L’ENCICLICA “FIDES ET RATIO E GIUSEPPE MOSCATI – Alfredo Marranzini s.j.
Posted on dicembre 5th, 2009 by Angelo
L’Enciclica “Fides et Ratio” e Giuseppe Moscati
L’Enciclica “Fides et Ratio” e la testimonianza di Giuseppe Moscati
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Alfredo Marranzini s.j.
San Giuseppe Moscati |
La tredicesima Enciclica “Fede e Ragione”, firmata da Giovanni Paolo II il 15 settembre 1998, affronta la questione dei rapporti tra ragione e fede. Il testo, si articola in sette capitoli: Rivelazione della sapienza di Dio; Credo per capire; Capisco per credere; Rapporto tra fede e ragione; Interventi del Magistero in materia filosofica; Integrazione tra teologia e filosofia; Compiti attuali.
Nell’impossibilità di dare una visione esauriente di questo denso testo, che si estende per 142 pagine, mi limito a qualche accenno sul suo nucleo centrale.
L’argomento a prima vista sembrerebbe riservato ai vescovi, ai teologi, ai filosofi e agli uomini di cultura. In realtà esso interpella tutti noi, perché ognuno è ansioso di conoscere la verità e trovare una risposta agli interrogativi fondamentali della propria esistenza: Chi sono? Da dove vengo e dove vado? Qual è il senso della presenza del male, della sofferenza, della morte? Che cosa ci sarà dopo questa vita?”
Questi interrogativi affiorano prima di Cristo non solo nei libri del Vecchio Testamento ma anche nei Veda, negli Avesta, negli scritti di Confucio, di Lao-Tze, nella predicazione di Tirthankara e Budda, nei poemi di Omero, nelle tragedie di Euripide e Sofocle, nei trattati filosofici di Platone e Aristotele. Essi possono trovare una risposta solo se si scioglie in antecedenza la questione primaria ed ineliminabile della verità, che attraversa tutti i periodi della vita individuale e della storia dell’umanità.
Sin dall’esordio il Papa ci avverte: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui, perché conoscendolo e amandolo, possa giungere alla piena verità su se stesso”.
L’annuncio cristiano, basato sulla rivelazione che è verità, fa appello a tale apertura della ragione, per penetrare nei nostri cuori. Non vi può essere quindi contrapposizione, separazione tra fede cristiana e ragione umana, perché ambedue, pur essendo distinte, sono unite nella verità, svolgono un proprio ruolo specifico e trovano in essa il loro fondamento.
L’Enciclica, alla vigilia del terzo millennio, indaga il rapporto tra fede e ragione, e di conseguenza tra teologia e filosofia: perché la fede deve occuparsi della ragione e la ragione non può fare a meno della fede?
La storia del cristianesimo ha conosciuto splendidi periodi di armonia tra fede e ragione, tra teologia e filosofia, ma anche momenti di duro contrasto contro ogni lettura riduttiva dell’una o dell’altra disciplina.
Il clima filosofico e culturale attuale nega per lo più alla ragione la capacità di conoscere la verità, e le attribuisce solo una funzione strumentale, utilitaristica, sociologica. Cosi la filosofia perde la sua dimensione metafisica, e le scienze umane ed empiriche diventano il criterio unico della razionalità.
La ragione scientifica e storica non s’interessa affatto delle verità ultime dell’esistenza, limitandosi alle conoscenze sperimentali. La fede, relegata così nel soggettivismo e nella privatizzazione intimistica, non sarebbe più in grado di comunicarsi e farsi valere sul piano razionale e culturale. Pertanto, trovandosi la ragione in una situazione debole, “tutto è ridotto a opinione”, e ci si accontenta di “verità parziali e provvisorie”.
Di fronte a questa situazione culturale il Papa riafferma con forza la nostra capacità di conoscere Dio e di raggiungere, nonostante i nostri limiti, le verità fondamentali dell’esistenza: la spiritualità e immortalità dell’anima, la possibilità di fare il bene e di seguire la legge morale naturale, l’idoneità a formulare giudizi veri, l’affermazione dell’autentica libertà dell’uomo.
L’uomo però è in grado di conoscere con la sua ragione la verità di Dio, di se stesso e del mondo, se dispone di una filosofia aperta agli interrogativi fondamentali dell’esistenza, alla totalità del reale, senza chiusure pregiudiziali.
Testi di Medicina che Giuseppe Moscati teneva nel suo studio medico |
La fede cristiana non può quindi accettare le filosofie che escludono la capacità dell’uomo a conoscere la verità metafisica, come il positivismo, il materialismo, lo scientismo, l’eclettismo, il relativismo, il nichilismo.
