualcuno che testimoniasse il falso contro di lui.
E poi, così, quasi come una mossa indiscreta, Gesù ci infila tra i comandamenti quello che non è un comandamento, è strano. Gesù dice osserva i comandamenti, arrivato al quarto comandamento, prima del quinti, infila quello che non è un comandamento, era un precetto, contenuto nel libro del Deuteronomio, “non frodare”. Dopo capiremo il perché. Quindi “non imbrogliare”. E‟ strano che Gesù a questo individuo abbia messo questo “non imbrogliare”, che è nel libro del Deuteronomio, dove indicava il proprietario che imbrogliava il suo salariato, il suo dipendente e non gli dava la paga.
E poi “onore tuo padre e tua madre”. L‟onore al padre e alla madre non implicava l‟ovvio rispetto verso i genitori, ma il mantenimento economico. Il figlio maschio primogenito era 20
obbligato a mantenere i propri genitori, non esistevano mica le pensioni, l‟assistenza sociale. Quindi onorare i genitori significava mantenerli in maniera decorosa; disonorarli, farli vivere nell‟indigenza.
Quindi Gesù gli indica i cinque comandamenti che riguardano la vita, ma in più ci ha infilato qualcosa che non è un comandamento, ma un precetto. Ed „ è “non imbrogliare”. Allora disse a Gesù – e lui è soddisfatto – si sente proprio l‟entusiasmo di questo individuo: “Maestro, tutto questo l‟ho osservato fino dalla mia giovinezza”, il testo greco indica proprio che questa persona si riempie la bocca dalla contentezza – “tutto questo” in greco si dice “tauta panta”, se provate a pronunciare questa parola “tauta panta”, sentite proprio che vi si riempie la bocca; “Tutto questo l‟ho fatto fin da sempre”, quindi è una persona osservante e una persona devota.
“Allora Gesù lo fissò e lo amò”. La reazione normale di Gesù, che è Dio – e Dio è amore – è una proposta d‟amore, ma come abbiamo detto prima, l‟amore può essere soltanto offerto; l‟amore quando viene imposto non si chiama più così, ma diventa violenza, ecco perché tutto il messaggio di Gesù può essere soltanto offerto, proposto, ma mai imposto. E‟ la dottrina che viene imposta.
La dottrina viene imposta perché chi la impone non ci crede egli stesso; perché se qualcosa è buono non c‟è bisogno di obbligare, di imporre, ma basta offrirlo. Allora Gesù lo fissò – fissare significa entrare dentro nell‟individuo, vedere la sua profonda realtà – gli esprime tutto il suo amore e gli dice – traduco letteralmente – “ti manca uno”.
Spesso i traduttori completano l‟espressione di Marco e aggiungono “ti manca una sola cosa”. Come se Gesù gli facesse un complimento: “quanto sei bravo, sei veramente bravo, metti la ciliegina sulla torta, ti manca solo questo”. No! Quando nel mondo ebraico si dice che “manca l‟uno”, vuol dire che manca tutto. Quindi Gesù sta dicendo “non c‟è niente, sei un disgraziato”.
E adesso vedremo alla persona religiosa, devota, e poi è la sorpresa finale di che tipo è, e Gesù gli dice “ti manca tutto”. Nel vangelo di Matteo, nello stesso episodio, è l‟individuo stesso che rivolto a Gesù gli chiede: “che cosa mi manca?” Quindi avverte che gli manca. E nel vangelo di Matteo questo individuo viene presentato con „giovanetto‟ che è il diminutivo di „giovane‟ che incontra Gesù e Gesù gli dice “se vuoi essere adulto, se vuoi essere perfetto”. 21
Ma lui rifiuta e rimane giovanetto. L‟incontro con Gesù dà la possibilità di realizzare pienamente se stessi, la maturità dell‟individuo. Essere perfetto significa pienamente realizzato, completo e, come abbiamo visto prima, nella parabola dei quattro terreni, ci si realizza soltanto nel dono di sé.
E‟ nel dono di sé che la persona si realizza e si matura. Quindi Gesù gli dice “Ti manca tutto”, quindi gli manca tutto, non ha nulla. E allora Gesù gli dà anche indicazioni di come rimediare a tutto questo. “Va, vendi quanto hai, dallo ai poveri, così avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi”.
