C’ERA UNA VOLTA IL CONVENTO-OSPEDALE – Angelo Nocent
C’ERA UNA VOLTA IL CONVENTO-OSPEDALE
01 – Pellegrini verso il Capitolo Generale Straordinario
“La lor concordia e i lor lieti sembianti
amore e meraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensier santi”.
[Dante, Par. XI, vv. 26-28]
Appunti di bordo di Angelo Nocent
Preambolo
Devo ammetterlo: fino a poco tempo fa sentir parlare di Convento-Ospedale m’infastidiva come l’odore nauseante dei cameroni d’ospedale d’un tempo che i miei coetanei ricordano benissimo: un misto tra disinfettanti, minestrone e pupù, che dava talmente fastidio anche all’arcivescovo di Milano, il Beato Card. Schuster, parroco della Cà Granda, che ha sollecitato il santo prete di Verona Don Calabria a mettergli in piedi quell’ospedale che è l’attuale San Raffaele. E lui che fa? Prende il don Luigi Verzè, lo spedisce a Milano: “ vai a costruire il più bel ospedale d’Europa”. Prima di lasciarlo partire, lo richiama e gli stacca un assegno di Lire “unmilione”: “Così non potrai dire che tuo padre ti ha mandato a Milano senza una lira in tasca”. Robe da santi.
Ma il provocatore di questa rubrica – che necessiterebbe di qualche puntata per poter entrare nei risvolti del binomio convento-ospedale – è stato proprio il Priore Generale Fra Donatus Forkan che, nella Circolare pubblicata sull’ultimo numero, ha insinuato: “siamo ancora paragonabili a dei monaci?”. Presumendo che lui abbia già la risposta che porterà ai Padri Capitolari, anch’io proverò a formularne una, certamente più modesta. Potrebbe corrispondere alla sua ma anche divergere. E qui sta il bello del dialogare, che è ascolto dell’altro, non necessariamente condivisione.
Si tratterà di appunti di bordo di un navigatore solitario, ogni giorno in alto mare, seguendo la bussola della Parola, nelle notti limpide con gli occhi puntati sulla Stella Polare e, negli attraversamenti nebbiosi, invocando Maria. Meditazioni mattutine, riflessioni notturne, annotazioni nei tragitti da pendolare sui mezzi pubblici, pensieri improvvisi…Nulla di necessariamente concatenato, con un tema prestabilito e un filo logico da mantenere, come nei componimenti seri. Solo tanta voglia di comunicare nella fede.
* * *
Quell’inspiegabile fretta di concludere il patto. Ma con chi ?
Qualcuno ha detto che la verità è sempre rivoluzionaria. Pochi la cercano e molti la temono. Altri, invece, pensano di poterla “governare” a proprio uso e consumo. Intenzionalmente non vorrei collocarmi tra questi ultimi, anche se non è facile per nessuno stare in equilibrio. La Scrittura suggerisce la ricetta: “discernimento”: “A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1Corinzi 12, 7).
Ho appena finito di leggere per l’ennesima volta la Circolare del Priore Generale con la quale viene indetto il Capitolo Generale Straordinario (in seguito CGS) che si terra in Messico nel Novembre 2009. Come si vede, né a Granada né a Roma, le tradizionali culle dell’Ordine ma a Guadalajara, una metropoli di oltre quattro milioni di abitanti, che se ne sta a 1561 metri sopra il livello del mare. Fa pensare a un ottimo osservatorio per fotografare, come da un satellite, l’Ordine dall’alto. Ma potrebbe essere anche un sintomo premonitore di un futuro sempre più in “forse” nei paesi del benessere occidentale.
Qual è la verità sull’Ordine Ospedaliero? Non saprei. Tanto più che le frettolose o superficiali letture della storia possono trarre in inganno. Utile sarebbe interrogare le verità omesse, che sono poi quelle più odiose è perciò rimosse. Quando sono proprio loro che pesano sul presente ed ipotecano il futuro. Solo che le buone analisi si possono condurre a patto di procedere insieme, accomunati dal medesimo intento, incitati dall’obbedienza al Maestro interiore, sostenuti dalla preghiera comune, corroborati dal Sacramento.
