LA PROFEZIA E’ IL VANGELO CHE E’ POTENZA DI DIO – Don Enrico Ghezzi
Santa Maria dell’Orto – Roma
Vi partecipo la lettera di un amico carissimo – Don Enrico Ghezzi – pervenutami oggi da questa chiesa dove risiede dopo aver lasciato la Parrocchia. Profuma di primavera ed ha i sapori della Città Eterna. E’ di alto spessore ma può arrivare anche alla gente di Trastevere, alle borgate, come le lettere di Paolo che non le ha scritte per i teologi ma per i semplici cristiani.
In realtà si tratta di un progetto di vita condivisibilissimo. E spero proprio di poterlo condividere con lui e con quanti vorranno aderirvi, per dono che viene dall’alto e “potenza della ‘profezia’ evangelica”. Filo conduttore anche per la nostra Compagnia… perché resti fedele al progetto di Dio che ci vuole Chiesa e non una degenerazione. Il rischio che Don Enrico evidenzia è vero: “fare della Chiesa ‘popolo di Dio’ una chiesa di gruppi o addirittura di ‘sette’. “
La ‘profezia’ è il ‘vangelo’ che è ‘potenza di Dio’ dove sappiamo ‘di essere amati da Dio’ ( Rm 1,7).
Di Don Enrico Ghezzi ho a portata di mano solo questa foto che lo ritrae davanti all’urna di Santa Teresa di Gesù Bambino, ricevuta in visita quand’era parroco di Santa Melania.
Roma, Pasqua 2010.
Cari Amici,
Buona Pasqua!
‘Passano’ anche i miei anni, come le infinite Pasque della storia umana, tutte segnate dal ‘fulgore’ di luce (cfr. Lc.24,49) che riempì Gerusalemme in quel mattino del nuovo ‘eone’ (mondo).
Il ‘giardino’ (Gv.19,41) dov’era il ‘sepolcro’ di Gesù, è il nuovo ‘eden’, l’habitat della nuova creazione.
Vi scrivo, cosa piuttosto rara, volendovi comunicare i miei pensieri e i sentimenti circa la potenza della ‘profezia’ evangelica, che ora sembra muta, sostituita da una specie di ‘agenzia dell’etica’.
Nella Pasqua, finalmente risentiamo la voce potente della profezia che riempie il cuore di luce e di speranza; come scrive Giovanni, lo splendido interprete dei ‘sentimenti’ di Gesù, davanti alla passione-morte-risurrezione-glorificazione di Gesù:
<Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine> (13,1).
Come vedete il ‘passaggio’ (Pasqua) tra’ la morte e la gloria’, Gesù lo vive in una totale donazione di amore.
L’amore è la ‘profezia’ che ha realizzato la chiesa fin dalle sue origini.
Possiamo ancora oggi essere chiesa nel mondo, perché siamo stati amati ‘fino alla fine’: è l’amore di Gesù verso gli uomini, che continua ad essere la profezia, la forza e l’energia profetica che ci fa essere nel suo amore come suoi discepoli.
Cari amici: è questa dunque la vera e unica speranza che ci unisce nel cammino quotidiano e ci rende vivi all’interno della storia umana. La ‘parola di Dio’ annunciata in Gesù e dolcemente affermata nel ‘passaggio’ pasquale, dell’ultima cena, è quella realtà che indichiamo come ‘profezia’, e che Paolo scrivendo ai Romani, a proposito del vangelo, chiama <potenza di Dio>(Rm.1,16).
La ‘profezia’ è il ‘vangelo’ che è ‘potenza di Dio’
dove sappiamo ‘di essere amati da Dio’ ( Rm 1,7).
L’essere nell’amore di Gesù è la nostra fede e la nostra ‘profezia’ che non può venire meno.
Leggendo e contemplando il ‘testamento’ di Gesù, come Giovanni ci tramanda nei capitoli 13-17, noi possiamo ‘affidarci’ alla Parola che in noi si trasforma in ‘profezia’: un annuncio pieno di speranza.
Scrive dunque Giovanni, raccontando anche a noi, le parole e i sentimenti di Gesù:
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<Non sia turbato il vostro cuore…>(14,1),
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<Non vi lascerò orfani, verrò di nuovo>(14,18),
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<Pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Paraclito, perché rimanga sempre con voi, lo Spirito della verità>(14,15-16), <rimanete nel mio amore>(15,9>,
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<Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati>(15,12).
Mai così apertamente Gesù, come in queste ‘parole’ di addio, ci comunica il dono della nostra partecipazione alla stessa vita trinitaria: comunione in Gesù e nel Padre mediante l’amore dello Spirito.