La fede invece, difendendo la possibilità di una riflessione razionale che conserva la propria autonomia e il suo specifico metodo di ricerca, salvaguarda la dignità dell’uomo e promuove la stessa filosofia. Escludere l’uomo dall’accesso alla verità, negargli “l’insaziabile bisogno del bene, la fame della libertà, [...] la voce della coscienza” (Fides et Ratio 5), costituisce la radice di ogni alienazione.
Ragione e fede convergono nell’ammettere la capacità di conoscere le verità e la Verità. La Fides et Ratio insiste a tal fine sul ruolo della filosofia accanto alla teologia, e, nella filosofia, sul compito della riflessione razionale sulla concezione della verità come rispondenza tra la realtà e l’intelligenza. Secondo Clemente Alessandrino la filosofia greca “non rende più forte la verità, ma confuta gli attacchi proditori dei sofisti contro la verità”.
Rigettata ogni forma di fideismo, Giovanni Paolo II ricorda che il sapere filosofico costituisce un mezzo idoneo per cogliere la Rivelazione. Il Mistero cristiano non potrebbe essere rivelato e neppure essere reso intelligibile e trasmissibile dalla teologia senza un sapere filosofico, altrimenti la teologia giungerebbe solo all’analisi dell’esperienza religiosa e non permetterebbe all’intelligenza della fede di esprimere con coerenza il valore universale della verità rivelata.
La Fides et Ratio pone un nesso inscindibile tra verità e libertà. La libertà non è semplice capacità di compiere scelte indifferenti o interscambiabili, ma possiede un orientamento verso la pienezza di vita e di verità.
La nostra libertà è inscindibilmente legata alla verità dell’uomo creato ad immagine di Dio, e consiste soprattutto nell’amore di Dio e del prossimo.
Son questi solo alcuni spunti desunti dai sette capitoli dell’Enciclica, che offre un messaggio di fermezza e di apertura, il quale mostra che la fede, come accoglienza della verità di Dio rivelatosi in Gesù Cristo, non costituisce una minaccia né per la ragione né per la libertà, anzi le custodisce e valorizza.
Equilibrio fra scienza e fede in Giuseppe Moscati
Nel leggere l’Enciclica Fede e Ragione, il mio pensiero è corso istintivamente a S.Giuseppe Moscati. Il nunzio apostolico Giuseppe Roncalli (poi Giovanni XXIII), nel ringraziare l’arcivescovo di Amalfi Ercolano Marini, per avergli inviato in omaggio la biografia, da lui stesa, del Moscati, nella lettera inviata da Sofia il 3 novembre 1929, definiva Giuseppe Moscati “mirabile figura di laico perfetto; splendido fiore di santità e di scienza, onore del nostro secolo e della nostra razza: lumen Ecclesiae.[...] novello luminare, il cui chiarore, come quello del sole, è destinato a espandersi e ad accendere tante anime” (1).
Nel 1930 Agostino Gemelli, che aveva più volte incontrato a Napoli Moscati, scriveva di lui: “C’era in quella chiara, limpida coscienza che aveva della propria missione un’altissima comprensione tanto della scienza quanto della futura attività di professionista, come semplici mezzi ad un’opera più infinitamente nobile ed alta: scienza ed azione si risolsero per il Moscati in un bene irradiato dall’amore” (2).
L’equilibrio armonico fra scienza e fede fu per Moscati una lenta conquista, nell’ambiente in cui uno studente di medicina doveva allora modellare la propria formazione professionale, ma fu anche e soprattutto una certezza posseduta intimamente, la quale guidò poi le sue ricerche, illuminò le sue cure, animò il suo insegnamento, che ha lasciato impronte incancellabili nell’animo dei suoi discepoli.
In Italia, dopo il 1860 e soprattutto dopo il 1870, sono largamente diffusi il naturalismo scientifico e l’hegelismo idealistico. Mentre spira con impeto violento un vento politico settario, non pochi si abbandonano a forme scientifiche e filosofiche di moda, demolitrici di ogni tradizione. Per di più i fautori “nuova scienza” mostrano uno zelo “pseudoreligioso” nel propugnare una fede atea o agnostica.
Studio medico del Prof.Moscati |
Nell’Università di Napoli si accendono vivaci contrasti, specie tra la facoltà di Filosofia e quella di Medicina: la prima pervasa da idee fichtiane ed hegeliane, dominata dal gergo asciutto, quasi matematico e ironico, di Bertrando Spaventa; la seconda sotto l’influsso dilagante del positivismo scientifico. I giovani vengono così invitati a divinizzare la materia, da quelle stesse cattedre da cui avevano insegnato grandi maestri dello spirito, quali Tommaso d’Aquino e Giambattista Vico.
Il giovane Moscati però ha già una visione di fede in contrasto con l’atmosfera agnostica e atea di non poche aule universitarie. Certo non può non risentire della dialettica positivistica ed hegeliana, e sarebbe stato facile lasciarsi affascinare da uomini di scienza che, chiusi in una indifferenza sdegnosa verso qualsiasi realtà metafisica e trascendente, rigettano ogni affermazione filosofica e teologica su quanto è al di là del puro dato sperimentale.