Il Progetto che ha in mente il Priore Generale ed il suo Consiglio, se dovesse passare, produrrebbe una svolta storica. Ed il lavoro di preparazione in atto, con esperti e canonisti, è per fare in modo che lo sia: fare dell’Ordine Ospedaliero, attualmente appartenente alla categoria degli ordini monastici cosiddetti dei mendicanti, una ”Famiglia Ospedaliera” dove ci sarebbe posto per tutti: per mangiare e dormire, pregare, studiare, lavorare, metter su famiglia, distendersi con onesti svaghi e, possibilmente, trovando il tempo anche per frequentare le promesse “scuole di Ospitalità”. Una Famiglia di uomini e donne, consacrati e laici, credenti e non, relativisti, scettici, filantropi…con un denominatore comune: almeno essere dei seri professionisti in campo medico-assistenziale. Sto banalizzando di proposito, tanto mi spaventa la posta in gioco .
La radicale innovazione che si vorrebbe, parte da alcune domande cruciali che gli ispiratori del balzo in avanti si sono posti e che la Circolare evidenzia: “Abbiamo cominciato a chiederci:
· siamo ancora paragonabili a dei monaci?
· Siamo religiosi apostolici?
· Siamo laici o apparteniamo al clero?
· Quale è la nostra missione nella Chiesa?
· Chi sono i destinatari della nostra missione?
…L’impulso al cambiamento è scaturito dalla riflessione sulla vita e sul ministero di San Giovanni di Dio. Ciò che abbiamo scoperto quando abbiamo guardato con occhi nuovi alla sua vita è stata una vera rivelazione. La statura morale del Fondatore, con riferimento alla sua spiritualità e alla missione, è straordinaria. Nell’ambito del processo di rinnovamento, questa scoperta ha costituito un momento incoraggiante, determinante, ma che ci ha altresì posto delle sfide, e che ha influenzato l’Ordine come mai era accaduto prima, sin da quando l’istituto religioso avviato dai primi seguaci di Giovanni di Dio venne riconosciuto come Congregazione dal Papa Pio V, nel 1572”.
A prima vista parrebbe trattarsi poco più che d’una presa d’atto, partendo da alcuni presupposti che la legittimano:
- vivente San Giovanni di Dio, c’era già la Famiglia Ospedaliera.
- Poi i primi discepoli si sono presentati a Roma; sono piaciuti, è stata loro assegnata la Regola di Sant’Agostino, sono diventati Congregazione, Ordine, ecc.
- Oggi, dopo il Concilio Vaticano II, l’Ordine si troverebbe mutato di fatto in Famiglia Ospedaliera e adesso il Capitolo Generale non ha che da prenderne atto e sancirlo negli Statuti che saranno sottoposti alla Sede Apostolica per l’approvazione.
- Con la seguente motivazione: “L’Ospitalità secondo lo stile di Giovanni è il dono che Dio vuole fare al mondo e alla società. Essendosi liberata dalle costrizioni delle vecchie strutture, ormai superate, che ne ostacolavano la crescita e lo sviluppo, ha potuto fiorire per il bene di milioni di persone”.
Apparentemente tutto semplice e molto facile. Ma, a scanso di equivoci, viene fatta una mezza confessione: “Forse qualcuno potrebbe obiettare che ciò è avvenuto solo perché l’Ordine, a causa della scarsità di Confratelli, si è visto costretto ad affidare ai laici un ruolo più attivo nell’amministrazione e nella conduzione dei propri centri e servizi. Dio però agisce in modi diversi, anche se dobbiamo ammettere che forse, se il numero dei Confratelli fosse stato sufficiente, non avremmo visto i nostri Collaboratori sotto la stessa luce”. E viene aggiunta un’altra affermazione, messa lì come un postulato e, come tale, indimostrabile ma da prendere per vera: “Entrambi, Confratelli e Collaboratori, avendo ricevuto il dono dell’ospitalità, sono fratelli e sorelle nell’ospitalità, uniti nella stessa missione. Come fratelli e sorelle, pertanto, siamo membri della stessa famiglia, la Famiglia di San Giovanni di Dio”.