A questo individuo, che era preoccupato dell‟aldilà, Gesù lo invita a guardare l‟aldiquà. A questo individuo che era preoccupato per la vita eterna, Gesù lo invita a guardare la vita qui, quanti hanno bisogno di lui, del suo amore, della sua condivisione generosa. Quindi Gesù lo ha invitato a realizzare pienamente la sua esistenza, ma dice “Vendi quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo”.
Cosa significa “tesoro in cielo”?
Gesù fa una proposta che è quella che poi gli altri evangelisti come Matteo formuleranno nelle beatitudini, che è questa: Chi vive per il bene degli altri, chi diventa responsabile della felicità degli altri, chi si occupa della vita degli altri, questo, permetterà a Dio di occuparsi della sua. Questo è il tesoro nel cielo.
“Il cielo” significa Dio. E‟ un cambio meraviglioso quello che Gesù ci propone, e basta sperimentarlo, per confermare che le parole di Gesù sono vere e veritiere. Il giorno e il momento in cui tu non ti occupi più di te stesso, ma ti occupi degli altri, il giorno in cui tu, svegliandoti, ti chiedi “oggi cosa devo fare per rendere più felice e gioiosa la vita della persona che mi sta accanto, la vita delle persone che incontro” da quel momento preciso succede qualcosa si straordinario: il giorno che tu decidi di occuparti degli altri, senti che il Padre si occupa di te.
E il cambio è meraviglioso. Ricordate prima? La misura con la quale misurate sarete misurati, ma vi sarà dato in aggiunta. Più ci si occupa completamente del bene e del benessere, della felicità e della serenità degli altri, più sentiremo un Padre che si prende cura, non solo degli aspetti importanti della nostra esistenza, ma un padre talmente tenero e delicato, che va a pensare anche a quegli aspetti che noi consideriamo minimi e insignificanti, della nostra vita. E‟ la pienezza della felicità. 22
Quando non ci si preoccupa più per se stessi, ma ci si occupa degli altri, si sperimenta un Dio che si occupa di noi; allora la vita trascorre in un‟altra maniera. Ci si fida completamente di questo Padre, e l‟unico impegno che lui ci chiede: tu occupati degli altri, dei tuoi bisogni mi occupo io! E sapete che cosa si sperimenta? Non si sperimenta un Dio che va incontro ai bisogni dell‟individuo, ma un Dio che precede addirittura i bisogni dell‟uomo.
E questo è il massimo della serenità. Quindi il Signore non va incontro alle nostre necessità, ma le precede. Allora questa serenità piena e totale dà la forza e l‟energia di occuparsi degli altri. E‟ questo a cui Gesù invita la persona.
Occupandosi della felicità degli altri quest‟individuo otterrà la propria felicità, ma “incupito per la parola”, ma come è possibile? La parola di Gesù è una parola che è nata dal suo amore. Ricordate che Gesù l‟ha fissato e lo ha amato egli ha detto “ti manca tutto!” Se vuoi realizzarti, fai questo: occupati degli altri. Questa parola che doveva essere fonte di gioia e di allegria, diventa invece causa di tristezza.
“Incupito per parola”. Ma come è possibile che la parola produca questo atteggiamento? “Se ne andò addolorato”. Non fa mica sempre bene incontrare Gesù; ha incontrato Gesù angosciato e se va addolorato. Ed ecco il colpo finale – quando leggiamo il vangelo, per gustare tutta la sua ricchezza – noi più o meno il vangelo lo abbiamo orecchiato e non ci prestiamo attenzione, ma provate ad immaginare i primi ascoltatori di questo brano, che non conoscevano il finale!
Ebbene Marco, al finale, ha messo la sorpresa. E la sorpresa qual è? “Infatti aveva molte ricchezze”. L‟incontro con Gesù è stato un fallimento per questo individuo. Gesù ha potuto purificare il lebbroso, ma non ha potuto niente per il ricco. La ricchezza è peggio della lebbra, anche il Signore è impotente di fronte alla ricchezza. Gesù, che ha potuto guarire l‟indemoniato, non può nulla contro i ricco. Essere posseduto dalle ricchezze è peggio che essere posseduto dal demonio.