Quale altra energia divina e profetica poteva trasmetterci Gesù? Entriamo, con le sue ‘parole’, nell’intimo del mistero di Dio!
Quello di Gesù poi, è un amore che ‘arde e non si consuma’ ( Li amò fino alla fine’), come nell’esperienza di Mosè, davanti al roveto ardente del Sinai( Es.3,2) dove il nome di Dio è rivelato come ‘Essere’ (Es.3,14); ora anche Gesù, nella sua comunione con Dio, ce ne rivela la sua intima natura: Dio è Padre, e noi siamo messi in comunione di amore col Padre:
<Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui >(14,23).
Cari amici, è questa la ‘nostra Pasqua’.
Questa verità è la nostra profezia, cioè la presenza in noi della Parola di Gesù, che può trasformare la vita da pigra, inquieta, informe e stanca della nostra quotidianità, anche quando facciamo parte della chiesa, in una nuova rinascita di grazia e di speranza.
La Pasqua dunque, è questo nostro ‘passaggio’ dalla sfiducia alla speranza, dalla banalità di gesti e parole, alla luce della grazia che si rinnova nella gioia della fede, dallo smarrimento alla bellezza della contemplazione, dall’inerzia della mediocrità alla passione della verità vissuta nella carità e nella misericordia.
Ecco perché non possiamo stare nella chiesa con un atteggiamento che sia soltanto di rimorchio e di accondiscendenza alla gestione clericale della vita sacramentale, dove spesso anche la Parola è piuttosto balbettata o maltrattata o piegata a fini particolari e rimane Parola senza speranza.
Se così avviene, dove poter fondare la certezza e la ragione della nostra fede, della nostra conversione, della nostra permanenza nella grazia della Parola di Gesù?
Come vivere concretamente in noi l’immagine di comunione tra la ‘vite e i tralci’, descritta ancora con tanta intensità nelle parole del ‘testamento’ di Gesù?
<Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena> (15,11).
Tutto questo per dire che la nostra fede e la speranza nel vangelo debbono avere risposte e testimonianze autorevoli a partire da coloro che Gesù, nella liturgia del ‘giovedì santo’ che stiamo vivendo proprio in queste ore, ha scelto perché siano al servizio di tutta la comunità cristiana:
< Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.> (Gv..13,14.15).
Perché dunque continuare ad essere dubbiosi, incerti, scontenti, stanchi, indifferenti, arrabbiati con la nostre chiese o con la società, quando troviamo nel messaggio pasquale di Gesù tutta la forza, l’energia divina, la potenza che danno <ragione alla nostra speranza>(1Pt. 3,15), come ricorda la lettera di Pietro ai primi cristiani?
E’ lo stesso Gesù che nel suo grande testamento ci dona le ragioni della ‘nostra speranza’: mai infatti, come nei capitoli di Giovanni che abbiamo continuamente indicato, Gesù ci dà la ragione della profezia che dobbiamo testimoniare: ci è stato infatti donato il dono del Paraclito, dello Spirito di verità, dello Spirito che è amore:
<Quando verrà il Paraclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli vi darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me, fin dal principio>(15,26-27).
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Non è forse questo il dono trinitario della Pasqua che ci è dato come ‘pienezza e compimento’ di tutta la rivelazione cristiana e della nostra fede?
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Perché nascondere o vanificare i doni di Dio seminati nel nostro cuore?
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Perché trascinare spesso una vita cristiana o parrocchiale senza dare un senso o una progettualità alla nostra fede?
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Perché sopravvivere interi anni nella indifferenza o nella stanchezza di una vita spirituale che non abbiamo mai vissuto?
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Ci sarà data allora una speranza che la ‘festa pasquale’ sulla quale si è formata e cresciuta la chiesa, possa ‘passare’ trascinandoci fuori da una vita spirituale mediocre e insignificante?
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Continuando a restare nelle nostre case, gestendo la nostra vita quotidiana nel lavoro, nella professione, nella famiglia e nella società, potremo mai arrivare a condurre anche per noi stessi, una vita cristiana nella speranza, nella pace e nella gioia di una esistenza religiosa che non sia mortificata, o limitata dagli schemi prefabbricati, dall’esercizio un po’ logoro delle messe, dei sacramenti e dalle attività che ci vorrebbero coinvolgere ma che restano prive di interessi, di motivazioni interiori, infarciti da quel devozionalismo religioso su cui sembra sempre più scivolare la pratica delle nostre comunità religiose?
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C’è insomma una possibilità di ridare vita, profondità, entusiasmo al nostro contenuto della fede?
Questo potrebbe essere il nucleo di un mio progetto che vorrebbe indicare nella ‘potenza della Parola’ la riscoperta delle radici della nostra fede e del nostro continuare ad essere credenti al messaggio del vangelo di Gesù.