Vorrei rassicurare quanti pensano che vada cercando il pelo nell’uovo:ciò che mi preme capire la dinamica di questo processo che mi sta a cuore, anche perché, trovandomi a metà strada, né carne né pesce, pur volendo, non saprei dove collocarmi, dal momento che non sono un dipendente collaboratore. Mi si perdoni di non riuscire a gioire per l’evento che si profila, come sarebbe doveroso. Ma io quel bel rosso di sera che fa presagire una giornata assolata, proprio non lo vedo. Percepisco invece quel rosso di mattina, presagio di turbolenze meteorologiche in vista. Le perplessità mi vengono proprio dal richiamo della Circolare al senso di responsabilità. Che, se la Famiglia Ospedaliera ha già una fisionomia nella mente dei suoi audaci costituenti, sono proprio loro a precisare che essa però non ha ancora messo radici. Così mi viene in mente il rosmarino che ho piantato in un vaso a metà agosto: ho preso dei giovani rametti, li ho tenuti in acqua per qualche tempo; poi li ho interrati, bagnati, tenuti all’ombra, coccolati…Ma in breve tempo il rosmarino è seccato perché, colpa dell’humus o della stagione sbagliata, i virgulti non sono stati in grado di mettere le radici. Così ho imparato: volere non è sempre potere.
S’è pensato che la prova di assunzione di responsabilità da parte di tutti sia verificabile. Così è stato sollecitato alle Province il “piano strategico”, considerato uno stimolatore di radici: “Affinché il rinnovamento metta radici, deve toccare tutti gli aspetti della nostra vita. Ogni Provincia deve redigere un piano strategico per il proprio rinnovamento, per quello di ogni suo Centro e di ogni sua Comunità. Il processo deve coinvolgere anche i Collaboratori, oltre ovviamente ai Confratelli, e tutti dobbiamo avere la “formazione del cuore e un cuore che vede” per portare ed esercitare l’ospitalità di Giovanni di Dio in un mondo devastato da guerre, violenza, corruzione, emarginazione e sofferenze di ogni tipo”.
Secondo me è come ricorrere al guano di pipistrello, fertilizzante ricco di sostanze nutrienti ma direttamente assimilabili solo dai vegetali. Trattandosi di persone, prima del piano, meglio sarebbe dosi massicce di lectio divina, la sola che può far emettere radici. Dopo tanti tentativi andati a vuoto, successivi al Concilio, l’esperienza dovrebbe aver insegnato che il metodo di agitare le acque per illudersi che non sono stagnanti, non paga. Non è vangelo il mio ma solo il parere di uno che si ritrova in questo momento più con un naso che fiuta che con un cuore che vede. Meglio sarebbe possedere entrambi gli organi di senso. Ma, dovendo fare con quello che si possiede, proverò rispettosamente a dire la mia, ma per creare contradditorio e vivacizzare la discussione, non per generare confusione.
“Siamo ancora paragonabili a dei monaci?”
Domanda imbarazzante. Come rispondere? “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, recita la saggezza popolare. Ospitalità è sinonimo di spiritualità di comunione, ossia vita fatta di ascolto, scambio e donazione reciproci: communicantes in Unum, grazie all’unico Spirito(cfr. Efesini 4,4-6). In obbedienza alla parola del Signore che “vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1Tm 2,4) e che i credenti siano uno, partecipi della comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, il CGS dovrebbe mettere al primo posto del suo dibattito proprio il tema della spiritualità di comunione e sancire quel principio affermato nell’autorevole relazione conclusiva del Sinodo dei Vescovi del 1985: “l’idea centrale e fondamentale nei documenti del Concilio Vaticano II deve essere individuata nella ecclesiologia di comunione”. Questa constatazione è ormai ampiamente condivisa nella Chiesa cattolica: possiamo dire che su di essa molti sono stati i contributi teologici, tra i quali paiono decisivi quelli di Jérome Hamer, di Jean-Marie Roger Tillard, di Ioannis Zizioulas, di Walter Kasper…
La ri-fondazione dell’Ordine Ospedaliero può essere avviata solo a partire da un solido ed autentico fondamento teologico, capace di generare anche una spiritualità che dev’essere pneumatica, ossia capace di incidere sulla vita interiore e sull’esperienza del cristiano e della comunità. D’altronde, – come ha chiarito bene il monaco laico Enzo Bianchi parlando a vescovi, clero e religiosi – “la parola “koinonia” nel Nuovo Testamento indica innanzitutto la vita della chiesa nata dalla discesa dello Spirito santo, quella vita “epì tò autò” (At 2,44), perseverante nella didaké apostolica, nella frazione del pane, nella preghiera. La parola “koinonia” riassume le perseveranze essenziali alla chiesa nascente e le conferisce un volto, sicché la chiesa è epiphaneia della koinonia trinitaria, una koinonia partecipata nella dynamis dello Spirito santo attraverso la comunione apostolica (cf. 1Gv 1,3.6), una koinonia che è compimento della salvezza annunciata dal Vangelo”.