Quindi è l‟unico fallimento di Gesù. Gesù, l‟unico fallimento che incontra nella sua vita, è con quest‟uomo. Perché? Il ricco crede di possedere le ricchezze, in realtà – eccone la prova – ne è posseduto. Lui credeva di servirsi dei suoi bene, in realtà lui era servo dei suoi beni. Ecco perché Gesù per la parabola ci ha messo “attenti al vostro livello di benessere!”
E‟ bene il benessere, ma quando questo benessere supera una certa soglia, diventa come una droga, che impedisce di accorgersi dei bisogni e delle sofferenze degli altri. C‟è un altro 23
ricco che nel vangelo fa una brutta fine, lo conosciamo tutti nel vangelo di Luca: il ricco e il povero Lazzaro. Vedete, bisogna diffidare dei titoli che ci sono nelle Bibbie … i titoli non sono dell‟autore, ma dell‟editore o del traduttore. Normalmente questo episodio veniva intitolato “il ricco cattivo e il povero Lazzaro” e il titolo dà un orientamento sul brano. Ma se noi leggiamo l‟episodio, del ricco non si dice mica che era cattivo; la descrizione fantastica che Luca fa dell‟individuo dice “c‟era un uomo ricco che vestiva di porpora e di bisso” , oggi tradurremmo vestito firmato da capo a piedi, “e tutti i giorni banchettava lautamente”.
Stop, tutto qui, non dice che questo ricco, quando incontrava Lazzaro gli dava un calcio nel sedere e lo malmenava. Il ricco non è cattivo nei confronti di Lazzaro, il ricco viene condannato in questa parabola, non perché sia stato malvagio nei confronti del povero, ma perché non si è accorto della sua esistenza.
I ricchi vivono a un livello tale che non incontrano mai il povero. Quando mai un ricco vede un povero? Non conosce la sua esistenza, allora ecco perché viene condannato. Allora Gesù, per il quale è stato più facile liberare una persona dai demoni che la possiedono che con questo dalla ricchezza, Gesù, per il quale è stato più facile purificare un lebbroso dalla lebbra, si trova impotente verso la ricchezza.
Il ricco è l‟unico personaggio in tutti i vangeli ad aver rifiutato l‟invito di seguire Gesù. Credeva di possedere i propri beni, ma ne era posseduto. Ecco perché Gesù, e concludiamo qui, ma l‟episodio continua, prosegue dicendo che “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno di Dio”.
Non si tratta della salvezza eterna. Abbiamo visto che anche il ricco, se si comporta onestamente nei confronti degli altri, ha già la salvezza. Ma, per far parte della comunità del Signore, per sperimentare qui in questa esistenza la potenza della sua vita, non c‟è posto per i ricchi. Gesù, il Signore, vuole che nella sua comunità tutti siano signori. Signori sì, ma ricchi no.
Qual è la differenza tra il signore e il ricco? Il ricco è colui che ha, il signore è colui che dà. Allora nella comunità di Gesù, dove vige il principio della condivisione e del servizio, non ci può essere uno che ha e uno che non ha. Allora Gesù ci invita tutti quanti ad essere signori e signori possiamo esserlo tutti, perché il signore non dipende da quello che ha, ma quello che dà. 24
E, ricordate, l‟abbiamo visto prima, l„espressione e l‟invito di Gesù alla pienezza della felicità, “c‟è più gioia nel dare che nel ricevere”. E‟ possibile essere pienamente felici qui in questa esistenza. Come? Dando e non ottenendo.
E concludo con quella che è la morale di questo episodio importante, – questo lo offro come augurio per la vita di coppia e la vita di comunicazione con gli altri – un principio che chi lo sperimenta se ne accorge: si possiede soltanto quello che si dà. Quello che si trattiene per noi, attenzione, perché non si possiede, ma ci possiede.
La nostra ricchezza non è quella che conserviamo, ma quella che diamo; quello che diamo agli altri è quello che ci realizza, perché dare non è perdere, ma guadagnare.
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