Ritornare ad essere il ‘popolo della Parola’.
Ricordo qui che la Parola
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è il Verbo di Dio nella carne,
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è Gesù Cristo Figlio di Dio,
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è l’Eucaristia,
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è il Cristo nella liturgia,
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è lo Spirito di Dio in noi e nella chiesa.
La riscoperta nella vita e nella nostra pratica religiosa, di questo ‘fuoco divino’ donato da Dio durante il progredire del suo disegno nella storia degli uomini e di tutto il cosmo, attraverso il Verbo che è Gesù, può aiutarci a uscire dall’incertezza e dall’indifferenza che sta avvolgendo una grande parte anche del mondo cristiano.
L’alternativa sembrano gruppi e movimenti che invadono la chiesa con fanatismo e intolleranza, togliendo libertà ad altre esperienze religiose e personali, arrivando perfino ad escludere intere parti del popolo dalla fraternità e dalla carità.
Una situazione questa che ormai, per molta gente, sta diventando intollerante. Col tempo rischia di fare della chiesa ‘popolo di Dio’ una chiesa di gruppi o addirittura di ‘sette’.
Vorrei con tutto il cuore, che i Vescovi, proposti dalla tradizione a vegliare sulla genuinità delle fede, aprissero gli occhi a tali deformazioni del popolo di Dio: già Paolo fece una triste esperienza delle divisioni nelle comunità che lui stesso aveva fondato come appare chiaro nella chiesa dei Galati: <O stolti Galati, chi vi incantato>?(Gal.3,1).
Vorrei continuare su queste riflessioni che sono nate in me nel mattino del Giovedì santo (1° aprile) e trascritte prima della messa ‘nella cena del Signore’, qui in questa chiesa della Madonna dell’Orto che molti di voi ormai conoscono.
Cosa dunque vorrei proporre alla fine di questi pensieri?
Cerco di sintetizzare in qualche punto.
- Allargare quello che già facciamo negli incontri del lunedì dei tempi forti, a nuove persone interessate, usando gli strumenti moderni di Internet per diffondere la ‘notizia’.
- Comunicare ad amici e conoscenti che trovano difficoltà nel rapporto con le chiese o sono delusi dalla presentazione della parola sul Verbo di Dio, la possibilità di un ascolto attento e condiviso.
- Ridonare luce e potenza alla parola di Dio, a quanti avvertono con sofferenza la monotonia delle celebrazioni, sempre più infarcite da gestualità formali e da un apparato esteriore che rasenta la spettacolarità teatrale.
- Riscoprire nella Parola celebrata e annunciata la presenza della Sapienza di Dio e dell’unzione dello Spirito.
- Ritrovare nella Parola il ‘fuoco’ divino già presente in ogni persona mediante la potenza creatrice di Dio e ora rivelata nel Verbo per il quale < tutto è stato fatto> e <In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini> (Gv 1,3.4).
- Essere al servizio della Parola per tutti coloro che chiedono di ‘ascoltare’ la voce di Dio, senza gli estremismi del radicalismo esasperato, dove alla grazia viene spesso ribadita soltanto l’assoluta pesantezza del peccato, come se Gesù ancora non fosse venuto in mezzo a noi con la sua misericordia (cfr. Lc 15).
- Stabilire, in un tempo breve, una domenica pomeridiana per una ‘assemblea’ che indichi i nostri scopi e il nostro servizio.
L’invito è rivolto a tutti, come faceva Gesù: ai piccoli, ai poveri, ai malati, ai peccatori, ai dubbiosi, ai delusi della chiesa, ai lontani indifferenti, ai non-credenti, ai praticanti abituali che non provano nessuna emozione, ai periferici stanchi e demotivati da ogni speranza, ai devozionisti ai quali manca il Cristo nella loro vita.
Ho scritto questi appunti, oggi giovedì santo, ripensando a Gesù presente tra noi nell’eucaristia e nel sacerdozio, di fronte ormai alla passione del venerdì santo di domani che vede le sofferenze di tutti gli uomini riunite nella croce e nel corpo di Cristo confortato dalla madre, dalle altre donne e da Giovanni, il discepolo amato (cfr. Gv.19,25-27).
Ora, ripensate con calma e sapienza le proposte che ho suggerito.
Vi ringrazio e vi rinnovo la speranza della Pasqua, l’annuncio del sepolcro vuoto nel racconto di tutti i quattro evangelisti, con le apparizioni del Signore risorto.
Con affetto. Don Enrico.
Il mio indirizzo elettronico: donenrico.ghezzi@libero.it In attesa di risposte e proposte.
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