Quando il Priore Generale di allora, Padre Piles, lanciava all’Ordine l’appello: “Lasciatevi guidare dallo Spirito”, non faceva che richiamare questo principio che, pur espresso con le categorie linguistiche del tempo, è già presente nella spiritualità delle origini, praticamente delineata nelle Costituzioni e supportata dalla Regola di Sant’Agostino, mirabile fusione che ci è stata tramandata sotto il nome di “ospitalità”.
Proprio perché oggi il termine ha assunto significati molteplici, è utile mettere in luce il suo vero significato originario che va ben al di là del concetto di accoglienza ospitale. E’ necessario che l’Ordine, proprio nel momento in cui si presta ad inserire a pieno titolo il laicato nelle sue Costituzioni, renda esplicitamente consapevoli sia i consacrati che i christifideles laici di un principio fondamentale: quando diciamo comunione, designiamo il mistero eterno della comunione che è la vita stessa di Dio, ma diciamo anche – essendo noi “syn-koinonoi” (cf. Fil 1,7; Ap 1,9), compartecipi – che a questa comunione noi partecipiamo nel corpo di Cristo, nel sangue di Cristo: la koinonia è dunque “essenza”, non “nota” della chiesa. L’ Ospitalità che ci tramandiamo come carisma dell’Ordine altro non è che vita secondo lo Spirito santo, originata dallo Spirito e vita in Cristo. Pertanto, ciò che ne consegue, non può essere che una spiritualità di comunione.
Dunque la vita del cristiano e della Chiesa, a prescindere dalla consacrazione religiosa e di ogni altra posizione gerarchica, in forza del battesimo, deve essere plasmata dalla comunione, la quale non è opzionale, non è una scoperta recente della teologia, ma è forma ecclesiae. Sant’Agostino che dalle origini e presente nell’Ordine con la sua Regola, forse troppo dimenticata, lo afferma categoricamente: ”Non abitano insieme, (nella concordia) se non coloro nei quali la carità di Cristo è perfetta. Quelli invece nei quali la carità di Cristo non è perfetta, anche quando stanno insieme, sono odiosi, molesti, turbolenti; e con la loro inquietudine disturbano gli altri… simili a un giumento inquieto sotto il giogo, il quale non solo non tira, ma tormenta anche, con calci, il compagno“. Così è: mentre il dissenso produce le divisioni “la carità produce l’accordo, l’accordo genera l’unità, l’unità mantiene la carità, la carità conduce alla gloria“.
Questa premessa che necessiterebbe di essere sviluppata, è la prima risposta, non esaustiva, all’interrogativo. Poi si potranno aggiungere molte altre considerazioni. Sulla vita monastica ed altri punti, sono sicuro di avere qualche idea un po’ discordante e proverò a dirla. Solo che non so quanto il dibattito di preparazione sia acceso perché non riesco a percepire né rumori né umori. Personalmente conto molto sui S.O.S., amici miei che sono dei Silenziosi Oranti Solidali, noti solo al cuore di Dio e già all’opera. Vorrei che non fosse vero, ma con le deboli antenne di cui dispongo, percepisco solo la sgradevole impressione che gradirei smentita: buona parte dei ”laici collaboratori” dei Centri FBF del Lombardo-Veneto dormono placidamente, indifferenti a quanto bolle in pentola a livello Centrale, ossia a Roma. Mi sovviene la parabola che riferisce Matteo: “…ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata”. (Mt 20, 1-16).
Sarebbe il colmo ma può accadere: quando le Province dell’Ordine avranno diligentemente steso il “piano strategico”, sono certo che s’inserirà il Maligno e più d’uno udrà la diabolica voce sghignazzante del falsario che insinuerà: “Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala”. E qui cadrà l’asino, ossia noi tutti, più o meno convinti che per ri-fondare basti riscrivere gli Statuti ed introdurre gli Amministratori Delegati.
L’ecclesiologia di comunione deve inverarsi in quelle realtà che un tempo venivano sapientemente chiamate “Convento-Ospedale”. Ma questo sarà possibile e autentico alla sola condizione che si percorra un cammino spirituale e che si riesca a instaurare nel tessuto quotidiano dei Centri una spiritualità di comunione. Diversamente, il fallimento è annunciato. Il comunismo è crollato nei cervelli almeno vent’anni prima della caduta del muro di Berlino.
Angelo Nocent
ADATTAMENTO PER LA RIVISTA “FATEBENEFRATELLI”:
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