Intanto l’ingegno di Moscati – aperto e avido di sapere – è pronto ad accogliere ogni immagine ed elemento di vita, ed avverte forte il gusto per la filosofia, la letteratura, la storia, le arti e il pensiero in genere. Di fronte agli attacchi contro la fede, che nutre continuamente con letture ascetiche e teologiche, con la riflessione e preghiera sulla parola di Dio, non si lascia fuorviare.
Lo studente Moscati si laurea brillantemente a 23 anni, e alcuni mesi dopo, il 17 ottobre 1904, scrive: “Lo scetticismo è degli spiriti deboli” (3).
Da uomo di scienza non si arroga un assurdo potere discrezionale sui limiti della conoscenza; Si apre senza pregiudizi alla rivelazione di Dio e alla realtà integrale dell’uomo, e si volge con totale dedizione a Dio e “all’infinita bellezza di tutti gli esseri creati a sua immagine e somiglianza”.
Si rende conto che restringere la prospettiva della conoscenza a ciò che è quantificabile e raggiungibile solo con le proprie risorse non è conforme all’autentica vocazione dell’intelligenza umana, perché l’uomo è creato uno nelle sue diverse possibilità di conoscere il reale: siano esse analitiche o sintetiche, induttive o deduttive, sperimentali o intuitive.
Fa suo l’insegnamento della Chiesa, secondo il quale Dio, che mediante la sua Parola ha creato ogni cosa e dirige l’universo al suo fine, può essere conosciuto attraverso lo sforzo della ragione umana, se essa lo ricerca utilizzando l’analogia della conoscenza naturale.
Medita la parola di Gesù: “La verità vi fa liberi” (Gv 8,32), ne riceve luce per la meditazione mattutina, per la contemplazione della natura, per la sua attività di scienziato e di medico.
Moscati mantenne quest’atteggiamento da studente, da ricercatore, da docente e clinico, con lo sguardo fisso in Dio e in dialogo con uomini di ogni credo e ideologia, portando a tutti l’afflato della sua fede ardente e l’aiuto fraterno della scienza più aggiornata.
Valgono anche per noi le parole che Moscati diceva ai suoi allievi: “Perseverate nell’amore alla Verità, a Dio che è la Verità medesima, a tutte le virtù, e così potrete espletare il vostro esercizio professionale come una missione” (Lettera del 3 settembre 1923 al Dott.Alfonso Preziosi, che si era laureato in Medicina).
Scriveva il 22 luglio 1922 al Dott.Agostino Consoli: “Una sola scienza è incrollabile e incrollata, quella rivelata da Dio, la scienza dell’aldilà. In tutte le vostre opere mirate al Cielo e all’eternità della vita e dell’anima, e vi orienterete allora molto diversamente da come vi suggerirebbero pure considerazioni umane, e la vostra vita sarà ispirata al bene”.
In una lettera al Dott.Antonio Guerricchio, che dopo aver frequentato il corso di specializzazione tornava a Matera, per iniziare la professione, Moscati scrive: “Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo in alcuni periodi; e solo pochissimi son passati alla storia per la scienza, ma tutti potranno rimanere imperituri, simbolo dell’eternità della vita, in cui la morte non è che una tappa, una metamorfosi per un più alto ascenso, se si dedicheranno al bene. [...] Mi conforta che abbiate conservato in voi qualche cosa di me; non perché valga nulla, ma per quel contenuto spirituale che mi sforzai di trattenere e diffondere intorno: compito sublime, ma tanto irraggiungibile colle mie povere forze”.
L’esempio di Moscati ha assunto nuovo vigore per l’autorevolezza che gli proviene dal suo inserimento nel catalogo dei santi, fatto da Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1987. Al Medico Santo chiediamo che venga accolto il messaggio dell’Enciclica: “La grandezza dell’uomo non può essere [...] nel decidere del proprio destino e del proprio futuro confidando solo in se stesso e sulle proprie forze. Determinante per la sua realizzazione sarà soltanto la scelta di inserirsi nella verità, costruendo la propria abitazione all’ombra della Sapienza e abitando in essa. Solo in questo orizzonte di verità comprenderà il pieno esplicitarsi della sua libertà e la sua chiamata all’amore e alla conoscenza di Dio come attuazione suprema di sé” (Fides et Ratio, 107).
NOTE
1 – Alfredo Marranzini: Giuseppe Moscati, modello del laico cristiano di oggi, Roma 1989, p.6.
2 – Agostino Gemelli: Un’esemplare figura di medico: il laico Prof.Giuseppe Moscati, Vita e Pensiero 1930, 26.
3 – Giuseppe Moscati: Scienza e Fede, pensieri scelti a cura di Sebastiano Esposito s.j., Messina 1991.
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